Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

COLLABORAZIONI

In questo Settore vengono riportate notizie e immagini fornite da altri redattori.

Nello specifico, il presente articolo è stato realizzato dal Prof. Renzo Barbattini dell'Università di Udine che ha fornito anche le immagini.
Tutti gli articoli degli altri Settori sono state realizzati da Patrizia di Cartantica che declina ogni responsabilità su quanto fornito dai collaboratori.

"N.B.: L'Autore prescrive che qualora vi fosse un'utilizzazione per lavori a stampa o per lavori/studi diffusi via Internet, da parte di terzi (sia di parte dei testi sia di qualche immagine) essa potrà avvenire solo previa richiesta trasmessa a Cartantica e citando esplicitamente per esteso il lavoro originale (Autore, Titolo, Periodico) ."

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API E ARTE

OMAGGIO AGLI ARTISTI

 

GIUSEPPE LEGA

 

 

di Renzo Barbattini e Giovanni Miani

 

 

Tra i numerosi hobby ai quali le persone possono dedicarsi, vogliamo presentare quello coltivato da Giuseppe Lega, contitolare col fratello Roberto dell’omonima Azienda produttrice di attrezzature e materiali apistici di Faenza.
Giuseppe Lega, infatti, si diletta a dipingere quadri prendendo spunto da famosi dipinti e rielaborandoli in senso “apistico”: vale a dire aggiungendo elementi tipici dell’apicoltura.
Queste tele, di pregevole fattura, sono utilizzate per realizzare calendari che vengono spediti a tutti i loro rivenditori.
Anni fa, Apitalia pubblicò una prima rassegna di questi dipinti “apistici”: oggi desideriamo continuare la carrellata! Al fine di una più facile “lettura” dei dipinti citati, alla descrizione degli originali “famosi” seguirà quella dei quadri di Giuseppe Lega.

Anno 2009


Il dipinto Pasechnik (Fig. 1) fa parte di una serie di ritratti dei contadini e raffigura un vecchio apicoltore, accovacciato in un momento di riposo. In mano la falce e, dietro, l’apiario con gli alveari; nonostante la vecchiaia, il lavoro in apiarioè il senso della sua vita; si nota un atteggiamento ottimistico del vecchio apicoltore, sottolineato dai colori brillanti del paesaggio estivo.

Questo dipinto fu realizzato dell’artista russo Ivan Kramskoj (1837-1887) nel 1872; per questo dipinto sono stati utilizzati anche altri nomi: Il vecchio apicoltore nell’apiario, l’apicoltore e In apiario.è conservato presso la Galleria Statale Tretyakov di Mosca.
In tutta la sua produzione artistica Kramskoj rimane fedele al principio della cosiddetta “democraticità”
dell’arte, ovvero l’ideale di un’arte accessibile alle masse sia nella scelta dei soggetti ritratti (per lo più famosi personaggi pubblici) sia nello stile attraverso il quale tali soggetti sono rappresentati.
E' utile menzionare che Kramskoj è stato il fondatore dei Peredvizniki (itineranti, ambulanti), gruppo di pittori contrari all’accademismo e ai canoni stilistici ufficiali per privilegiare l’aderenza al dato reale.

Si può dunque parlare di dipinti “veristi”, come fossero dei frammenti di realtà catturati nella loro immediatezza fotografica e trasposti sulla tela. Ciò è evidente in quest’opera nella figura dell’anziano apicoltore, il cui volto è segnato dalle rughe che gli solcano la fronte e le guance.
L’ambiente naturale circostante è descritto minuziosamente, illuminato dalla calda luce del sole estivo che risalta i fiori, gli alveari in secondo piano, i folti capelli bianchi e la barba del protagonista del ritratto. Tutto è rappresentato oggettivamente, fedele al dato di fatto, nulla è lasciato alla libera interpretazione dell’artista o ad un suo intervento individuale.
L’opera presenta all’osservatore uno spaccato della quotidianità dell’apicoltore e del suo lavoro, come una testimonianza utile ed imprescindibile.
Attraverso di essa si comprende la realtà storica e sociale nel quale è stata prodotta, l’ethos di quella determinata comunità.
Non è un caso che il gruppo dei Peredvizniki sia sorto attorno alla metà del XIX secolo, periodo culturale dominato dal Positivismo (1) filosofico e dal Realismo (2)in arte.

