Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

 

COLLABORAZIONI

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SANTI BULGARI


Il 1° gennaio 2007 la Bulgaria entra a far parte dell’Unione Europea. Approfittiamo dell’occasione per ripercorrere in una veloce carrellata alcuni dei numerosi fiori di santità sbocciati in questa gloriosa nazione cristiana.

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Iniziamo da colui che è considerato quale protettore della Bulgaria, nonchè indubbiamente il più celebre:

SAN GIOVANNI DI RILA
anacoreta


Skrino, Bulgaria, 876 circa - Rila, Bulgaria, 18 agosto 946
San Giovanni, anacoreta del Monte Rila, meglio noto come Ivan Rilski, è il santo più amato dal popolo bulgaro. Nato a Skrino verso l’anno 876 da una famiglia cristiana molto ricca. Quando rimase orfano, Giovanni distribuì tutti i beni ereditati ai poveri ed ai malati per divenire monaco. Abbandonò dunque il paese natio con addosso solo una veste di pelle e si stabilì su una montagna alta e deserta, ove rimase a vivere in una capanna fatta di ramoscelli, nutrendosi esclusivamente di piante selvatiche. Dopo qualche tempo dei briganti lo cacciarono ed il santo trovò allora una grotta profonda in cui abitò per altri dodici anni. Dalla grotta si trasferì poi nel deserto di Rila in una tana scavata in un albero. Pregava continuamente, si nutriva di erba e non aveva alcun modo di incontrare altre persone. Un giorno alcuni pecorai scoprirono il suo nascondiglio e fu così che si sparse la voce: la sua fama crebbe e tanta gente volle andarlo a trovare.
Per sfuggire ai visitatori l’eremita abbandonò la sua quercia e si trasferì su una rupe alta ed inaccessibile. Qui egli trascorse sette anni sotto il cielo aperto, esposto a tutte le intemperie e pregando incessantemente. La sua fama colpì anche lo zar bulgaro San Pietro, che avrebbe anch’egli voluto incontrarlo, ma il santo rifiutò. Il luogo scelto dal santo come eremitaggio attrasse ben presto dei discepoli, che diedero vita al celeberrimo Monastero di Rila, dedicato alla Vergine Ossenovitza, cioè Protettrice. Qui Giovanni rese l’anima a Dio il 18 agosto 946.
La fama di questo grande santo non cessò di crescere anche dopo la sua morte e si diffuse nelle nazioni vicine. Il suo corpo fu traslato con tutti gli onori a Sredez (Sofia) e collocato nella chiesa di San Luca. Nel 1183 le sue spoglie furono portate ad Estergom dal re ungherese Bela III. Restituite in seguito in un feretro d’oro, furono nuovamente conservate a Sofia e nel 1238, durante il regno di Ivan Asen II e del patriarca Vasilij, nell’allora capitale Tirnovo, per finalmente ritornare nel 1469 al Monastero di Rila, che nel frattempo era stato ricostruito dopo la sua distruzione ad opera di bande di briganti. Nel 1961 il Monastero fu confiscato dal regime comunista e trasformato in Museo nazionale, ma tanta fu la pressione popolare che i monaci dovettero essere richiamati nella loro sede.

