Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

 

 

 

 

ASSOCIAZIONE ITALIANA CULTORI IMMAGINETTE SACRE

 

 

CHE COSA E’ L’A.I.C.I.S.?

L’AICIS è l’Associazione, apolitica e senza fini di lucro, che raccoglie appassionati cultori, studiosi, collezionisti e quanti si interessano di immaginette sotto ogni profilo: storico, folkloristico, culturale, artistico, religioso

PERCHE’ ISCRIVERSI ALL’AICIS?

Perché l’unione fa la forza. Per essere informati, attraverso la Notiziario bimestrale, di quanto interessa il settore e poter effettuare lo scambio del materiale fra i soci. Per partecipare alle mostre o anche conoscere ove si svolgono mostre di immaginette. Per partecipare a conferenze. Per avere notizie su pubblicazioni specialistiche, per avere le nuove immaginette, per conoscere i nuovi Venerabili, Beati e Santi, per avere altri ragguagli su santi e santuari.

COME ISCRIVERSI ALL’A.I.C.I.S.

 

Telefonando alla Segreteria (tel.06-7049.1619) e richiedendo l'apposito modulo da compilare.

Per il 30° anniversario della fondazione dell'A.I.C.I.S. (1983-2013), il Consiglio Direttivo, riunitosi in ottobre u.s., per nuovi tesserati, mai prima iscritti, ha riconfermato la campagna promozionale 2012.

Il Consiglio, infatti, ha stabilito che anche per l’anno 2013 quanti non sono stati mai iscritti all’AICIS e desiderano associarsi oltre la quota di iscrizione (euro 3,00), pagheranno nel 2013 la quota promozionale di euro 22,00, anziché 35,00. L'importo dovrà essere versato sul conto corrente postale nr. 39389069 intestato all' A.I.C.I.S. (Associazione Italiana Cultori Immaginette Sacre)

L’anno sociale decorre dal 1° gennaio al 31 dicembre

 

DIRITTI DEI SOCI:

- ricevere le Circolari Informative, con immaginette omaggio;

- partecipare alle mostre ed alle iniziative sociali;

- partecipare alle riunioni di scambio fra soci;

- effettuare scambi fra soci per corrispondenza;

- fare inserzioni gratuite di offerta o di richiesta di immaginette nelle Circolari Informative.

Gli incontri si tengono nella Sede dell'Ass.ne, in P.za Campitelli 9, in una sala interna al cortile adiacente la Chiesa di S.ta Maria in Portico, ogni primo martedì del mese, eccetto agosto, e salvo variazioni che di volta in volta verranno rese note.


Per Informazioni: Contattare Renzo Manfè - Vice Presidente
Tel. 328-6911.049
e-mail: aicis_rm@yahoo.it

 

 

 

 

 

 


 

 

 

1-Santa Pasqua 2012. Retro: Preghiera. Santino offerto da Padre Michele M. GIULIANO, ofm.

2-Beati Martino di San Nicola Lumbreras e Melchiorre di Sant’Agostino Sanchez, Martiri Agostiniani (Sec.XVII). Retro: Preghiera. Santino offerto da Padre Michele M. GIULIANO, ofm.

3-San Giuseppe venerato nel Santuario Mariano di Roccamonfina (Caserta) - “Anno Giuseppino 2021”. Retro: Preghiera. Santino offerto da Padre Michele M. GIULIANO, ofm.

4-Beato Carlo Acutis (dipinto da David Kownacki). Retro: Preghiera. Santino offerto da Orazio LOVINO.

5-Sant’Antonio da Padova. Retro: Preghiera al Santo per la Famiglia. Santino offerto da Padre Michele Maria GIULIANO, ofm.

6-San Geminiano, vescovo di Modena. Retro: Preghiera. Santino offerto da Carluccio FRISON.

7- San Sebastiano martire (Olio su tavola 2019 di Enrica Rossi Negri), venerato a Pecetto (Alessandria). Retro: Preghiera. Santino offerto da Roberto DE SANTIS.

8-Gesù di Nazareth. Retro Preghiera. Santino offerto da Padre Michele Maria GIULIANO, ofm.

9-Sant’Antonio da Padova, venerato nel Santuario dei Lattani di Roccamonfina (Caserta) -Retro: Preghiera. Santino (1760091 B.N. Marconi – Genova) offerto da Padre Michele M.GIULIANO, ofm.

10- Beata Maria Cristina. Retro: Preghiera. Santino offerto da Padre Michele M.GIULIANO, ofm.