Per il suo dipinto “apistico” (Fig. 2), Giuseppe Lega ha aggiunto un alveare sulla destra, come se il vecchio stesse osservando l’andirivieni delle sue api.


ANNO 2009

In questo caso, Giuseppe Lega ha preso spunto da un papiro, souvenir di un viaggio in Egitto, con Iside e il Faraone (Fig. 3)
L’arte egizia si contraddistingue per l’immutabilità delle immagini che rappresenta, ciò vale sia per le opere su papiri o pergamene, come in questo caso, sia per le sculture a tutto tondo o rilievi.

Come si legge dalla testimonianza di Platone, fervente ammiratore dello stile artistico degli egizi, nel celebre dialogo Le Leggi, II, 656 d-e (3), in cui in un discorso tra Clinia e l’Ateniese si legge appunto che in Egitto:


…vietano ai pittori e a tutti coloro che riproducono movenze e altre figure del genere di inventarne di nuove o di concepirne di diverse rispetto a quelle tradizionali…”. E ancora in 657 a (4) viene affermato: “…là esistono dipinti e sculture risalenti a diecimila anni fa - diecimila nel vero senso della parola - che non sono né più brutti né più belli di quelli realizzati oggi dal momento che furono prodotti dalla medesima tecnica…”.

In effetti si osservino le figure nel papiro in questione: appaiono ieratiche, immobili, imperturbabili, ciò accentuato dall’estrema stilizzazione formale.
Ogni legame con il dato naturalistico viene meno in favore di una estrema stilizzazione delle forme. Sono evidenti i simboli della regalità, i quali contribuiscono a rendere l’opera solenne e austera.

La dea Iside è rappresentata nella tipica iconografia egizia assisa in trono con l’ankh (la chiave della vita) stretta in mano e il simbolo del sole sul capo racchiuso tra le corna bovine.
Il Faraone porge con notevole eleganza e reverenza l’offerta alla dea.

Analogamente, anche il cromatismo esula dal dato reale e, quindi, dalla gradazione tonale e dal chiaroscuro, privilegiando toni eterei, come si vede dall’incarnato della pelle, dalle vesti preziose e riccamente adornate, dal trono sul quale è seduta la dea Iside.

Riportiamo le parole di Giuseppe Lega:

"Ho allargato l’immagine distanziando le due figure, ho messo in mano al faraone le offerte a Iside (una ciotola di miele e un canestro di favi naturali; ho aggiunto in alto a destra il simbolo del giunco e dell’ape (che significava “Re del basso e dell’alto Egitto”) (Fig. 4).

 

ANNO 2011


E' stato scelto un dipinto del “grande” Antonio Ligabue.

Il quadro (Fig. 5), intitolato Autoritratto con moto, cavalletto e paesaggio, è stato realizzato nel 1953 e fa parte di una collezione privata. L’artista presenta se stesso a figura intera, in atto di dipingere all’aria aperta sullo sfondo del fiume Po e di una lussureggiante vegetazione.

Alla sua destra, poggiato sul cavalletto, viè un quadro raffigurante un cane, che rimanda a uno dei soggetti più amati dall’artista, protagonista di numerosissimi dipinti, mentre, parcheggiata alla sua sinistra compare la moto Guzzi rossa, una delle tante che l’artista possedeva e curava con premurosa attenzione.

Tanto la presenza della moto quanto la rappresentazione di se stesso come pittore al lavoro sono segni inequivocabili della raggiunta consapevolezza del suo valore e della sua importanza, come artista e come persona.



