Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

POESIE

 

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- Premi, Riconoscimenti, Pubblicazioni

******

 

SILLOGE

DEDICATE A ROMA

 

AD ANNA MAGNANI

La tua voce arrochita e densa
ridesta,
sia pure dopo anni,
emozioni intense.

Ridesta il ricordo
di popolane argute e drammatiche,
la tua bellezza sensuale, tragica,
la piega amara della bocca
e gli occhi attoniti,
assorti nella solitudine,
d'un tratto rasserenati
da una risata che scoppiettava
improvvisa nella gola,
fuoco d'artificio multicolore.

E ti scuoteva in ogni fibra.
Scomponendo sulla fronte
i capelli corvini da Medea...

X

 

 

LA MIA CITTÀ LONTANA

Nello splendore della primavera,
sboccia,
con la sua eterna bellezza,
la mia città lontana.

Il fiume passa,
con la placida corsa di sempre,
sotto archi di marmo
che spezzano, bianchi,
la serenità del verde.

Una tenerezza struggente
nel ricordo si desta,
per le margherite gialle
appena nate,
che danno un volto nuovo
al giardino della mia infanzia.


 

 

UN'ALTRA PRIMAVERA

 ...Un grido lancinante
di sirene:
Roma muore di traffico e di smog.

 ... Un silenzio greve
di solitudine:
a Roma si muore di miseria e follia.

Eppure,
gli alberi indossano
un abito allegro di foglie
che fremono al sole
d'un'altra primavera.

E, nonostante tutto,
c'è un'aria tersa, spensierata
che nell'anima insinua
una nuova speranza...

 

 

PORTA PORTESE

Girovaga vado
tra i banchi appena aperti,
m'attardo tra vecchie cose
altrui, dimenticate.

Il vento allegro della mattina,
danza al ritmo stonato
d'una pianola d'altri tempi
e penetra tra gli indumenti anonimi,
fantasmi che un pò rivivono...

Tintinna tra ex-voto d'argento,
frammenti d'una vita,
d'una speranza...

Mi travolgono
ondate d'infelicità...
In uno specchio scrostato
ritrovo e fuggo
la mia triste faccia da Pierrot.

Poesia premiata al Premio Casentino - Poppi (AR) - 30/6/1984 - Premio di Rappresentanza (Targa) e Diploma in pergamena per le Poesie: Cosmogonia - Nascita di Donatella - Porta Portese - Gemma di luce - Olanda.

 

 

COLLE OPPIO

Sull'ultimo prato dell'infanzia
risate, corse, moti di fanciulli
che un vento inatteso assale
e trafuga verso altri spazi.
 
Un bimbo è intento a riempire di sassi
una ciotola rossa... di tanto in tanto,
primitiva stregoneria dell'istinto,
circoscrive la poca terra intorno,
su cui una spersa formica cerca scampo.

Quanto durerà la sua corsa?

Sagome abbandonate sui sedili,
recisi ormai i legami con la realtà,
evocano fantasmi con cui parlano
o piangono o scambiano ricordi.

Un cumulo di foglie
lentamente marcisce
nell'ampia vasca della muta fontana
che serba memorie e storie di gnomi
della mia trascorsa infanzia.

La statua d'un ignoto poeta
domina il viale e sogna...

Ma un mantello di verderame
pesa sulle sue spalle, ricoprendo i sogni,
mentre ai suoi piedi cresce
un'aiuola di contraccettivi e siringhe.

E queste palme sterili, intorpidite,
malate di malinconia...

 

 

NOSTALGIA

Si perde, nel viale deserto,
lo stridente accordo
dell'ultimo arrotino.

Un ombrellaio, figura fuori moda,
girovaga ancora in qualche rione.

In un angolo ombroso del giardino,
coi suoi coni di carta paglierina,

il venditore di lupini staziona
facendo magri affari
e nel tramonto la sua sagoma oscilla,
coolie nostrano.

Finiranno anche le caldarroste
che bruciano al fuoco dello scaldino
sotto gli archi umbertini
della piazza?

