Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

STUDIO SULLA SACRA SINDONE

 

(ispirato ad un antico libretto di Paul Vignon)

 

 

 


Orazione alla Sacra Sindone

 

O Dio che hai lasciato a noi le vestigia della tua passione nella s. Sindone, in cui il corpo tuo sacrosanto fu deposto dalla Croce ed involto da Giuseppe, concedi propizio che per la tua morte e sepoltura siamo condotti alla gloria della risurrezione, o Dio, che vivi e regni nei secoli dei secoli. Così sia.

con la presente orazione si libera un'anima dal Purgatorio, per ogni volta che si recita, per concessione di Papa Clemente VIII, confermata da Paolo II, e si ha indulgenza plenaria.

 


L'immagine suscita un'enorme commozione in chi la guarda, non solo perché in essa si può scorgere il volto dell'Uomo-Dio, ma soprattutto perchè da quel volto non sono scomparsi nè l'umanità nè i sentimenti d'amore e di perdono che animavano il Cristo sulla croce. Forse è proprio questo il potere della Sindone, un valore religioso che parla all'anima cristiana. La chiesa permette e divulga questa immagine, come dono di Gesù all'Umanità, nonostante le numerose controversie che nel corso dei secoli hanno messo in dubbio la sua autenticità. Insomma, restano i fatti e non le parole o le “prove” e le ipotesi, per spiegare la sorprendente impronta.

Numerosissime, dunque, sono state le indagini, i rilievi scientifici, le illazioni, le prove "pro" e "contro" la sua veridicità e anche singolarmente forse ci siamo chiesti, nel profondo dell'animo, se quelle fossero proprio le fattezze del nostro Salvatore ed abbiamo formulato anche altre domande, a cui tenteremo di dare risposta.

Come mai la Sindone porta la figura di tutto il corpo di Gesù? anche delle parti non ferite e quindi non insanguinate?

Le clarisse di Chambery che l'osservarono per circa 15 gg. formularono quest'ipotesi che sembrava loro più che plausibile:

Gesù fu flagellato con vari tipi di flagelli e quindi le spine della corona che aveva sul capo sbalzarono via su tutto il corpo, riempiendolo di sangue, il chè avrebbe spiegato la formazione della figura completa sul sacro telo e la distribuzione granulare del colore.
Ma il solo sangue, materia colorante, non avrebbe dato nè la sfumatura marginale nè le mezze tinte; il liquido sanguigno - anche se sparso sulla pelle in minutissime gocce - si sarebbe diffuso e avrebbe formato larghe macchie.

Eppoi, nella figura generale prodotta dal sangue, come avrebbero potuto apparire e distinguersi le ecchimosi e le macchie?

Ma la più grave obiezione era questa: quando Gesù fu deposto nel sepolcro, il sangue sulla pelle era già coagulato e solido, non era più un liquido colorante.

Ma forse la domanda più urgente a cui ci piacerebbe che venisse risposto è:

 

Come si formò l'immagine della Sindone?

Questo quesito ha suscitato l'interesse delle moltitudini che hanno avuto la fortuna di vederla. E quanti hanno scritto su di essa hanno dato, ciascuno a suo modo, una risposta che corrispondeva alle intense impressioni riportate dalla sensazione visiva, quasi sempre avuta a grande distanza, sotto l'impeto di un doppio elemento emotivo: la Passione del Cristo e la suggestione collettiva d'una grande folla pervasa dagli stessi sentimenti. Dal 1898 possiamo avere sott'occhio una sua fedele riproduzione fotografica e osservarla a nostro agio. Perciò ora siamo in grado di valutare ipotesi antiche e recenti e scegliere quella che spiega tutti i caratteri oggettivi.

Essendo stato scritto ormai tutto sul telo che ha avvolto il corpo del Signore, in questa sede prenderemo in esame solo qualche particolare piuttosto essenziale ed affascinante di alcune ipotesi, in parte anche quelle formulate da Paolo Vignon, eminente medico che studiò attentamente il Vangelo e le varie fasi della Passione.