Il Monastero mariano di Rila rappresenta dunque ancora oggi il cuore del cristianesimo bulgaro e della stessa cultura nazionale. Sorge in una regione montuosa, a 1147 metri di altitudine, a pochi chilometri dalla strada statale che unisce Sofia alla città greca di Salonicco, e si presenta circondato da mura come una vera e propria fortezza. Possiede una chiesa a tre navate, decorata all’esterno da vivaci dipinti a soggetto biblico e tutta affrescata all’interno con altre scene bibliche, vari ritratti di santi e di fedeli donatori e leggende apocrife sulla Madonna, mentre nell’abside domina l’icona della Vergine Odigítria del XII secolo. La "Theotókos Ossenovitza", custodita in una Cappella e ornata di pietre preziose, fu offerta dall’Imperatore bizantino Michele Comneno (sec. XIII) in ringraziamento della guarigione sua e di quella del suo grande dignitario Skilitza, per intercessione riconosciuta ad una reliquia di San Giovanni da Rila. L’afflusso dei pellegrini e dei turisti bulgari e stranieri superi oggi le trecentomila unità annue.
La venerazione per San Giovanni di Rila accomuna le Chiese Ortodosse a quella Cattolica. Quest’ultima, pur non avendolo incluso nel Martyrologium Romanum, lo commemora nei calendari delle Chiese Greco-Cattoliche ed il papa Giovanni Paolo II, che si recò pellegrino sulla sua tomba, lo ha voluto raffigurato nello splendido mosaico della Cappella Redemptoris Mater in Vaticano, quale sintesi di duemila anni di santità nelle Chiese d’Oriente e d’Occidente.
Ecco alcuni passi del discorso pronunciato dal Santo Padre il 25 maggio 2002: “Il beato Giovanni di Rila – che ho voluto raffigurato con altri santi orientali ed occidentali nel mosaico della Cappella Redemptoris Mater nel Palazzo Apostolico Vaticano e di cui questo Monastero è testimonianza duratura – udita la parola di Gesù, che gli diceva di rinunciare a tutti i suoi beni per darli ai poveri (cfr Mc 10, 21), lasciò ogni cosa per la perla preziosa del Vangelo, e si pose alla scuola di santi asceti per imparare l'arte della lotta spirituale. [...]Con la lotta spirituale, il beato Giovanni di Rila visse anche la "sottomissione" nell'obbedienza e nel servizio reciproco richiesti dalla vita comune. Il cenobio è il luogo della realizzazione quotidiana del "comandamento nuovo", è la casa e la scuola della comunione, è lo spazio in cui ci si fa servi dei fratelli come ha voluto essere servo Gesù in mezzo ai suoi (cfr Lc 22, 27). Quale forte testimonianza cristiana offre una comunità monastica quando vive nella carità autentica! Di fronte ad essa, anche i non cristiani sono portati a riconoscere che il Signore è sempre vivo e operante nel suo popolo. Il beato Giovanni conobbe, poi, la vita eremitica nella "compunzione" e nel pentimento, ma soprattutto nell'ascolto ininterrotto della Parola e nella preghiera incessante, fino a diventare – come dice san Nilo – un "teologo" (cfr De oratione LX, PG 79, 1180B), un uomo cioè dotato di una sapienza che non è di questo mondo, ma che viene dallo Spirito Santo. Il testamento, che Giovanni scrisse per amore dei suoi discepoli desiderosi di avere una sua ultima parola, è un insegnamento straordinario sulla ricerca e sull'esperienza di Dio per quanti desiderano condurre una autentica vita cristiana e monastica”.


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Non bisogna però dimenticare come agli albori della Chiesa Bulgara vi sia stata la predicazione di sette missionari, meglio conosciuti come i Sette Santi Apostoli della Bulgaria:

