Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

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ENEA, L'UMILE SERVO DI MARIA E DI GESU'

 

Immagine di Alinari

 

Quando si pensa al nome Enea viene in mente il mito greco-romano, figlio del mortale Anchise (cugino Priamo, re di Troia), e di Afrodite-Venere, dea della bellezza.

Enea, principe dei Dardani, partecipò alla guerra di Troia dalla parte di Priamo e dei Troiani, durante la quale si distinse molto presto in battaglia. Guerriero valorosissimo, assume tuttavia un ruolo secondario all'interno dell'Iliade di Omero.

Egli è il protagonista assoluto dell'Eneide di Virgilio: le vicende successive alla sua fuga da Troia, caratterizzate da lunghe peregrinazioni e da numerose perdite, favorite dall'ira di Giunone, si concluderanno con il suo approdo nel Lazio e col suo matrimonio con la principessa Lavinia, figlia del re locale Latino.

La figura di Enea, prototipo dell'uomo obbediente agli dèi e umile di fronte alla loro volontà, è stata ripresa da numerosi autori antichi, posteriori a Virgilio e a Omero, come Quinto Smirneo nei Posthomerica. È un eroe destinato dal Fato alla fondazione di Roma.

Nella storia della Chiesa il nome è portato da un importante pontefice: Pio II (Enea Silvio Piccolomini), spesso conosciuto come “Papa Piccolomini”.
È il pontefice che fece bella Pienza, in cui era nato, è fu chiamato Enea perché la Gens Iiulia di cui era imparentato, attraverso gli Amidei di Firenze, diceva che Enea, figlio di Venere, era il primo membro della loro famiglia. È anche il pontefice che nel luglio 1461 canonizzò Santa Caterina da Siena, ora patrona d’Italia e d’Europa.

Nel XV secolo, oltre questo pontefice, non venerato come santo, la Chiesa Cattolica ricorda tra i suoi figli un Enea, nato a Faenza, appunto detto: Enea da Faenza.

Il culto di questo religioso dei Servi di Maria è accertato dall’esistenza di un affresco, ora nel vescovado, nella Chiesa dei Servi di Maria a Faenza. Ma altre opere d’arte lo raffiguravano con altri beati dell’Ordine dei Servi di Maria.
In un dipinto ad olio del XVII secolo, in cui il Beato tiene le mani intrecciate sul petto e volge lo sguardo al cielo in atto di preghiera, è riportata la seguente scritta:

B.(EATUS) ænEas de faventias virtvtibus et miracvlis clarvs obdormivit in dño anno 1437.
Che possiamo tradurre: Beato Enea da Faenza che rifulse per virtù e miracoli, si addormento nel Signore nell’anno 1437”

 

 

Del Beato Enea si parla in un’opera del 1741 del sacerdote faentino Romoaldo Maria Magnini, dal titolo: “Vite de’ Santi Beati Venerabili e Servi di Dio della Città di Faenza”, custodito presso la biblioteca pubblica di Lione.

Il Magnani scrive di lui che è nato a Faenza dalla nobile famiglia degli Utili, fin dalla fanciullezza sembrava rapito da Dio, per cui si isolava dai giochi e stava ritirato e in preghiera. In età adulta chiese ai famigliari il permesso di essere religioso e entrò nella comunità faentina dei Servi di Maria, “vesti con molta sua allegrezza e consolazione l’abito dei Servi di Maria nella sua patria”.

Compì il noviziato con “modestia, umiltà e obbedienza … diligente nello studio”. Lottò contro le tentazioni e passo molte giornate in raccoglimento senza mai parlare se non gli fosse chiesto per obbedienza.
Umile con tutti, assiduo nella preghiera e nell’orazione mentale per custodire la divina presenza.
Ebbe un grande senso del peccato e della custodia della grazia di Dio che piangeva fortemente pentito ogni difetto durante l’esame di coscienza.
Profondamente devoto alla Madre di Dio, di cui era onorato nel portare l’abito religioso dei suoi servi, la onorava con piccoli e teneri gesti e nella recita quotidiana del suo ufficio.
Spesso fu visto estatico mentre in chiesa venerava il Santissimo Sacramento: fin dal noviziato ebbe la grazia di comunicarsi tre volte alla settimana.
Quando poi fu ordinato sacerdote celebrava il Divin Sacrificio “che parea un angelo”. Fu un zelante religioso nel vivere la regola; un eccellente predicatore della Parola di Dio. Fu detto “Frate Santo” per la sua testimonianza nel vivere il digiuno.
Morì santamente e fu detto “beato” fin dalla sua morte avvenuta a Faenza il 15 novembre 1437.
La sua grande virtù fu l’umiltà, che chiedeva sempre al Signore, il quale sembra aver ascoltato. Infatti del Beato Enea poco o nulla si sa, tutto rimase nell’umile nascondimento della sua vita di religioso: infatti di lui poco parlano gli storici, la sua santità sembra solo nota al Signore.

Come l’eroe di Troia Enea, prototipo dell'uomo obbediente agli dèi e umile di fronte alla loro volontà, il Beato Enea da Faenza ebbe il dono della virtù dell’obbedienza

Chiesa dei Servi di Maria - Faenza

 


 


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