Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

TOSCANI... BENEDETTI

SANTI E BEATI TOSCANI

 

 

 

SANT'ANTIMO PRETE E MARTIRE (*)

 

Martire del IV secolo

Le notizie sulla vita e sul martirio di S. Antimo sono piuttosto vaghe e leggendarie, ma sembra che fosse nato in Bitinia dove, presumibilmente, incontrò il proconsole Piniano ammalatosi gravemente. La moglie di lui, Lucina, chiese ad Antimo (che si trovava in carcere con altri cristiani), di curare il marito e lui, dopo aver convinto Piniano a convertirsi al cristianesimo, lo guarì.
Il proconsole liberò i cristiani prigionieri in Asia e li nascose in alcune sue proprietà che aveva in patria e Antimo venne accolto in una villa della Sabina.
A lui sono attruibiti altri miracoli e molte conversioni, tra cui quella di un sacerdote pagano del dio Silvano che, per reazione, una volta convertito distrusse gli altari dedicati al dio pagano e un bosco a lui sacro. La popolazione devota a Silvano, si rivolse al governatore affinchè Antimo, che aveva sobillato tale rivolta, offrisse sacrifici al dio, ma egli ovviamente si rifiutò e venne gettato nel Tevere con un sasso legato al collo.

L'intervento divino di un angelo lo trasse in salvo e i pagani che lo rividero intento a pregare e a benedire, presi da timore si convertirono. Successivamente, però Antimo venne di nuovo imprigionato e dopo tre giorni di patimenti venne decapitato. La sua tomba, nei pressi di Cures (oggi Montemaggiore, presso Montelibretti) divenne meta di pellegrinaggi, ma il suo corpo, al tempo di Carlo Magno, venne trasferito in Toscana, vicino a Montalcino, dove si stava edificando una splendida abbazia ancora oggi esistente.


 

 

 

SAN FERIOLO (*)

Secondo la tradizione era un soldato romano che si convertì al Cristianesimo e si rifugiò in Maremma per sfuggire alle persecuzioni.
Raggiunto però dai soldati, venne ucciso nei pressi di una sorgente che cominciò a produrre acque di un rosso sanguigno, la cosiddetta "Acqua di San Feriolo", conosciuta per le sue virtù terapeutiche.
Sembra che nel XII secolo vi sia stato anche un Beato Feriolo nativo di Montemassi, ma probabilmente si tratta della stessa persona.
Verso la metà del XIV secolo le due figure si sovrapposero in una sola, raffigurata come un soldato ferito che ha in mano il rosario e la croce o la spada, un bastone e la palma del martirio.


 

SAN CERBONE, SAN REGOLO, SAN GIUSTO VESCOVI E SANT'OTTAVIANO E SAN CLEMENTE EREMITI (*)




SAN FIORENZO (*)

SAN CERBONE (*)

SAN REGOLO (*)


Probabilmente nato in Africa da famiglia cristiana, attorno al VI secolo, Cerbone a causa delle persecuzioni dei Vandali fuggì in Italia, insieme a Regolo, Giusto, Ottaviano e Clemente. Sorpresi da una tempesta, i sacerdoti scesero sul litorale toscano, nelle vicinanze di Populonia, dove vissero da eremiti finchè, durante una guerra Regolo fu imprigionato e decapitato dai Goti, là dove oggi sorge il Santuario del Frassine, dove fino al 780 si conservarono le sue reliquie. Regolo è uno dei Santi Cefalofori, portatore cioè della propria testa. Secondo la tradizione, i 5 vennero accolti dal Vescovo di Populonia, Fiorenzo, a cui Cerbone poi succedette.

A san Cerbone si può accomunare la figura di san Venanzio, probabilmente il primo Vescovo di Luni - vissuto nel secolo VI e il cui culto è ancora vivo nelle zone appartenute all'antico territorio ai confini tra Toscana e Liguria - di cui parla San Gregorio Magno annotando di aver da lui appreso di un fatto miracoloso accaduto a san Cerbone che aveva visto l’anima di Fiorenzo mentre veniva portata in cielo dagli angeli.

SAN VENANZIO (*)

Mentre Regolo e Cerbone vissero in eremitaggio nella valle del Cornia, gli altri tre si diressero verso l'interno.

Regolo veniva seguito da molti per le sue virtù e poichè si diceva che operasse miracoli. Il suo nome giunse alle orecchie del re degli Ostrogoti, Totila, che, essendo stato informato della sua santità, lo voleva al suo accampamento, ma il santo si rifiutò. Venne quindi decapitato e la testa venne gettata presso una fonte. Si dice dunque che egli la raccogliesse, portandola per circa 300 metri fino al luogo della sua successiva sepoltura. Dopo il 780, il suo corpo venne trasferito a Lucca e posto nella cattedrale.

Cerbone divenne vescovo di Populonia e come Regolo venne condannato dai Goti a morire: doveva essere sbranato da un orso ma l'animale lo risparmiò. Totila quindi gli concesse la libertà. Tornato a Populonia, Cerbone celebrava la Messa all'alba quando l'Eucaristia era allietata da un miracoloso coro di angeli, ma i suoi parrocchiani volevano orari più agevoli e il Papa inviò 2 messi a prelevare Cerbone. Durante il viaggio per Roma i messi furono colti da sete, per placare la quale Cerbone munse una cerva. Arrivato nella città santa, Cerbone raccolse intorno a sè delle oche che lo seguirono sino a S. Pietro dove lo attendeva il Papa che, stupito, gli permise di celebrare la Messa all'alba, assistendo così al canto angelico.

Nel 573 arrivavano intanto in massa i Longobardi e Cerbone fuggì da Populonia. Vicino alla morte, volle che il suo corpo fosse portato nella chiesa della sua diocesi, nonostante essa fosse in mani longobarde. Durante la traversata, si scatenò una tremenda tempesta ma la nave arrivò a destinazione nel golfo di Populonia senza che i longobardi potessero impedirlo.

Mentre Regolo e Cerbone erano rimasti presso la città di Populonia, Giusto ed altri due, Clemente ed Ottaviano, si recarono a Volterra, città assediata dai barbari, senza peraltro essere scorti dai nemici e riuscirono a risollevare gli animi, tanto che i cittadini sconfissero e ricacciarono i nemici. Con il loro carisma riuscirono anche a soffocare l'arianesimo dilagante e Giusto fu eletto vescovo della città, facendo rinascere la comunità. Avendo deciso di andare a Roma per recare omaggio al Papa, vi si recò coi due amici ma al ritorno, volendosi dedicare ad una vita più semplice, si ritirò nella val d'Era, seguito da Clemente. I due vissero insieme fino alla morte ed ora sono sepolti là dove ora sorge il monastero di S. Giusto, mentre Ottaviano scelse di rifugiarsi nel cavo di un albero dove restò finchè visse.

La leggenda vuole che San Giusto lasciasse la propria impronta in una roccia di gabbro, posto lungo la via vecchia Volterrana e denominato ancora oggi "Masso di San Giusto".

SAN GIUSTO (*)

SAN CLEMENTE EREMITA (*)

SANT'OTTAVIANO EREMITA (*)

 

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SANTA FELICISSIMA

Felicissima è una martire cristiana, educata alla fede dal sacerdote Eutizio che venne tradotta nel carcere in cui già si trovava Gratiliano. Comparsi dinanzi al magistrato, difesero la loro fede anche quando, richiesti di sacrificare agli dei, rifiutarono entrambi, guadagnandosi la pena della decapitazione.

