Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

COLLABORAZIONI

 

IL GUARDIANO
DEL FARO

In questo Settore vengono riportate notizie e immagini fornite da altri redattori.
Nello specifico, i testi sono stati realizzati da Paolo Roca (Il Guardiano del Faro), mentre la grafica e le immagini sono state curate da Cartantica.
Tutti gli articoli degli altri Settori sono state realizzati da Patrizia di Cartantica che declina ogni responsabilità su quanto fornito dai collaboratori.

"N.B.: L'Autore prescrive che qualora vi fosse un'utilizzazione per lavori a stampa o per lavori/studi diffusi via Internet, da parte di terzi (sia di parte dei testi sia di qualche immagine) essa potrà avvenire solo citando esplicitamente per esteso (Autore, Titolo, Periodico) il lavoro originale."

 

 

 

SCENETTE IN LIBRERIA

 

Durante un certo numero di anni ho dato una mano ad una mia amica che gestiva una libreria e là, nolente o volente, avevo contatti con la più svariata umanità, che di volta in volta, noiosa, esilarante, triste e molto altro, ha comunque arricchito le mie giornate.

Da questa esperienza sono nati alcuni brevi racconti che condivido, oggi, con voi.

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2 giugno 2005

 

Entra una Signora e si guarda attorno come a cercare qualche cosa.
Io sono seduto alla scrivania intento a catalogare alcuni libri.
Dopo un po’ la signora mi si rivolge: "Avete immaginette del Papa nuovo ?"

Al che rispondo: "Certo Signora sono sulle mensolette  all’ingresso dietro di lei".

La signora si guarda attorno e dice: "Non le vedo !"

Interrompo il lavoro che sto facendo, mi alzo, mi avvicino all’espositore delle immaginette e le faccio vedere il campionario, la signora comincia a guardarle ed io me ne torno alla scrivania. Dopo un pò di tempo risento la sua voce: "Queste sono troppo piccole. Non ne avete di più grandi ?

Con infinita calma e invocando san Giobbe rispondo: "Certo Signora sono nell’espositore delle cartoline appeso all’ingresso".

La signora guarda verso la porta ed esclama: "Non le vedo !"

Pensando alla Croce che ognuno di noi deve portare e imponendomi di  compiere il fioretto quotidiano, mi alzo, mi avvicino all’espositore, gliele mostro e, mentre lei le osserva, torno al mio lavoro.
Ancora la vocina: 2 Ma qui non c’è vestito da Papa !"

A quel punto comincio a pensare che forse sono io che ho sbagliato ad indicarle un espositore invece di un altro, perciò mi alzo per la terza volta vado vicino all’espositore e verificando che è quello giusto, indico le foto del Papa.

La Signora replica: "Ma io lo voglio con la Casula bianca!"

Al che anche il mio protettore san Giobbe sarebbe crollato! Guardo fisso la signora e affacciandomi sulla porta rivolto a S. Pietro esplodo: "Signora se attende un attimo vado da Benedetto XVI gli faccio indossare la casula bianca, gli faccio una foto gliela porto!2

La signora mi guarda stupita, non capisce se sto scherzando o no, e si limita a fare un sorrisetto.
Dopo un po’ si allontana senza comprare nulla!

Io elevo una preghiera silente a San Giobbe! 


Giobbe

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9  giugno  2005

Improvvisamente e in  modo fragoroso entra un signore spagnolo, seguito a breve distanza da due signore, e mi si rivolge brandendo una delle cartoline prese dall’espositore :"Noi venimos dalla Espagna apposta fino a’chì in Italia e sulle cartoline non c’è scritta in spagnolo, ma solo italiano, francese, tedesco e inglese, non essere giusto!".

Anche se il suo italiano non è perfetto riesce a farsi capire perfettamente e noto che è veramente arrabbiato, non è una finta!
Tento di calmarlo spiegando che non stampo io le cartoline ma mi limito a venderle.
Al che sempre agitandomi la cartolina sotto il naso continua: " E’ comunque necessario protestare perché se nessuno dice niente le cose non cambieranno mai".