11-Statua lignea di Santa Rita da Cascia venerata nel Santuario Francescano di Cava de’ Tirreni (Salerno)- Retro: Preghiera. Santino offerto da Giuseppe MELONE.

12-Madonna della Guardia - Basilica (Don Orione) a Tortona (Alessandria). Retro: Preghiera. Santino offerto da Marcello VENDEMMIATI

 

 

VITA ASSOCIATIVA

 

L’AUGURIO DI BUONA PASQUA 2021 DEL PRESIDENTE GIANCARLO GUALTIERI E DEL CONSIGLIO DIRETTIVO

 

Cari associati, viviamo in un periodo difficile e piuttosto incerto, ma vogliamo continuare ad avere speranza, una speranza profonda che si nutre della forza che viene da Dio.

Dopo il venerdì di Passione e di morte del prossimo 2 aprile, ci sarà il silenzio del sabato, ma il 4 aprile vedremo irrompere la novità della domenica di PASQUA, DOMENICA DI RISURREZIONE-

La Santa Pasqua è e sarà sempre un'occasione dove l'amore, la pace e la serenità si uniscono in nome di Gesù, nostro Salvatore. In occasione di questa PASQUA 2021 sentiamoci vicini anche se distanti e l'aiuto del Signore ci darà la forza per superare questo triste momento.

Con il Consiglio Direttivo auguro a tutti voi e alle vostre famiglie sinceri auguri di serene Feste”. [Giancarlo Gualtieri]

 

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LA SOCIA MARIA TERESA BISE CASELLA CI HA LASCIATO IL 2 FEBBRAIO 2021

 

Un lutto sincero e condiviso colpisce la comunità A.I.C.I.S. con la morte di Maria Teresa Bise Casella.

Elegante nella persona, nello spirito e nell’intelletto, la ricorderanno i collezionisti - studiosi di iconografia religiosa in piccolo formato - che la conobbero personalmente nel periodo d’oro delle riunioni espositive di Campofilone e di Piombino o attraverso i libri e i cataloghi ai quali collaborò impegnandosi con convinzione a far conoscere alla cultura della comunicazione visuale un patrimonio figurativo ricco, inedito e bisognoso di essere considerato con attenzione di metodologie precise e immuni da approcci di labile curiosità.

Impegnata ed apprezzata come studiosa di letteratura umanistica e mistica e per le prestigiose collaborazioni in quel settore (ci limitiamo a ricordare le collaborazioni con Giovanni Pozzi e lo studio prolungato e approfondito per la fondamentale edizione degli scritti di Giovanna Maria della Croce), residente in Svizzera, si è dedicata con continuità e personale partecipazione alle iniziative italiane.

Ricordiamo, tra i molti, importanti e sempre originali suoi saggi dedicati alle immaginette devozionali, I fiori nella simbologia dei Santi (Campofilone 1990), Il paesaggio nella rappresentazione dei pericoli che mirano a distogliere l’anima devota dalla retta via (Piombino 2005) e l’intervento sulla rivista “Santini”, nella speranza che il suo impegno aperto anche a esperienze di ricerca iconografica apparentemente di minore importanza, trovi continuità in nuove generazioni di studiosi culturalmente attrezzati. [Elisabetta Gulli Grigioni] (Foto conferenza a Campofilone del 29.7.1990, da sinistra: Dr.Vittorio Pranzini, Dr.Gigi Cappa Bava, Prof. Alberto Vecchi, Prof.sa Elisabetta Gulli Grigioni, dr.sa Maria Teresa Bise Casella, Don Lucio Migliaccio, Dr. Gian Lodovico Masetti Zannini)

 

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AICIS – RIUNIONI NELLA SEDE DI CAMPITELLI PER L’ANNO 2021

 

Il Consiglio Direttivo nella riunione di ottobre 2020 ha stabilito le date degli incontri mensili AICIS presso la Parrocchia di Piazza in Campitelli, 9 – Roma per l’anno successivo.

Gli incontri previsti, in genere il primo martedì del mese, per il 2021 avranno le seguenti date, Covid-19 permettendo ovviamente: 12 gennaio (2° martedì); 2 febbraio; 2 marzo; 6 aprile; 4 maggio; 1° giugno; 6 luglio; agosto = vacanza; 7 settembre; 5 ottobre; 9 novembre (2° martedì) e 7 dicembre.

Dopo la sospensione di ottobre 2020, con il 2 marzo u.s., nel rispetto delle normative di leggi vigenti, il Consiglio Direttivo ha riaperto alle riunioni sociali.