Il suo corpo venne trovato nelle Catacombe di San Ciriaco nel XVIII secolo e grazie a due soranesi venne trasferito in Sorano nel 1772. Divenne compatrona del paese, anche se si nutrono dubbi sulla reale appartenenza del corpo alla santa.

Le sue spoglie ora sono in una Cappellina ottocentesca dedicata a Maria Addolorata

 

 

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SAN GUGLIELMO DI MALAVALLE (*)

 

San Guglielmo da Malavalle visse nel XII secolo, svolgendo per molti anni la sua professione di soldato; ma, dopo aver incontrato San Bernardo, si convertì e si ritirò in un eremo, vivendo in estrema povertà, rivestito solo della sua vecchia corazza di ferro sulla carne nuda.

Dopo aver visitato Santiago di Compostela, volle recarsi a Roma per pregare sulle tombe dei Santi Pietro e Paolo e successivamente in Terra Santa; tornato poi in Italia, si fermò presso Pisa e infine a Castiglion della Pescaia, sul Monte Pruno, dove ebbe una visione della Madonna e dove costruì un eremo. Poi si stabilì definitivamente a Malavalle, dove visse in penitenza e mortificazione e dove, secondo i suoi agiografi, compì numerosi miracoli tra i quali alcuni che ebbero gli animali come protagonisti (come il terribile drago da lui ucciso). Tutte le reliquie esistenti del santo sono sparse fra Castiglione della Pescaia, Vetulonia, Caldana, Montepescali Scalo, Tirli e Buriano.

Morì nel 1157 e sulla sua tomba, i suoi primi seguaci costruirono una cappella che, dopo la creazione della Congregazione degli Eremiti di S. Guglielmo, divenne il primo monastero. Il Santo diventò il Patrono e protettore locale e a lui sono attribuiti molti miracoli.

 

 

 


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SAN RANIERI

San Ranieri, patrono di Pisa, nacque in una famiglia borghese dell'epoca, visse e morì in questa città tra il 1118 e il 1161. Sembra che durante la sua gioventù, benchè educato ai principi cristiani sin dall'infanzia, Ranieri Scacceri non avesse pensato che ai divertimenti, dedito alle donne e ai bagordi, al ballo e persino alle azioni disoneste o propriamente al ladrocinio. Tuttavia la sua anima era attirata dalla fede e la conoscenza casuale con il beato Alberto di Corsica, che diventò suo direttore spirituale, lo illuminò e lo condusse a vivere nel monastero di San Vito, insieme al frate, dopo aver riconosciuto e pianto tutti i suoi peccati.

Si dice che per le tante lacrime versate fosse diventato cieco ma che successivamente avesse riacquistato la vista. Molti dei suoi vecchi amici che l'avevano seguito nei divertimenti, dopo aver constatato la sua conversione, lo seguirono con venerazione anche nel suo cammino di santità.

In seguito ad una visione avuta mentre pregava in chiesa, in cui gli apparve un'aquila con una fiaccola accesa nel becco, che proveniva da Gerusalemme e che lo incitava a prendere quella fiaccola per illuminare chi era nelle tenebre del peccato, si sentì spinto ad andare in quella terra dove rimase per 13 anni, in penitenza e raccoglimento, dando i suoi beni ai poveri, indossando ua veste di sacco e compiendo molti miracoli.

Nel 1154 Ranieri ritornò nella sua città natale dove fu accolto dalla popolazione che lo riteneva santo e ritornò nella sua chiesetta dove si era convertito e là visse incontrando la gente che voleva da lui una parola di fede, di perdono e di conforto. Morì a 43 anni e nel momento della sua morte le campane di Pisa suonarono a distesa. La sua salma, tra una folla enorme, venne portata nel duomo e nel 1632 Ranieri venne proclamato santo e Patrono della città e della diocesi di Pisa.

 

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SAN BERNARDINO (*)

San Bernardino nacque a Massa Marittima nel 1380 e per ragioni di studio si trasferì a Siena dove seguì studi di grammatica, retorica e lettura di Dante e dove prestò servizio nell'Ospedale anche durante la peste, ammalandosi. Ma poi, guarito, decise di dedicarsi tutto a Dio e di seguire la regola francescana. Al momento della rinuncia dei beni per diventare francescano, Bernardino lasciò le sue proprietà ai poveri. Fece il noviziato nel Convento del Colombaio, alle falde del Monte Amiata.

Fondò vari conventi ma divenne famoso per la sua predicazione di piazza in piazza, specialmente in Siena, in piazza del Campo. Su alcune tavolette aveva dipinto un suo personale stemma di Cristo, un sole, che portava nelle sue predicazioni, in cui parlava soprattutto di pace, di carità e di amore, in un'epoca in cui Guelfi e i Ghibellini si uccidevano giornalmente a vicenda. Tuttavia le sue parole suscitarono un subitaneo cambiamento non solo nei singoli animi che cancellavano antichi rancori ma anche nell'ordinamento civile, sociale e politico.

Nei 40 anni di predicazione itininerante, Bernardino tornò più volte in Maremma e nel 1427 si stabilì a Massa per crearvi un nuovo convento. Il santò tornò per l'ultima volta nella sua città in occasione della Quaresima del 1444, durante la quale tenne per 50 giorni consecutivi una predica e fece vari miracoli, preannunciando anche la sua morte che avvenne il 20 maggio all'Aquila, dove si erpredicare per una riconciliazione, ma dove era giunto già moribondo.

Tuttavia, anche dopo morto riuscì a pacificare gli animi: il suo corpo versò sangue finchè gli aquilani non si rappacificarono, costruendo poi, in suo onore, sulla tomba del santo, una delle più belle chiese della città.

 


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SAN GREGORIO

Gregorio VII, Ildebrando, è una figura molto discussa sia nel suo tempo che successivamente. Educato a Roma anche dal futuro Papa Gregorio VI, che seguì nell'esilio di Colonia, venne eletto papa per acclamazione, voluto dai tedeschi ed osteggiato dal clero.

Fu costretto ad andare incontro ad Enrico IV di Germania e nel corso dei contrasti avvenne l'episodio di Canossa: Enrico IV - che Gregorio aveva scomunicato - umiliandosi, riuscì ad ottenere il perdono. In seguito, però Gregorio VII poi lo scomunicò di nuovo, spalleggiato da Rodolfo di Svevia, ma per questo il Papa fu costretto a fuggire nel sud d'Italia dove morì.

Venne sepolto a Salerno e fino alla metà del XVI secolo, Gregorio fu venerato solo là dov'era il suo corpo e nei monasteri benedettini, ma Gregorio XIII lo dichiarò santo e fece inserire il suo nome nel Martirologio Romano.

 

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SAN PAOLO DELLA CROCE

Paolo Danei nacque a Ovada nel 1694 e dopo aver frequentato la scuola dei Carmelitani, a seguito di una conversione interiore, a 20 anni fece pubblica confessione e decise di darsi ad una vita di penitenza. Si arruolò nella Crociata contro i Turchi ma capì che non era quella la sua vocazione e decise di vivere in povertà.