Rispetto ad altri dipinti questa tavola si caratterizza per una pennellata più larga, veloce, materica e sommaria. Gli oggetti (la moto) e gli animali (il cane), che rappresentano per Ligabue le cose a lui forse più preziose, sono segnali che gli servivano per interfacciarsi con la gente e il mondo esterno.

Tutti questi simboli che confermano che più che avere, egli amava essere… essere qualcuno… essere cercato, essere importante.

Il quadro racchiude tutta l’essenza del mondo di Ligabue: c’è il paesaggio svizzero dell’infanzia, quello fluviale che lo ha visto crescere, c’è la vegetazione della giungla, la motocicletta, la presenza immancabile di un animale ma soprattutto c’è la sua figura
Antonio si è rappresentato vestito elegantemente, come sempre quando si dipingeva, cercando ancora una volta un punto di incontro, un mezzo per sfondare la barriera invisibile che si frapponeva fra lui e il resto del mondo.

Ligabue è sempre stato affascinato dalle moto, rosse, e ne possedeva più di una, almeno tre; le due cose che lo affascinavano erano la velocità e il rombo che l’Astore produceva fra le vie di Gualtieri.

In diversi quadri dipinse la sua motocicletta rossa ma in nessuna delle raffigurazioni è indicato che si tratta di una Guzzi (mod. Astore). La marca viene desunta dalla memoria di coloro che furono testimoni della vita di Ligabue, o dal racconto di un meccanico di Reggio Emilia, di nome Bertacchini, che accettò di barattare la moto di grossa cilindrata con alcuni quadri del pittore...

Può certamente trattarsi di un quadro eseguito nel periodo in cui l’autore riuscì a raggiungere un certo consenso oltre che di vendita. L’abbigliamento e la motocicletta sono ovvi indizi di possibilità economica, assente nel periodo in cui visse come un vagabondo in una capanna in riva al Po.

Giustamente Antonio Ligabue è stato considerato dalla critica come un artista profondamente influenzato dall’arte cosiddetta naif (5), tendenza pittorica che si suole identificare con le opere del Doganiere Rousseau e sdoganata nei primi anni del XX secolo da Guillaume Apollinaire.

L’impostazione compositiva del quadro prescinde dalla proporzionalità e dalle norme rappresentative canonizzate dall’arte ufficiale, privilegiando una sorta di “spontaneismo pittorico”: si vedano, a questo proposito, l’autoritratto a figura intera, il paesaggio circostante, la moto rossa, il cavalletto del pittore con la tela dipinta; sono, questi, tutti elementi che rivelano un certo infantilismo nel disegno come nella stesura cromatica a campiture uniformi e larghe.

La disarmonia, la dissonanza quasi esagerata tra le varie componenti del quadro contribuiscono alla formazione dell’immagine fortemente introspettiva.

Quella naif è un’arte rudimentale, primitiva, estranea agli ambienti culturalmente avanzati del proprio tempo, proprio per questo ammirata e studiata assiduamente da molti dei più importanti artisti figurativi del XX secolo, in particolar modo Picasso, il quale seppe cogliere in questo particolare stile un elemento utile di repulsione verso la società moderna e industrializzata.

Nel quadro dipinto da Giuseppe Lega (Fig. 6), ridotto in larghezza per portarlo alla misura quadrata, sulla destra si notano due arnie razionali in legno (probabilmente del modello Italica-Carlini).

La figura umana (Ligabue stesso) non tiene più nella mano destra il pennello e nella sinistra la tavolozza dei colori ma l’affumicatore e la maschera (due attrezzi molto usati dagli apicoltori). Il moscone che lui metteva in molti suoi autoritratti è stato sostituito dall’ape.

Il lavoro di Giuseppe Lega è apprezzabile, non tanto per il pregevole tratto pittorico: l’artista, infatti, dimostra indubbiamente di possedere un certo talento, ma sopratutto per il fatto che egli introduce nell’opera originale la sua visione apistica.