 

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AICIS QUOTA SOCIALE PER L’ANNO 2021: : euro 38,50

 

Il Consiglio Direttivo conferma che la quota sociale di questi ultimi anni, euro 38,50, rimane confermata anche per il 2021. Si allega a questo numero 2/2021 il modulo di c/c postale per il versamento a coloro dei quali non risulta ancora pervenuto il pagamento della quota sociale per il corrente anno. Aggiungiamo anche l’IBAN della nostra associazione per coloro che preferiscono effettuare il bonifico.

 

 

 

 

SAN GEMINIANO VESCOVO DI MODENA - 31 GENNAIO

di Carluccio FRISON -

 

Se provassimo a cercare sul calendario che ognuno di noi ha in casa quali sono i santi dell’ultimo giorno del mese di gennaio, assai difficilmente troveremo riportato San Geminiano, vescovo e patrono di Modena, di cui un originale e policromo santino è allegato (fig.1) a questo primo numero del Notiziario 2021.

 

La devozione a questo Santo vescovo modenese della tarda antichità, vissuto nel IV secolo, le cui notizie biografiche sono assai scarse ed incerte, rimane circoscritta esclusivamente alle località, poche e quasi tutte italiane, in cui viene ancor oggi venerato dalla popolazione.

 

 

FIGURA 1

 

Secondo la tradizione, Geminiano venne eletto come secondo vescovo dalla Città di Modena, tra il 342 e il 344 e qui visse, dedito alla preghiera e alla pietà, fino alla sua morte, avvenuta il 31 gennaio 397.

Di questa figura storica si conoscono solo pochi fatti che narrano della sua grande opera di evangelizzatore, di taumaturgo e di difensore della dottrina cristiana dalle eresie: notizie non sempre sicure che sono tramandate da fonti scritte ed iconiche, che, seppur prodotte quasi settecento anni dopo la sua morte, hanno contribuito a formare una ricca e complessa tradizione agiografica, in ambito del tutto locale, al fine di celebrare le gloriose gesta di Geminiano, e così perpetuarne la memoria e il culto nel tempo.


D’altronde, il legame tra Modena, la Civitas Geminiana - come viene chiamata nei documenti medievali - e il suo Santo Vescovo è da sempre molto stretto. Diversi sono infatti i miracoli operati da Geminiano per proteggere la città e i suoi abitanti: una fitta nebbia per nascondere la città al passaggio di Attila e dei suoi feroci Unni nel V secolo e, ancora, nel X secolo, durante le scorrerie delle bande ungare che devastarono il vicino monastero di Nonantola (X secolo); ma anche nel 1511, quando al minaccioso arrivo delle truppe francesi sotto le mura della città, l’improvvisa apparizione del Santo le fece fuggire spaventate.

Nello stesso santino si vede raffigurato il Vescovo Geminiano benedicente con, alla sua destra, la Ghirlandina (il campanile del Duomo modenese) e un bambinello seduto ai suoi piedi. Senza dubbio, l’iconografia, ripresa da un anonimo pittore modenese, vuole raffigurare uno dei miracoli più famosi di Geminiano, il “Miracolo del fanciullo”: questo, caduto dalla Ghirlandina, toccò terra incolume raccontando che era stato afferrato per i capelli da un vecchio con la barba bianca.

Le più antiche e note raffigurazioni di San Geminiano compaiono proprio lungo i muri della Cattedrale di Modena, uno tra i maggiori monumenti dell’architettura romanica in Europa.

La sua fondazione risale all’anno 1099 per volere del popolo modenese che ivi desiderava custodire la tomba del suo Santo Patrono. Qui, sette anni dopo, nella nuova cripta, alla presenza di papa Pasquale II, della Contessa Matilde di Canossa, di tutto il Clero e il popolo modenese furono traslate le spoglie di San Geminiano: la nuova - come da allora venne chiamata - “Domus Clari Geminiani”.

E qui, ancora oggi si trovano collocate in una semplice urna del IV secolo ricoperta da una lastra in pietra. Il 31 gennaio di ogni anno, in occasione della festa, il sarcofago viene aperto così da esporre alla venerazione dei fedeli, sempre accorsi numerosi, le spoglie del Santo, rivestito da sontuosi abiti vescovili e dal pastorale.

San Geminiano non è solo patrono della città Modena [foto 2]: a lui, soprattutto nei territori situati tra questa provincia e quella bolognese, erano dedicate diverse chiese.

A Cognento, innanzi tutto, località situata a pochi chilometri da Modena, dove, secondo la tradizione, il Santo nacque all’incirca nel 313: qui, dedicato alla Madonna e al Santo, è stato eretto un Santuario nei pressi della “Fonte miracolosa di San Geminiano”, protetta nel 1800 da un tempietto, che è meta ogni anno, nei mesi di gennaio e di maggio, di molti pellegrini.