Nel 1720 ricevette l'abito da eremita, una tonaca nera di panno. Diede vita alla sua Congregazione sul Monte Argentario e nel 1725 con il fratello, arrivò a Roma. Nel 1727 i due fratelli vennero consacrati sacerdoti dallo stesso Papa Benedetto XIII. Ripartirono per l'Argentario dove Paolo, insieme a Giovanni Battista, suo fratello, pose la prima pietra per la costruzione del Ritiro della Presentazione, dedicato alla Madonna.

Dopo l'approvazione della sua Congregazione da parte del Pontefice, prende il nome "della Croce" e da allora porterà sul petto questo "distintivo". A quel primo "Ritiro" ne seguiranno molti altri e la famiglia Passionista si accrescerà notevolmente, dando vita anche ad un ramo femminile, le Claustrali. Nel 1770 San Paolo della Croce visitò per l'ultima volta il Ritiro sull'Argentario e poi, tornato a Roma, fu spesso malato e morì nel 1775, stremato dalle penitenze

Pio IX lo beatificò nel 1853 e nel 1867 lo inserì tra i Santi. il suo corpo si trova nella chiesa dei SS. Giovanni e Paolo a Roma.

 


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SAN BIAGIO

San Biagio, vescovo di Sebaste in Armenia, visse nel IV. Catturato dai romani, venne torturato con pettini di ferro, ma sopravisse e il governatore che lo voleva morto, ordinò di immergerlo in un lago finchè non annegasse, ma al passaggio del santo le acque si aprirono. Quindi fu condannato alla decapitazione, sentenza che fu decisiva.

A partire dal XIV secolo viene ritratto con animali o in abiti vescovili, mentre guarisce un bimbo ammalato di gola.

Una leggenda narra che dei contadini di Ansedonia ne trovarono il teschio che venne trasferito in chiesa, ma successivamente, la reliquia venne portata via da Carlo Magno durante l'assedio della cittadina. I Franchi pensavano di rubarla per i suoi poteri miracolosi ma, salpati di notte, si ritrovarono all'alba nel porto di Santo Stefano. Restituirono quindi il cranio del Santo alla città di Orbetello.

Sembra che i Senesi, dopo la conquista di Orbetello, avessero portato nella loro città una parte del teschio ma le sante reliquie vennero ritrovate il giorno dopo nel Duomo di Orbetello.


 


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SAN MAMILIANO (*)


Nella sua vita leggendaria confluiscono due diverse storie, legate comunque, all'Isola del Giglio.
Secondo una fonte egli era Vescovo di Palermo al tempo di Costantino; fuggì da quella città per le persecuzioni del Prefetto Aureliano, a cui era inviso per aver convertito sua figlia Ninfa. Aureliano li aveva fatti torturare e poi imprigionare, ma essi erano stati liberati da un angelo ed erano fuggiti, finendo all'isola del Giglio.

Un'altra versione della leggenda dice che Mamiliano era di origine cagliaritana e che, catturato dai Vandali, era stato portato a Cartagine da cui poi era fuggito grazie ad un pirata, finendo all'isola di Montecristo dove visse da eremita fino alla morte, quando una colonna di fumo bianco si alzò dall'isola a segnalare la sua dipartita.

Tra gli abitandi delle isole si accese una disputa per le reliquie e quelli del Giglio ricevettero un braccio. Nel 1799 esso venne posto a difesa del castello del Giglio contro i Turchi e sembra che la sua presenza scatenasse una tempesta che fece desistere gli assalitori. Così Mamiliano divenne il santo Patrono dell'Isola.

 

 

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SAN POGGIO (*)

 

 

 

Vescovo di Firenze, attorno all'anno 1000, di lui si sa poco o niente, solo che fu il successore del Vescovo Sichelmo.

 

 

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SAN WALFREDO ABATE (*)


Walfredo Della Gherardesca, cittadino pisano, durante la guerra tra Franchi e Longobardi, il 5 luglio 754, fondò in un suo possesso chiamato Palazzuolo in Acquaviva, presso Monteverdi, un monastero e una chiesa dedicata a San Pietro e li mise sotto la protezione del Papa.

Lui stesso e i suoi quattro figli andarono ad abitare nel monastero seguendo la Regola di san Benedett, sotto la direzione del monaco Magno.

Eletto successivamente abate, Walfredo diresse il monastero per 10 anni, esempio di osservanza e umiltà. Non molto lontano da Palazzuolo, edificò un monastero per la sua sposa e per quelle delle sue figliole che desideravano consacrarsi ai Dio.

Alla sua morte avvenuta il 15 febbraio 765 gli successe il figlio Ginfrido. Il suo culto fu confermato nel 1861.

 


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SAN MARZIALE (*)

Molto poco si sa di lui e molte notizie sono quasi delle leggende, come quella che lo definisce uno dei discepoli di Cristo, seguace di Pietro, con lui direttosi ad Antiochia e poi a Roma ed infine in Gallia.

Tuttavia, la sua esistenza è stata più volte confermata dagli scritti di alcuni santi e vescovi:

- Sidonio Apollinare, vescovo di Clermont, morto nel 488, che nei suoi scritti parla di un Marziale Vescovo, che era stato nella città di Limoges.

- S. Gregorio di Tours scrive che sotto il consolato di Decio e di Grato, cioè verso il 250, S. Sernino era stato inviato nelle Gallie con altri sei vescovi fra i quali Marziale. Quest'ultimo, aveva portato con sè due preti provenienti dall'Oriente che gli sopravvissero e che furono sepolti accanto a lui quando morirono. Egli aggiunge ancora che, ai suoi tempi, tre tombe di "apostoli" venivano venerate dai pellegrini, in un'area di antiche origini gallo-romaniche.

- Il martirologio geronimiano, ricorda al 30 giugno la " deposizione di S. Marziale vescovo e confessore ".


 

 

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SAN SATIRO (*)

 

 

 

 

San Satiro, secondo quanto riferito dai testi dell'Archivio Capitolare della Città di Arezzo, fu il suo primo Vescovo.

Ma di lui, purtroppo, nient'altro si sa dalle cronache, se non che gli successe San Donato e che è venerato soprattutto per aver dato avvio alla fede cristiana alla sua città.

 

 

 

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SANT'UGO (*)

 

S. Ugo Saladini, nato nella diocesi di Volterra, venne eletto vescovo della sua città quando era già anziano e restò nell'incarico per 13 anni. Buon diplomatico, cercò di barcamenarsi tra l'imperatore Federico Barbarossa e il Papa Alessandro III, in un periodo storico assai difficile per il Papato.

Più che il suo impegno pastorale, che è indubbio, viene ricordato per il suo impegno in campo economico. Infatti, rinunciò ai dazi sui mercati per far riprendere l'economia e diede l'avvio alla costruzione di un piccolo borgo ai confini della sua Diocesi.

Subito dopo la morte venne venerato come santo e patrono di Volterra.

 

 

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(*) SANT'IRENEO E SANTA MUSTIOLA

 

Il nome di Sant'Ireneo è legato a quello di Santa Mustiola, nobile d(*) SANT'IRENEO E SANTA MUSTIOLA di Chiusi.

Diacono nella città di Sutri, egli aveva dato cristiana sepoltura alle spoglie del martire Felice e per questo venne catturato assieme ad altri cristiani, portato a Chiusi e messo in carcere. Là venne soccorso dalla nobile Mustiola, anch'essa cristiana, che a sua volta venne incarcerata e condotta dinanzi al Prefetto il quale, colpito dalla sua bellezza, le chiese di sposarlo.
Al suo rifiuto si accanì contro i prigionieri cristiani facendoli torturare a più riprese sotto gli occhi della giovane, infierendo soprattutto contro Ireneo che spirò fra grandi tormenti.