 


Sindone di Jan Marinus Reijnerse

 

L'immagine si formò per "miracolo"?


Un'immagine negativa macchiettata con colore granulare, disunita e senza disegno non sembra avere i caratteri del miracolo, tuttavia se quanto vediamo di essa non può trovare una spiegazione naturale, si può parlare di "miracolo". In tal caso il giudizio spetterebbe all'autorità ecclesiastica. Non è il caso nostro, poiché la spiegazione naturale non manca.


Essa è formata da "macchie di sangue" del Signore.

E' l'ipotesi, più comune e diffusa, che ammette che il sangue abbia agito come materia colorante, per la somiglianza fra il colore del sangue coagulato e la tinta delle immagini.



E' un dipinto. La Sindone è una pittura?

Si fa presto a dire che la Sindone potrebbe essere stata realizzata da mano umana, ma le domande che scaturiscono da questa affermazione sono numerosissime: come, l'ingegnoso pittore, avrebbe potuto così esattamente rovesciare, prima con l'immaginazione e poi col pennello, le mezze tinte del volto su cui - anche si si dipinge in positivo - una sia pur minima alterazione produce deturpazioni e stravolgimenti?

Perchè poi alcuni pittori - tra cui alcuni celeberrimi che copiarono la Sindone - non furono più capaci, in epoche posteriori e con mezzi sempre più all'avanguardia, di riprodurre esattamente il negativo che avevano dinanzi agli occhi? Eppure non si trattava di inventare, di immaginare il negativo, ma solo di riprodurlo! Il confronto della Sindone con le pitture del secolo XIV e con le copie che si fecero di essa, dimostra all'evidenza che essa non è stata pitturata.

In realtà, vi fu chi cercò di riprodurla fedelmente attraverso la pittura. Tale tentativo venne eseguito in Francia, nello Champagne, da un pittore del paese di Lire di cui Enrico di Poitiers fu Vescovo, prima del 1355. Lo assicura Pietro d'Arics, terzo successore di Enrico di Poitiers, in una lettera diretta all'Antipapa nel 1389: "...il decano della chiesa collegiata di Lire (chiesetta di legno costruita in 4 mesi in cui si esponeva la Sindone che ora è a Torino) acceso dal fuoco dell'avarizia e della cupidigia, non con lo scopo di devozione ma di far denari, dolorosamente ed iniquamente procurò d'avere nella sua chiesa un panno dipinto artificialemente in cui con arte sottile era dipinta la doppia immagine di un uomo, visto anteriormente e posteriormente. Egli asserisce e finge esser proprio quello il sudario in cui il S. Ns. G. C. era stato involto nel sepolcro e in cui tutta la figura dello stesso Salvatore con tutte le sue ferite, era rimasta impressa...".

Nella stessa lettera scriveva che il suo predecessore, circa 34 anni prima, aveva scoperto la frode e "...come quel panno fosse stato dipinto artificialmente, comprovandone la fattura come opera umana e non prodotto e largito miracolosamente..".

Questo è il documento storico su cui si basò la campagna di non autenticità della Sindone perchè tutti gli altri documenti successivi e contrari all'autenticità, si ispirano ad esso. Se la Sindone non esistesse più, con questo documento che comunque ha segni evidentissimi di non essere "spassionato", la tesi dell'autenticità si potrebbe difficilmente difendere. Ma la Sindone c'è e tutti i suoi caratteri attestano e documentano che non è dipinta artificialmente e che non è opera umana bensì della natura.

Inoltre, c'è un altro fatto: attorno al 1350 non c'era una vera e propria scuola pittorica francese, poichè si era nel pieno dell'arte gotica che nelle chiese - poichè in tale periodo l'arte era quasi esclusività delle chiese - con le loro grandi vetrate e colonne sporgenti, non lasciava molto spazio alle superfici piane da decorare con pitture e si utilizzavano soprattutto sculture o i vetri colorati o le miniature. Le poche pitture del tempo presentano spiccati caratteri gotici e riproducono modelli di vetrate o miniature ingrandite, eseguite su tavole di legno con sfondi d'oro o d'azzurro o altri colori smaglianti e le figure erano molto marcate, piatte e prive di rilievo. Inoltre, la maggioranza erano pitturate a tempera, processo che se si usa sulla tela produce una crosta che si scioglie a contatto con l'acqua e si screpola se la tela viene piegata.