Altre chiese si trovano a Guiglia, Montecreto, Castellino e, nella Bassa pianura, a Massa Finalese, la cui Chiesa parrocchiale risalente al 1385 è stata gravemente danneggiata dal terremoto del 20 maggio 2012.

San Geminiano risulta venerato anche fuori dai confini emiliani: infatti è patrono delle città toscane di San Gimignano e di Pontremoli, e del comune di Pieve d’Olmi in Lombardia.

Una chiesa assai antica dedicata a San Geminiano si trovava anche a Venezia, in piazza San Marco, di fronte alla Basilica, ma venne demolita nel 1807.

Un’ultima curiosità: San Geminiano è patrono, inoltre, di Vielmur-sur-Agout, comune francese ai piedi dei Pirenei.

Il culto risale alla fine del XII quando una nipote della Contessa Matilde di Canossa, andando in sposa al locale Signore, fece edificare una cappella dedicata al Santo modenese.

 

 

 

 

s. GEMINIANO

 

 

 

 

 

 

Santi, santini DOVE INCONTRARE SANTI,SANTINI E OSSA DI DRAGO

 

 

Foto 1

Nell’osservare le immagini dei nostri santini, a volte ci capita di incontrare un santo o una santa che lotta contro un drago.

In questo primo articolo mi limito a raccontare alcune vicende accadute in Italia, giacché ora tutti i giornali parlano della presenza di “Draghi” (sic!), in Italia!

Nel nostro immaginario occidentale i draghi sono fonte di grande forza simbolica. Vengono sempre rappresentati con sembianze di rettili, a volte ricordano coccodrilli alati o giganteschi serpenti.

Gli unici enormi mostri realmente esistiti: i dinosauri non vissero contemporaneamente agli uomini, che comparvero invece sulla Terra circa 100 milioni di anni dopo la loro estinzione.

A causa della tentazione e della caduta dei progenitori, il serpente/drago è sinonimo di satana, del diavolo e dell’oscurità, le forze informi che operano nel mondo.

Il serpente simboleggia l’inganno, e rappresenta tutto ciò che separa l’uomo da Dio. «Il serpente antico, che è chiamato diavolo e anche Satana, il seduttore del mondo intero fu precipitato sulla terra» (Ap 12,9). [foto 1].

Il serpente però, e ciò che rappresenta, è reso innocuo dall’intervento della volontà di Dio e dalla fede dell’uomo nel progetto divino: «Chiunque chiede, riceve [...] Qual è fra voi quell’uomo, a cui suo figlio [...] se chiederà un pesce gli darà un serpente?

[...] Quanto più il padre vostro che è nei cieli darà cose buone a coloro che gliele chiedono» (Mt 7,8-11). «Quelli che hanno creduto [...] prenderanno in mano i serpenti» (Mc 16,17-18).

 

Alla ricerca di tante arcane peripezie è possibile avviare la propria ricerca esplorativa, sulle orme lasciate in terra italiana da queste creature oscure.

Con tale intento è possibile consultare il libro: A. GARDINI, Ossi di Drago, Tipi Edizioni – Aicos, pp. 224, Belluno 2020.

Vi sono compilate le informazioni pertinenti al malefico drago, in tutte le regioni italiane. Uno stimolo per osservare da vicino, per toccare, per sbalordire la fantasia, di fronte ad oggetti concreti, reperti originali o comunque ossa che coinvolgono, perché appartenenti a bestie misteriose.

A seguito di ricerche bibliografiche, risulta che, nel territorio bergamasco, sono rintracciabili strane “ossa di drago” che alcune chiese o santuari conservano ed espongono: come il “San Giorgio” ad Almenno-San Salvatore (BG) e il santuario di Sombreno a Paladina (BG).

Inoltre, si può riscontrare come vengano segnalate lunghe ossa di misteriosi animali non del tutto circostanziati, come: nell’Isola di san Giulio presso Orta (NO) [foto 2]; nel chiostro dell’abbazia di Staffarda (CU); a Pizzighettone (CR); e ancora nel duomo di Modena; ad Atessa (CH) e in diversi altri siti italiani che possiamo simpaticamente e filiconicamente scoprire.

La maggiore concentrazione di queste tracce è legata alle antiche tradizioni lombarde sui draghi pestilenziali che popolavano le acque dello scomparso “lago” Gerundo, una vasta area acquitrinosa formata dalle esondazioni dei fiumi Adda, Oglio, Serio, Brembo e Silero, che un tempo si estendeva nel territorio ora compreso tra la parte meridionale di Bergamo e quella settentrionale di Cremona.