Sotto le mie finestre
la pianola scordata più non passa
con la sua voce velata
di nostalgia e di tristezza…

*

 


 

VECCHIA ROMA

Andrei per le strade stamani,
in cerca di raggi di sole
e trame verdi di rampicanti.

Dinanzi a tabernacoli di luce
o a un muro intarsiato di ex-voto
sosterei, in rapida preghiera.


Scruterei nell'ombra
d'antichi portoni
scoprendo archi, cortili,
balconi di gerani sospesi,
insegne di ferro battuto
che al vento rispondono
con timbro sonoro...

Costeggerei il fiume,
ammaliante sirena
ed al suo canto ruberei
parole nuove, versi inattesi...

- Poesia inedita premiata alla XIX Ediz. Gran Premio letterario Città di Roma 1986
- Medaglia IX Classificato - Pubblicazione nell'Antologia "Roma Capitale" (Ediz. OIPEC) delle poesie "Campagna romana" e " Vecchia Roma".

 

 

NOTTE D'EPIFANIA

 

Succede una volta nella vita
che nella notte dell'Epifania
(notte  di  doni,  notte di sorprese)
silenziosa scenda sopra la città,
inattesa, la coltre della neve.

Magicamente ricopre ogni via,
imbianca i campanili delle chiese,
intreccia, poi, ghirlande e farpalà,
vezzi lucenti dalla vita breve,
con cui decora il verde dei giardini,
gli antichi cornicioni dei palazzi.

Raggela l'acqua dentro le fontane
e candidi diventano i mantelli
dei Cesari, dei santi, dei poeti,
il Pincio, il Colosseo, i capitelli
riversi in mezzi ai Fori… E rende lieti
i volti assonnati dei bambini
che già pensano ai giochi, agli schiamazzi,
spiando allegri dietro le persiane...

Notte di sogni, questa, e di magia,
splendida notte dell'Epifania!

 

 

MURA DI MANDORLO

 ... La pioggia è nell'aria,
la sento...

Sento il suo amaro sapore
di viole autunnali,
l'acre odore di polvere
salire dalla strada.

Corri, mostro d'acciaio
sulla preordinata strada
d'asfalto,
lungo mura di mandorlo...

 

 

LA GATTARA

Sullo sfondo, il Colosseo impone
la sua sagoma ellittica
e l'ultimo sole perfora
uno dei cento archi di travertino.

Seduta nella penombra d'un albero,
quasi parte di essa,
la donna aspetta e si ravvia i capelli,
sistema ai suoi piedi il fagotto
che forse nasconde tesori.

Un miagolio sommesso,
acuto e stentato al tempo stesso,
e un'orda affamata di gatti
intorno a lei improvvisa
l'esoterica danza della fame
irriducibile e scomposta.

La gattara, dal fazzoletto bianco
con parsimonia estrae          
prelibati bocconi e li elargisce
ai famelici amici
che intorno le si stringono
in cerchi sempre più avvolgenti.

E infine, dalle sue mani stesse,
strappano l'ultimo boccone.

Il rito è compiuto!

I gatti stridenti
con la loro andatura felina
di deità scontrose ma accondiscendenti,
s'allontanano,
allargandosi in un mare di verde
come una flotta di velieri erranti.

 ...La donna è di nuovo sola,
l'intenso momento del suo giorno
concluso, ormai passato.


Domani, forse,
un nuovo attimo di gioia
in cui sentirsi ancora
indispensabile.



PROTESTA

Strappiamo i manifesti
di dosso alla città.

Voglio vedere il volto delle case,
i caldi colori dell'estate.

Togliamole di dosso
questo sudario di carta stampata,
questa colorata maschera suadente:

"Più sesso è progresso.
Potere è piacere, più piacere,
il massimo del piacere.

 ...Le calze, le scarpe firmate
per esser di moda, più belli.
Comprate liquori, aranciate
per esser famosi, più snelli,
più in forma, più sani.
Comprate biscotti per cani!"