Mentre parla continua ad agitarsi e ad agitare la cartolina quasi fosse un atto di accusa.   
Le due signore che sono rimaste sulla porta sogghignano divertite.   Per quanto tenti di calmarmi, sento il nervoso che comincia a prendermi per l’assurdità della scenetta a cui mio malgrado sono partecipe.   Mantengo la calma e replico che la cosa non dipende né da me né dal negozio che è l’ultimo di una catena di edizione e di distribuzione.
Niente da fare, l’uomo insiste che da qualche parte bisogna pure cominciare e lui si sente in dovere di farlo presente a chi vende l’articolo e deve essere mia cura rivolgermi a chi di dovere.
La mia pazienza è terminata e passo al contrattacco domandando se in Spagna sulle loro cartoline c’è la traduzione in italiano.
L’uomo resta confuso e farfuglia qualche cosa.

Forte della vittoria insisto chiedendogli il suo indirizzo poiché se dovessi andare in Spagna e non trovassi sulle cartoline la traduzione in italiano mi sentirei in dovere di fare le stesse rimostranze e ancor di più mi sentirei in dovere di farle a lui a cui preme tanto il problema.   Immediatamente il sorriso scompare dalle labbra delle due signore e l’uomo lasciandomi la cartolina in mano se ne va via indispettito seguito dalle due matrone.

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14 Giugno 2005

 

Stavo parlando con un fornitore abituale di cartoline, quando entrano in libreria un signore ed una signora ben vestiti e con portamento elegante, si avvicinano al banco e lei esordisce: "Avite vuie i ‘bolli pè llettere?

Al che gentilmente rispondo:"No signora mi dispiace".

La signora replica: "E sapite dove li posso accattàre ?2

Sempre gentilmente: "Dal tabaccaio, anche qui alla porta a fianco".

La signora strabuzzando gli occhi esclama: " Ah … dal tabaccaio !?!?!?"

Lentamente lei e il signore che era con lei, escono dal negozio con l’aria di chi ha scoperto una cosa nuova ed assurda contemporaneamente.
Io resto interdetto e dentro di me mi domando dove mai abbiano comprato i francobolli fino ad oggi, ammesso che abbiano mai spedito una lettera o una cartolina.
Quando finalmente sono usciti mi rivolgo al fornitore che ha assistito alla scenetta e gli espongo i miei dubbi:

Chissà dove caspita comprano i francobolli a Napoli ?

Il fornitore senza scomporsi e continuando a scrivere gli ordini, risponde: "A Napoli spediscono senza francobolli !"

…………. anche questa è Italia.

 

 

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16 Giugno 2005

Sono le 9,05 ed ho aperto da pochi minuti la libreria, quando entrano due persone: un sacerdote ed un laico, entrambi sui 30 anni.   Si guardano velocemente intorno e poi mi chiedono: "C’è Paola ?"

Rispondo che ancora non è arrivata.
Al che il sacerdote mi guarda e domanda: "Sa mica a che ora apre la gelateria qui a fianco ?"

Colto di sorpresa e stupito per la domanda rispondo che non ne ho la più pallida idea.
Al che il sacerdote specifica: "Paola tutte queste cose le sa!   Non le ha lasciato detto niente ?"

Guardo fisso i due e sinceramente non so cosa rispondere …
Al che mi fanno un sorrisetto salutano e se ne vanno !  
Probabilmente rimarranno stupiti e meravigliati e per tutta la giornata si domanderanno come sia possibile che io non sappia a che ora apre la gelateria e ancora peggio come mai Paola non mi abbia erudito su questioni così importanti!