 

Si tratta di reperti autentici, come le ossa di animali estinti o viventi (perlopiù balene e coccodrilli), strani per forma o dimensioni, che per secoli vennero associate a resti di drago.

Risulta documentato storicamente che una costola di drago faceva bella mostra di sé nella chiesa di San Cristoforo, a Lodi (LO), appesa al soffitto fin dall’inizio delle campagne napoleoniche in Italia nell’Ottocento.

Inoltre, vi sono diverse leggende, fra cui quella che ci narra le gesta di san Cristoforo (il titolare di una delle chiese in Lodi), coinvolto su invocazione del vescovo di quella diocesi, nel prosciugamento del lago Gerundo, nel tentativo di ritrovare il cadavere del drago. Continuando con i riscontri, sappiamo come la tradizione narra che la campagna della valle Tiberina a Tifernum Tiberinum, oggi Città di Castello (PG), in località Pieve dé Saddi, fosse oppressa da un terribile mostro, il cui alito pestilenziale procurava malattie agli abitanti e devastazione dei raccolti.

 

Intervenne San Crescentino (Roma 276 – Città di Castello 1° Giugno 303) [foto 3], il quale, dopo aver predicato la fede cristiana, uccise il mostro in combattimento a Pieve dé Saddi (dove tuttora sono presenti tre presunte costole del drago).

Per tale eroica impresa, san Crescentino fu accolto come un liberatore dalla popolazione. Nella tradizione, in generale, la vittoria sul drago necessita di difficoltà, che il santo deve superare per ottenere la sanificazione del territorio, o un tesoro, oppure la liberazione di una principessa prigioniera. Da questo punto di vista il drago è il simbolo dell’animalità selvaggia che può essere sconfitta dalla forza disciplinata del santo.

Osservando la composizione e gli accostamenti cromatici delle relative immaginette devozionali, risulta necessario ribadire che, secondo il più interessante simbolismo cristiano, il drago a noi è esclusivamente noto come belva straordinaria che rappresenta il nemico primordiale dell’uomo, le “forze oscure” del mondo infero, o del male, già personificate da satana: «E fu precipitato il grande drago, il serpente antico, che è chiamato diavolo e anche Satana, il seduttore del mondo intero» (Ap 12,9).

 

Il drago alato unisce il simbolismo del serpente e quello dell’uccello (materia e spirito), l’uno che imprigiona l’altro. L’uccisione del drago libera l’uomo dalle forze che ne irretiscono l’anima o lo spirito. Ecco una seconda esperienza esemplificativa.

 

 

 

 

La tradizione narra come il santo vescovo di Brindisi, Leucio, nativo di Alessandria (IV sec.) [foto 4], si trovasse in Abruzzo, di passaggio nei pressi del territorio di Atessa (CH), allora diviso in due borghi distinti, “Ate” e Tixa”. Invocato dai cittadini dei due nuclei, separati da un vallone in cui dimorava un terribile drago, san Leucio raccolse le suppliche e riuscì a sconfiggere la bestia, nutrendola abbondantemente per diversi giorni prima di ucciderla con il suo bastone.

 

Così, gli abitanti dei due colli si poterono riunire in un solo paese (appunto Atessa), costruendo in questa valle un tempio a devozione di san Leucio. Nell’attuale sacrestia della chiesa di San Leucio, è custodita ed è ancor oggi visitabile, una costola fossile di animale, lunga ben 213 cm, catalizzatore della leggenda.

Il bastone in mano al santo è simbolo del potere e dell’autorità di origine divina. Fa memoria del bastone di Mosè, che si trasforma in serpente e di nuovo in bastone (Es 4,2-5). Qualora il sauroctono regga un pastorale, (si fa riferimento al simbolo dell’autorità del vescovo sul suo gregge), questo ricorda Cristo che è Buon Pastore.

 

Un terzo interessante santino riguarda il pontefice San Silvestro I (+ Roma 31 dicembre 335) [foto 5] che fu protagonista di due leggende nelle quali riesce a sconfiggere un terribile drago. La prima è ambientata a Poggio Catino (RI), dove in una grotta si era nascosto un drago.

Gli abitanti, non riuscendo a liberarsene, avevano chiesto l’intervento di S.Silvestro, che dopo aver disceso 365 gradini ed esser arrivato davanti al feroce animale lo tramortì soltanto facendo il segno della croce.

