Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

RELIQUIE E CORPI SANTI VI

 

SAN TARCISIO MARTIRE



La Chiesa ricorda Tarcisio (o Tarsicio) il giorno del 15 Agosto.

Nonostante i Sacramenti, si amministrassero solo agli adulti e prima del Battesimo la Chiesa prevedesse un periodo triennale (“Catecumenato”) di preparazione; dopo questi tre anni, i padrini garantivano le buone intenzioni del catecumeno, quindi si giungeva al Sacramento.
Durante la Veglia Pasquale, come era usanza di allora, Tarcisio ricevette questi tre sacramenti, detti “dell’iniziazione cristiana”, ossia – appunto – il Battesimo, l’Eucaristia e la Confermazione. Divenne anche un accolito.

Negli anni dell’imperatore Valeriano le persecuzioni erano veramente brutali ed era diventato assai arduo il compito dei Diaconi e degli Accoliti, che dovevano portare l’Eucaristia dalle Catacombe alle carceri e agli ammalati. E un giorno il sacerdote cercava chi potesse compiere questo gravoso compito.
Tarcisio si offrì volontario e, nonostante la giovane età il sacerdote approvò, dicendogli che stava trasportando un tesoro affidato alle sue deboli cure, che doveva evitare le vie frequentate e non dimenticando che le cose sante non dovevano essere gettate ai cani né le gemme ai porci.


Egli accettò dicendo che sarebbe morto piuttosto di cederlo. Attraversò dunque le vie della città, evitando i luoghi molto frequentati che quelli troppo deserti, accellerando il passo. Il carcere era vicino, doveva solo attraversare una grande piazza, dove alcuni ragazzi giocavano e che, vedendo passare il ragazzo, lo invitarono a giocare con loro.
Ma egli rifiutò l’invito a giocare per poter compiere quanto doveva ma essi insistettero, mentre egli stringeva le mani al petto, ancora rifiutando. Ad un certo punto uno dei ragazzi si accorse che egli incrociava le mani e gli chiese cosa stesse custodendo la dentro. Stringendo ancor più le mani, mentre gli altri cercavano di aprirgliele, poi giunse un signore anziano che capì che era un cristiano che portava i Santi Misteri.

Appena capito ciò, i coetanei iniziarono il pestaggio: il sangue di Tarcisio cominciò a spandersi intorno, mentre ormai i colpi e i calci non si contavano più. Giunse infine un pretoriano di nome Quadrato, anche lui cristiano, che intimò ai ragazzi di andarsene. Appena la piazza fu libera, egli si chinò su Tarcisio, ormai morente, che gli disse: “Io sto morendo, Quadrato, ma il Corpo del Signore è salvo! Ti prego, portami dal sacerdote!”.
Giunto là, Tarcisio era già morto.

Il Martirologio romano fissa la sua morte il 15 agosto del 257 d.C.

Il suo corpo venne dapprima sepolto insieme a papa Stefano nel Cimiterio Callisti sulla via Appia; secondo altri autori esso fu trasferito nella cosiddetta Cella Tricora in un sarcofago insieme a papa Zefirino.
Nel 767 papa Paolo I lo portò nella basilica di s. Silvestro in Capite insieme ad altri corpi di martiri; anche qui avvennero alcune traslazioni di cui l’ultima è del 1596 e le sue reliquie furono poste sotto l’altare maggiore.

A Roma nel 1939 gli venne dedicata una chiesa al IV miglio, opera dell’architetto Rossi.
Una sua statua, scolpita da A. Falguière, è conservata al Louvre di Parigi.
In molte chiese di Roma vi sono quadri, statue, pale d’altare che lo raffigurano, infine una bella statua si trova nella chiesa di s. Lorenzo in Faenza.

San Tarcisio acquistò importanza nell'Ottocento, in seguito alla pubblicazione del romanzo «Fabiola» del cardinale Wiseman, che verteva intorno alla figura del coraggioso e giovane santo.

E' patrono dei Chierichetti, degli Aspiranti minori della Gioventù Italiana Azione Cattolica
Il nome Tarcisio, deriva dalla città di Tarso (in Cilicia)
Il suo emblema è la palma, che rappresenta la sua morte come martire per difendere la santissima Eucaristia di Cristo che la folla inferocita di pagani tentava di profanare,

Queste notizie si rilevano dall’unica fonte storica esistente, cioè l’epigrafe posta da papa Damaso sul suo sepolcro, riprese successivamente da altri studiosi e inserite nel ‘Martirologio Romano’ fissando la sua morte al 15 agosto.

 

PREGHIERA

O Dio, che continuamente rinnovi la tua Chiesa nel tuo Amore, donaci di imitare la meravigliosa fortezza del Tuo Martire Tarcisio, per ottenere il premio promesso a chi soffre a causa del Tuo nome Amen.

 

 

SAN BENIGNO


Nella chiesa dell'Immacolata Concezione (Oratorio) a Taurasi,  dal 1804 si conserva il “Corpo”di s. Benigno, giovane martirizzato, forse nel marzo del 304, sotto l’imperatore Diocleziano, quando questi con il quarto editto, impose a tutti i cristiani di sacrificare agli dei in pubblico.

 

Quando poi, nel corso dei secoli a Roma vennero effettuati degli scavi nelle varie catacombe, tra cui quella di S. Calepodio, durante i lavori vennero scoperti molti Corpi di martiri, tra questi alcuni dei quali erano già conosciuti, ma di altri si sapeva poco o nulla.
I corpi man mano che venivano recuperati venivano esposti alla venerazione popolare, ed era motivo di orgoglio per una comunità averne uno.

Così fu per questo giovane, a cui venne venne imposto il nome di “Benigno”, nome di origine latina che significa: di buon carattere.
La richiesta del corpo venne presentata a Roma e nel mese di giugno del 1804 la procedura di richiesta venne accolta, cosicchè

 

"il Corpo sacro di S. Benigno, Martire di Cristo, con la testa restaurata, da parte nostra, su mandato del SS. nostro Papa Pio VII, estratto dal Cimitero di S. Calepodio, con un vasetto di vetro rosso e che con riverenza, abbiamo collocato insieme […], riccamente vestito, secondo l’antico costume militare, di vesti di seta bianca cerulea e di rovi ornati di fregi aurei ed argentei, nonché di pietre preziose e gemme, in una grandissima urna di legno, della lunghezza di otto palmi, dipinta di colore porfido e munita, sulla parte inferiore di vetri di cristallo, insieme unite e sulla parte posteriore di una tavola di legno ben chiusa e legata, insieme con una benda di seta color rosso e contrassegnata con i nostri sigilli. Abbiamo consegnato tutto al reverendo Abate don Domenico Tota, procuratore diretto di Cassitto […]”.

Successivamente, P. Cassitto, dell'Ordine dei Predicatori, donò il corpo alla Confraternita della città, affinchè venisse esposto alla venerazione dei fedeli, poichè, proprio lui, ufficiale dell'esercito romano, nel tempo di sua vita, passando proprio per quella città aveva espresso il desiderio di essere là sepolto dopo la sua morte... E con la spada lasciò un segno sul portale della chiesa...

 

Un’altra leggenda, narra invece di un corteo funebre che trasportava il corpo di un militare morto in battaglia per difendere la cristianità. Giunti vicino alla chiesa, la bara si fece molto pesante, cosìcchè impedì ai ttrasportatori di ortarla oltre

Alla sua protezione si affidarono le famiglie che avevano un parente in armi durante le due guerre mondiali e degli ex-voto vennero cuciti su un drappo rosso, che viene esposto in occasioni solenni.