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27 gennaio 2006

Sono tranquillamente occupato a sistemare vari oggetti quando entrano un signore e una signora.    Lui, molto singolare, avvolto in un cappotto blù e con una coppola dello stesso colore ma calzata in uno strano modo che lo fa assomigliare ad un buffo conterraneo di Pirandello e lei avvolta in una pelliccia non ben identificata, ma comunque alquanto pacchiana.
La donna si ferma vicino alla porta e si guarda intorno mentre lui sbuffando e stropicciandosi le mani per il freddo e con fare di chi sa, mi rivolge in uno stentato italiano: " -  Ah cosa avere di bello ? …. ….. si ….. in russo".
Incuriosito e stupefatto dalla strana prosopopea dell’atteggiamento con cui mi è stata rivolta la domanda lo fisso e spiego che non abbiamo nulla in lingua russa.
Al che ribadisce: " -  Ma come… voi scrivere Libreria Ecumenica e..."
Non termina la frase, non capisco se per mancanza di parole o per atteggiamento quasi di commiserazione!
Il mio carattere toscano mi “fa rizzare il pelo” ma con calma e sfoderando tutta la mia pazienza cerco, con parole semplici, di fargli capire che “Libreria Ecumenica” non significa “Libreria Internazionale”.
Al che i due parlottano in russo e cominciano a guardare i vari libri ed oggetti.
Dopo un po’ si avvicinano alla nuova Enciclica e sempre con fare da persona che sa tutto mi dice:  "Ah.... la nuova Enciclica …… avete voi in latino?"

Tenendo impugnata ben stretta la spada della pazienza rispondo di no.
Dalla sua espressione capisco che mi considera come l’essere più ignorante della terra e continuando a parlare in russo con la signora continua l’esame degli oggetti.
Ho l’impressione di captare i loro pensieri volti a disquisire sulla superiorità delle librerie russe rispetto a quelle italiane e a come si possa essere poveri (intellettualmente parlando) non avendo libri della Madre Russia e nella cara amata lingua cirillica!
Alla fine,  quando ormai ero pronto a tutto,  i due si  accordano  su  due santini del defunto Papa, chiedono il prezzo, pagano quanto richiesto, ed escono convinti di aver gratificato con la loro visita un povero negozio italiano!

Non sono trascorsi cinque minuti che entrano altri due tizi e come al solito uno si ferma mentre l’altro si avvicina e mi dice, sempre in un italiano stentato: "Siamo armeni … volete voi commercializzare nostri libri in russo?"

Resto allibito, e mentre le mie ormai poche cellule grigie cominciano a ticchettare penso che se due più due fa davvero quattro le due visite non possono essere una coincidenza !!!!
Tento di rispondere – sempre educatamente, ma cercando di concludere al più presto  – che nella Libreria abbiamo soltanto libri in lingua italiana e che comunque non essendo presente la Responsabile non posso dare una risposta esaustiva. Mentre mi chiede quando può trovare la Responsabile e come si chiama, entra un rappresentante che fa il nome di Paola … al che non mi resta che far buon viso a cattivo gioco e alla sua domanda di un biglietto da visita glielo porgo avvertendo che non so quando potrà trovarla essendo lei impegnata in una serie di commissioni. Detto ciò ringrazia ed esce.

C’è sempre qualcosa da imparare … non so se commiserarli pensando a tutta la macchinazione tesa a dimostrare la necessità di avere libri in lingua russa e a quanto deve essere costato al quartetto l’inventarsi l’intera rappresentazione. Chissà se avranno fatto delle prove di recitazione e magari avranno studiato i migliori modi approccio.  
Sinceramente la rabbia che mi era salita alla visita dei primi due finti avventori e lo smacco per il nome sfuggito al rappresentate nella seconda visita, lasciano il posto a una profonda tristezza nel constatare a quali piccoli espedienti e a quali mezzucci si ricorre pur di  raggiungere uno scopo. E ancor più mi sconvolge  la pochezza degli espedienti usati che testimoniano ancora una volta di più l’arretratezza di alcuni popoli in tematiche commerciali.

 

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1 marzo 2006

Sono concentrato nella quieta registrazione delle novità librarie quando il trillo del telefono interrompe il mio lavoro. Alzo il ricevitore e mi giunge la voce di un signore: " Che c’è lì la moglie di Giuseppe S... ?"

Dopo un attimo di imbarazzo e dopo aver realizzato di non riconoscere la voce – c’è sempre qualche amico che si diverte – rispondo :  "Credo che abbia sbagliato : questa è una libreria!"