Inoltre, una storia parallela racconta come nei pressi del colle Palatino di Roma ci fosse un antro dove trovava riparo un drago. L’animale rendeva quei luoghi inospitali e aveva ucciso un gran numero di persone. Per sconfiggerlo si erano messi in campo diversi stratagemmi, ma nessuno era andato a buon fine.

Si decise infine di chiedere aiuto a San Silvestro, perché aveva già battuto un precedente drago. Il Pontefice si recò dall’animale e dopo avergli mostrato la Croce riuscì a mettergli al collo un filo di lana. Silvestro condusse il drago fuori dalla caverna. In ricordo di quest’avvenimento e per ringraziare la protezione divina, il papa chiese che venisse costruita una chiesa intitolata a santa Maria Liberatrice.

 

Per incontrare una santa e avversaria del drago possiamo recarci in provincia di Viterbo, a Montefiascone, dove riposano i resti mortali di santa Margherita. Nel 308 le sue reliquie furono trasportate a San Pietro della Valle sulle rive del lago di Bolsena, per poi essere trasferite nel 1145 nella Cattedrale di Montefiascone (VT).

Santa Margherita, o anche Marina (Antiochia di Pisidia 275 – 290), vergine e martire, con coraggio e decisione dice al padre che non solo era cristiana, ma inoltre di non essere disposta a sposarsi, perché già consacrata a Cristo, con il voto di verginità perpetua. Non riuscendo a farle cambiare idea, il padre passa ad una serie di torture. Margherita, quindi, viene rinchiusa in una prigione senza luce, dove deve subire anche gli attacchi del demonio che le appare sotto la specie di un drago circondato da serpenti che cercano di divorarla. Essa li abbatte col semplice segno della croce.

Fatta uscire dalla prigione, viene sottoposta ad un ulteriore processo durante il quale rimane salda nella sua fede. Le cronache del tempo raccontano come il demonio sotto la forma di drago, abbia inghiottito santa Margherita e come essa riesca, però, a uscire dal ventre del mostro, servendosi di una croce che teneva stretta tra le mani, usata per squarciare l’addome del suo aggressore.

Ecco, quindi, come il simbolismo cristiano vede nel drago un’incarnazione del demonio/satana, o Lucifero, quello sconfitto dall’arcangelo Michele e precipitato nell’inferno.

Per questo i draghi sono spesso collegati al fuoco, per cui sono rappresentati nell’atto di sputare fuoco, oppure considerati come prodotto del caos primigenio, che può essere annientato solo medianla santità e il controllo della forza spirituale e fisica.-

 

Consultando documenti che raccontano di dragoni infernali, ci s’imbatte nel cronista Leone Cobelli.

Questi descrive come san Mercuriale (IV sec.) [foto 7] vescovo di Forlì (FC) abbia lottato contro un malefico drago, che spadroneggiava nel territorio forlivese… mostro del tutto simile a quello vinto da san Giorgio.

Al suo passaggio, l’immondo animale rendeva infette le contrade e terrorizzava la gente. San Mercuriale decise di liberare la città dall’incombente pericolo; affrontò coraggiosamente l’agghiacciante drago e con l’aiuto dei diaconi Grato e Marcello, riuscì ad averne ragione.

 

Questa è la descrizione giunta a noi: “…Sancto Mercoriale assaltò il drago el quale dragone fu umile como una pecorella. Alhora sancto Mercoriale li ligò la gola con la sua stola che portava et tirandolo a la strata oue era un gran pucio d’aqua”.

Tale combattimento è raffigurato nella Cattedrale di Forlì, nel bassorilievo marmoreo del fonte battesimale, che si trova in fondo alla navata destra. Ma, a Forlì, possiamo ammirare anche il quadro ad olio: “San Mercuriale uccide il drago” dipinto dal pittore Ludovico Cardi detto il Cigoli (1556-1613).

 

Inoltre, chi si reca a Forlimpopoli (FC) per entrare nella Basilica, può ammirare la splendida icona che raffigura il vescovo san Rufillo (IV sec.) nell’atto di schiacciare la testa del drago e, inoltre, può anche pregare davanti alle reliquie del santo.

La devozione legata a san Rufillo possiede molti aspetti mariani, in quanto la Vergine apparve proprio ai bordi di un lago poco distante, per affidargli l’incarico di combattere l’agghiacciante mostro, simbolo del paganesimo.

La tradizione popolare riferisce che il santo, con la forza della preghiera, ridusse in fin di vita un serpentone che spargeva paura e terrore nei dintorni della città, provenendo dai boschi marittimi, come la pineta di Ravenna. Il cronista medievale racconta che “il qual drago danneggiava il paese e guastava homini et bestie”, ma che nello scontro con Ruffillo ebbe la meglio il vescovo, che lo gettò dentro un pozzo.