 

Quante volte la Sindone fu piegata e spiegata nel corso dei secoli!

 


Le opere inoltre mancavano di realismo ed erano realizzate con una tecnica alla buona, spicciativa, senza contare gli errori di sproporzione anatomica, quelli fisiologici, etnografici, archelogici, ecc. e il manierismo imperante avrebbe del tutto impedito di riprodurre il Cristo nudo. L'assurdità dell'ipotesi pittorica è comunque dimostrata assolutamente dalla negatività delle immagini. Come poteva un pittore del 1350 avere le nozioni necessarie per riprodurre un negativo fotografico?

 

E' un'impronta ottenuta per contatto?

E' l'ipotesi ingenua che fu divulgata da alcuni giornali nel 1898, non appena venne attirata l'attenzione sulla scoperta della negatività dell'immagine. In quell'anno, con il consenso dei Savoia, "proprietari" della Sindone, il piemontese Secondo Pia la fotografò. Al momento dello sviluppo egli, guardando le lastre utilizzate, scoprì il positivo dell'immagine impressa sul lino, scoprì la reale immagine di Gesù.

L'ipotesi era questa: la Sindone era stata ottenuta da un ingegnoso artigiano - nello specifico, lo Champagnard - nel 1350, sporcando con un colore un uomo, o un cadavere, e poi avvolgendolo in un lungo lenzuolo nel modo indicato nella Deposizione; il falsario aveva premuto il lenzuolo contro il corpo colorato, ottenendo quindi l'impronta per adesione del colore alla stoffa.

Ripetendo quest'operazione si ottiene malamente un'impronta che non corrisponde però alla Sindone. Operando così il colore si estende solo fin dove vi è contatto fra lenzuolo e corpo; dunque l'immagine è formata di larghe macchie contornate e manca di mezze tinte. Le proporzioni della lunghezza delle membra è esatta, ma la larghezza delle parti che presentano rilievi sono sproporzionate. Inoltre, quando il falsario volle riprendere il volto da uno zigomo all'altro, egli dovette applicare il lenzuolo sulle due superfici laterali del naso - che sulla Sindone sono riprodotte in mezza tinta - e poi sull'orlo inferiore delle orbite fino agli zigomi. Ma quando egli stese il lenzuolo, come era rappresentato il naso? camuso, triangolare, larghissimo, molto sproporzionato. E come diventava la distanza tra gli zigomi? Larga il doppio del normale.

Il volto di Gesù non è così, anzi appare piuttosto stretto.

Perchè il falsario usò un colore così grossamente granulare ? Come ne ottenne l'adesione al lenzuolo in modo da rendere indelebili le immagini, anche se bagnate?

Inoltre, nella figura ottenuta dal falsario mancavano - evidentemente - i segni della Passione: ferite, macchie di sangue, lividi che avrebbero dovuti essere poi aggiunti con l'ausilio della pittura, il chè sarebbe stato forse possibile solo tramite :

- un'impronta chimica "a contatto e a distanza" derivante da un prodotto gassoso emanato dal corpo di Gesu'.

Il precedente metodo produce delle immagini prive di mezze tinte e formate da larghe macchie limitate da un contorno perchè il colore si estende solo fin dove vi è il contatto tra corpo e lenzuolo.

Invece, per la formazione di un'impronta che - come nella Sindone - sia sfumata ai margini e che presenti mezze tinte, occorre che si possa generare un'impressione che si indebolisce con la distanza, anche là dove il lenzuolo è distaccato e va allontandosi dal corpo.