Mi illudo di aver concluso la questione, invece la voce continua: "E ce lo so che è una libreria se no non avrei chiamato!   C’è lì la moglie di Giuseppe S... ?"

A quel punto, sicuro che non si tratta di uno scherzo e soprattutto considerando di non conoscere nessuno con quel nome replico: "No signore, qui ci sono solo io e non sono la moglie di nessuno!"

Mi giunge al telefono uno strano rumore tra il mugugno e la sorpresa e comunque, anche se capisco di non aver convinto l’interlocutore, la telefonata si conclude e rimango con la convinzione di aver lasciato l’uomo con l’amaro in bocca.
Riprendo il mio lavoro ma non passano cinque minuti che il telefono squilla di nuovo e la solita voce mi apostrofa:"So’ quello di prima: ma è proprio sicuro che lì non  c’è la moglie di Giuseppe S...?"

Al che replico: "No signore, mi spiace ma in questa libreria la Responsabile è una Signora e non si chiama S..., inoltre per il momento ci sono solo io e le assicuro che  non   sono la moglie di nessuno. Piuttosto lei è sicuro di fare il numero giusto?2

Risposta: "Si, io cerco una signora che lavora in una libreria da quelle parti. Non mi ricordo come si chiama il negozio ma il vostro numero me lo ha dato un’altra libreria a cui ho telefonato prima. Potrebbe darmi il numero di telefono?"

Dentro di me sono certo che la precedente libreria ha dato il primo numero che gli è capitato relativo ad un altro esercizio pur di chiudere la  telefonata.  Cerco di dirimere il problema: "Vede signore : in “questa zona” ci sono molte librerie: la Coletti, le Paoline, la Don Bosco, l’Ancora e ancora altre, che numero le dò?"

La risposta che segue è quella che dà la chiave di lettura di tutta la telefonata: "Mi dovrebbe dare quello giusto !"

Eccezionale! Battuta degna di Eduardo De Filippo! Non riesco a trattenere una risata pur cercando di mantenere un certo contegno. Ormai mi sento partecipe della problematica e anche un po’ divertito della inusuale situazione e mentre penso cosa rispondere la voce continua : "E' una libreria da quelle parti...lì c’è un monumento... un castello . venendo da lì a destra c’è una libreria... è vicina ad un angolo... ci sono un signore e una signora…"

Mentalmente tento di individuare la libreria immaginando che “il castello” sia  Castel Sant’Angelo e rispondo: "Credo si tratti della Libreria A.V.E. le do quello?"

Risposta: "E che ne so io?"

A questo punto non so più cosa rispondere e come dice il proverbio “ogni bel gioco dura poco” decido che è arrivato il momento di concludere, anche perché più di quel che ho fatto non posso fare. Perciò cerco il numero della libreria AVE e lo comunico all’interlocutore conscio del fatto di aver reso un pessimo servizio alla collega della suddetta libreria che risponderà al telefono!

 

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13 Maggio 2006

Si apre la porta a vetri e con un ingresso alquanto rumoroso entra una signora grassottella.  Porta su un braccio una blusa e nella mano stringe la cinghia della borsa, mentre nell’altra mano ben tesa in avanti, porge due cartoline. L’insieme è simpatico e si nota subito, dalla scenetta, che la signora non è avvezza a quello che sta facendo.   Mostrando le due cartoline mi rivolge la domanda: " Che sò 50 centesimi l’una?"

Alla mia risposta affermativa, continuando a stringere le cartoline con l’indice ed il pollice, apre la mano e mi porge un euro sussurrando: "Eccoquà..."