Ciò che è apprezzabile è quindi, l’immedesimarsi nell’opera di Ligabue per rielaborarla solo parzialmente, ma in modo sufficiente per darne un altro significato, pur rimanendo nell’opera di base. Il tratto pittorico è molto più morbido rispetto a quello di Ligabue, che si caratterizza per una pennellata energica e prepotente, ma la bellezza di questo dipinto sta nel fatto che la trasformazione di Lega risulta assolutamente bilanciata con tutto il contesto (interessante è l’introduzione della gallina con i pulcini, presa forse da un altro dipinto di Ligabue).

 

 

 

 

2a PARTE

 

 

Anno 2012

Giuseppe Lega ha preso spunto dal famoso dipinto La lattaia (Fig. 7) del pittore olandese Jan Vermeer (Delft, 31 ottobre 1632 - Delft, 15 dicembre 1675).

Quest’opera (Milchmaid: da alcuni critici d’arteè stato definito “il più bel quadro mai dipinto”) è stata realizzata nel 1659 edè presente nel Rijksmuseum di Amsterdam: la donna rappresentata versa del latte in una ciotola di terracotta e dietro di lei, l’oggetto ch’è in terra, probabilmenteè uno scaldino per le braci.

L’interesse di Vermeer è rivolto principalmente alla rappresentazione di scene tratte dalla realtà quotidiana, in questo caso il gesto di una cuoca intenta a versare del latte in una ciotola.
L’ambiente in cui la donna compie l’azione è domestico, piuttosto scarno e disadorno con pochi oggetti, l’atmosfera è famigliare. Sul tavolo, accanto al recipiente del latte, sono raffigurati un canestro, del pane, una brocca e un telo bluastro adagiato dolcemente.

La donna protagonista del dipinto è illuminata nel volto e nel vestito dalla luce che proviene dalla finestra sul lato sinistro: la luce contribuisce ad evidenziare l’espressività della lattaia, assorta e quasi religiosamente intenta a versare il latte.

Si è giustamente visto in quest’opera, come nell’intera produzione artistica di Vermeer, una sorta di allegoria della sacralità del lavoro, della produttività e della dedizione compita tipica dell’Olanda del Seicento e del suo popolo: protagonista qui non è tanto la lattaia in sé quanto piuttosto il lavoro nel senso pieno del termine.

Alla luce di tale concezione anche il mestiere della lattaia assume una importanza che nella cultura figurativa precedente non aveva, divenendo in tal modo un soggetto degno di essere rappresentato alla pari dei grandi affreschi a carattere religioso o le pale d’altare, le scene di carattere storico o mitologico.

Il grande contributo dato da Vermeer per la formazione dell’arte moderna si deve rintracciare proprio in questa rinnovata concezione del lavoro artistico.

La modifica “apistica” (Fig. 8) è consistita nell’aver allargato il formato fino al quadrato con lo spostamento della tavola e l’allargamento della finestra, col posizionamento dell’arnia di paglia (questo tipo d’arnia è stato usato, in Olanda, da quei tempi fino a pochi decenni fa) in terra e soprattutto col versamento del miele in un vaso di vetro al posto della ciotola di terracotta.

Figura 7 - La Lattaia - Veermer

Figura 8 - Modifica di Giuseppe Lega

 

Anno 2013

Figura 9 - Claude Monet - Woman in the garden


Il titolo dato da Claude Monet (Parigi, 14 novembre 1840 - Giverny, 5 dicembre 1926) a questo dipinto del 1867 è Woman in the garden (Fig. 9), ora presso l’Hermitage di S. Pietroburgo, in Russia.

La signora ritrattaè Marguerite Lecadre, una parente di Monet, nel giardino a Saint-Adresse presso Le Havre. Vi sono espressi, in quest’opera, i principi della pittura “en plein air” (6) che rese famosa la corrente artistica degli impressionisti (7) nella seconda metà del XIX secolo e di cui Monet può definirsi uno degli esponenti più significativi.