PREGHIERA

O Signore, che volesti fare del tuo fedele servo Benigno un testimone della fede, infondendogli la forza per affrontare i tormenti, fà che per la sua intercessione possiamo meritare le grazie celesti necessarie alla nostra salvezza.

 

 

SAN BONIFACIO

Tanti, i santi dal nome Bonifacio, ma il corpo di questo raffigurato si trova nella Certosa di Trisulti.
Conformemente alla tradizione architettonica certosina, la chiesa è divisa in tre parti: Coro dei Fratelli Conversi, Coro dei Padri e Presbiterio. I due cori, divisi tra loro da un muro divisorio, comunicano tramite una splendida porta lignea.

Sotto gli altari si trovano i corpi di due santi martiri riccamente vestiti: San Benedetto e San Bonifacio. 
Il dettaglio del pavimento del Coro dei Padri riproduce la stessa forma del pavimento della basilica di San Lorenzo in Lucina a Roma.

PREGHIERA

 

San Bonifacio, nostro amico e protettore
Tu che hai lasciato ogni cosa per servire Dio.

Tu che hai annunciato il Vangelo con le parole
il dono della tua vita, fino al martirio,
ottieni per noi dal Signore tutto quello che ci occorre
er essere veri cristiani nel nostro tempo.

Guidaci a non anteporre nulla all’amore di Cristo,
sostieni il nostro amore per la Chiesa,
accompagna i passi della nostra conversione,
tieni lontano da noi il peccato che ci insidia
e rendici coraggiosi nell’annuncio della fede

Amen!

 

 

SAN CAMPIO

Il Santuario di Santiago de Compostela è un luogo in cui viene ricordato San Campio de Lonxe, soldato romano, martirizzato ai tempi degli imperatori Diocleziano e Massimiliano, nell'anno 306.
Il suo corpo venne sepolto, insieme a quelli dei suoi compagni di fede, nel cimitero di San Callisto a Roma e poi trasportato in Spagna, a Santiago de Compostela.

L'inizio della devozione a San Campio a Figueiró, si perde nei secoli. Il sontuoso Santuario dove è venerato oggi, costruito nel 1804, venne realizzato su una vecchia cappella in onore di Sant' Antonio di Padova. Venne ricostruito negli anni 1871-1874. e risistemato negli anni '90.

I pellegrini arrivano ogni giorno dai luoghi più remoti della Galizia e della parte settentrionale del Portogallo, per venerarlo.. Il nome di San Campio "de lonxe" (da lontano) deriva dal fatto che i pellegrini provengono a piedi dai più svariati luoghi, percorrendo molti e molti chilometri per arrivarvi.  È anche noto come San Campio del monte perchè, per arrivarvi, i pellegrini viaggiano attraverso montagne e boschi, cercando scorciatoie per raggiungere prima il Santo.

È invocato per molti tipi di malattie, in particolare per il cancro, per le malattie reumatiche e nervose o mentali e, in passato, era "il grande medico" dei “posseduti” dal demonio. Molte le offerte votive: centinaia di figure di cera, che rappresentano mani, piedi, teste, gole, stomachi, seni, corpi interi, ecc., deposte sotto l'altare.

Poiché era un soldato, è considerato patrono o tutore dei giovani che servono il paese. Prima di entrare in servizio, essi vanno in pellegrinaggio a San Campio, in cerca della sua protezione e molti, se ottenevano medaglie sul campo, le offrivano, rendendogli omaggio.

PREGHIERA


O glorioso Santo, protettore ed intercessore, a Te ricorriamo, fiduciosi del Tuo aiuto.
Fortificaci nella fede e nella fedeltà alla santa legge di Dio. Accresci in tutti l'amore per la santificazione e per la nostra salvezza.
Benedici i nostri bambini ed ottieni da Dio che fiorisca in molti di essi la vocazione sacerdotale e religiosa.
Fà che ritornino alla fede ed alla pratica di essa, quanti se ne sono allontanati
Rendi sante le famiglia e la gioventù.
Liberaci da ogni pericolo, materiale e spirituale ed ottienici, infine, che tutti possiamo raggiungere, dopo la nostra morte, il santo Paradiso per cantare con Te le glorie e le misericordie di Dio, per tutta l'eternità.

 

 

SAN CIRIACO

Purtroppo, proprio per il ripetersi del nome Ciriaco per vari martiri, si è determinata una certa confusione nell’identificarli; tenendo presente vari fattori, il tempo passato, la mancanza di documenti contemporanei, i reperti archeologici trovati in vari punti e soprattutto le varie ‘Passio’ compilate in tempi successivi.

Ciriaco, deriva dal greco, che vuol dire padrone, signore.
Emblema: Palma

Giuda Ciriaco di Gerusalemme, o Judas Kyriakos, Quiriacus, Quiricus (nato e morto a Gerusalemme), secondo la tradizione sarebbe stato vescovo della città della città di Ancona e ucciso durante un pellegrinaggio in Terra Santa,  sotto l'imperatore Flavio Claudio Giuliano. Considerato santo dalla chiesa cattolica e da quella ortodossa, è patrono di Ancona, dove è conosciuto anche con il nome dialettale di Ceriàgo, mentre in Sardegna è venerato col nome di "Quirico".I cattolici lo ricordano il 4 maggio e gli ortodossi il 14 aprile.

Spesso viene confuso con Giuda Ciriaco di Gerusalemme (San Ciriaco di Gerusalemme), ucciso durante una rivolta popolare nel 133 d.C. Ciriaco di Gerusalemme è il santo celebrato dalla Chiesa Ortodossa il 14 ottobre.

Secondo una leggenda, sarebbe nato a Gerusalemme con il nome di Giuda, figlio di Simeone e Anna, nipote di Zaccheo. Divenuto rabbino della  sinagoga , nell'anno 326, venne contattato dall'Imperatrice Elena, madre di Costantino I, recatasi là per trovare la Vera Croce, dove Gesù era stato giustiziato e, venendo a sapere che il rabbino Giuda conosceva il luogo in cui era sepolta, ma non volendo dare informazioni a riguardo, lo fece imprigionare in una cisterna vuota. Dopo sei giorni senza cibo né acqua, egli informò l'Imperatrice di quanto sapeva e al rinvenimento della Croce, il 3 maggio 326, Giuda si convertì al cristianesimo.

Venne battezzato da Macario, vescovo di Gerusalemme, alla presenza della stessa Elena, prendendo il nome di Ciriaco (dal greco "dedicato al Signore) e chiamato: "Inventor Crucis", cioè "ritrovatore della croce". Da quel momento, Ciriaco si adoperò attivamente per la diffusione della fede e nello studio dei Vangeli.

Nel 327 papa Silvestro I lo consacrò vescovo di Gerusalemme e nel 363, l'imperatore Flavio Claudio Giuliano lo fece imprigionare e torturare, secondo una leggendaria passione scritta in greco, successivamente tradotta in latino.

La tradizione elenca le seguenti torture:

venne mutilato della mano destra
gli venne fatto bere del piombo fuso; Ciriaco si riprese dopo due ore
venne legato su una graticola e frustato
venne gettato in una fossa piena di serpenti velenosi
fu immerso nel bitume bollente
venne trafitto al capo con una spada
e dopo poco, Ciriaco morì.