Sempre con fare un po’ goffo, ma molto simpatico, si aggiusta la blusa sul braccio,  sistema le cartoline nella borsa e si avvia per uscire.
Sulla soglia esterna dell’entrata la attende una ragazza che non avevo notato prima, dalla somiglianza si intuisce che è la figlia e dalla fisionomia e dal comportamento si capisce che sicuramente ha qualche problema a livello mentale. Non appena la madre apre la porta a vetri la ragazza esclama indicando l’espositore dei santini all’interno del negozio: "Anvedi che bello..."

 e con la mano indica una immagine di Giovanni Paolo II;  anche la signora si volta e conferma: "Si, si... guarda anche quest’artro... ammazza quanto sò belli ... guarda questo quanto è bello...scusi ma che c’è anche la preghiera de dietro?"

Mi avvicino e faccio vedere quello con la preghiera e poi gli altri senza, mi chiedono il prezzo e glielo dico.  

La ragazza esclama: "A mà,  pijane uno anche pè me... quello cò la preghiera...daje pijane due..."

La mamma sceglie e compra.
Poi, quasi a scusarsi per la scenetta appena conclusa mi sorride e mi dice :
-     "Puro  noi  oggi  famo  i  pellegrini !"
Sono parole che per me racchiudono un mondo.
Prima di tutto confermano la mia prima impressione: sicuramente fanno parte di quel microcosmo folcloristico che a Roma viene chiamato “borgataro” e che, tra l’altro,  si distingue proprio per il comportamento impacciato nel districarsi nelle situazioni che non sono abituali, come per esempio il vestire in modo “elegante” o  nel comprare souvenir o comunque cose superflue. 
Si trovano in tutte le parti del mondo e costituiscono quella sterminata moltitudine di persone semplici che si guadagnano la vita giorno per giorno portando serenamente la croce che la vita gli ha assegnato.
L’ultima frase non suona più come una scusa per il modo di fare ma come una rivincita verso il mondo e la vita di ogni giorno: finalmente anche loro si sentono parte di una società che – forse – quotidianamente le emargina e che comunque gli rende dura la vita.
Quella che in primo momento avevo giudicato goffaggine adesso mi appare come una sfida al loro modo quotidiano di vivere. Ma nel contempo danno, con la loro semplicità, una grande lezione di vita che fa riflettere sui veri valori della croce quotidiana e mi affiora alla mente  un vecchio aneddoto: una volta un tizio si lamentò con il Signore per la croce che gli era stata assegnata giudicandola troppo pesante, al che Gesù gli permise di cambiarla, ma anche quest’ultima risultò troppo pesante e così via per svariate volte fino a che ne trovò una che gli sembrava accettabile.  Con grande meraviglia si accorse che era la croce che gli era stata assegnata inizialmente!
Un’ultima notazione:  per l’ennesima volta  ho “letto” nei comportamenti e nelle espressioni l’amore profondo che le persone semplici nutrono nei confronti del precedente Papa Giovanni Paolo II.

Anche se ormai sono abituato a vedere fedeli che dimostrano il loro affetto verso quello che di fatto è stato già incoronato come il Grande Papa,  mi stupiscono sempre quelle persone che, senza fronzoli, esternano la loro gratitudine infinita ad un Papa che ha saputo vedere in ogni uomo l’amore di Dio e che soprattutto ha trasmesso questa stupenda notizia a tutti coloro che lo hanno ascoltato e che hanno visto in Lui un punto di riferimento e di conforto alle pene quotidiane