 

Spostandoci a Genova impariamo come, a metà del 300 d.C., la città fosse infestata da un mostro nascosto nel pozzo della “Chiesa dei Dodici Apostoli”, in particolare un basilisco, che con il suo fiato velenoso stava appestando la città.. Il basilisco è definito come un serpente originario della Cirenaica, lungo non più di 12 dita, con una specie di corona bianca sulla testa che gli fa guadagnare il nome di ‘piccolo re’ (in greco ‘basiliskos’), un mostro minuto, ma armato fino ai denti, che grazie al suo sibilo, al suo sguardo mortale e al suo alito velenoso è in grado anche di far appassire le piante e spezzare i sassi.

Il vescovo di Genova, san Siro fece del suo meglio per liberare la città. Dopo alcuni giorni di preghiera e penitenza, marciò deciso verso il pozzo, calò un secchio e ordinò al basilisco di entrarvi; quando il serpente miracolosamente obbedì, Siro gli comandò di gettarsi in mare ed affogarsi - detto fatto, il temibile basilisco scomparve per sempre.

 

Terminiamo l’articolo riferendo che la tradizione narra di un malefico drago incatenato da san Bernardo da Mentone (923 – 1008). [foto 3].

Al santo, quale arcidiacono dell’ordine degli Agostiniani, era stato affidato l’incarico di ripristinare il valico allora detto «Mons Jovis». Era un compito arduo, ma fu l’Angelo custode stesso a suggerire come procedere: il monaco si fece accompagnare dal vescovo e dai fedeli in processione fino ai piedi della montagna, per poi proseguire solo con i pellegrini, ultimo della fila.

Il male, che glì aveva provocato tante sofferenze, prese forma di un malefico drago e scatenò contro di loro le forze della natura. Ma il santo avanzò senza incertezze e, infine, legò con la sua stola il mostro, per poi incatenarlo e precipitarlo dal monte Malet.

Al valico, san Bernardo distrusse la statua dedicata a Giove: qui gli apparve allora Maria Ss.ma, che gli affidò il compito di costruire un monastero e un ospizio sui due valichi che oggi prendono dal santo il nome: il Piccolo e Gran san Bernardo.

 

 

FOTO N. 2)

 

3) San Crescentino

 

4) San Leucio

 

5) San Silvestro

 

6) Santa Margherita o Marina di Antiochia

 

7) San Mercuriale

 

 

8) San Siro

 

9) San Bernardo

 

 

 

 


 

 

2021 - 2011 - L'ANNO DI SAN GIUSEPPE

 

 

PERCORSI DI SPIRITUALITÀ GIUSEPPINA A CAMPITELLI NEL ‘600 di Davide CARBONARO, OMD

 

Fig. 1

 

 

 

Fig.

 

 

I Sogni di San Giuseppe sono l’abbraccio tra il cielo e la terra. Ultima profezia della grande attesa di Israele. Egli terrà per mano il Messia e lo educherà alla scuola della fede e dell’umano. Tenere per mano è compito della paternità. “Alzati prendi con te il bambino e sua Madre” (Mt 2,13). Giuseppe prende con sé il Figlio di Dio, colui che incarnandosi ha preso da Maria la nostra carne, divenendo il Dio con noi. Se i Vangeli fin dall’inizio mostrano Gesù che si affida alle mani di un padre terreno, la sua vita sulla croce sarà liberamente consegnate al Padre suo che è nei cieli: “Padre nelle tue mani consegno il mio Spirito” (Lc 23, 46).

 

In occasione del 150° anniversario della proclamazione di san Giuseppe Patrono universale della Chiesa (fig.1), Papa Francesco ha offerto una contemplazione a partire dal cuore del padre terreno di Gesù, che riflette la tenerezza e la misericordia del Padre celeste: “Giuseppe vide crescere Gesù giorno dopo giorno ‘in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini’ (Lc 2,52). Come il Signore fece con Israele, così egli ‘gli ha insegnato a camminare, tenendolo per mano: era per lui come il padre che solleva un bimbo alla sua guancia, si chinava su di lui per dargli da mangiare’ (cf. Os 11,3- 4). (Patris corde, 2).