Secondo la poetica impressionista l’artista non deve più lavorare nel chiuso del suo studio come avveniva nell’arte accademica ufficiale, bensì all’aperto a diretto contatto con la natura, oggetto del suo lavoro. Un ruolo determinante assume il cromatismo che, da elemento secondario e subordinato al disegno, ora contribuisce a formare l’immagine: il colore diviene per l’Impressionismo determinante in quanto costruttore di forme.

Nel dipinto di Monet i fiori nel giardino, le foglie, il tessuto del vestito candido della donna sono tutti elementi costituiti a partire dall’effetto cromatico. La donna che si protegge dai raggi del sole con il suo ombrello forma un“continuum” con il giardino nel quale si trova, è un tutt’uno con l’ambiente naturale che la circonda, allo stesso modo dei fiori, dell’albero, financo il cielo stesso.

Per ottenere il formato quadrato, Giuseppe Lega ha aggiunto cielo in alto e prato in basso; ha ingrandito un poco la dama bianca per riempire meglio lo spazio così creatosi. A destra, al posto di alcuni alberi da frutto, è stato rappresentato un apicoltore nell’atto di sollevare un melario (Fig. 10).

Figura 10 - Giuseppe Lega

 

Anno 2014

Figura 11 - Diego Rivera - L'organizzazione del movimento agrario


Il dipinto ispiratore è stato un affresco realizzato, nel 1926, dal famoso artista messicano Diego Rivera (1886- 1957) nella cappella della Università Autonoma di Chapingo. Il suo titolo è L’organizzazione del movimento agrario (Fig. 11).

Anche in Messico, soprattutto con l’attività artistica di Diego Rivera nella prima metà del XX secolo, si assiste ad un ripudio della cultura istituzionalizzata nel nome di una rivoluzione volta a rinnovare la struttura stessa dell’organizzazione sociale.

Per tale motivo le tematiche predilette da Rivera sono di carattere strettamente politico e di attualità sociale; esse vengono rappresentate attraverso affreschi o murales, certamente più consoni dei classici dipinti su tela o su tavola per istruire il popolo e illustrare argomenti impegnati, collocati sui muri di ambienti pubblici.

L’arte svolge così una funzione didattica, si potrebbe dire pedagogica e utile alla comunità per la quale viene prodotta. Nella cappella dell’Università di Chapingo le figure rivelano un certo monumentalismo stilistico, paiono cioè delle sculture realizzate attraverso il disegno.

L’intero spazio della composizioneè determinato dalla posa e dai gesti controllati dei personaggi, i quali riprendono idealmente le narrazioni scorrevoli riprodotte nei rilievi dell’antichità o le scene di carattere storico o mitologico degli affreschi della tradizione artistica europea. I volti sono austeri, lo sguardo fisso e gelido.

Si potrebbe essere portati a pensare che Rivera abbia meditato sull’arte del Quattrocento italiano, in particolar modo la tradizione mantegnesca.
La grande forza iconica di quest’immagine è dovuta anche all’essenzialità del tratto figurativo, volutamente semplificato e scarno, di modo che si imprima con immediatezza nella coscienza dell’osservatore.

Il titolo che Giuseppe Lega ha dato al suo dipinto è Lezione di apicoltura (Fig. 12).

Figura 12 - Giuseppe Lega - Lezione di apicoltura

 

Anno 2015

Figura 13 - Monsieur Boileau au café del 1893 - Henri de Toulouse-Lautrec


Il calendario riporta un quadro che Giuseppe Lega ha dipinto rifacendosi a un’opera di Henri de Toulouse-Lautrec (Albi, 24 novembre 1864 - Saint André du Bois, 9 settembre 1901) Monsieur Boileau au café del 1893 (Fig.13) e conservato al Cliveland Museum of art (Ohio, USA).