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29 Settembre 2006

E’ strano come a volte il comportamento di una persona permetta di inquadrarne a prima vista  il carattere e di conseguenza prevedere quasi – solo per gioco - gli sviluppi di che seguiranno.   Così quando ho visto entrare quella signora nel negozio ho capito subito che si avvicinavano problemi.
Il suo comportamento mi ricordava il fare di una gallina: il muoversi lento a scatti, il continuo “tocchicciare” ogni libro, ogni oggetto quasi che dal contatto fisico si potesse carpire il contenuto o l’essenza, il guardare qua e là proprio come fa un pollo che avanza beccando continuamente!
Devo riconoscere però che ogni tanto le cose toccate passavano dalla mano “di assaggio”  all’altra mano come a sancire una scelta che da li a poco si sarebbe tramutata in un acquisto (almeno è quello che arguivo e speravo).
Mentre osservavo in modo discreto la scenetta che si svolgeva davanti a me cercavo di capire il soggetto.   La figura era nel complesso signorile: ben vestita, con abito e borsetta alla moda, un viso giovanile - anche se traspariva l’incedere degli anni – le movenze che sottolineavano una educazione medio-alta e nel complesso quella velata severità che si nota nelle signore per età, ma ancora “signorine” di fatto!   All’apparenza si poteva pensare ad una maestrina  di deamicisiana memoria.
Il negozio pur non essendo grande contiene un discreto numero di oggetti: ebbene credo che pochi siano sfuggiti al suo tatto!
Più trascorreva il tempo più ero curioso di vedere come andava a finire la cosa! Intanto il tempo passava ed ormai mi ero abituato a quella strana presenza da non fare più caso ai suoi movimenti fino a che me la ritrovai davanti alla scrivania che mi porgeva il “bottino” frutto della sua lunga e tattile ricerca: un libro, vari santini, alcune cartoline e tre segnalibri.
Il tutto si era svolto nel più completo silenzio e oramai giunti alla fine ero pronto a battermi il petto per aver equivocato nel mio giudizio.
Faccio il conto del materiale e chiedo il corrispettivo totale.
Al che la signora mi guarda e con fare autoritario mi dice: "Eh no, è troppo … si sbaglia!”

Ecco fatto !    Avevo ragione io ! Comunque poiché fare i conti mentalmente non è il mio forte riepilogo ad alta voce il totale: “Tot per il libro, più tot per i santini, più tot per le cartoline e più 6 euro per i segnalibri fa esattamente quanto le avevo chiesto!”

Al che mi apostrofa : “Ecco, si sbaglia sui segnalibri, due euro l’uno è troppo !”

A questo punto, essendo stato ripreso perentoriamente per due volte senza un minimo di tentennamento e con fare di estrema sufficienza, mi sento autorizzato a difendermi con le armi che mi sono più congeniali.  
Di solito reagisco in due modi: se sono in vena di bontà ed in odore di fioretti (il che mi capita di rado)  reprimo l’istinto omicida e faccio finta di niente interrompendo ogni trattativa e, chinato il capo in umile sottomissione,  chiudo nel migliore e più breve dei modi la trattativa; ma il più delle volte reagisco in modo caustico, specialmente quando mi sento accusato in modo gratuito e con fare di superiorità.
Vestendomi di autorità mi avvicino all’espositore dei segnalibri e indicando l’etichetta con sopra scritto “€ 2.00”  ed esclamo: "Vede signora, il prezzo c’è,  ed è anche ben visibile! ”

L’illusione della vittoria è frantumata dalla risposta della  donna: “Si va bene, ma il prezzo non è espresso correttamente, in quanto c’è il punto là dove dovrebbe esserci la virgola. Per cui il costo può essere frainteso”.

Dopo un attimo di smarrimento esclamo: “Bene Signora, ammesso che Lei abbia ragione, questi segnalibri costerebbero ben 200 euro l’uno!   Pertanto credo che il suo ragionamento non sia corretto!”

La situazione è ormai precipitata ad un livello infimo e la Signora ne mantiene la bassezza: “E’ sbagliato mettere il punto là dove dovrebbe esserci la virgola!”

Mi rendo conto della piega kafchiana che ormai ha preso la discussione e tento un ultimo salvagente per derimere la questione: “Signora la assicuro che non è colpa nostra se le macchinette etichettatrici usano il punto anziché la virgola. E’ vero che l’uso all’americana del punto invece della virgola può creare qualche problema, ma tant’è!    Purtroppo le etichettatrici sul mercato sono (probabilmente) con brevetto americano e ci ritroviamo il punto al posto della virgola.  In fondo, in fondo si tratta di un po’ di buon senso...”

Sono interrotto dalla risposta secca e graffiante: “Questo succede perché ci arrendiamo di fronte allo strapotere e alle mode americane...”