 

Ma per questo occorrono due condizioni:

!) che la materia colorante che serva a riprodurre l'immagine non sia sul corpo, ma sul lenzuolo che diviene, così, una superficie sensibile analoga - non eguale - ad una lastra fotografica, una lastra sensibile e pieghevole, adattabile al corpo;

2) che il corpo emetta un qualcosa che agisca anche a distanza sul colore e lo fissi sulla tela indelebilmente. Dovrebbe trattarsi di un gas che attraversi per osmosi le bende e dovrebbe essere generato dal sangue, perchè le macchie di sangue e le ecchimosi sono le parti della figura più intensamente impressionate, più intensamente brune.


Tale processo venne denominato "vaporografia" da Paolo Vignon, che, arrivò a considerare che il corpo del crocefisso ricoperto di sudore, a contatto dell'atmosfera umida del sepolcro, aveva prodotto emanazioni tali da impressionare il lino della Sindone.

Paolo Vignon ricercò nei testi sacri quale potesse essere la sostanza colorante e con l'aiuto della fisiologia e della chimica quale il reattivo emanato dal sangue, che diede l'avvio al procedimento di impressionare in negativo la Sindone, analogamente a quanto avviene sulla pellicola fotografica per azione della luce.


S. Giovanni racconta che Nicodemo portò sul Calvario 100 libbre (oltre 32 kg) d'una mistura di mirra e aloe (XIX, 39) e Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo "presero il corpo di Gesù e l'avvolsero in lenzuoli di lino ponendovi gli aromi, come dagli Ebrei si usa nelle sepolture (XIX, 40, ttrad. P.M.M: Sales)".


La fisiologia addita l'urea come la materia che, trovandosi sia nel sangue coagulato delle ferite, sia nel sudore, genera dapprima carbonato di ammonio e poi gas ammoniacali.
La chimica sperimentalmente dimostra che le sostanze alcaline - quindi anche l'ammoniaca - reagiscono con un principio dell'aloe, formando una materia colorata e colorante di tinta bruno-rossastro-scura proprio corrispondente a quella delle immagini della Sindone.


 

Ecco come si può riassumere la tesi del Vignon:

Il corpo di Gesù fu deposto dalla Croce e poichè "stava per cominciare il sabato", Giuseppe e Nicodemo lo avvolsero tra i doppi ripieghi del lungo lenzuolo che era stato impregnato della mistura di aloe e mirra, la cui metà inferiore era premuta dal peso del corpo, mentre la metà superiore era adagiata su di esso.

Secondo il suo peso e la sua flessibilità, il lenzuolo prese contatto con le parti prominenti e restò più o meno distante dalle parti incavate, nonostante i due discepoli ne avessero curato la completa distensione, che però non potè far sparire completamente tutte le pieghe che si erano formate.

Durante le 36-40 ore intercorse tra la sepoltura e la risurrezione, l'ammoniaca emanata dall'urea del sangue e del sudore, reagì con i granelli di aloe che divennero circoletti di color bruno aderenti indelebilmente al tessuto.

Però la sua azione ebbe varie intensità: le macchie di sangue e le ecchimosi emisero una maggior quantità d'ammoniaca e si impressero più a fondo, diventando quindi scurissime e ben marginate; le parti non ferite nè macchiate di sangue provocarono un'impressione di differente intensità a seconda della distanza del lenzuolo: più scure le parti a contatto, gradatamente meno scure, sino a sparire nella tinta di fondo, quelle a media distanza, mentre le parti decisamente lontane non diedero un'impronta apprezzabile.

Da ciò risultò, dunque, un'immagine negativa, una rappresentazione del corpo di Gesù, al rovescio anche nei chiaro scuri.

 

 

 

Dal lato fisionomico le due metà si equivalgono e la leggera asimmetria a prima vista non si evince, bisogna soffermarsi per vederla.