Questo è un esempio della capacità di Lautrec di catturare l’atmosfera di vita di caffè a Parigi. Tolouse Lautrec è considerato l’artista che meglio di qualsiasi altro ha saputo cogliere e trasporre nell’arte la vita dei caffè parigini, il cabaret, il circo. Lo stile che egli utilizza è descrittivo, una sorta di resoconto puntuale ed attento della realtà di quegli ambienti.

Monsieau Boileau è rappresentato in primo piano seduto ad un tavolo di un caratteristico caffè parigino: dietro di lui, nello sfondo, la frenesia e la concitazione di quanti affollano il locale.
Si percepisce la realtà pulsante dell’ambiente, caratteristica resa sapientemente dall’artista attraverso tratti pittorici fluidi, veloci: tutto qui è movimento, nulla staticità o riposo. Boileau stesso, pur essendo seduto, pare muoversi all’unisono con le altre persone, anche grazie alla rapidità del tratto con la quale è resa la sua figura.

Quella di Lautrec è senza dubbio un’arte utile per la comprensione di un determinato ambiente sociale, quello dei locali parigini, e di una determinata epoca storica, quella a ridosso del Novecento. Giustamente la critica ha colto in quest’arte gli albori dei “reportages” fotografici e pubblicitari.

La modifica apistica è consistita nell’aver tolto dal tavolo il bicchiere pieno (di assenzio, probabilmente), la bottiglia e un gioco del domino e nella loro sostituzione con una tazza di the dolcificato con miele preso dal vicino vaso di vetro;è stato modificato il braccio sinistro di monsieur Boileau per mettergli in mano il dosatore del miele (Fig.14).




Figura 14 - Giuseppe Lega - Una tazza di the al miele

 

Anno 2016

Figura 15 - Monet - Coquelicots rouges à Argenteuil


Monet è riconosciuto come uno dei creatori dell’impressionismo: l’olio Coquelicots rouges à Argenteuil del 1873 e conservato presso il Musée d’Orsay (Parigi, Francia) (Fig. 15).
Quest’opera è stata giustamente considerata dalla critica una delle realizzazioni maggiormente significative della poetica impressionista: pittura “en plein air”, il totale rifiuto delle regole accademiche professate dall’arte ufficiale, l’interesse per tematiche paesaggistiche o quotidiane, la predilezione per il realismo nella rappresentazione dell’immagine.

Come infatti si può notare anche qui il soggetto del dipinto non sono le figure umane considerate singolarmente e nemmeno lo spazio circostante, bensì l’indissolubile legame che unisce le due componenti, quella umana e quella naturale.

Analogamente, il cromatismo con il gioco dei colori complementari nella loro modulazione crea in un certo senso l’immagine visiva. Monet divide idealmente il dipinto in due parti pressoché di medesima importanza nell’economia della rappresentazione: una parte inferiore costituita dal campo con i papaveri rossi e dalle due figure umane e una parte soprastante dominata dal cielo profondo.
Che l’ambientazione sia quotidiana e famigliare lo testimonia anche il fatto che una delle figure femminili rappresentate è identificata con Camille, moglie dello stesso Monet.

Non essendo nelle proporzioni desiderate, Giuseppe Lega è intervenuto aggiungendo una collinetta verso il basso e riempiendola di papaveri.
Nell’originale in alto a sinistra, c’è una signora con una bambina che ha sostituito con l’apicoltore, disseminando alcuni alveari a diversi livelli (Fig. 16).

Giuseppe Lega si dimostra un profondo conoscitore della storia dell’arte, che egli analizza e rielabora sulla base del suo interesse per il mondo dell’apicoltura.
Il suo lavoro è assai particolare: riprende nella sostanza le opere d’arte dei grandi artisti del passato e vi inserisce dei particolari tratti dallostudio attento delle api.

Figura 16 - Giuseppe Lega -

Queste due attività, quella strettamente pittorica e quella relativa all’apicoltura, sono da Lega considerate come due facce di una medesima medaglia, ovvero due realtà indissolubili non solamente nelle realizzazioni, ma nella mentalità stessa dell’artista.
Così come il mondo delle api è, in queste opere, la tematica di fondo, l’arte sembra essere uno strumento di conoscenza.