SANTI CIRILLO, METODIO, CLEMENTE, NAHUM, SABA, GORAZD ed ANGELARIO

I primi due, fratelli nel sangue oltre che nella fede, festeggiati al 14 febbraio, risulteranno celeberrimi al grande pubblico soprattutto in seguito alla loro proclamazione a compatroni d’Europa da parte di papa Giovanni Paolo II, che volle così mettere in risalto l’importanza del mondo slavo di cui furono apostoli, da lui considerato uno dei due indispensabili polponi spirituali del continente europeo; gli altri cinque santi, discepoli dei due precedenti, sono invece commemorati dal Martyrologium Romanum in data 27 luglio, che li cita quali vescovi continuatori in terra bulgara dell’opera di Cirillo e Metodio.
Occorre però ripercorrere brevemente la storia dell’immane opera intrapresa dai due fratelli, quale preambolo alle purtroppo assai scarse notizie tramandate circa ciascuno dei loro cinque discepoli.
Loro grande merito fu l’essersi adattati ai popoli da evangelizzare con metodi missionari che, pur pienamente approvati del papa, suscitarono tra i cristiani greci e latini non poche opposizioni. L’aver creato un nuovo alfabeto, che in seguito prese il nome di cirillico appunto da San Cirillo, offrendo al mondo slavo unità linguistica e culturale, con la traduzione della Bibbia, del Messale e del rituale liturgico, è un merito che nessuno nega loro.
Ciò poté avvenire grazie al prezioso supporto loro offerto dal principe moravo San Rostislavo, recentemente canonizzato quale martire dalla Chiesa Ortodossa Ceca. Accusati di scisma e di eresia, Cirillo e Metodio dovettero recarsi a Roma, dove però vennero accolti con molta soddisfazione dal pontefice Adriano II, che chiese loro di officiare i santi misteri in lingua slava dinanzi a lui stesso.
Cirillo, monaco, morì a Roma il 14 febbraio 869, mentre Metodio divenne arcivescovo della Pannonia con sede nella città oggi serba di Sirmio, ritornando così ad occuparsi dei popoli slavi. Quasi sino alla sua morte, avvenuta il 6 aprile 885, dovette lottare per far accettare l’utilizzo liturgico dello slavo, che venne usato nel suo rito funebre unitamente al greco e al latino.

San Clemente

Santi Cirillo e Metodio

San Nahum, oggetto della presente scheda agiografica, era originario della Misia (odierna Bulgaria) e ricevette il nome del celebre profeta biblico. Ordinato sacerdote, verso l’anno 864 Nahum si unì Gorazd, Clemente, Angelario e Saba, già discepoli di Cirillo e Metodio. Evangelizzata la Pannonia e ricevuta l’approvazione papale della loro opera, fecero ritorno tra i popoli slavi: Gorazd seguì Metodio nel suo nuovo incarico episcopale, mentre Clemente, Nahum ed Angelario si diressero verso la Bulgaria. Aiutati da un uomo a cui avevano miracolosamente resuscitato il figlio, toccarono Belgrado, poi attraversarono il Danubio e giunsero a Preslav, allora capitale bulgara, dove furono accolti dallo zar Boris Michele I, poi venerato come santo per l’appoggio che diede alla diffusione del cristianesimo nella sua patria.
Questi mise Nahum a capo di un monastero che aveva fondato e chiese a Clemente di evangelizzare la Macedonia. Verso l’894 il nuovo zar Simeone I nominò vescovo Clemente e mandò Nahum a fondare un monastero sul “lago bianco” di Ochrida, al quale rimase indelebilmente legato il suo nome. Nahum vi fece edificare una chiesa e dedicò il complesso religioso all’arcangelo San Michele.


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SAN GABRIELE DI LESNOVO
anacoreta



Visse tra l’XI e XII secolo e fondò il monastero di Lesnovo
E’ festeggiato il 15 gennaio


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Come in tutte le nazioni d’Europa, anche presso la corte bulgara non mancarono santi di sangue blu:


SAN BOJAN detto ENRAVOTA
principe e martire


Principe bulgaro, subì il martirio in odio alla fede nell’833 a Preslav, ancor prima che il cristianesimo divenisse religione ufficiale del regno. E’ festeggiato il 28 marzo.

 

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SAN BORIS MICHELE I
zar bulgaro


Boris I, khan dei Bulgari dall’852 all’889, si fece battezzare nell’864 con il nome di Michele, dando così inizio alla conversione al cristianesimo del suo popolo. Sostenne l’indipendenza della Chiesa Bulgara da Roma e da Costantinopoli.
Nell’893 si ritirò in un monastero e gli successe il principe Vladimiro, appoggiato dai nobili, che ripristinò il paganesimo. Dopo la sua morte, avvenuta il 2 maggio 907, Boris fu venerato dalla Chiesa bulgara quale “Isapostolo”.