È questo il progresso
o è follia collettiva?

Facciamo almeno questo:
strappiamo i manifesti
di dosso alla città.
Voglio vedere il volto amico
delle case!

 

 

LA MADONNINA

Su un muro grezzo, antico, di mattoni
tra il profumo di rose e della cera,
nell'aria fresca del vivido mattino,
ai passanti che si fermano in preghiera
sorride una Madonna col Bambino.

Davanti ad Essa si ferma tanta gente:
chi prega per il mondo e per la pace,
chi la saluta con fare riverente,
chi si toglie il cappello e la ringrazia.


Serenamente, Lei li osserva e tace,
a tutti dispensa un bel sorriso,
un pò di calma, talvolta qualche grazia.

Ma, rapido s'oscura il Suo bel viso,
nella cornice austera dei mattoni
se lì davanti si ferman dei barboni...

S'intenerisce per ogni misero viandante
che contro il muro, stanco, si distende
con occhi colmi d'un pianto sconsolato,
chiedendo l'elemosina al passante.

Lei guarda intensamente il Suo Bambino
e pietà chiede per quel poverino.

Miracolosa, dall'icona discende,
accanto a lui si siede sul selciato,
con l'onda azzurra, lieve del suo manto
di quel misero triste asciuga il pianto...

 

 

MADONNA DELLA NEVE (SANTA MARIA MAGGIORE, 5 AGOSTO)

In questa notte leggendaria,
iIl viso rivolto al cielo,
fedeli e curiosi attendono,
che la fiaba s'avveri...
 
Nevica! Impalpabili fiocchi
di soffice plastica scendono
ad imbiancare, festosi, il sagrato affollato,
le balaustre candide della chiesa.

Dall'alto un uomo, simile a un dio bonario,
dispensa getti di neve
e giochi di suoni e luci contro la facciata
che ora diventa rosea, ora di fuoco
sotto i raggi abbacinanti d'un riflettore,
che dai nidi arroccati sulle volte
scacciano i piccioni dormienti.

Il desiderio è realizzato, alfine,
illusoria realtà.

  ...Poi la folla impaziente si disperde
nel calore soffocante dell'estate...

Solo qualche voce
e sul sagrato ora buio
il ricordo, evanescente,
di quella magica nevicata fuori tempo,
trafitta dalla luce glaciale
d'un riflettore...



 

L'UOMO DEI SOMARELLI

Pomeriggio smorto.
Smorto, come questo giardino
dove suoni e facce passano
e non son più quelli d'una volta...

Passa anche il carretto degli asinelli
col suo carico ridente di bimbi
e l'uomo dietro che trascina
la sua apparente magrezza.

Una donna lo segue instancabile,
sul breve percorso.

Sotto un albero, a volte, una sosta,
una bibita fresca, un panino
addentato con gusto,
un parlare composto,
incurante di sguardi e d'invidie.

Assurdo equilibrio raggiunto
giorno dopo giorno,
dietro quattro stenti asinelli,
in questo strano vivere,
tra un tintinnio di campanelli.

**




CAMPIONATI MONDIALI DI CALCIO

Sventola sugli spalti
il tricolore...

Anche i non tifosi s'appassionano
e il nome della Patria ondeggia
di nuovo, finalmente simbolo
d'una unità mai raggiunta.

Roma è in festa e per le strade
rinnovate da festoni e bandiere,
si sfila in schiere festose,
si dimenticano i drammi,
s'accantonano problemi e polemiche
grazie a questo momento
di felicità drogata che ottunde
per un attimo, breve ma intenso,
ogni coscienza.

Inneggiando a una probabile vittoria
che già contiene i germi
d'una sconfitta...


 

MARATONA ROMA-OSTIA

 


 ...Scalpiccio sonoro
sotto le mie finestre...

A passo di corsa,
in gruppi o distanziati,
alcuni neri corrono,
agili i piedi,
levitano nell'aria
quasi per magia,
brune figure slanciate,
stilizzate
su cui il rosso delle maglie
spicca
come una gaia macchia
di sangue coagulato.
 