Anche Mustiola venne dunque uccisa, a colpi di verga, secondo la Passio e l'iconografia, ed il suo corpo riposa nelle Catacombe di Chiusi, un complesso che comprende anche le spoglie di Santa Caterina d'Alessandria.

A Santa Mustiola sono legate due leggende, una relativa al Santo Anello - un anello di onice - dello sposalizio della Vergine che Mustiola avrebbe portato a Chiusi; l'altra, invece, racconta che Santa Mustiola, inseguita dai soldati romani, avrebbe traversato il lago di Chiusi passando sulle acque sul suo mantello e lasciando una scia che pare si riveda nel giorno della sua festa, il 2 luglio.

 

 

 


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SAN GIUSTINIANO EREMITA (*)

 

 

S. Giustiniano Eremita è conosciuto come titolare della chiesa di un monastero fondato presso Piombino nel 1022.

Le informazioni su di lui sono estremamente vaghe e gli agiografi lo considerano talvolta un santo locale, uno dei tanti eremiti che vivevano in quelle zone, come ad esempio i già citati san Mamiliano, san Regolo e compagni.

Oppure lo definiscono come un santo proveniente dall'estero, san Stinian (italianizzato in Giustiniano), monaco vissuto nel sesto secolo nell'isola di Man, a Ramsey, e là ucciso da un servo o secondo altri da pirati.

L’intensa attività armatoriale, mercantile e finanziaria della repubblica di Pisa potrebbe essere stato il tramite della diffusione del culto per questo santo in Toscana.

 

 

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SAN DONATO (*)


Vescovo e Martire del III secolo, nato a Nicomedia, si traferì con la famiglia a Roma dove divenne chierico, sotto il regno di Giuliano l'Apostata, strenuo oppositore dei cristiani a cui aveva dapprima interdetto le cariche pubbliche e poi fatto oggetto di persecuzioni.

Tra gli altri, vennero uccisi anche i genitori del ragazzo che, per salvarsi, si recò ad Arezzo dove si stabilì in un convento, in cui visse pregando, facendo penitenze e coadiuvando il monaco Ilariano. Dei due si dice che operassero miracoli, alcuni dei quali compiuti proprio da Donato che fece risuscitare una donna, ridonò la vista ad una cieca ed esorcizzò un nobile del luogo.

Ordinato diacono, venne poi prescelto come successore di San Satiro alla guida della diocesi di Arezzo, dove svolse fattivamente il suo incarico, continuando ad operare conversioni e prodigi, tra cui Il più noto è quello seguente:

"Un giorno mentre Donato stava celebrando la Messa ed aveva in mano un calice di vetro, entrarono in chiesa dei pagani che frantumarono il calice. Il Santo Vescovo, allora, raccolse ogni frammento, ricomponendo parzialmente il calice a cui mancava il fondo; nonostante ciò egli continuava a servire il vino senza che nemmeno una goccia ne cadesse".

Inaspritasi le persecuzioni verso i cristiani, Donato e Ilariano vennero arrestati ed uccisi per decapitazione.

 


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S. PIETRO IGNEO (*)

 

S. Pietro Igneo nacque a Firenze, fu discepolo di s. Giovanni Gualberto, quindi Abate vallombrosiano e successivamente divenne cardinale.

Poichè i Vallombrosiani ebbero subito un largo seguito ed erano favorevoli alla riforma della Chiesa, erano malvisti dal clero regolare che comprava le cariche dall'imperatore e per questo Pietro venne obbligato, per risolvere la questione, a subire la prova del "giudizio di Dio", passare cioè attraverso il fuoco. Tale prova si svolse a Badia di Settimo e Pietro passò senza alcun danno tra le fiamme, dimostrando da che parte fosse la ragione.

Viene quindi, ricordato con il soprannome di Pietro "Igneo".

Mentre era Abate, nel 1086, il monastero fu dichiarato dal pontefice Gregorio VII esente da qualsiasi autorità laica o ecclesiastica e sottoposto direttamente alla Santa Sede. Come inviato di Papa Gregorio VII, si recò in Francia e in Germania.

 

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SAN GAUDENZIO E SAN COLUMATO (*)


San Gaudenzio probabilmente nato ad Arezzo, ne divenne Vescovo nel 435 fino, probabilmente, al 455, come riportato dalle cronache della città.

Viene ricordato insieme a San Columato Diacono, con cui sembra sia stato martirizzato, proprio ad Arezzo, ma non si hanno su questo notizie certe. La festa è celebrata il 19 giugno.

Dalle Cronache della diocesi di Pistoia, si crede anche identificare in lui un Vescovo di Volterra, perchè a lui in quella sede , il Papa Pelagio I inviò una lettera in quella diocesi.

Il suo corpo mummificato è conservato nell'Abbazia Benedettina intitolata appunto a San Gaudenzio.

 

 

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BEATO PIETRO MORICONI (*)

 

Nato a Pisa da famiglia nobile si consacrò alla vita religiosa nell'Ordine Camaldolese, presso il monastero di s. Michele in Borgo, di cui poi divenne Abate.

Venne consacrato Vescovo e operò con zelo e profonda fede in questa veste nella sua Diocesi, come pure nelle vesti di legato pontificio e come capitano del popolo pisano, quando nel 1113, partì alla conquista delle isole Baleari, riuscendo felicemente nell'impresa.

Morì nel 1119.

 

 

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SAN CECCARDO (*)

Sembra che san Ceccardo sia vissuto nel IX secolo nell'antica città di Luni, al confine tra Liguria e Toscana, di cui sarebbe stato Vescovo, morto martire per mano dei normanni.

Un'altra versione, invece, narra che il vescovo ucciso fosse il predecessore di Ceccardo, a cui spettò invece il compito di restaurare materialmente e spiritualmente la città. Si dice che, recatosi a Carrara per scegliere e comprare marmo adatto alla costruzione di una nuova cattedrale, là venisse assassinato.

Comunque sia, venerato subito come santo e canonizzato nel XIV secolo, il suo corpo è da secoli sepolto a Carrara, di cui è Patrono e nel XVII secolo venne deposto nel Duomo della città.

 

 


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SAN LEOPOLDO (*)

Nato in Austria nel 1703, salì al trono dei margravi dopo la morte del padre e per tutta la vita, il suo principale impegno fu quello di governare gli Stati a lui sottoposti operando con sagacia, seguendo i principi cristiani, costruendo vari luoghi di culto, elargendo molte elemosine.
Tuttavia, pur essendo fedele al Papa, fu coinvolto nelle lotte per l'investitura e dovette seguire la politica del suocero, l'Imperatore Enrico IV, finchè questi non venne scomunicato dal Pontefice. Successivamente spalleggiò Enrico V che aveva idee del tutto contrarie al padre.
Morì nel 1136 e venne canonizzato nel 1485, divenendo Patrono dell'Austria e della dinastia degli Asburgo.
E' venerato in Toscana, in particolare nella diocesi di Massa Marittima, in Follonica dove una grande ed originalissima chiesa venne costruita per gli operai delle ferriere, voluta dal granduca Leopoldo II, suo discendente.