Il martirio avvenne il 1º maggio alle ore otto, a Gerusalemme. Anche Anna, madre di Ciriaco, venne torturata e arsa viva lo stesso giorno. Entrambi vennero poi sepolti alle pendici del Golgota, là dove Elena aveva trovato la Santa Croce.

Proprio per questo legame di san Ciriaco con la Croce, la Chiesa cattolica fissò la data della sua festa al 4 maggio, il giorno dopo la festa del Ritrovamento della Santa Croce, che esisteva nel calendario liturgico fino alle riforme del Messale Romano operate sotto Giovanni XXIII nel 1960/1962.

Secondo la tradizione, san Ciriaco, dopo la conversione, aveva raggiunto Roma in pellegrinaggio., passando per Ancona dove venne a furor di popolo, acclamato vescovo, rimanendovi molti anni. Poi, era ritornato in Palestina per rivedere la propria città e là venne sottoposto a martirio.

L'8 agosto 418 il corpo di Ciriaco venne trasferito dalla Palestina ad Ancona e posto nella cattedrale di Santo Stefano, per intervento di Galla Placidia, sollecitata dagli anconetani che le avevano chiesto di ottenere e custodire le spoglie di santo Stefano. Infatti Ancona conservava (e conserva tuttora) come reliquia uno dei sassi usati durante la lapidazione del protomartire. Quando, nel 1097 la chiesa di San Lorenzo, venne proclamata nuova cattedrale, le spoglie di san Ciriaco vennero trasferite nella cripta, e sottoposte a ricognizione; dopo alcuni decenni la chiesa venne poi dedicata direttamente a lui.

Per timore di furti di reliquie, comuni nel Medioevo, per secoli il corpo di san Ciriaco venne protetto da una cancellata che evitava l'accesso e, solo nel XVIII secolo, dopo che un fulmine aveva colpito la cripta, si effettuò una ricognizione del corpo del martire, e, poichè il fulmine non aveva causato danni, le cancellate vennero rimosse.

Successivamente, dopo un grave terremoto, venne realizzata una nuova ricognizione del corpo, rimasto incorrotto dopo 1700 anni e in questa occasione vennero effettuati accurati studi medici che constatarono i segni delle atroci torture subite dal santo: la trachea, organo che normalmente si degenera, era invece intatta ed analisi chimiche rilevarono che ciò era avvenuto in quanto essa era ricoperta di piombo, chiaro segno di ingestione forzata di metallo fuso. 
Alla base del capo si notava la traccia della ferita che lo aveva portato alla morte.

Tutto questo confermò, dunque, la verità su tutte le torture che quel corpo aveva subito e che molti ritenevano frutto di fantasia. E persino l'età della morte venne confermata e confrontata con gli antichi testi relativi al martirio.
L'esito imprevisto della ricognizione portò a rivalutare la cura con la quale nei secoli si era sempre custodito il corpo del santo, rivelatosi poi come preziosa testimonianza di quanto gli era accaduto

Ancora oggi, per la ricorrenza dell'arrivo del corpo ad Ancona, l'otto agosto, viene effettuata la distribuzione ai fedeli di mazzolini di giunchi benedetti, che richiama alla leggenda secondo la quale la cassa con i resti di Ciriaco arrivò ad Ancona galleggiando sulle onde e che essa, poi, grazie a una corda di giunchi intrecciati, venne tirata a riva dai marinai della zona.Il corpo del martire viene mostrato solo nel mese di maggio.
Per il suo ruolo decisivo nel ritrovamento della Santa Croce, venne nominato protettore dei padri cruciferi, dopo san Cleto.

 

PREGHIERA

 

 

O glorioso S. Ciriaco, voi che aveste il coraggio di resistere e sopportare gli slogamenti delle membra, i laceramenti della carne, la pece bollente, e la morte stessa, guardate a noi, peccatori, ottenendoci la grazia di migliorare sempre, col vostro sostegno ed aiuto, di essere saldi e fermi nella fede, vivendo secondo i dettami di Dio in ogni circostanza, anche la più infelice, offrendo a Lui tutti noi stessi e meritandoci il premo eterno.

Se potete, concedete la grazia che vi chiediamo... Così sia.

 

SAN CIRIACO DI ROMA

 

La storia di Ciriaco e compagni, riportata dalla ‘Passio Marcelli’, parla della decisione dell’ imperatore Massimiano (250-310) di edificare a Roma le terme in onore di Diocleziano, coimperatore, utilizzando  per i  lavori anche i cristiani già in prigione; questi vennero aiutati dal ricco Tresone, tramite Ciriaco, Sisinnio, Smaragdo e Largo.

I primi due erano stati ordinati diaconi da papa Marcello  e incaricati di aiutare ed assistere i cristiani arrestati a seguito della persecuzione in atto, ma il gruppo venne scoperto e condannato con gli altri a lavorare alle terme.

Rinfocolata la persecuzione, Sisinnio venne incarcerato e poi martirizzato insieme al vecchio Saturnino il 29 novembre; Ciriaco, Largo e Smaragdo rimasti in carcere, vengono visitati da altri cristiani e operano anche miracoli, come Ciriaco che esorcizza Artemia, figlia di Diocleziano, posseduta dal demonio e poi la battezza.

Diocleziano riconoscente, lasciò liberi i tre cristiani donando loro anche una casa; la leggenda racconta ancora che i tre si recarono in Persia, dove operarono un analogo prodigio con Giovia, figlia del re Sapore, poi ritornano a Roma, dove nella casa a loro donata istituirono un fonte battesimale in cui papa Marcello battezzava i convertiti.

Dopo l’abdicazione di Diocleziano nel 305, l’altro imperatore Massimiano fece arrestare i tre cristiani, insieme a Crescenziano che,  sottoposto a supplizi, morirà per primo il 24 novembre e sarà seppellito nel cimitero di Priscilla.

Ciriaco, Largo e Smaragdo, insieme ad altri cristiani tra i quali Memmia e Giuliana, verranno condotti sulla via Salaria e lì decapitati il 16 marzo e sepolti.

 

L’8 agosto successivo papa Marcello trasferirà i loro corpi al VII miglio della via Ostiense. La loro casa assegnata in un primo tempo al prefetto Carpasio, verrà trasformata in un bagno pubblico e in seguito chiusa e abbandonata.

Il culto per Ciriaco si diffuse ben presto, come dimostrano le chiese erette in suo onore a Roma, oggi quasi tutte scomparse. Nel ‘Liber Pontificalis’ si riporta che papa Onorio (625-638) fece fabbricare una chiesa in onore del solo s. Ciriaco e così pure nelle biografie di papa Leone III e papa Benedetto III viene ricordata questa chiesa, i cui ; i ruderi  vennero  riscoperti nel 1915 sulla via Ostiense . Molte altre, poi, ne sorsero in Roma durante il Medioevo, quasi tutte scomparse. Nell’817, ad opera di papa Pasquale I, le reliquie del santo vennero portate dalla chiesa sulla via Ostiense, nella chiesa di Santa Prassede e successivamente nella chiesa di S. Ciriaco di Neuhausen presso Worms, e in questa zona della Sassonia il santo ha avuto un grande culto e tutta una tradizione iconografica.
Tanti, inoltre, sono i santi di nome Ciriaco, ben 27, quasi tutti martiri e quasi tutti facenti parte di piccoli gruppi, che subirono il martirio insieme .