Esaminando la parte ds. troviamo 3 nuovi punti:


1) è più stretta in tutta la lunghezza;


2) il lenzuolo non poggiava sui capelli perchè l'impronta è debole


3) vi è sulla gota una macchia di massima intensità, sfumata e triangolare, che inizia presso il naso e si dirige verso il naso e verso il basso. Per spiegare questi caratteri bisogna presupporre che i discepoli abbiano posto un corpo solido ai lati del capo, forse per rettificarne la direzione secondo l'asse del corpo Questo corpo solido che doveva avere uno spessore un pò maggiore di quello del capo, fece da sostegno al lenzuolo ed essendo un pò più alto del piano facciale, distaccò il lenzuolo dai capelli e anche dal viso a breve distanza dal naso, così si produsse la ristrettezza della guancia e la leggera impressione dei capelli. La macchia triangolare, fu dal Vignol attribuita dubitativamente a una tumefazione causata da percosse e così venne interpretata poi dopo di lui, come pure fu attribuita ad una piega del lenzuolo facilitata dalla relativa lontananza dal sostegno.
La macchia si formò perchè la parte convessa della piega era rivolta verso il basso e toccava la gota.
Quando, dopo la Risurrezione, il lenzuolo venne spiegato, la distenzione della piega produsse una leggera rotazione della bocca e lo spostamento del baffo e dell'angolo destro della bocca, verso il basso e dell'occhio destro verso l'alto.

Tale asimmetria si osserva infatti ed era stata già notata dal Vignol. Osservando il volto nel suo complesso si sa che la parte sinistra è regolare mentre la destra presenta una deformazione, causata da una piega. Detto così può sorgere il dubbio che la deformazione alteri la fisionomia della parte destra.

Il lenzuolo fu sostenuto più o meno distante dagli occhi, dallo zigomo, dalla gota e si distese quasi perfettamente piano, perchè la ristrettezza dello spazio non permetteva incurvamenti notevoli e dunque nemmeno l'avvolgimento. Ora, l'ammoniaca - nell'ipotesi del Vignol - salì da tutti i punti della pelle e produsse sul lenzuolo, cosparso d'aloe, l'impronta negativa d'origine chimica, ma anche quella parziale della tela intorno al volto perchè "l'avvolgimento" avrebbe prodotto un "allargamento" della figura che sulla Sindone non si osserva.

 


In sintesi, il volto della Sindone è un'impronta che si può considerare come una proiezione ortogonale ed un negativo naturale che, in relazione alla fisionomia, ha il valore del negativo fotografico a cui è analogo per l'origine chimica.

Le singole molecole di ammoniaca che partirono successivamente da tutti i pori della pelle, non furono libere di fuggire lateralmente e tendere verso l'alto - come detto da alcune fonti - ma, vennero sbalzate fuori dal corpo con moto rettileneo velocissimo dopo un brevissimo percorso, urtando contro le molecole dell'ossigeno e dell'azoto - i gas dell'aria - anch'esse dotate di moti rettilinei velocissimi. All'urto seguì un rimbalzo e poi un secondo urto, un secondo rimbalzo e così via. Il risultato fu che le molecole dell'ammoniaca si difusero o si mescolarono lentamente con le molecole dell'aria, tendendo quindi a formare dopo un pò di tempo, un miscuglio omogeneo di densità uniforme.

Nel nostro caso, il miscuglio dell'aria con l'ammoniaca non avrebbe mai potuto determinare l'omogeneità per due fattori:

- dalla pelle usciva continuamente dell'ammoniaca che con la sua leggerezza rese meno denso il miscuglio prossimo al corpo;

- sul lenzuolo, l'ammoniaca venne "mangiata" dall'aloe con cui si combinò, formando quel composto di color bruno a cui si deve attribuire l'impronta. Perciò, mancando il gas leggero, presso il lenzuolo si determinò un miscuglio più denso, mentre l'aloe, dovunque fosse, sul lenzuolo inferiore o superiore avrebbe fatto da richiamo per l'ammoniaca e, a parità di distanza, avrebbe prodotto un'impronta ugualmente intensa sia sul lenzuolo sottostante che su quello antistante il corpo. Insomma, come se ogni punto del corpo fosse stato un centro di irradizione ammoniacale in tutte le direzioni.