La loro lunga falcata
somiglia
a quella delle gazzelle
nei liberi pascoli d'Africa,
al vibrante volo dei gabbiani
sui mari australi,
all'inseguimento del leone,
predatore,
al ritmo incalzante dei tam tam
che lanciano nello spazio
intermittenze sonore...

Distante, arranca
la massa dei corridori bianchi
con le loro carni sbiadite,
come di sterili polli distesi
sul marmo mortuario
d'una macelleria,
memori solo di ristretti cortili.

Al di là dei quali,
l'infinito spazio
era negato...

 

 

NOTTE SUL TEVERE

Passa la notte, insonne,
sull'Isola Tiberina,
mentre il Tevere canta
la sua storia incessante.

Allucinate, immobili,
le luci dei lampioni
si specchiano nell'acqua
e il cielo lentamente si apre,
sipario iridato,
al sorgere del sole.

L'alba, ormai vicina,
placherà ogni angoscia notturna
ed io, dopo la clausura
nella piccola stanza,
già respiro...

Questa poesia è stata apprezzata dalla studentessa Universitaria di Composizione musicale Francesca Rea che ha scritto una Composizione per voce, flauto, clarinetto e violoncello su questo testo, eseguita il 12 Maggio 2012 presso il Conservatorio di Musica S. Cecilia.

 

 

ME NE ANDREI VIA...

Me ne andrei via
da questa Roma tormentata
oltre le cui finestre, a volte,
non s'intravvede il cielo.

Da questa Roma
di cui anch'io ormai detesto
l'anarchico caos della folla,
l'asincrono pulsare delle auto
ed i molti problemi esistenziali
da cui la città, inerme e rassegnata,
a stento si difende
tra il dilagare di parole vane
corrotte e corruttrici...

Ma poi,
nell'immagine ambigua del ricordo, rimpiangerei con un pò di nostalgia
le cupole, i palazzi e l'armonia
d'aerei balconi e monumenti
e le piazzette, i vicoli, i giardini...

Quelle piogge autunnali, seducenti,
lieve carezze sopra i sanpietrini.


E l'arruffato volo dei gabbiani
che danzano sui ponti e una vecchina
che li richiama col mangime tra le mani,
mentre il sole t'inonda, la mattina
d'una luce gioiosa, un pò dorata
e al mondo, di nuovo inghirlandata,
mostri i tuoi occhi colmi di magia...

Me ne andrei via
da questa Roma invivibile,ormai,
e tormentata...

 

Chiedo scusa per il "romanesco" ...


 

PRIMO DE MAGGIO

Sto’ primo maggio, pè fa 'na cosa nova,
un poco pè pigrizia un pò pè prova,
invece de sortire fori porta
- tanto c'andremo certo n'antra vorta -
come de solito fanno li romani
che se ne vanno pè li Colli Albani
cercanno un prato, un poco de frescura,
semo rimasti qua, drento le mura.

E pè passà in amicizzia la giornata
avemo messo su 'na tavolata
senza gran spesa, senza gran fatica
tra tovaje de carta e quattro cocci,
proprio alle spalle della Torre dè Capocci,
in un cortile de la Roma antica
su cui s'affacceno le celle d'un Convento…

Li gerani se pavoneggiano ner vento
tra le grate de fero, come in mostra
pè fa più bella questa festa nostra
e sotto i tetti gorgogliano i piccioni...
 
Paolo e Mario attorno a li carboni
stanno appresso a sarsicce, alle costate,
Giuliana e Lena sempre indaffarate
preparano le penne all'arrabbiata
mentre Antonietta coce n' forno 'na crostata.

Le giovani, la chitara contro er petto
c'allieteno er core co' un duetto,
li regazzini sò impegnati a 'na partita...

All’una in punto la tavola è imbandita!
Finarmente è giunto er gran momento:
ognuno ar posto de combattimento
mentre er Parroco, er nostro caporione,
serio dà er via co 'na benedizzione.