 

PREGHIERA A SAN CIRIACO DIACONO E MARTIRE

O glorioso San Ciriaco, Voi che dal Pontefice S. Marcello per il vostro zelo foste elevato alla dignità di Diacono della Chiesa Romana e che sopportaste con santa intrepidezza il martirio, volgete il vostro sguardo verso di noi, ed otteneteci la grazia di mantenerci sempre pronti e saldi nella nostra fede, malgrado tutte le tentazioni del demonio e di vivere così conformi al nostro Divino modello da meritarci una beata eternità.

Sì, o Martire insigne, oggi che tutto il mondo vi applaude e vi glorifica, fate sentire anche a noi la potenza del vostro braccio, anche a noi mostrate la vostra misericordia, anche a noi concedete le grazie che bramiamo, così sia.
Gloria al Padre...

 

 

 

SAN NAZZARO o NAZARO MARTIRE

 

La basilica di S. Nazaro Maggiore, è una delle basiliche della Milano romana imperiale fondate fuori delle mura, da cui l’altro nome con cui è conosciuta: S. Nazaro in Brolo, cioè “al prato” – alla fine del quarto secolo, per volere del vescovo Ambrogio. Dapprima dedicata ai Santi Apostoli, la chiesa venne poi consacrata a S. Nazaro, martire cristiano ai tempi di Nerone.

Della vita di San Nazzaro si sa molto poco.

Sicuramente di origine milanese, figlio di Africano, pagano, e di Perpetua, cristiana, chiesto e ottenuto il battesimo da S. Lino papa, cominciò a predicare la fede cristiana. Vendette i suoi beni e ne distribuì il ricavato ai poveri.
Spesso appare in divisa da soldato. Il martirologio romano cita quattro soldati romani, martiri sotto Diocleziano e Massimiano,  che emisero quattro editti di persecuzione contro i cristiani, tra cui San Nazaro.

Accusato dall'Imperatore fuggì a Nizza dove gli fu affidato il giovane Celso.

Il giudice Tommaso su ordine di Nerone condannò Nazaro e Celso perché cristiani, ad essere gettati in mare.

Si salvarono dall'annegamento, recandosi a Treviri, dove vennero di nuovo arrestati e condotti a Roma.
Fuggirono di nuovo per raggiungere Milano dove Nazaro riabbracciò il padre, convertitosi intanto al cristianesimo.
Ancora ricercati da Dento, soldato di Nerone, vennero infine arrestati e condannati al supplizio, subendo il martirio per decapitazione, fuori Porta Romana a tre Moros.

Il culto di San Nazaro si diffuse ad opera di S. Ambrogio, che aveva iniziato a raccogliere le reliquie dei santi martiri per metterle sotto gli altari, in occasione della dedicazione delle chiese.
Nella Basilica degli Apostoli a Porta Romana trasferì quelle dei Santi Andrea, Giovanni, Tommaso e nell'anno 395, scoperti i corpi di Nazaro e Celso celebrerà la solenne traslazione del corpo di Nazzro alla predetta Basilica.

Dal IV sec. In poi, si diffuse l'uso di venerare le reliquie dei Martiri, culto che i Longobardi fecero propri

Oltre al 10 maggio, giorno della traslazione, San Nazaro è venerato il 28 luglio giorno della nascita. I milanesi nel tempo sono rimasti devoti a San Nazaro, tanto che nel 1387 Gian Galeazzo Visconti fece una oblazione alla chiesa. Nel 1450 il Duca Francesco Sforza prese atto che la festa di San Nazaro era molto cara alla città. Nel libretto dell'anno 1460 Papa Eugenio IV concesse con bolla, per la festa di San Nazaro, 5 anni e 5 quarantene di indulgenze.
Il raccoglitore di memorie sacre Gofiredo da Busseno vissuto nel sec. XIII dà notizie di ben 61 chiese dedicate a San Nazaro e sei altari costruiti in suo onore in altre chiese della Diocesi. Una sua statua è anche nel Duomo di Milano dal 1429. Galla Placidia, figlia di Teodosio, eresse una Basilica a Ravenna a lui dedicata poichè aveva imparato a venerarlo a Milano e che forse fu presente al rinvenimento delle spoglie.

Nel 1578, quando furono ritrovate le reliquie del Santo, S. Carlo Borromeo arcivescovo di Milano le trasferì sotto l'altare orientale della Basilica degli Apostoli di Milano, nel 1894 fu eseguita una nuova ricognizione, per riprendere l'urna argentea, di forma cubica, contenente le reliquie, che da allora fece parte del tesoro della Basilica. La Chiesa quando vi fu trasferito il corpo di San Nazaro assunse il titolo del Santo, al tempo dell'Imperatore Teodosio.

Il corpo del santo è integro, così come conferma Paolino da Nola nel 403, che nel carme IX dice che sotto l'altare vi sono le reliquie di Nazaro, da lui messe nella Basilica a Nola dopo averle ricevute da S.Ambrogio.
La testimonianza di Paolino da Nola ci dimostra la diffusione del culto di San Nazaro già nel '400. Egli è raffigurato spesso barbuto coi capelli fluenti e la tunica rossa, Celso come un ragazzo di 15 anni. La più antica attestazione del culto di San Nazaro a Roma è un'iscrizione in cui si dice di un tal Vittore sepolto nel 404 nella Basilica di San Nazaro e Nabore sulla via Aurelia.

PREGHIERA

 

O glorioso santo protettore e intercessore, a Te ricorriamo fiduciosi del tuo aiuto. Fortificaci nella fede e nella fedeltà alla santa legge di Dio.

Accresci nei sacerdoti l'amore della loro santificazione e della nostra salveza. Benedici i bambini e ottieni da Dio che fiorisca in molti di essi la vocazione sacerdotale e religiosa.

Fà che ritornino alla Fede e alla pratica di essi quanti se ne sono allontanati. Rendi sante le famiglie e pura la gioventù.

Liberaci da ogni pericolo e flagello materiale e spirituale e, ottienici, infine, che tutti possiamo raggiungere, dopo la nostra morte, il santo Paradiso, per cantare con te le glorie e le misericordie di Dio per tutta l'eternità. Così sia.

 

 

SANTA AURELIA PROCOPE

Urna a sarcofago contenente il corpo di Santa Aurelia Procope, inserita dentro una cassa di legno aperta sotto la mensa dell'altare. Dipinta in verde a finto marmo, l'urna poggia sulla parte anteriore su due piedi leonini. Gli angoli in basso, arrotondati e rivestiti da foglie d'acanto dorate sono chiusi davanti da due maschecon testa felina, sempre in legno dorato, con l’iscrizione CORPUS. S. AURELIAE. PROCOPES. V. ET.

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Santa Aurelia venerata a Ceglie Messapica


A Ceglie Messapica, le spoglie di Sant'Aurelia, elegantemente ricomposte per la venerazione da parte dei numerosi fedeli, sono in una cripta semicircolare sotto il pavimento della chiesa dei Padri Passionisti. La chiesa, sovrastante, presenta un originale mosaico di San Paolo della Croce sopra l'altare maggiore e pannelli policromi ceramici sulle pareti laterali.