SAN PIETRO I
zar bulgaro



San Pietro, zar dei Bulgari, succedette nel 927 a suo padre Simeone I. Durante il suo lungo regno cercò l’accordo con i Bizantini. Repressa una ribellione interna (928-930), dovette sostenere gli attacchi degli Ungheresi, dei Peceneghi e più tardi, nel 966, quelli di Niceforo Foca e del principe russo di Kijev, Sviatoslav, che giunse a occupare la Dobrugia (968). Morì nel 969. E’ festeggiato il 30 gennaio.

 

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Nel XX secolo la piccola comunità cattolica bulgara ha subito atroci persecuzioni per mano del regime comunista. Papa Giovanni Paolo II ha beatificato 4 martiri, festeggiati al 13 novembre, e per altri è ancora in corso la causa di beatificazione:


BEATO EUGENIO BOSSILKOV
vescovo e martire


Belene (Bulgaria), 16 novembre 1900 - Sofia (Bulgaria), 11 novembre 1952
Vincenzo nacque a Belene (Bulgaria) nel 1900. La sua famiglia apparteneva alla minoranza cattolica di rito latino della diocesi di Nicopoli. A 11 anni venne mandato ad Ores, nella scuola dei Padri Passionisti, ove fiorì la sua vocazione, poi coltivata con dieci anni di studio in Belgio ed Olanda.
Entrò nella congregazione con il nome di Eugenio del Sacro Cuore e fu ordinato sacerdote in Bulgaria. Studiò poi ancora a Roma e, tornato in patria, rinunciò a tutti i compiti diocesani per dedicarsi a ciò che sentiva quale propria vera missione: spiegare la Croce ai contadini nella loro lingua. Nel 1944 venne nominato vescovo di Nicopoli, nel periodo dell’occupazione da parte del regime comunista russo.
Riuscì ancora nel 1948 a recarsi a Roma da Pio XII. Poi si avvia il meccanismo di confische, espulsioni, ordine di allinearsi a una “Chiesa nazionale” vassalla del regime, di rinnegare il Papa. Eugenio però si oppose fermamente.
Questo causerà l'arresto nel luglio 1952, la tortura, il processo-farsa, la condanna a morte e l'uccisione nel carcere di Sofia, in segreto. Il suo corpo venne gettato in una fossa comune. Fu beatificato il 15 marzo 1998.