 

Vedi Santi Regali - Sante Curiosità

 

 

 

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SANT'ALESSANDRO (*)




Sant'Alessandro, nato a Fiesole nel IX secolo, come risulta da antichi codici che riferiscono la sua vita, fu prima assistente del Vescovo Leto e arcidiacono della Cattedrale e successivamente Vescovo della città.

Per gravi motivi economici, che avevano prosciugato le risorse economiche ecclesiastiche, si recò dall'Imperatore Lotario a Parma, nell'823 e, avuta udienza, ottenne sostegno ed ebbe in dono Fiesole e il Castello di Monteloro.


Quest'ampliamento dei poteri del Vescovo diede fastidio ai potenti locali, i quali assoldarono dei sicari longobardi che, attesolo al guado del fiume Reno mentre ritornava nella sua città, lo uccisero.

 

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SANTE ATTINIA E GRECINIANA (*)


Di queste martiri, i cui corpi sono stati rinvenuti in una chiesa di Volterra, poco o nulla si sa, ma si ritenne che dovessero essere due giovani martiri del III secolo, evidentemente morte per la loro fede.

 

 

 

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SANTA ANASTASIA VERGINE E MARTIRE (*)

 

Anastasia nacque a Roma in una famiglia patrizia, venne subito battezzata ed ebbe come precettore San Crisogono, con il quale andava nelle catacombe romane a portare aiuto ai cristiani perseguitati. Fu data in sposa ad un certo Publio ma riuscì a conservare la sua verginità con la scusa di una malattia.

Dopo la morte del marito aiutò i cristiani e sostenne nelle sue ultime ore san Crisogono, ma venne poi deportata da Diocleziano a Sirmio in Illiria, dove continuò ad aiutare i prigionieri ma, scoperta, venne processata e, al suo rifiuto di abiurare Cristo, venne martirizzata in modo atroce il 25 dicembre del 304.

Fino all'inizio del XX secolo, Anastasia era festeggiata il 25 di dicembre. Venne venerata come santa in tutte le province romane orientali e a Bisanzio, dove le sue spoglie furono trasferite da Sirmio a Costantinopoli e poste nella basilica della Resurrezione del Salvatore.

Il suo culto come vergine e martire di Sirmio, sviluppatosi alla fine del V secolo, venne diffuso dai Goti e dai Longobardi e successivamente dai monaci Benedettini.

Si ricorda qui questa Santa, tra i santi toscani, in quanto Patrona della città di Piombino.

 

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(*) SAN GUIDO DELLA GHERARDESCA


I versi del Carducci dedicati alla chiesa di San Guido, nel comune di Bolgheri, sono notissimi, mentre meno nota è la vita di questo santo eremita della nobile famiglia dei Della Gherardesca, vissuto fra il X e l’ XI sec. in odore di santità.

Su di lui non ci sono molte notizie: secondo le Historie dell'antichissima Città di Pisa, sembra sia stato monaco camaldolese ma per altri era un Terziario francescano.

Di certo, Guido fu dedito alla preghiera e alla meditazione, al digiuno e alla carità e per questo venne ritenuto santo quand'era ancora in vita.

Questo particolare lo portò, per non inorgoglirsi, a lasciare la sua città natale, Pisa, rifugiandosi in solitudine presso Donoratico, dove costruì un oratorio che dedicò alla Madonna e dove morì nel 1140.
Nel 1212 il suo corpo venne trasferito nella chiesa parrocchiale per permettere ai molti fedeli di onorarlo e successivamente, nel 1459 venne riportato nella sua città natale.


 

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BEATA GHERARDESCA (*)

 

Nata a Pisa intorno al 1200, si sposò molto giovane ma non avendo figli ed avendo avuto delle visioni celesti, convinse il marito ad entrare nel convento camaldolese di San Savino, mentre ella visse in romitaggio in una celletta vicina al monastero.

Morì nel 1269 dopo una vita di lodi e di intime conversazioni con il Signore e di rivelazioni.

Nelle "Historie dell'antichissima città di Pisa" si fà riferimento alla Beata Gherardesca Pisana delle Conti Gherardesca Monaca Camaldolense.


 

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(*) BEATA BONADONNA E BEATO LUCCHESE

 

Discepolo di san Francesco, il Beato Lucchese, mercante forse nato a San Casciano Val di Greve ma residente a Poggibonsi, fu uno dei primi a diventare, assieme alla moglie Bona o Bonadonna, terziario francescano, vivendo una vita ritirata e di carità verso gli altri.

Delle loro opere ed in particolare dei miracoli ascritti al Beato Lucchese, scrisse il Vescovo fiorentino S. Antonino, nelle sue "Istorie".

 


 

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BEATO GIACOMO DA MONTIERI


Il Beato Giacomo Popocchi, patrono di Montieri, dove è anche sepolto, visse nel XIII secolo, facendo probabilmente il minatore e, secondo quanto si dice, condusse una vita di violenza, di ribellioni e di ruberie.
Infatti, pare che si fosse impossessato di alcuni grammi d'argento preso in minera e per questo venne processato e, com'era d'uso in quei tempi, venne condannato all'amputazione della mano destra e del piede sinistro.

Successivamente, avvenne in lui una profonda conversione che lo fece ritirare in eremitaggio e preghiera in una celletta vicina alla chiesa di San Giacomo apostolo, in Montieri, dove visse finchè morì, compiendo miracoli e conversioni.

Quando morì il suo corpo, per una serie di ragioni, non venne sepolto subito bensì dopo 26 giorni durante i quali esso rimase incorrotto e in quel periodo si verificarono molti miracoli.

L'opera del Beato Giacomo era un'istituzione nata per custodire le sue reliquie, per occuparsi della manutenzione della chiesa di S. Giacomo e per officiare le Messe.
La sua festa è il 27 luglio.

 


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BEATO BARTOLO BUONPEDONI (*)

Bartolo Buonpedoni, di Mucchio, presso San Gimignano, Confessore

Bartolo o Bartolomeo Buonpedoni si era rifugiato a Pisa, per non sposare una donna impostagli dalla sua nobile e nota famiglia e in quella città era diventato sacerdote, verso i trent'anni.

Successivamente diventò parroco di Pichena, dove restò per una ventina d'anni lavorando per la vigna di Dio con zelo e carità straordinari, fin quando venne colpito dalla lebbra e si rifugiò in un lebbrosario, dove adoperò tutte le sue energie per la salute del corpo e dell'anima dei suoi fratelli ammalati come lui, svolgendo anche quest'opera con il massimo rigore ed impegno, con rassegnazione ma con grande serenità.

Alla notizia della malattia aveva lasciato l'abito talare, indossando quello del Terz'Ordine Francescano.

Morì nel 1300 e venne sepolto a san Gimignano.

 

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BEATO GIOVANNI COLOMBINI (*)

 

Verso la metà del 1300, Giovanni Colombini esercitava il suo mestiere di mercante.
Era un uomo attaccato alla vita e ai suoi piaceri, ma una lettura della vita dei santi, in particolare quella sulla conversione di Maria Egiziaca che sua moglie gli fornì un giorno, gli aprì un nuovo orizzonte: camminare su quella stessa strada, imitare quella santa.