A questo punto visto che nemmeno l’ultimo salvagente era stato raccolto e poiché quello che sembrava un battibecco scherzoso sta diventando un problema diplomatico: sinceramente non vedo una via d’uscita.   Pertanto concludo la discussione con fare distaccato e serioso: “Cara Signora, posso assicurarle che dei rapporti tra il sistema decimale italiano e quello statunitense a me non me ne può interessare di meno !  Della sua dotta disquisizione sull’uso del punto al posto della virgola: ancora di meno, ammesso che ciò sia possibile. L’unica cosa che mi interessa è sapere se Lei intende acquistare a due euro l’uno questi segnalibri.    Inoltre la invito a fare una petizione – visto che ora vanno tanto di moda – per utilizzare nei decimali il punto e virgola in modo da accontentare i vari sistemi di misura ed avere così una pace nell’empireo matematico universale !!!”

Ebbene non ci crederete ma ho perso una cliente! Lasciatomi con i segnalibri in mano e sul banco immobili i santini, le cartoline ed il  libro, con un’altera alzata di nasino la Signora ha guadagnato l’uscita scodinzolando proprio come fanno le galline dopo aver deposto un uovo!

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18 Ottobre 2006

Via della Conciliazione è un passaggio d’obbligo per tutti i pellegrini in visita a San Pietro; le persone la percorrono in gran numero fermandosi a curiosare tra gli oggetti esposti nelle vetrine che in essa si affacciano.   In particolare il mercoledì, essendo giorno di udienza papale,  il via-vai è notevole.
Proprio per il grande afflusso di persone, capita abbastanza spesso, che alcune entrino in Libreria con richieste stranissime che nulla hanno a che vedere con gli articoli propri dell’esercizio. 
Così arrivano richieste di francobolli, blocchi-notes, penne, biglietti della lotteria, foulard con lo stemma papale, biglietti dell’autobus, biglietti per i musei vaticani o semplicemente per cambiare la loro moneta in euro, ecc.
Altra caratteristica degli avventori stranieri è l’abitudine di parlare nel proprio idioma spesso in modo stretto e per nulla comprensibile.   Difficilmente si sforzano di accennare all’italiano e sembra quasi un dovere per gli esercenti di intendere le varie lingue ed idiomi; c’è anche chi addirittura si stizzisce se non è capito.
La cosa mi dà un po’ sui nervi soprattutto pensando a tutte le volte che sono andato all’estero e mi sono sempre sentito respingere non solo se parlavo in italiano ma spesso anche se non pronunciavo correttamente la loro lingua!    Ma tutto questo fa parte del gioco e bene o male deve essere accettato con un sorriso di circostanza.

Alcune volte oltre al sorriso mi concedo anche di scherzarci sopra, come mi è accaduto pochi giorni al secondo rientro di una cliente tedesca. La giunonica donna si avvicina alla scrivania brandendo le cartoline acquistate poco prima e mi fa una lunga filippica il tedesco; pur tentando di interromperla per dire che non la capisco non riesco a fermare il fiume di parole che per alcuni lunghi minuti mi rovescia addosso; quando finalmente si ferma, spossata per il lungo parlare, riesco a farle capire – aiutandomi con la mimica e con gli sguardi - che non ho capito una sola parola di quello che ha detto.
La signora alquanto stizzita si volta ed esce rientrando subito accompagnata da un’altra matrona della stessa stazza e con le stesse scarpette da ginnastica che fanno un buffo pendant con il fisico possente.  La seconda donna in un inglese stentato quanto il mio, riesce a farmi capire quello che la compagna mi aveva detto e cioè che aveva precedentemente comprato quindici cartoline tutte uguali ma, dovendole spedirle a delle amiche aveva pensato che forse era meglio inviarle con immagini differenti tra loro, pertanto chiedeva se poteva cambiarne alcune con cartoline dello stesso prezzo ma con viste diverse.
Per spiegarmi il lungo discorso precedentemente fatto in tedesco era trascorso un buon quarto d’ora e pertanto mi sono sentito in dovere di rispondere in perfetto italiano che ricordavo perfettamente che la signora aveva comprato le cartoline, che capivo la situazione e che tranquillamente poteva cambiarne alcune dallo stesso espositore da cui aveva preso le prime e che non c’era alcun problema in quanto avevano tutte lo stesso prezzo. 
Le due donne mi guardano strabuzzando gli occhi e facendo chiaramente intendere di non aver capito un acca della mia lunga risposta !  Al che, contento di aver dimostrato di conoscere anche io la mia lingua,  con un sorriso sulle labbra gli dico “Yes you can!” .