L'ipotesi del Vignol non è da dimenticare, poichè solo essa può escludere "l'avvolgimento" attorno al volto, basandosi su fatti sperimentali che dimostrarono la possibilità di un'impressione sull'aloe anche a notevole distanza. Secondo questa ipotesi, se si osserva la parte mediana della Sindone si nota la mancanza dei capelli della regione parietale al vertice del capo benchè vi sia lo spazio corrispondente, lungo 24 cm, tra le due figure, parte su cui si produrrà una larga macchia di acque nei secoli successivi. Molto caratteristica la rappresentazione dei capelli attorno alla faccia: un orlo di essi si prolunga in due ciocche laterali che non sono in posizione naturale perchè, essendo il corpo coricato sul suolo, i capelli non avrebbero dovuto rimanere lassù orizzontali, in un equilibrio impossibile ma ricadere inclinati verso il suolo.

A questo proposito si ha una spiegazione semplice, se si suppone che Giuseppe d'Arimatea e Nicodemo abbiano avvolto attorno al capo una fascia, passante sotto il mento e sul vertice del capo, o come rito funebre o per sollevare la mascella allentata. In tal modo restarono coperti i capelli sulla sommità del capo e quelli laterali, mentre i capelli anteriori restarono sporgenti dalla fasciatura e le ciocche vennero trattenute su in alto. Esse impedirono che il lenzuolo, ricadendo, prendesse contatto con le parti laterali delle gote, che rimasero coperte.

Si considerino separatamente le due metà del volto: sulla metà sinistra della faccia, il lenzuolo s'appoggiava sulle parti più sollevate che si riconoscono perchè la loro impronta è più intensa. Esse formavano un rettangolo sporgente: l'arcata delle sopracciglia in alto, la cresta del naso verso il centro, il baffo e poi la barba verso il basso ed esternamente i capelli che sono anch'essi molto "figurati". Causa di deformazione ed allargamento? Ad esempio, vi è una causa che deformi o modifichi le dimensioni e le relazioni reciproche dell'arcata orbitaria, del naso, dei baffi, della barba e dei capelli? Evidentemente no. L'impronta di questi elementi facciali è un'esatta proiezione ortogonale ottenuta per contatto. L'occhio, lo zigomo e la gota dovettero necessariamente formare la loro proporzionata immagine nello spazio piano e teso interposto tra l'arcata orbitaria e il baffo, fra il naso e i capelli. Dunque la loro impronta è praticamente una proiezione ortogonale a distanza.

L'impronta riproduce con esattezza le dimensioni e le proporzioni reciproche delle fattezze del Signore ma le riproduce in negativo. Dunque è cosa legittima riprodurre questo negativo in un positivo ugualmente esatto col processo fotografico, che produce l'inversione desiderata con la massima veridicità.

Tale ipotesi non ha prodotto serie confutazioni. La Santa Sindone può esser quindi considerata, sotto molti aspetti, la più antica fotografia del mondo.

In questa ipotesi anche tutti gli altri caratteri della Sindone trovano la loro naturale spiegazione: è spiegato il monocromismo di tinta rosso-scura, la mancanza di ogni tecnica pittorica e di disegno e di contorno, l'esattezza anatomica e delle proporzioni, la veritiera espressione dei segni della Passione con tutte le particolarità fisiologiche. E' spiegato anche il volto da semita, la nudità del Cristo, le pieghe del lenzuolo, le macchie a forma di losanga, l'insolubilità delle immagini nell'acqua, le macchie dovute ad impurità dell'aloe.

 

 

 

Terminano qui le notizie delle ipotesi, delle teorie, degli studi che pur continuano, ma per i credenti, sia pur anelanti alla verità storico- scientifica, esiste un'altra verità ben più profonda: Il telo sindonico ha davvero avvolto il corpo martoriato del Cristo, ha conservato la sua impronta, è stato calato nelle buie profondità della terra ma da esso poi si è liberato il corpo glorioso di Gesù risorto...

 

 

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