Molta sentita, la devozione alla santa, molte donne portano il suo nome e una delle più importanti strade di Ceglie, la circonvallazione Sud-Est che costeggia la chiesa dei Passionisti, porta il nome di "Sant'Aurelia". Poi, al maschile è parecchio diffuso nella comunità odierna, e ancora di più nella prima metà del ‘900.
Era molto conosciuta e venerata, sia quando il suo Corpo era presso la comunità delle monache Teresiane, poi chiusa nel 1908. Nell’inventario dei beni che secondo le leggi del tempo sarebbero diventati demaniali, le monache dimenticarono di includere le spoglie di santa Aurelia.
Così chiesero a chiese ed istituti religiosi dei dintorni se volessero accoglierle. Fu il rettore del convento dei Padri Passionisti di Ceglie Messapica a rispondere positivamente e da allora santa Aurelia è lì, venerata da migliaia di pellegrini.

SANTE AURELIA E NEOMISIA

 



C’è un’altra santa di nome Aurelia, associata a santa Neomisia, sua sorella.  Erano di famiglia nobile, rimaste orfane pare che diventassero schiave e condotte in Tracia. Liberate dalla schiavitù dei Maomettani, si recarono in pellegrinaggio nei santi luoghi della Palestina e nei più celebri santuari dell'Occidente, per predicare il Vangelo di Gesù Cristo, adorare il Signore e pregarlo.

Arrivarono in Italia e, dopo essere state in Puglia e in Lucania, si stabilirono a Roma dove visitarono le memorie dei Santi Apostoli e ricevettero la benedizione del Santo Padre. Lasciarono Roma incamminandosi per la via Latina, a quel tempo infestata dai che le catturarono e frustarono crudelmente, per la ripugnanza ad arrendersi ai loro voleri, riducendole quasi in fin di vita e le avrebbero uccise se un violento temporale non avesse spaventato i persecutori. Con la scarsa forza rimasta, le sorelle ripresero il viaggio e raggiunsero a stento Anagni,  dove furono accolte da una donna impietosita dalle loro dolorose e gravi condizioni.

Furono così costrette a trattenersi nel paese e durante le orazioni notturne nella chiesa parrocchiale, un angelo preannunciò loro la prossima salita in paradiso.
Il 25 settembre la morte delle due sorelle fu annunziata dalle campane e i loro corpi furono lasciati prima nel borgo Macerata, poi a causa di scorrerie di barbari furono portati nel monastero di Santa Reparata e successivamente nella Basilica inferiore della Cattedrale, dove riposano tuttora accanto alle reliquie di S. Secondina.
Vengono festeggiate il 25 settembre.

PREGHIERA

 

O Signore, che che guardi con favore alla venerazione ai Tuoi santi, concedi che per i meriti e l'intercessione di S. Aurelia,

possiamo meritare le grazie temporali e spirituali necessarie alla nostra rinascita in cielo. Amen.

 

 

SAN TEOFILO




San Teofilo, detto il Giovane, Soldato e martire, nato a Cipro e morto il 30 gennaio 792.   
Dal greco, il suo nome vuol dire:  amico di Dio.

La sua esistenza reale e storica è confermata dalla “Chronografia” di Teofane e da alcuni sinassari bizantini, che al 30 gennaio riportano il suo nome.

Verso la fine degli anni 700, al tempo di Costantino VI  e di Irene sua madre e reggente, imperatori d’Oriente, Teofilo era un capo militare, preposto al comando della base bizantina di Cipro e, durante un attacco della flotta araba contro l’isola, egli venne  fatto catturato dai Saraceni e portato al califfo Harun ar-Rasid,  che tentò, inutilmente, di fargli rinnegare Cristo.
Il giovane comandante rifiutò, venne gettato in priogione, dove rimase quattro anni, mentre i Saraceni aspettavano di ottenere un riscatto dai cristiani.

Non avendo egli voluto partecipare alla tradizione del Ramadan musulmano, Teofilo venne decapitato nel 792,  il 30 gennaio, un giorno prima del 31 gennaioe dellafine del Ramadam.

Si suppone che ciò sia accaduto in Cipro; il cardinale Cesare Baronio, compilatore del primo ‘Martirologio Romano’ nel XVI secolo, lo inserì come martire di Cipro alla data del 22 luglio, data successivamente corretta in 30 gennaio.

Le sue Reliquie vennero rinvenute nelle catacombe romane a fine settecento e portate nel convento dei cappuccini di Castelbuono nel 1830, dove sono sotto l’altare maggiore, che veniva aperto in occasione di feste solenni...

PREGHIERA

O San Teofilo, tu eri certamente un giovane cristiano al servizio di Dio e ti battevi per non rinnegare Cristo.
Fà che anche io possa rispondere all’amore di Gesù, che è morto e risorto per me.
Aiutami ad essere un buon cristiano, testimoniando la mia fede ogni giorno, perché tutto quello che faccio sia qualcosa di buono e di bello. Amen.

 

 

SAN VALENTINO MARTIRE

 


SAN VALENTINO MARTIRE - PIEVE DI SANTA MARIA ASSUNTA DI BIENTINA

 

San Valentino era un soldato romano convertito al Cristianesimo e  martirizzato  a Roma per non aver voluto abiurare la sua fede.

I suoi resti sono conservati nella Pieve di Santa Maria Assunta di Bientina, dopo essere stati riesumati dalle catacombe di San Callisto di Roma e consegnati a una nobile romana che a sua volta nel 1681 li donò alla comunità del piccolo centro del pisano.

Molto partecipate dai fedeli sono le celebrazioni religiose, che tengono a Pentecoste, tra cui la processione del sabato sera con la reliquia del Santo e quelle civili.

Il santo era un taumaturgo, noto per i miracoli che compiva liberando gli indemoniati.
Del prete esorcista si narrano le lotte che avrebbe sostenuto con il maligno per scacciarlo dai posseduti che diventavano estremamente forti e urlanti, aggredendo il santo che voleva avvicinarli.
Ed anche ora avviene che il posseduto urlante, che bestemmia e si contorce, cada poi come morto per terra, appena viene sfiorato dal busto d’argento raffigurante San Valentino.

Si racconta anche che fino dove giunge il suono delle campane della pieve di Bientina, il Diavolo non possa varcare il magico cerchio che da loro si forma e quindi chi vive al suo interno non non ha timore di essere posseduto.

 

 

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SAN VALENTINO DI TERNI

Su San Valentino c'è sempre stato un dubbio: si tratta di due santi, un prete romano ed un Vescovo di Terni, oppure di uno solo? Oggi si è giunti al punto di pensare che il prete romano non sia mai esistito, mentre il Santo Vescovo di Terni sì.

Tre nobili ateniesi, arrivano a Roma per studiare presso un maestro di lingua greca e latina, Cratone, il quale aveva un figlio deforme che nessuo aveva potuto guarire. Un suo conoscente gli racconta che anche suo fratello era affetto da un simie male ma che era stato risanato da Valentino, Vescovo di Terni. Cratone, contatta allora il Santo, promettendogli, in cambio della guarigione, la metà dei suoi beni, ma il Vescovo gli spiegherà che le sue ricchezze sono inutili se non associate alla Fede per il solo Dio in cui Valentino stesso crede.
Cratone acconsente ad abbracciare la Fede cristiana e a battezzarsi ed il Santo risana il ragazzo. L'intera famiglia di Cratone, i 3 studenti, anche Abbondio altro studente, figlio del Prefetto di Roma, Furioso Placido, e molti altri si fanno battezzare.