E in questo cortile cittadino
tra 'na battuta ed un bicchier de vino,
in allegria ce sò passate un pò de ore
de quelle che te fanno vibrà er core.

Che giornata de sole, che bellezza,
anche se fori der portone la monnezza
s'accatasta e le voci der quartiere
nun so più quelle romane, quelle vere.

La Sora Assunta mò ride contenta
dimenticannose l'angustie d'ogni giorno

...io, intanto, me rigiro e guardo intorno
e l'aria mia svagata se fa più attenta
a cogliere un sorriso, una risata
perchè, o prima o doppo, me lo sento
come ar solito mio, a stò momento,
a sto primo de maggio che già passa
e drento er core un pò de gioia lassa,
de sicuro je fò 'na serenata...

 

 

RITROVATI MODERNI

L'ultimo ritrovato della Scienza
pè mijorà, perfezzionà la gente
è de mette in un tubbo trasparente
er seme de li Nobel... Che scemenza!

Così, dando 'na mano a la Natura
n'avremo de genjetti in minjatura:
forti, robbusti, belli, intelliggenti
e che prima de mettere li denti

je nascheno le idee drent'ar cervello.

Ma se a Quella je rode er chiccherone
e proprio nun je piace l'argomento,

ce mette er veto sur concepimento,
mettenno fine alla produzzione,
punenno l'Omo proprio sur più bello...!

***

 

 

LI DIFETTI DER PROGRESSO

La vecchia sveja sopra er commodino
nun ticchetta, sonora, più ar matino.


Nun più vestito de l'impajatura,
in una nova, lucida armatura

er fiasco, su la tavola se mostra...

Questo è er progresso, civirtade nostra,
che trasforma le cose ormai passate,
in orende strutture plasticate,

mannanno a riposo, ner cassetto,
li belli oggetti antichi cotidiani,
creati da le mano d'artiggiani.

Io, in pensione no, nun ce li metto,
li tengo in vita, nun li vojo sotterrà
come fà er resto de l'umanità.

***

 

 

LA VITA

 

La vita, fijo mio, è 'na bojata,
na lotta continua pè campà.
Ce vò coraggio e forza a fasse strada,
ma 'ndo vaj vaj, tu devi da penà...
 
Devi da tirà er collo a li sportelli,
fare la fila pè pagà l'affitto,
devi riccomannatte a questi e a quelli.


Devi sapè parlà, devi sapè sta zitto.

Te dai da fà in giro tutto er giorno
pè l'antri, l'amichi, li parenti
ma quarche vorta mormoranno tra li denti,
li manni tutti quanti a l'artro monno...

Perchè credevi, come tanta umanità,
d'esse er solo padrone de te stesso,
de disporre de te cò cognizzione,
poi ecco, come 'na forgorazzione:
t'accorgi d'esse solamente un fesso,
un illuso, un folle, un baccalà.

E vorresti disfà, cambiare quarche gesto,
la vita misurà co n'artro metro,
ma oramai nun poi più tornare indietro,
nun serve a gnente avè capito tutto questo!

La Morte, infatti, se ferma alla tua porta,
paziente aspetta e, guarda ch'ironia,
nun je poi dì: "Ma come, nun vaj via?

Famme er favore, passa n'artra vorta!"

Davanti a te nun ce sta più la gente,
nun ce sò spinte, nun ce stanno santi,
a me, a te, ce tocca a tutti quanti
de morì senza nemmanco er fiato pe dì gnente...!

 

 

I GIORNI PASSENO

 

Nell'infanzia sospiri d'esse adulto,
credendo poi de diventà quarcuno.

Intanto i giorni passeno,
passeno ad uno ad uno,
ma nun concludi gnente,
nun incanti nisuno.

Sotto er sole, de novo nun c'è gnente,
sempre le stesse cose, sempre la stessa gente.

Er monno gira, gira, sempre allo stesso verso.
Gnente de novo, gnente de diverso.

E intanto er monno gira,
core verso er progresso,
mentre tu sudi, fesso,
pè guadagnà 'na lira...

