Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

COLLABORAZIONI

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S. SOSTENE: UN NOME, DUE SANTI

 


La vita cristiana è segnata dal dono della Spirito Santo il quale, parlando in noi, ci fa riconoscere Dio come Padre. Lo Spirito di Gesù è il dono che se accolto dalla nostra libertà, legandoci a Cristo, ci lega al suo destino: la santità. Infatti dice la preghiera Eucaristica III: "Padre santo fonte di ogni santità”, è il Padre che in Cristo per opera dello Spirito, accolto dalla nostra libertà, dono a noi la pienezza delal grazie epr essere ciò che già siamo: santi. Così ognuno di noi potrà dire come l’apostolo Paolo: “Per la grazia di Dio sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana”.
Lo Spirito Santo, la grazia di Dio, è concesso a tutti, è dono gratuito di Dio, è dono uguale per tutti, perché è uno e indivisibile. Ciò che crea diversità è soltanto causato dalla risposta della libertà di ciascuno. È qui solo che c’è differenza tra noi tutti e i Santi.

 

 

La Chiesa Cattolica venera nel suo Martirologio (nella sua più antica edizione), due santi con il nome Sostene (è un nome greco che sembra significa “ dal vigore intatto”; in latino invece deriverebbe dal vocabolo “sustines” che vuol dire “colui che sostiene”): il 10 settembre, Sostene di Calcedonia; e il 28 novembre, Sostene di Corinto; tutti e due secondo la tradizione, martiri.

I primi Santi venerati nella Chiesa sono proprio i Martiri (= testimoni): quegli uomini e quelle donne che sparsero il loro sangue per restare fedeli a Cristo che per tutti aveva sacrificato la sua vita sulla croce. «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici». (Gv. 15, 13)
Gesù aveva preannunciato le persecuzioni per i suoi discepoli: «Io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi... Sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro ed ai pagani. E quando sarete consegnati nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire: non siete, infatti, voi a parlare, ma lo Spirito del Padre che parla per voi».(Mt. 10, 16-20)
La storia della Chiesa, di tutti i tempi e di tutti i luoghi, dall’età apostolica ai giorni nostri, è stata segnata dalla testimonianza di innumerevoli cristiani che sono stati arrestati, torturati ed uccisi in odio a Cristo. Il martirio è sempre stato ritenuto dai cristiani un dono, una grazia, un privilegio, la pienezza del Battesimo, perché si è “battezzati nelle morte di Cristo” (Rm. 6, 3-5). Il Concilio Vaticano II così insegna: “Fin dai primi tempi alcuni cristiani sono stati chiamati a dare questa suprema testimonianza d’amore davanti a tutti, e anche davanti ai persecutori, e altri ancora vi saranno chiamati. Il martirio rende il discepolo simile al suo Maestro che accettò liberamente la morte per salvare il mondo, e lo conferma anche lui nell’effusione del sangue; perciò il martirio è stimato dalla Chiesa come dono esimio e prova suprema di carità” (LG 42).
Furono soprattutto i primi quattro secoli della Chiesa ad essere caratterizzati da feroci persecuzioni che seminarono testimoni a non finire, che rivelarono la forza dello Spirito del Padre tanto che Tertulliano diceva ai pagani: ”Il sangue dei martiri è sempre seme di cristiani”. Così avvenne anche per Sostene di Calcedonia: la sua vita santa fu il frutto della divina grazia per la testimonianza di santa Eufemia.

È il IV secolo che vide i natali di Sostene, in una famiglia pagana, a Calcedonia in Bitinia, terra dell’odierna Turchia.
Nulla si sa della sua fanciullezza. Possiamo solo affermare che si arruolo nell’esercito romano sotto il comando di Massimiano Erculeo e riportò numerose vittorie.
Visse in un periodo di aspre persecuzioni contro i cristiani: la prima sotto il regno di Decio e poi di Diocleziano. Nella sua vita sicuramente senti parlare dei cristiani, ma ne gusto la fede e la fermezza solo accostando la giovane Eufemia che doveva, per comando ricevuto, martirizzare. Sostene rimase colpito dalla fede e dalla forza che si sprigionava da una così fragile giovane. Sicuramente in cuor suo si sarà domandato da dove le veniva una tale forza, chi era quel dio per il quale si potevano sopportare così atroci tormenti.
Possiamo immaginare il travaglio interiore del giovane soldato e la sua ricerca di una risposta alle tante domande che la coscienza gli poneva. Così anche lui come un novello Paolo ebbe in Eufemia la via di Damasco: ascoltò la voce di quel Dio che in Eufemia gli parlava.
Non era un dio come quello dei suoi padri, un dio padrone, ma un Dio Padre, che lo amava e che nel suo immenso amore aveva dato il suo Figlio che anche per lui era morto e risorto. Ecco la forza e la speranza che animava la giovane vergine di Calcedonia!