Furioso Placido era ancora legato alla religione pagana e, su mandato del Senato, fece imprigionare Valentino destinandolo alla morte per decapitazione, effettuata durante la notte, per evitare l'ira dei cristiani che componevano, ormai, una gran parte della popolazione.

Venne sepolto frettolosamente ma poi trasportato dai predetti giovani a Terni, e sepolto fuori della città. Il console di Terni, venuto a conoscenza del fatto, fece catturare i tre ragazzi, Proculo, Efebo ed Apollonio, che vennero destinati alla decapitazione, avvenuta subito, ancora di notte, per evitare la ribellione dei cittadini. Poi fuggì da Terni con la sua schiera di funzionari, di notte, per evitare tumulti. Intanto i cori dei giovani vengono sepolti presso la tomba di San Valentino.
Saranno seguiti da tanti altri fino al IX secolo.

Pochi anni dopo il martirio, papa Giulio I (metà del III sec.) aveva fatto costruire una basilica che sussistette per molti secoli, dove sembra sia avvenuto un incontro tra papa Zaccaria ed il re longobardo Liutprando.

Il Patrono della città, all'epoca era sant’Anastasio, ma, dopo il 1605, quando furono ritrovate le reliquie di S. Valentino, egli venne a furor di popolo, nominato patrono della città, ed in suo onore venne costruita una chiesa, affidata ai Carmelitani scalzi, che la curano ancora oggi.

La leggenda di san Valentino Patrono degli innamorati, nasce da uno scritto dell’inglese Geoffrey Chaucer, che racconta solo che nel giorno della ricorrenza di S. Valentino, gi uccellini iniziavano le loro danze d’amore...ma poi, pochi decenni fa, con la globalizzazione e commercializzazione consumistica, la ricorrenza della morte del Santo è diventata la "festa degli innamorati". La Chiesa, ha cercato di trasformare questa festa laica e un pò pagana in qualcosa di più serio, tentando di inculcare nei fidanzati cristiani una santificazione del sentimento reciproco e del Sacramento del matrimonio cristiano e consapevole.

 

PREGHIERA

O Dio, che hai unito alla passione del Tuo Figlio, il glorioso martire S. Valentino, per sua intercessione sostieni la nostra debolezza e fà risplendere in noi la Tua potenza.

 

 

SAN VITALE MARTIRE

San Vitale, martire a Roma nel IV secolo,  viene venerato assieme a  santa Colomba martire nella basilica-santuario di San Gerardo Maiella a Materdomini di Caposele.
Il suo corpo venne portato da Roma nel 1783.
Le reliquie dei due santi sono conservate sotto gli altari.  Essi vengono festeggiati  l'ultima domenica di giugno.

PREGHIERA

O Signore che Ti circondi della schiera gloriosa dei Tuoi martiri, concedi che per intercessione di san Vitale possiamo meritare i doni spirituali e temporali necessari alla nostra salvezza. Amen.

 

 

 

SAN CANDIDO

Nella chiesa romana di S. Maria in Aquiro, sono conservate le reliquie di San Candido martire, protettore degli orfani, prelevate dal cimitero di Callisto

Era un giovinetto che era morto per Cristo, poco altro si sa di lui . Ricomposte le sacre ossa, ricoprendole di cera, sembrava dormisse in quell’urna appositamente fatta per lui, che nella seconda metà del 1843, subito venne  esposta al culto dei fedeli.

 

PREGHIERA

Ti abbiamo caro, san Candido, per la tua protezione nei nostri confronti e  ti chiediamo le grazie celesti per essere sempre colmi di grazia e virtù e graditi a Gesù.

 

 

 

SAN PETRONIO MARTIRE

Il corpo del santo si trova nell’eremo della Solitudine degli alcantarini.


L’eremo venne costruito presso la cappella dedicata a S. Michele Arcangelo, realizzata dov’era avvenuto un fatto miracoloso: c’era là una sorgente d’acqua che bevuta, un giorno,  da una indemoniata, la liberò subito da quella presenza negativa. Per questa ragione la cappella venne dedicata a S. Michele Arcangelo, vittorioso sul  demonio.

Sul viale d’ingresso, subito dopo il piccolo convento, vi è la cappella che ricorda il miracolo del “sasso”, dove San Giovan Giuseppe della Croce era in preghiera, quando si staccò un macigno dal pendio roccioso che rimase come sospeso. Sulla roccia venne costruita una cappella, dove è conservato un dipinto su ardesia che ricorda quel memorabile fatto accaduto.

Ci sono altre cappelle sparse nel bosco, da raggiungere a piedi. Il luogo è pregnante di silenzio e là venne costruita, nel 1679, la prima piccola chiesa dedicata a S. Maria degli Angeli, ed un ruolo fondamentale per la costruzione lo ebbero il ministro provinciale alcantarino, padre Giovanni di santa Maria, il cardinale protettore Francesco Barberini, oltre allo stesso san Giovanni Giuseppe della Croce.

Sculture in ceroplastica contengono le reliquie di San Petronio e di San Vincenzo, donate da Re Carlo III agli alcantarini.

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L’altro grande santo Petronio è:

Petronio, ottavo Vescovo  di Bologna  tra il 431 e il 449 (o 450). Probabilmente, apparteneva ad una famiglia di alto rango, cresciuto nella Gallia romana, coltivando studi monastici, forse nel Monastero di Lerino, lasciando prospettive di carriera politica e amministrativa, derivantegli da appartenenza sociale ed intraprendendo la  sacerdotale che lo portò ad essere Vescovo , fors’anche a Milano dove conobbe Ambrogio.
Le sue spoglie vennero ritrovate nel 1141 quando dei monaci benedettini di S. Stefano, assieme al loro Vescovo, ritrovarono la sua tomba, nella quale, oltre ai resti del vescovo, trovarono reliquie di notevole importanza. Successivamente venne redatta una Vita del santo, piuttosto “leggendaria”, da  cui si evinceva che Petronio, di origine greca, era cognato dell'imperatore Teodosio II, ed esattore delle pubbliche imposte per l'impero; inviato a Roma, presso papa Celestino I,  per una disputa su un’eresia e poiché a Roma c’erano degli ambasciatori bolognesi che chiedevano al Papa un nuovo vescovo, Celestino scelse Petronio,  su suggerimento di s. Pietro venutogli in sogno. Petronio arriverà a Bologna, trovandola in condizioni disastrose a causa delle invasioni barbariche, ma avvierà una campagna di ricostruzione della città, in particolare del complesso di Santo Stefano ed effettuando un viaggio a Costantinopoli da cui ritornerà portando varie importanti reliquie. Verrà poi sepolto in una cappella di quella chiesa.
Nel 1253 il libero Comune di Bologna lo nominerà principale patrono della città. Nel 1388 venne edificata la grande basilica a lui dedicata, posta in Piazza Maggiore.
La reliquia del capo del Santo venne qui portata per volere di papa Benedetto XIV e solo nel 2000 anche il resto del corpo del patrono è stato traslato in San Petronio. A lui vengono attribuiti le quattro  croci che Petronio avrebbe posto ai margini della nuova città murata
San Petronio viene raffigurato quasi sempre in vesti episcopali ed in età matura, con barba bianca e di aspetto saggio e paterno, come altri grandi santi e co la presenza del modellino della città di Bologna in mano, ai suoi piedi o sorretto da angeli.
Nel 2001 la statua di San Petronio, realizzata nel 1683 è stata ricollocata in piazza,  tra le Torri della Garisenda e degli Asinelli.