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3 Beati Martiri


BEATO JOSAPHAT CHICHKOV
sacerdote e martire


Plovdiv (Bulgaria), 9 febbraio 1884 - Sofia (Bulgaria), 12 novembre 1952
Rober Matej Siskov nacque il 9 febbraio 1884 nella città bulgara di Plovdiv, l’antica Filippopoli, da una famiglia di convinti cattolici. All’età di nove anni, nel settembre del 1893, Rober Matej entrò nella scuola di Kara-Agac, nei pressi di Odrin. Il 29 aprile1900, a soli sedici anni, divenne aspirante Assunzionista a Fanarachi in Turchia ed assunse il nome religioso di Josaphat.
Nel 1904 soggiornò nella città di Luven per poter continuare i suoi studi filosofici e teologici e l’11 luglio 1909 fu ordinato sacerdote di rito latino.
Dal 1914 sino al 1919, durante la Prima Guerra Mondiale, insegnò al collegio Sant’Agostino in Plovdiv. Nel mese di luglio del 1929 ricevette la nomina a direttore del piccolo seminario Santi Cirillo e Metodio nella citta di Jambol, ove studiavano allievi di ambo i riti, orientale e latino.
Aperto alle novità tecniche, Padre Josaphat fu il primo a Jambol a possedere ed usare la macchina da scrivere con caratteri cirillici. Inserì inoltre il cinema nella formazione degli allievi ed organizzò serate per i giovani, che grazie a lui poterono ascoltare il grammofono per la prima volta. Ospite privilegiato del seminario era Monsignor Angelo Giuseppe Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII, a quel tempo Visitatore Apostolico in Bulgaria: egli rimaneva sempre ammirato delle attività svolte dal seminario.
Nel 1937 Padre Josaphat venne nominato Superiore provinciale di Varna, ove rimase sino al termine della Seconda Guerra Mondiale. Nel 1948, quando i sacerdoti stranieri fu intimato di abbandonare la Bulgaria, divenne parroco di Varna. In questa città fu arrestato dalla milizia comunista nel dicembre del 1951. Per quasi un anno gli Assunzionisti non ebbero nessuna sua notizia, sino a quando i giornali non pubblicarono un atto di denuncia contro quaranta persone, tutte denunciate per spionaggio e cospirazione contro il “Potere del popolo”. Tra loro figurava appunto anche il nome di Padre Josaphat Siskov, citato quale “una delle più vecchie spie”.
Per lui ed i confratelli Kamen Vitchev e Pavel Djidjov venne emessa la sentenza di morte il 3 ottobre 1952 e furono fucilati nella notte tra l’11 ed il 12 novembre 1952 a Sofia, capitale bulgara, insieme con il beato vescovo Eugenio Bossilkov. Il luogo della loro sepoltura nel cimitero della città non è mai stato scoperto. I tre sacerdoti martiri sono stati beatificati da Papa Giovanni Paolo II il 26 maggio 2002.


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BEATO KAMEN VITCHEV
sacerdote e martire

 



Strem (Bulgaria), 23 maggio 1893 – Sofia (Bulgaria), 12 novembre 1952
Petâr Vicev nacque il 23 maggio 1893 nel villaggio bulgaro di Strem, in diocesi di Tracia e regione di Burgas, da genitori ortodossi. L’8 settembre 1910 entrò come aspirante nella Congregazione degli Assunzionisti presso Gemp in Belgio. Assunse così il nome religioso di Kamen.
Nel 1912 iniziò gli studi teologici nella citta di Luven, che si protrassero sino all’estate 1918. Venne quindi nominato insegnante nel collegio Sant’Agostino di Plovdiv e poi nel piccolo seminario Kum-Kapu ad Instanbul. Proprio nell’antica Costantinopoli il 22 dicembre 1921 ricevette l’ordinazione presbiterale come sacerdote di rito orientale.
Dopo aver discusso la tesi in teologia nell’Università di Strasburgo nel 1930, Padre Kamen venne nominato professore di filosofia nel suddetto collegio Sant’Agostino. Fu sovente invitato a tenere lezioni sui temi riguardanti la gioventù e la vita pubblica. Collaborò con il giornale “Veritas” e la rivista “Le ricerche bizantine”.
Il 4 luglio1952 fu arrestato dalla milizia comunista e denunciato quale capo dello spionaggio cattolico che operava contro la sicurezza dello stato. Non si ebbero dunque più sue notizie sino al 20 settembre 1952, quando i giornali pubblicarono sulle prime pagine un atto di denuncia contro quaranta persone accusate di essere spie contro il potere pubblico e di svolgere spionaggio in favore dei servizi segreti francesi e della Santa Sede. Padre Kamen fu inserito nella lista come primo organizzatore di questo spionaggio.
Per lui ed i confratelli Pavel Djidjov e Josaphat Chichkov venne emessa la sentenza di morte il 3 ottobre 1952 e furono fucilati nella notte tra l’11 ed il 12 novembre 1952 a Sofia, capitale bulgara, insieme con il beato vescovo Eugenio Bossilkov. Il luogo della loro sepoltura nel cimitero della città non è mai stato scoperto. I tre sacerdoti martiri sono stati beatificati da Papa Giovanni Paolo II il 26 maggio 2002.