Così, dopo aver parlato con dei religiosi, lasciò la sua prospera azienda, distribuì le sue ricchezze fra la famiglia e i poveri e si diede ad una vita di rinuncie e di povertà, indossando un mantello incolore.
Il suo caso fece grande scalpore in città, ma un seguace l'aveva già seguito ed altri ancora andranno, a formare la prima brigata dei "Poveri di Cristo", detti Gesuati, perché intendevanoo imitare Gesù e san Francesco, nell'umiltà e nella sofferenza, aiutando i poveri, gli abbandonati e i malati. Oltre a questo e alla preghiera, si applicavano ad altre attività come la pittura, la miniatura, l'arte campanaria, la falegnameria, la vetreria e la questua.

Quell'atto coraggioso di rinunzia e di povertà spaventò i potenti della città, che esiliarono il sant'uomo e poco mancò che l'accusassero di eresia

Essendosi ammalato, Colombini cercò in tutti i modi di avere dal Papa Urbano V l'approvazione per il suo Ordine, approvazione che fu solo orale, poichè il Papa richiese che si rivestissero di un saio bianco con sopra un mantello grigio, che vivessero in comunità, senza accedere al sacerdozio, restando quindi laici, prestando obbedienza ad un priore. Successivamente, da Giovanni Tavelli da Tossignano, vescovo di Ferrara, venne elaborata una costituzione, ispirata alla Regola di Sant'Agostino e a quella benedettina.

I discepoli, intanto, si moltiplicarono in Toscana, nell'Umbria, nel Lazio. Quando Giovanni morì, nel 1367, il carisma di questa Comunità era ancora in embrione, ma aveva già impresso una profonda traccia nella società e nella spiritualità del tempo. L'Ordine continuerà a vivere per tre secoli, fino all'estinzione avvenuta nel 1668.

 

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BEATA LIBERTESCA

 

Non si sa quasi nulla dela vita di questa Beata, ma certo era molto venerata nella zona di Buriano dove, in base ad una leggenda, una giovane pastorella, di grande fede, venne trovata morta con il corpo sollevato da terra.

Le sue spoglie sono venerate nella chiesa di Santa Maria Assunta, sotto l'altare a lei dedicato, mentre il sangue si trova in un apposito reliquiario.

Nella prima metà del 1600, a seguito di una ricognizione, venne constatato che nella tomba mancava la testa e un braccio della Beata.

Iconograficamente è poco conosciuta, se non fosse per il dipinto sopra l'altare della cappella a lei dedicata, qui rappresentato.

 

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BEATO GUIDO DA SELVENA

Questo Beato è legato al Convento del Colombaio che si trova a pochi km da Seggiano, la cui esistenza è documentata già nel 1251, poichè è ritenuta una fondazione di San Francesco, che nel 1220 si fermò nella zona, di ritorno da una visita al Papa Onorio III che si trovava a Viterbo.

Il Beato, originario di Selvena, visse e morì nel convento. Egli è spesso associato al Beato Pietro, vissuto anche lui al Colombaio, sant'uomo con cui spesso si intratteneva a parlare, senza accorgersi dello scorrere del tempo, poichè come dice il Vangelo: "Dove sono due o tre radunati...", spesso accanto a loro appariva Gesù sotto forma di un bel fanciullo.

Negli ultimi giorni della sua vita, il Beato Guido si nutriva solo di un uccello procurato dal suo gatto che, dopo la morte del padrone, morì ai suoi piedi.

 

 

 


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BEATO AMBROGIO DA MASSA (*)

 

Ambrogio, nato in Maremma verso la fine del 1100, fu prima prete presso Scansano e successivamente, ascoltando la predicazione del Beato Morico - uno dei primi seguaci di san Francesco - si sentì attirato dalla semplice vita religiosa ed entrò quindi nell'ordine dei frati minori nel 1225 circa.

Visse dapprima nel convento di Massa Marittima - che si dice fondato da san Francesco stesso - e venne poi traferito a Orvieto dove operò per 15 anni e dove poi morì.

Sulla sua tomba avvennero molti miracoli e venne quindi iniziata la pratica di canonizzazione che però non fu mai conclusa.

L'Ordine francescano lo venera comunque come beato.

 

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BEATO BALDOVINO (*)

 

Non si hanno molte notizie certe sulla sua vita e spesso viene confuso con l'omonimo santo francese che poi visse a Rieti.

Ma nelle antiche "Cronache Pisane" viene citato più volte il santo come "Beato Baldovino Cardinale Monaco Cistercense Arcivescovo di Pisa, alcuni dicono fussi francese, benchè non sia vero..." .

Di nobile famiglia pisana, fu attratto dalla figura di San Bernardo da Chiaravalle e dalla sua Regola a cui aderì facendosi monaco circerstense e seguendo il fondatore in Francia al Concilio di Clermont, nel 1130. Il Papa apprezzò molto Baldovino e lo nominò cardinale.

Fu arcivescovo di Pisa e di Sardegna. Morì nel 1145 e da subito venne considerato beato dai Pisani, che lo ricordano il 6 ottobre.

 

 

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PADRE GIOVANNI DA SAN GUGLIELMO

Giovanni Nicolucci, sia pur nato in provincia di Macerata nel 1552, si può considerare a tutti gli effetti toscano, poichè in Toscana visse per lunghi anni esercitando il suo ministero, diventando sacerdote agostiniano e dedicandosi all'ìinsegnamento ed in Toscana morì.

Si ritirò in un eremo vivendo una vita di penitenza e nel 1597, sull'esempio di S. Guglielmo, si trasferì nel Monastero di Malavalle. Nel 1604 fondò un monastero ed una chiesa nella contrada di Tirli dove rimase per 24 anni, facendo costruire altri eremi ed evangelizzando le popolazioni locali che vivevano in povertà. Intanto Malavalle divenne un importante centro di culto a cui affluivano molti novizi e monaci.

Nel 1621 Giovanni aderì alla nuova Regola degli Agostiniani Scalzi, più rigida, e decise di abbandonare il monastero per stabilirsi a Batignano dove fondò un altro piccolo eremo, le cui spese vennero sostenute dalla Granduchessa Maria Cristina di Lorena, moglie di Cosimo II de' Medici, devotissima al venerabile, che intanto assunse il nome di Giovanni di San Guglielmo. Le cittadine di Tirli e di Castiglione cercarono d'impedire al sant'uomo di andare via, ma egli riuscì ad espatriare e ando a Batignano.

Un giorno, un contadino che arava un campo sentì una voce che gli chiedeva di andare da San Guglielmo; egli obbedì e restò con il sant'uomo. Mentre Giovanni stava costruendo l'eremo di Batignano, avendo il frate chiesto ad un ricco dei buoi per il trasporto, questi gli aveva mandato 2 tori che, davanti al venerabile, si inginocchiarono e che comunque l'aiutarono nel lavoro. Invitato poi dal ricco a cena, Giovanni non ne volle mangiare il pane perchè "frutto del sangue dei poveri" ma poi presolo in mano lo spezzò e dal pane fuoriuscì del sangue.

Morì nel 1621 a Batignano dove si celebrarono i funerali. Il suo corpo venne condotto all'eremo di santa Lucia tra una folla enorme di gente e successivamente venne trasferito al monastero di Santa Croce. Le sue spoglie vennero profanate e un ladro ne asportò la mano destra Tuttavia, successivamente si potè constatare che il suo corpo era ancora intatto e il sangue, conservato in un'ampollina, ancora fluido.
L'ampolla venne portata a Roma dove ancora questo fenomeno si verificò più volte. Il processo per la sua beatificazione iniziò nel 1770 ma non si è ancora concluso.