 

PREGHIERA A SAN PETRONIO DI BOLOGNA

 

Petronio santo, vescovo nostro e padre, difensore del popolo bolognese,
guarda dal cielo e visitanell’assiduità della tua intercessione
questa vigna che tu hai dissodatocon la tua limpida fede
e la tua generosa dedizione di pastore.
Bologna, sull’esempio dei suoi padri, vuole fregiarsi e si onora
del tuo nome e della tua sempre viva memoria.
Nelle intemperie delle vicende terrene, tienila tu fra le tue salde mani
e aiutala ad affrontare con serenità, le sfide del suo arduo presente
e del suo imprevedibile futuro.
Da te sorretta e guidata, trovi la gioia di vivere autentica e piena
questa città che nativamente anela alla gioia.
E, custodendo nel suo cuore la speranza dell’eterno Regno di Dio
che ha ispirato e impreziosito la sua lunga storia,
diventi sempre più fraterna e generosa, più docile al soffio dello Spirito di verità,
consolata e certa dell’amore del Padre, lieta e fiduciosa
nella salvezza del Signore Gesù, il Figlio di Dio crocifisso e risorto
che cammina con noi sino alla fine del mondo.

 

 

 

SAN SIRO DI PAVIA

Siro (PalestinaIV secolo – PaviaIV secolo) secondo la tradizione, fu il primo vescovo di Pavia, ed è venerato come santo alla Chiesa cattolica.

La storia di Siro è divulgata dal manoscritto del XIV secolo De laudibus Papiæ, secondo cui Siro sarebbe stato il ragazzo che avrebbe portato le ceste di pani e di pesci che poi Gesù moltiplicò: «Vi è qui un fanciullo con cinque pani d'orzo e due pesci - aveva detto Andrea - che cos'è mai questo per tanta gente?».

Sempre secondo questa tradizione Siro avrebbe poi seguito Pietro a Roma e sarebbe stato da lui inviato nella Pianura Padana a predicare e convertire quelle popolazioni, diventando poi vescovo di  Pavia.

 

Un'altra Vita del santo, invece non farebbe risalire San Siro a quell'epoca.

Inizialmente sepolto nella chiesa dei Santi Gervasio e Protasio di Pavia, dov'è conservata tuttora la prima sepoltura, il corpo del primo vescovo e patrono della città si trova adesso nella cappella a lui intitolata nel Duomo di Pavia, opera del Bramante. Dal 1969 san Siro non è più nel calendario universale dei santi della Chiesa cattolica. La sua festa liturgica ricorreva il 9 dicembre.

 

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SAN SIRO DI GENOVA


Anche a Genova, nella seconda metà del 300, vi fu un Vescovo importante chiamato Siro, figlio di un certo Emiliano Dolcino, I genitori l'avrebbero affidato al vescovo Felice perché lo educasse e, dopo averlo ordinato diacono, il vescovo lo inviò a quella che oggi è Sanremo, per aiutare il presbitero Ormisda, con la funzione corepiscopo, cioè rappresentante del vescovo. A Sanremo Siro avrebbe liberato dal demonio la figlia del questore Galliano che fu riconoscente a lui ed alla città.

 

Richiamato a Genova dal vescovo Felice, alla sua morte sarebbe stato acclamato vescovo della città.
Si racconta di lui un fatto tra realtà e fantasia: a Genova c'era un grosso serpente basilisco che viveva in fondo a un pozzo, appestando col fiato la città. San Siro dopo dopo aver pregato, andò al pozzo, vi calò un secchio e ordinò al basilisco di entrarvi ed esso, obbedendo, si gettò in mare, come gli aveva ordinato il Santo.

E' forse un riferimento alla lotta ingaggiata dal santo per combattere l'eresia ariana, personificata nell'orrendo animale. Di questo fatto, esiste ancora una lapide marmorea (1580) che ritrae san Siro nell'atto di sottomettere il serpente basilisco.

Forse fu Vescovo per cica 30 anni.

 

PREGHIERA

 

San Siro di Pavia, amante e difensore della Chiesa di Cristo dai suoi nemici, ispira anche a noi quel sentimento cristiano che fece della Tua vita un continuo adoperarsi per il Vangelo, e che ora Ti fa godere della visione di Dio in Cielo.

Benedicici, vescovo Siro, perchè possiamo fare sempre la Volontà del Padre. Amen.

 

 

SANTA APRODITE o APHRODITE MARTIRE DI MONCRIVELLO

 

Negli Atti della Visita Apostolica di San Carlo Borromeo al Santuario del Trompone, del 9 ottobre 1584, si evince che, dopo un miracolo, avvenuto nell'anno 1592 a Moncrivello, quando ad una vecchia donna, gobba e malandata, apparve la Santa Vergine che la guarì, con gli oboli raccolti e le pietre là presenti, venne costruita una capella, con gli oboli raccolti e le pietre là presenti, con la concessione dell'indulgenza plenaria a tutti coloro che l'avrebbero visitata.

La bolla venne firmata sotto il pontificato di Pio IV.

il Santuario venne retto da sacerdoti diocesani e creato anche un secondo Seminario diocesano, costituito dal Vescovo mons. G.F. Bonomi nel 1585, seguendo l’ordine e la volontà di S. Carlo Borromeo, al tempo Arcivescovo di quella Provincia milanese.

 

Per interessamento della madre di Vittorio Amedeo II, Cristina, il Santuario venne affidato nel 1627 ai Minori Riformati della Provincia di San Tommaso Apostolo in Torino, diventando esecutivo nel 1628.
Venne costruito un convento, terminato verso il 1659, poi venne effettuata la decorazione della chiesa e l’erezione di una Via Crucis nel prato dinanzi al Santuario, ora non più visibile. Infine nel 1718 venne costruito l’altare maggiore e la chiesa fu consacrata da Mons. Vittorio Gaetano Costa d’Arigano, Vescovo di Vercelli nel 1781 e dedicata alla Beata Vergine degli Angeli.
 

il convento e la chiesa venne ceduto ai Cistercensi, nel 1827. A questo periodo risalgono il restauro del convento, la nuova decorazione della chiesa nel 1838, l’installazione dell’organo ed il trasporto del corpo di Santa Afrodit o Aphrodite in greco, vergine e martire, nel 1830, con i festeggiamenti del 1853.

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SANTA AFRODITE DI POMIGLIANO D'ARCO

 

C’è una Santa, venerata un tempo in Pomigliano d’Arco, di cui non si sa praticamente nulla e di cui si è persa la memoria, Santa Afrodite, originaria di Cipro, (ricordiamo che Afrodite, per i Greci, nasce proprio, secondo la leggenda, nell’isola di Cipro dalla spuma marina).