*

 

 

L'AGNELLO

Povero agnello,
tu che te credevi de fà
la vita d'er pascià,
de magnà e beve e fatte bello
e tonno...

Er giorno de Pasqua, pè fasse 'na magnata
t'hanno trascinato ar macello,
t'hanno dato a' le zampe 'na mazzata
e una su la testa.

Povero agnello,
così, t'hanno conciato pè la festa!

 

 

ER LATIN LOVER

*

 

Er latin lover made in Italy,
appena che te vede 'na straniera,
je s'arizzano l'occhi a 'na maniera
che sembra un pesce morto er venerdì.

E je se mette appresso e nun la molla
finchè quella nun je s'attacca cò la colla
più forte che c'è: 'na fede ar dito
e er colpo è tale che n'esce rimbambito!

Ce ne sò, si, de straniere bbone,
carine e dorci come zuccherini,
ma er giorno delle nozze, delusione,
se vengheno a scoprire gli altarini!

Escheno le magagne, li difetti
e se viene a scopri che la sposina
prima de magnasse sti confetti

se n'era già magnati 'na dozzina!

A er latin lover made in Italy
nun je resta da fà che accontentasse
ed in silenzio pagà er doppio de le tasse...

Che ce voj fà se er monno va così…!

 

 

SARVAMO ROMA

*

 

Come t'hanno conciata, Roma mia,
'na vorta sì che c'era l'allegria
pei vicoli, le strade, le piazzette
se sentiveno versi e canzonette.
 
La notte, sotto gli occhi delle stelle,
la voce schietta delle funtanelle
s'univa ar coro delle serenate
dei giovinotti alle fidanzate.

Giocaveno tranquilli i regazzini
nei viali, pè le strade, nei giardini.
Ora ce sò drogati, ambigui, matti,
nell'erba le siringhe, i cani, i gatti...

A frotte arriveno torme de stranieri,
n'dò so annati a finì i romani veri?

E n'dove sò finite le straniere,
quelle bionde, carine de na vorta
che cor sorriso e la sottana corta
se n'annaveno in giro a magnà e beve
in quarche tipica osteria trasteverina?


E quelle belle passeggiate de mattina
lungo er Tevere calmo e sonnolento?
Mò c'er traffico, er caos, er malcontento...

Come t'hanno conciata Roma bella,
non sei più tu, no, nun sei più quella.
Nun sei più quella della fanciullezza...
(drentro me nasce un mare de tristezza).

De quella Roma c'è rimasto poco,
te spegni Roma, come un lume fioco.
Me viè 'na voja d'annammene via.
Come t'hanno conciata, Roma mia!

 

 

POVERA ROMA

Povera Roma, sede del Papato
Dove la chiesa era Sponsa Christi.

Ora c’è tutto un monno incasinato
De musurmani, de cinesi e de buddisti!

Li musurmani c’hanno puro la moschea...

E li negozi se li prennono i cinesi,
poi ce sò zingari, neri e bangladesi.
Insomma, semo diventati na marea.

Ma a n’do stanno li romani de ‘na vorta?
Forse che stanno tutti fori Porta?

E, poiché, giustamente so’ fratelli
noi dovemo da stà co’ questi e quelli.

E intanto Cristo, inchiodato sulla Croce,
ce guarda tristemente da lassù
e con un filo flebile de voce:
“Ehi, dico a voi che sete così tanti…
Nun c’è nisuno che me tira giù?”

 

* - Le foto contrassegnate da un asterisco sono di Andrea Leganza (http://www.flickr.com/photos/neogene/275682175/in/set-72157594461317965)

** - La foto contrassegnata con due asterischi si riferisce al quadro di A. Lanzillo

*** - Le foto contrasegnate con tre asterischi sono di Renzo Manfè

Tutte le altre non specificate sono dell'Archivio di Cartantica (X - La foto di Anna Magnani proviene è una Foto Cantera da "I Volti del cinema Italiano" - Unitalia Film - Roma, 1952)

 

 

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