Ma non è solo con gli stranieri che si verificano scenette simpatiche;  proprio questa mattina  avevo appena aperto il negozio e non erano ancora le 9,00 che entra una signora tutta trafelata che allargando le braccia di circa mezzo metro esclama: "… Scusi avete una angelo così?"

Al che rispondo: "No signora mi dispiace non abbiamo angeli!"

Di rimando : " Mannaggia… possibile che non riesco a trovare un angelo … eppure qui ... vicino a San Pietro speravo proprio di trovarne qualcuno...!"

Vista la disperazione della donna mi sembra giusto darle una speranza: "Signora stia tranquilla, probabilmente dipenderà dal fatto che è ancora presto … coraggio … vedrà che prima o poi troverà anche lei il suo angelo!"

La signora per niente convinta esce scotendo la testa con gesto di rassegnazione e procede nella disperata ricerca di un angelo!

 

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20 Ottobre 200

Mancano alcuni minuti alle nove e prima di aprire la Libreria decido di fare colazione nel Bar vicino.  Nel locale si respira un’aria ancora sonnolenta anche se i rumori tipici dell’esercizio si mischiano al vociare degli avventori.  
Mentre mi gusto il cornetto osservo il via-vai delle persone notando che difficilmente sono singole, per lo più in gruppetti di tre o quattro o almeno in coppia. Ciò conferma la mia tesi che fare colazione al bar o almeno prendere un caffè in compagnia è diventata una abitudine, un gesto che saluta il nuovo giorno lavorativo chiudendo con la notte appena trascorsa a casa.   Il fatto che i barman salutino per nome  la maggioranza degli avventori sottolinea ancor più la mia tesi sull’abitudine ormai invalsa in molte persone di incontrarsi, ancora prima che sul posto di lavoro, proprio al bar come per iniziare la giornata non già nel luogo della fatica e del dovere ma in un posto allegro e confortevole.
Le facce e soprattutto gli occhi mostrano ancora le tracce del sonno interrotto non tanto per voglia quanto per dovere, ma il chiacchierio conciso e a tratti gioioso sta a significare la volontà di riprendere il lavoro interrotto il giorno precedente. C’è chi si lamenta di aver dormito male, chi fa progetti per il giorno appena iniziato chi si sfotte per i risultati della squadra del cuore.

Mangio il mio cornetto e osservo tre ragazze vicino a me che, dopo i rituali saluti al con l’addetto al bancone, hanno appena  ordinato tre cappuccini : uno normale uno bollente ed uno chiaro. 
Mentre le bevande vengono preparate ed i piattini sistemati sul bancone le tre discorrono tra di loro sulla serata trascorsa e sul riposo sempre troppo breve. Infine le tre tazze vengono deposte sui piattini e il barman gentilmente si rivolge alla avventrici: "Ci volete un po’ di cacao?"

Si odono due “ no, grazie” mentre la terza esclama: "Quale è quello chiaro?"

L’uomo guarda le tre tazze : una ha il contenuto scuro, un’altra fuma, quindi indica decisamente la terza.
La ragazza allora esclama: " Me ne metti un po’ in quello chiaro, grazie."

Il barman prende il dispensatore, sta per spolverare il cappuccino, ma con mossa plateale si ritrae ed esclama: "Ma se ci metto il cacao da chiaro diventa scuro!"

La ragazza, senza scomporsi minimamente, di rimando: "E tu mettici il cacao bianco!"

Le tre ragazze e il barman si guardano e scoppiano contemporaneamente a ridere.
Se il buongiorno si vede dal mattino non sarà solo una grigia giornata di lavoro!

 

 

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