In queste opere lo schema di partenza è il dipinto storico da cui l’artista trae ispirazione, il quale subisce delle modifiche funzionali ad accogliere il particolare, per così dire “apistico”.
Se ne deduce una rappresentazione armonicamente concepita, in cui l’originaria fonte artistica e l’apporto successivo di Lega si fondono organicamente.


 

 

Un doveroso ringraziamento a Giuliano Zoppi (Parma) (http://www.zetanaif.it) e
a Giuseppe Lega (Faenza) per la collaborazione prestata

 

 

 

NOTE

1 - Il Positivismo è un movimento filosofico sorto nella prima metà del XIX secolo in Francia, volto ad esaltare il progresso e la scienza. Tra gli esponenti maggiormente significativi ci sono in Francia Comte, in Inghilterra Spencer e Mill, in Italia Ardigò. In letteratura il Positivismo ha portato alla diffusione del Naturalismo in Francia e del Verismo in Italia.
2 - Il Realismo è una corrente artistica sorta in Francia attorno alla metà del XIX secolo, i cui maggiori rappresentanti sono Courbet, Daumier e Millet. Lo scopo di questi artisti è quello di rappresentare la realtà sociale dell’epoca in modo oggettivo.
3 - Platone, Le Leggi, II, 656 d-e.
4 - Platone, Le Leggi, II, 657 a.
5 - Con il termine naif si intende un particolare modo di concepire l’arte estraneo alla cultura accademica ufficiale. Molto spesso l’artista naifè privo di una solida cultura artistica, di solito è autodidatta e di estrazione sociale popolare. Il capostipite degli artisti naif è generalmente visto nel Doganiere Rousseau, le cui opere furono esposte nel Salon des Indèpendants nel 1886.
6 - Con il termine “en plein air” s’intende un modo di concepire l’arte per il quale l’artista dipinge all’aperto in odo da cogliere le sottili sfumature che la luce genera negli oggetti. Questa tecnica pittorica venne resa elebre dalla corrente artistica degli Impressionisti nella seconda metà dell’Ottocento.
7 - L’Impressionismo è una corrente artistica sorta in Francia nella seconda metà dell’Ottocento e sdoganato nel 1874 con una mostra nello studio del fotografo Nadar.
Il termine Impressionismo fu coniato dai critici proprio in occasione di questa mostra commentando un uadro di Monet intitolato Impression: solei levant del 1872. Tra i maggiori esponenti di questo movimento si devono citare lo stesso Monet, Renoir, Degas, Sisley.

 

 

 

BIBLIOGRAFIA CONSULTATA


- Argan G. C., 1970 - L’arte moderna, Firenze. Barbattini R., Fugazza S., 2008a - Omaggio agli artisti (I parte). - Apitalia, 34 (10): 35-40 • Barbattini R., Fugazza S., 2008b
- Omaggio agli artisti (II parte). Apitalia, 34 (11): 33-36
- Panofsky E., 2006 - Idea. Contributo alla storia dell’estetica, Torino.
- Platone, 2007 - Le Leggi, cura di F. Ferrari e S. Poli, Milano, 2007
- Venturi L., 2007 - Storia della critica d’arte, Torino.

 

 

 

 

 

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e, di altro argomento:

- Appunti di vacanze - Il rifugio di Resy

- Metamorfosi del legno

- Pellegrinaggio in Terrasanta

 

 

Di altri Autori:

- sull'argomento "Miele" in Collaborazioni varie, di Maria Cristina Caldelli: DOLCILOQUIO - A TAVOLA CON IL MIELE ITALIANO.

- sull'argomento "Api e Religione", segnaliamo in Collaborazioni Varie l'articolo del Prof. Franco Frilli - "L'Ape nella Sacra Scrittura

 

 

 

 

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