 

Dopo che, con la soppressione degli ordini religiosi del 1807, i Carmelitani, presenti nella Chiesa di Pomigliano, dovettero abbandonare il convento che riprese vita solo nel 1840, coi padri Pisani, o frati dell’Ordine di S. Girolamo (Gerolimini o Romiti) che seguivano la regola di San Girolamo (o Gerolamo), sacerdote e dottore della Chiesa, nato in Dalmazia, a Stridone intorno al 347 e morto a Betlemme nel 420, che aveva vissuto vari anni in vita ascetica nel deserto di Antiochia con fede vivissima, storico ed erudita nonché appassionato traduttore - a lui si deve la Volgata, o Vulgata, in latino della Bibbia, a cui aggiunse dei commenti, come quelli sui libri dei Profeti. E’, tra l'altro, protettore di ricercatori, archeologi e bibliotecari.
L’ Ordine di san Girolamo venne poi soppresso nel 1933, ma quando giunsero alla Chiesa del Carmine di Pomigliano nel 1840, essi chiesero ed ottennero dal Pontefice il trasporto di una lapide con reliquie di una tale Santa Afrodite, vergine e martire.

Il convento assurse alla dignità di Santuario e da subito i Pisani cercarono di sostentare lo stesso, chiedendo al vescovo la possibilità di raccogliere offerte in onore della Santa, al fine di celebrarne la festa nell’anno successivo nonché edificare una statua lignea in suo onore eseguita poi da uno scultore napoletano. Furono anche stampate e figurine e libretti e inoltre, affrescata la volta della Chiesa con immagini relativi alla vita ed al martirio della stessa.
Ma la negativa risposta del Sottointendente del Distretto di Casoria, e, successivamente, con la soppressione degli ordini religiosi del 1866, il culto cadde nell’oblio. E che fine hanno fatto le reliquie e la bolla papale che concedeva il culto e la statua, gli affreschi? Perchè?

Frutto di antichi culti in cui si ritrovano le antiche dee Parthenope, Tanit e varie sfaccettature di Afrodite, che non era solo dea dell'amore puro, dea della fecondità in rapporto alla terra, ma secondo una leggenda era una sirena che si diceva sepolta vicino Napoli. Che santa Afrodite sia tutto frutto del mito di Parthenope, derivazione di Afrodite Azeia, e del Sebeto quindi, sull’alveo del quale sorgeva la prima “Santa Croce” basiliana? E poi, l’Afrodite ricordata come Fiorella a Pomigliano è affine ad Afrodite Azeina, la “fiorita”, colei che rese quelle terre paludosi fertili e feconde, così come uno degli episodi attribuiti a Virgilio mago e così come tipico dell’attività dei basiliani?

Forse fu introdotto il culto di Santa Afrodite, martire e Vergine, miscelando Venera, la Afrodite Fiorita e le altre leggende collegate sul Sebeto con una Santa cara al loro ordine, e simile ad Afrodite per provenienza, costumi ed assonanza, santa Afra di Augusta, trasposta con arricchimenti in Sant’Afrodite, non era una santa normale per dei paesani di provincia, meretrice, martirizzata non battezzata e condannata al rogo, un po’ sui generis, un po’ Santa un po’ eretica, una sorta di Giovanna D’Arco ... Ancora, però, quest'ultima, presente proprio nel “Martyrologium.

Altro simbolismo, un legame di affinità o commistione con Santa Patrizia, una delle patrone di Napoli, sepolta nei pressi del Castello. Santa Patrizia era una vergine fuggita per motivo della sua fede da Costantinopoli e morta a Napoli a causa di una tempesta.

Ricordiamo ancora una volta che Sant’Afrodite non è annoverata ad oggi tra i Santi o i Beati e originaria di Cipro ma si trasferì ad Augusta.


Che tale venerazione, andasse scomoda, stretta, al clero locale perché, come scrisse il Sottintendente di Casoria al Vescovo di Nola demoralizzava i paesani? Questi i motivi dei frequenti dissidi tra parrocchia e convento all’epoca dei Pisani, più ancora od assieme alle ragioni economiche?
Da sottolineare che molte fanciulle e per largo tempo, dopo che i Pisani furono cacciati nel 1866 per l’abolizione degli ordini religiosi, non furono sempre battezzate solo col nome di Afrodite, ma ad esso si aggiungeva quello di Maria, come per cancellare per sempre il culto della “Santa”.

 

 

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SANTA VENERANDA o SANTA VENERA


 

Veneranda o Venera, nata in Gallia verso il 100 d.C. e morta a Roma, durante le persecuzioni contro i cristiani di Antonino Pio, ca. 144,  fu vergine, messaggera di fede, martire, venerata come Santa dalla Chiesa Cattolica.
Nel "Catalogo Sanctorum" redatto negli anni 1369-1372, dal veneziano Pietro de' Natali, eppoi inserita nel Martirologio Romano, è citata Santa Veneranda vergine, ricordata il 14 novembre. 

Secondo notizie incerte, Veneranda, sarebbe stata la figlia dei cristiani Agatone e Polena, cresciuta nella provincia romanadella Gallia, educata e istruita con grande cura. Pare che la madre volesse chiamarla Venera in ricordo del giorno fortunato della sua nascita, mentre il padre, temendo che quel nome potesse essere confuso con quello della dea, la chiamò Veneranda.
Si dedicò alla cura dei poveri, all'istruzione e all'insegnamento alle ragazze in attesa del Battesimo, non trascurando l’assistenza a poveri e malati.

Consacratasi a Dio, Venera studiò la Bibbia e le vite dei martiri e, dopo la morte dei genitori, si sarebbe dedicata per dieci anni all’ascesi e poi, donati i suoi beni ai poveri, cominciò a predicare il Vangelo, spostandosi in vari luoghi d'Italia, percorrendola quasi tutta, raggiugendo Sicilia, Calabria e Campania.

Arrestata durante la  persecuzione dei cristiani da parte dell'imperatore Antonino Pio, a Locri dal prefetto Antonio, che voleva ricondurla alla religione romana, prima con inviti e poi addirittura con atroci torture, dalle quali però Venera uscì illesa, finì invece, alla vista di tanti miracoli, per convertisi lui.
Dopo questa esperienza, Venera però avrebbe ripreso le sue peregrinazioni portando alla vera Fede molte persone, fino a un nuovo arresto da parte delle autorità locali (in particolare un certo Temio), che l’avrebbe sottoposta a varie torture dalle quali, anche stavolta, ella sarebbe uscita illesa, convertendo ancora il suo antagonista. Infine, giunta a Roma, venne catturata e temporaneamente imprigionata dal prefetto Asclepio. In vari luoghi sarebbe stata torturata e infine decapitata ed il suo corpo lasciato alle belve che lo lasciarono, però, intatto finchè poi non venne sepolta nelle Catacombe di Santa Domitilla.

 

Verso il 1600 gli abitanti di Acireale cominciarono a reclamare il suo corpo santo, finchè le reliquie della santa non vi giunsero nel 1642; nel 1651 venne introdotta la celebrazione della festa liturgica di santa Venera  ed esse vennero trasferite nella Cattedrale di Acireale. La città l'acclamò patrona principale della Città, approvata anche dalla Sacra Congregazione dei Riti.

Il culto a questa santa è praticato a Mortara in Lombardia, a Sezze Romano, Ascoli Piceno, Fermignano, Pesaro, nelle Marche, a Vallo della Lucania, Angellara,, Santa Venerina, Sicilia. A Taormina, c'è una Chiesa a lei dedicata, dove si verificarono un gran numero di guarigioni inspiegabili Ercolano, Moio della Civitella in Campania, a Lecce in Puglia, Carfizzi, Crotone, Gerace e Pavignana in Calabria, Acireale, Avola, Grottadovute all'acqua che lì accanto scorreva.

 

 

 

 

 

 

 

 

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