Aveva così scoperto il vero Dio, il Creatore e Signore dell’Universo. Non trascorse molto tempo che anche lui fu scoperto cristiano e come santa Eufemia fu chiamato a testimoniare pubblicamente la sua fede.
Governava in quel tempo la Bitinia il console Prisco. Egli lo fece arrestare quale cristiano e rinchiudere in carcere. Era la prova della fedeltà a Cristo, ma fu solo l’inizio.
Fu sottoposto a ripetuti interrogatori con i quali il console sperava di persuaderlo dalla fede in Gesù. Sostene fu irremovibile. Dalle parole persuasive e dalle promesse di ricchezza ed onore si passo alle torture.
Venne fustigato, poi dilaniato da uncini, ma tutto questo non vinse la sua fede, anzi egli lodava Dio che lo rendeva degno di soffrire per il suo Nome.
Altre prove lo attendevano. Venne gettato alle belve feroci, ma per grazia divina superò anche questa prova.
La sua fine però era segnata: fu preparata una catasta di legna e acceso un immenso fuoco. Sostene fu condotto per essere arso vivo.
Però anche lui, come Eufemia, aveva così fermamente testimoniato la fede in Gesù che ebbe il primo frutto della sua testimonianza: un compagno nell’ultima prova, Vittore. I due dopo aver scambiato il bacio di pace furono gettati nel rogo testimoniando così fino al sangue la loro fedeltà a Cristo. Fu questa la loro vittoria: i discepoli sono conformati al Maestro.

Sostene e Vittore ci insegnano il modo eroico di morire per Gesù, ognuno di noi è chiamato forse anche, per grazia divina, a questa sorte, ma sicuramente è chiamato a dar testimonianza della propria fede in Gesù nella CARITÀ: “Aspirate ai carismi più grandi! E io vi mostrerò una via migliore di tutte. Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli Angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna... La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine...” ( Cor. 12,31-13,13).

 

 

 

Dicevamo che la Chiesa venera un altro S. Sostene che fu capo della sinagoga di Corinto ed è festeggiato il 28 novembre. Lo stesso santo è venerato dalla Chiesa Ortodossa l’otto dicembre e lo ricorda come primo vescovo di Colofone in Asia, poi martire a Corinto.

Durante la lunga permanenza dell'Apostolo Paolo a Corinto avvenne un fatto non soltanto clamoroso ma, almeno per noi, difficilmente spiegabile, per quanto riferito con la consueta chiarezza dall’evangelista Luca: Sostene viene malmenato al posto dei Paolo di Tarso, perché? È probabile che i Giudei volessero punirlo per la sua conversione al Cristianesimo, lui che era capo della Sinagoga; ma della conversione di Sostene, capo della Sinagoga di Corinto, gli Atti non fanno parola. Il suo nome appare di nuovo nell'indirizzo della lettera che, da Efeso, San Paolo scrisse proprio agli irrequieti cristiani di Corinto, e di cui Sostene sembra essere stato il latore. È così naturale allora pensare che l'antico capo della Sinagoga, percosso dai compagni di fede, sia stato effettivamente convertito da San Paolo, diventando suo discepolo, incaricato di tenere i contatti tra l'Apostolo e la comunità di Corinto, dove era ben noto e stimato.
Questa ipotesi, probabile ma non certa, è stata accolta dai compilatori dei Martirologi, i quali il 28 novembre ricordano Sostene tra i Santi, come discepolo di San Paolo ed ex-capo della Sinagoga di Corinto. Con le percosse davanti al tribunale, egli avrebbe “consacrato con un glorioso inizio le primizie della propria fede”, per poi maturare quella sua fede come Vescovo di Colofonia, in Asia Minore. Ma questa è notizia tradizionale, che nessuna testimonianza storica conferma.

Concludo con una preghiera in dialetto calabrese, in onore del Martire di Calcedonia.

 

O Santu Sosti nobili e galanti,
funtana d’ogni grazia mia surgente
‘nbiato (l)u pitturi chi bi ficia protetturi ed avvocatu.
O Santu Sosti di martirii siti
chi per (l)u mundu tuttu si aduratu
e sa bandera a ‘mmanu chi teniti,
tuttu (l)u mundu teni incatinatu.
E sa palma chi allu pettu teniti
n’ angialu dellu celu vi là calata
e quandu a sansosti
vi vittaru venira
all’armi li sonaru li campani.

 

I testi sono contenuti nel libro: “SOSTENE DI CALCEDONIA. TESTIMONE DI CRISTO”, pp. 140, 30 illustrazioni in b\n, Ed. Tip. Rossini (Busto Arsizio - VA).

 

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- "Saremo condotti..."


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http://xoomer.alice.it/damiano.grenci/Home.html

 

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