 

 

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I SETTE SANTI FONDATORI

 

L’Ordine dei Servi di Maria nacque nel 1233, fondato da sette fiorentini  (septem viri o septem fratres), provenienti da famiglie dalle profonde radici cristiane che, conosciutisi, decisero di vivere insieme al servizio della Madonna.

Prendendo dunque a modello la Vergine Maria, a cui affidarono la loro vita e la loro missione, lasciarono così le loro case e gli averi e con un semplice mantello da pellegrini addosso, iniziarono la loro vita comune, secondo la Regola di Sant’Agostino, ritirandosi a Montesenario.
In breve tempo il loro esempio fu seguito da molti e si sentì presto la necessità di nuovi eremi e conventi, tra cui la chiesa ed il convento di Santa Maria di Cafaggio, diventata poi la Santissima Annunziata.

I 7 fondatori sono tutti sepolti in Monte Senario.

L'Ordine si diffuse subito in tutta la Toscana e nell'Italia centrale, ricevendo quasi subito la pubblica approvazione del vescovo di Firenze e la concessione di Papa Innocenzo IV di condurre quella vita di penitenza, seguita poi dalla ratifica di Papa Alessandro IV e successivamente di Benedetto XI che diede la sua approvazione definitiva.

I 7 Fondatori vennero santificati da Papa Leone XIII nel 1888.

I sette Fondatori erano:

S. Bonfiglio Monaldi

Nato a Firenze verso la fine del XII secolo, dopo aver fatto parte della Compagnia Maggiore dei Laudesi di Santa Maria, si riunì assieme ad altri sei per mettersi al servizio della Madonna.

Fu una guida illuminata di questa nuova, zelante famiglia religiosa.

Accettò nell'Ordine Filippo Benizi che sarebbe poi diventato santo.

Dopo 23 anni circa passati alla direzione dell'Ordine, trasferì la sua carica a S. Bonagiunta Manetti e si ritirò sul monte Senario dove morì nel 1262.

Sant'Amadio degli Amidei

Sant'Amadio (al secolo Bartolomeo) nacque agli inizi del 1200 e contrariamente all'indole battagliera dei suoi antenati fu uomo dedito alla pace e alla preghiera.

Animato da una fede ardente, si ritirò sul Monte Senario seguendo gli altri sei Fondatori e di lui si dice che operasse miracoli anche in vita.

Giunto allo stremo delle sue forze per la vita di strette penitenze che conduceva, morì nel 1266.

 

 

San Manetto dell'Antella,
Priore nel convento di Lucca
e poi Generale superiore dell’Ordine

Nato a Firenze nel 1203, venne chiamato Benedetto.

Animato da grande umiltà, amore verso la Madonna, da spirito di penitenza, collaborò alla nascita dei Servi di Maria.

Nel 1245 S. Bonfiglio lo incaricò di partecipare al Concilio di Lione ed egli ne approfittò per divulgare l'Ordine anche in Francia.

Mandò poi dei novelli sacerdoti in missione nelle lontane regioni dell'Asia.

Fu nominato Generale dell'Ordine che amministrò con saggezza ed energia

Si dice che compisse miracoli anche in vita.

Ammalato, decise di attendere la morte sul monte Senario e ciò avvenne nell'agosto del 1288, tra le braccia di S. Filippo Benizi.

S. Alessio Falconieri

Nato nel 1200, da giovane si dedicò con passione allo studio e alla devozione per la Madonna, vivendo in purezza ed umiltà.

 

Elemosinando riuscì a mandare a studiare all'Università di Parigi, alcuni giovani novizi per far loro acquisire una maggiore conoscenza della Teologia.

Morì a Firenze all'età di 110 anni, sereno come aveva sempre vissuto, ed il suo corpo venne poi portato a Monte Senario per essere sepolto accanto agli altri sei Fondatori.

 


San Uguccione degli Ugoccioni

Nato a Firenze e battezzato col nome di Ricovero - cambiato poi in Uguccione - verso i 30 anni seguì gli altri sei Fondatori nella costituzione dei Servi di Maria.

Pietoso e devoto alla Madonna, si dedicò alla diffusione dell'Ordine in Germania e, tornato in Patria, si ritirò sul Senario insieme a san Sostegno aspettando la morte.

Appena concluso il Capitolo Generale dell'Ordine del 1282, i due santi spirarono a pochi minuti di distanza.

 



San Bonagiunta Manetti
da Firenze che fu Priore dell’Ordine

Nacque a Firenze nel 1206 e venne battezzato come Giovanni

Verso i 27 anni si sentì chiamato a seguire gli altri sei Fondatori, spinto dalla silenziosa richiesta della Vergine a cui lui era profondamente devoto.

Ebbe il dono dei miracoli e della profezia.

Prese il posto di S. Bonfiglio nel governo dell'Ordine e si prodigò per la diffusione del loro carisma e per la formazione religiosa dei novizi.

Nell'agosto del 1257, presagendo la sua morte, celebrò la sua ultima Messa e poì spirò.

San Sostegno dei Sostegni

Gherardino nacque a Firenze nel 1205, cambiando poi il suo nome di nascita in Sostegno quando, chiamato alla sequela di Maria, insieme a S. Uguccione, cominciò a vivere in povertà
.

Sul Monte Senario pregava con ardore per la salvezza delle anime, predicava, viveva austeramente.

S. Filippo Benizi lo richiese come compagno nei suoi viaggi e lo nominò Vicario Generale in Francia dove risiedette per alcuni anni per diffondere il nuovo Ordine, molto stimato dal Re Filippo III che già lo riteneva un santo.

Tornato in Patria si ritirò sul Senario dove riprese la sua vita di adorazione e preghiera, morendo poi nel 1282, quasi contemporaneamente a S. Uguccione.

 

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SANTA VERDIANA

Nata a Castelfiorentino, in Vald'Elsa verso il 1180 da una nobile famiglia, santa Verdiana (o Viridiana) pur se impegnata nel lavoro presso alcuni familiari, era tesa ad una vita dedicata solo a Dio.

Effettuò vari pellegrinaggi tra cui a Santiago de Compostela e a Roma che acuirono in lei il desiderio di una vita monacale che, tornata a casa, realizzò vivendo in una piccola stanza dell’Oratorio di Sant’Antonio in riva all’Elsa.

In quel luogo la santa condusse una vita da reclusa per oltre trent'anni, in silenzio e meditazione, in preghiera, assistendo alla messa, prendendo solo un pò di cibo e nutrendosi soprattutto dell'Eucaristia. Un momento di eccezionalità fu la visita di San Francesco d'Assisi che nel 1221 le concesse di entrare nel Terz'Ordine Francescano.

La santa visse in quest'eremo sino alla sua morte avvenuta nel 1242. Sembra che il suo corpo sia stato trovato in ginocchio con gli occhi rivolti verso l'alto.

Già ritenuta santa in vita, il suo culto si diffuse rapidamente in tutta la Toscana. E' Patrona della sua città natale, Castelfiorentino. La sua stanza venne poi trasformata in cappella e nel XVII secolo venne costruito un grande Santuario a lei dedicato.

Fino alla prima metà del 1300 il suo corpo venne conservato presso la collegiata dei Santi Lorenzo e Leonardo

 

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BEATO VIVALDO (')

Della vita del beato Vivaldo Stricchi, nato a san Gimignano intorno al 1260, si sa poco, tranne che era seguace di Bartolo da San Gimignano, parroco di Picchiena, un sant'uomo che poi si ammalò di lebbra, curato amorevolmente da Vivaldo per molti anni.