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BEATO PAVEL DJIDJOV
sacerdote e martire


Plovdiv (Bulgaria), 19 luglio 1919 - Sofia (Bulgaria), 12 novembre 1952
Giuseppe Dzjidzjov nacque nella città bulgara di Plovdiv il 19 luglio 1919, da una famiglia cattolica di rito latino. Dal 1926 divenne allievo della scuola degli Assunzionisti Sant’Andrea nel suo paese natale. Dal 1931 al 1938 studiò nel collegio Sant’Agostino, sempre nella medesima città. Il 2 febbraio 1938 entrò finalmente come aspirante Assunzionista a Noseroa, in Francia, ed assunse il nome religioso di Pavel.
Studiò filosofia e teologia a Lormoa, nei pressi di Parigi, fino al 1942, anno in cui fece la sua professione perpetua.
Costretto poi da una malattia a rientrare in Bulgaria, continuò come studente irregolare gli studi teologici. Il 26 gennaio 1945 a Plovdiv ricevette l’ordinazione presbiterale come sacerdote di rito latino. Fu inviato a Varna per studiare economia e scienze sociali, allo scopo di delegargli in seguito le varie attività relative alle case e la gestione economica della missione. Padre Pavel, studente molto bravo ed attivo, esercitava una positiva influenza sui suoi compagni. Con coraggio non nascose mai le sue idee e convinzioni anticomuniste e quindi, proprio per questo, venne tenuto strettamente sotto controllo dai servizi segreti della nuova dirigenza bulgara.
I suoi superiori gli affidarono dunque l’incarico di economo del collegio Sant’Agostino in Plovdiv e più tardi economo del Vicariato Orientale. Seguito costantemente dalla milizia comunista, durante la notte del 4 luglio 1952 fu arrestato nel seminario assunzionista di Plovdiv, insieme con Padre Kamen Vicev. Pavel Dzjidjov figurava secondo nella lista dei denunciati.
Per lui ed i confratelli Kamen Vitchev e Josaphat Chichkov venne emessa la sentenza di morte il 3 ottobre 1952 e furono fucilati nella notte tra l’11 ed il 12 novembre 1952 a Sofia, capitale bulgara, insieme con il beato vescovo Eugenio Bossilkov. Il luogo della loro sepoltura nel cimitero della città non è mai stato scoperto. I tre sacerdoti martiri sono stati beatificati da Papa Giovanni Paolo II il 26 maggio 2002.


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Servo di Dio FLAVIAN MANKIN
sacerdote cappuccino, martire




Nikolajevo (Bulgaria), 11 novembre 1914 - Sekirovo (Bulgaria), 21 ottobre 1945

Servo di Dio PETAR BAKALSKI (FORTUNATO DA DUVANLI)
sacerdote cappuccino, martire



Duvanli (Bulgaria), 6 agosto 1916 - Sofia (Bulgaria), 2 agosto 1952

Servo di Dio IVAN ROMANOV
vescovo di Sofia, martire

Sekirovo (Bulgaria), 10 settembre 1878 – Shumen (Bulgaria), 8 gennaio 1953



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A conclusione di questa panoramica sulla santità in terra bulgara, voglio presentare due figure, purtroppo ancor poco celebri, che legano il Piemonte a questa antica nazione cristiana che entra a far parte dell’Unione Europea. Si tratta di fratello e sorella che in Bulgaria, presso Tessalonica, nel 1889 fondarono le Suore Eucaristine (Sestri Evharistinki), che osservano la medesima regola delle Figlie della Carità, ancora oggi presenti soprattutto in Bulgaria e Macedonia.

Servo di Dio GIUSEPPE ALLOATTI
sacerdote vincenziano


Villacastello (To), 7 luglio 1857 – Chieri (To), 27 settembre 1933

Serva di Dio EUROSIA ALLOATTI
(Madre Maria Cristina di Gesù)


Villacastello (To), 4 maggio 1859 – Torino, 26 dicembre 1920

 

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