Quando Bartolo morì, egli decise di dedicarsi ad una vita di solitudine, di povertà, ritirandosi a Camporena-Montaione dove visse per circa venti anni in un albero cavo.

Il suo corpo venne ritrovato il 1° Maggio del 1320 proprio nel tronco di un castagno e venne posto sotto l'altare della chiesa di San Regolo. Il luogo in cui Vivaldo morì venne poi affidato ai francescani che vi costruirono un convento.

Sembra che durante il corso del 1200 e del secolo successivo molti furono gli eremiti che vi vissero conducendo una vita semplice ed esemplare, dedicata solo a Dio

 

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BEATA GIOVANNA DA SIGN

Sembra esser nata poco attorno al 1250 (alcuni dicono pochi anni prima, alcuni pochi anni dopo), da una povera famiglia. Si dedicava alla pastorizia ma, appena giovinetta, decise di donarsi tutta a Dio, conducendo una vita da eremita. Nel romitorio della Valle di Signa si fece quindi rinchiudere in una piccola celletta da curi non uscì mai più fino al giorno della sua morte, avvenuta nel 1307.

Già in vita si dice abbia compiuto molti miracoli ed ancora di più dopo la sua morte.

Venne subito ritenuta persona santa e la sua venerazione si diffuse in tutta la Toscana ed anche la famiglia dei Medici mostrò per lei molta devozione.

E' considerata la Patrona di Signa, anche se la richiesta in tal senso è stata appena inoltrata.
Viene festeggiata nel Lunedì dell'Angelo.


 

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Sotto vengono riportati alcuni Santi e beati toscani dell'Ordine Carmelitano

Anche se probabilmente non sono toscani, questi due personaggi, un santo ed un beato, essendo morti a Lucca ed avendovi prodotti vari miracoli, vengono considerati a tutti gli effetti santi locali e quindi, a ragione, possono rientrare in questa categoria.

 

 

SAN ROMEO E SANT'AVERTANO

 

Il beato Romeo sembra si chiamasse in realtà Enrico. Proveniente da una famiglia di fede cristiana, sin da bambino sentì prepotente il desiderio di recarsi a pregare nei vari santuari della sua zona.

Diventato adulto decise di entrare nei Carmelitani salendo solo il primo gradino dell'Ordine Religioso. Viveva facendo i lavori più umili del convento, pregava ed era esempio di umiltà e di mansuetudine.

Il suo nome venne poi cambiato dal popolo in Romeo, poichè egli si dedicava alle "romerie" (parola spagnola che significa pellegrinaggio), cioè peregrinava da un santuario all'altro. Probabilmente era vestito come tutti i pellegrini del tempo con mantello e cappello a larghe falde per proteggersi dal sole cocente o dalla pioggia ed aveva con sè pochi utili oggetti come la zucca per l'acqua ed un distintivo che ne contrassegnava la destinazione. I pellegrini che andavano a Santiago avevano una conchiglia, quelli che si recavano a Roma avevano le chiavi per le sette chiese e quelli che andavano a Gerusalemme portavano con sè la palma.

Insieme ad un altro Confratello chiamato Avertano, forse proveniente dalla diocesi di Limoges, in Francia, che era giunto in Italia come pellegrino e che si fece subito notare per le sue virtù e per i miracoli che avvenivano attorno a lui, si mise in cammino verso i più grandi Santuari dell'epoca.

Purtroppo, contagiati ambedue dalla peste, essi si fermarono a Lucca dove morirono.

I miracoli di sant'Avertano sono riprodotti in antiche immagini che si trovano nella chiesa di San Pietro e nella Cattedrale di Lucca e, a giudicare dalla loro datazione e da quella di un' iscrizione con il suo nome, è probabile che egli sia vissuto tra il 1100 e il 1200. Tra gli altri, a Lucca vi è un quadro che riproduce una Madonna con Bambino assieme al Beato Romeo e a Sant'Avertano.

Sia Sant'Avertano che il Beato Romeo furono sepolti nella chiesa di San Pier Maggiore - che oggi non esiste più - poi trasferiti nella Cattedrale ed infine posti nella chiesa di San Paolino e Donato, a Lucca.
Essi vengono ricordati assieme il 25 febbraio.

 

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BEATO FRANCO DA SIENA

 

Nacque a Grotti (Siena) all'inizio del 1200 da nobile famiglia, fu destinato alla carriera militare che egli intraprese con baldanza, vivendo senza timor di Dio.

Dopo una battaglia, essendo diventato cieco, decise di cambiar vita e di intraprendere un pellegrinaggio a Santiago de Compostela. Arrivato là recuperò miracolosamente la vista e si propose di continuare il pellegrinaggio recandosi a Roma ed in altri luoghi santi.

Tornato a Siena si dedicòi ad una vita di penitenza e per cinque anni visse da eremita, cercando di sconfiggere con forza e preghiera le varie tentazioni che gli si presentavano. Infine chiese di poter entrare nell'Ordine Carmelitano dove continuò comunque a vivere in una piccola cella privandosi di tutto, lavorando, pregando e predicando.

Molti fedeli si recavano da lui per ascoltare le sue prediche fervorose, per chiedere consigli e grazie, mentre lui rispondeva di non essere degno del loro ossequio a causa delle malefatte da lui compiute anni prima.

Morì nel 1291.


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BEATO ANGELO AGOSTINO MAZINGHI

 

 

Il Beato Agostino, noto anche come Beato Angelo, nacque a Firenze, nella seconda metà del 1300, da una nobile famiglia e verso i 25 anni decise di dedicarsi alla vita religiosa.


Entrò dunque nel Carmelo, ritirandosi in un monastero ed ordinato sacerdote nel 1415, prestò la sua opera come Priore dell'Ordine, predicatore, lettore, consigliere, cercando sempre di migliorare le sue già tante virtù e cercando di aderire sempre più alla regola originale del Carmelo.

Morì nel 1438 ed il suo corpo fu tumulato nella chiesa del Carmine a Firenze.

 

- Per altri Santi Toscani dell'Ordine Carmelitano (Sant'Andrea Corsini, Santa Maria Maddalena de' Pazzi, Santa Teresa Margherita Redi,

 

Venerabile Angelo Paoli)
vedere anche l'articolo

 

Santi Carmelitani

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Bibliografia

- Viaggio in Maremma nei luoghi di fede, tra le figure e le testimonianze storiche e religiose - Edizioni Provincia di Grosseto/Informa

- (*) Immagini per lo più realizzate da singoli autori per una serie stampata in occasione di una Mostra di immaginette a Piombino - A.I.C.I.S.

http://sacrumluce.sns.it/mv/html/SAN/SAN_990000001300000/

http://carmelnet.org/biographies/AvertanusRomaeus.pdf

http://www.santaverdiana.org/

immagine della Beata Giovanna da signa da www.comune.signa.fi.it

immagini di Sant'Avertano, Beato Angelo Agostino Mazinghi, Beato Franco da Siena e Beato Romeo tratte dal sito http://carmelnet.org

- P.G. Roschini O.S.M. - Nel giardino di Maria - Un fiore al giorno - Postulazione generale dei Servi di Maria - Roma

Immagine del Beato Vivaldo concessa da don Damiano Grenci

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