 

Nel 2021 cadono anche i quattrocento anni dall’estensione della festa liturgica di San Giuseppe al 19 marzo. Fu Papa Gregorio XV a stabilirlo l’8 maggio del 1621. Nel corso del Seicento si sviluppa la devozione ed il culto al Padre putativo del Signore. Nascono Congregazioni, Confraternite e associazioni a lui dedicate. La riflessione teologica sul santo si avvia fin dal XVI secolo con la ‘Summa’ del domenicano Isidoro Isolani (+1528), ponendo così le basi alla successiva devozione, sviluppata dai grandi Ordini della Riforma. I Carmelitani con Santa Teresa d’Avila, che lo eleggerà come suo Patrono, accrescendo una spiritualità della tenerezza. E i Gesuiti che opereranno il passaggio dalla figura del nutritor Domini al pedagogus. Si sviluppa così un filone educativo che coinvolgerà la riforma ecclesiale di San Carlo Borromeo, il quale, con la cerchia dei riformatori tridentini, produrrà una sorta di riflessione sulla “economia domestica”.

 

Tra questi San Giovanni Leonardi (1541-1609) che nel suo Institutione di una famiglia christiana divisa in due parti, (1597), propone l’immagine della famiglia come specchio dell’organizzazione sociale ed ecclesiale, ne riflette l’assetto verticistico, poggiando sull’autorità esercitata dal padre, espressione del potere del principe e di Dio, fonte di ogni sovranità. Il santo lucchese sottolinea l’eccellenza e la dignità del padre, derivante dall’essere “strumento di Dio”, suo luogotenente e “vicario pel reggimento e buon governo della famiglia” (Institutione, p. 223).

 

Accanto a questa riflessione sulla Famiglia di Nazareth come modello della famiglia cristiana, si sviluppa un filone omiletico e devozionale che ha come centro la figura di san Giuseppe. Il lucchese Chierico Regolare della Madre di Dio Francesco Leonardi (1608-1661), parente del santo fondatore, scrisse un trattato: “Cento meditazioni in honore del gloriosissimo Patriarca San Gioseffo, sposo della Gran Madre di Dio”. Il testo, come riferisce l’autore nel manoscritto conservato presso l’Archivio dell’Ordine, è del 1652. In quello stesso anno, come riporta C. Antonio Erra, storico dell’Ordine, il Leonardi parroco di Santa Maria in Campitelli, aveva istituito una: “Congregazione di sorelle in onore del medesimo santo, le quali arrivarono subito al numero di 200”. L’istituzione parrocchiale oltre alle devozioni, era dedita all’insegnamento della Dottrina Cristiana e alla visita degli Ospedali romani.

 

Tra le fila della nuova congrega giuseppina, la Serva di Dio Anna Moroni che con il Servo di Dio Cosimo Berlinsani fondò la Congregazione delle Suore Oblate del Bambino Gesù. (C.A. Erra, Memorie De’ religiosi, 157). Lo stesso Leonardi si premurò di dedicare una cappella a San Giuseppe nella nuova fabbrica della Chiesa di Campitelli.

 

La Cappella Altieri, dove ancora oggi è custodita la pala marmorea della Sacra Famiglia (fig.2), opera di Lorenzo Ottoni (1648-1736).

Le 100 Meditazioni del Leonardi nacquero dalla sua devozione personale. Ogni anno afferma l’Erra, si preparava alla festa del santo con una sorta di “quaresima giuseppina”. Questo numero carico di simbolismo biblico e liturgico appare dalla metodica e accurata divisone del testo. Nella sua riflessione il Leonardi non tralascia di toccare aspetti che possono stupirci per la staordinaria creatività e che riguardano gli eventi successivi la morte del santo: la sua discesa nel “Limbo dei santi Padri” e la sua risurrezione, leggendola alla luce degli eventi che hanno caratterizzato la morte di Cristo in croce, ossia l’apertura dei sepolcri e la presenza dei risorti nella Città santa (cf. Mt 27,52- 53). E’ la Pasqua di Giuseppe, tema che il seicento nella devozione e nell’iconografia, svilupperà presentando il “santo patrono dei moribondi”, come colui che alla fine dei suoi giorni è confortato e accompagnato nel grande passaggio, dalla mano potente e misericordiosa del Figlio di Dio che non disdegnò essere chiamato “Figlio del carpentiere”.

 

 

CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI

 

21.1.2021: PROMULGAZIONE DI NUOVI DECRETI Il 21.1.2021

 

il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza privata S.E. Rev.ma il Signor Card. Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi.

Nel corso dell’Udienza, il Santo Padre ha autorizzato la Congregazione a promulgare i seguenti decreti riguardanti le Cause dei Santi. Nel corso dell’Udienza, il Santo Padre ha autorizzato la Congregazione a promulgare i seguenti Decreti riguardanti:

 

A-UN NUOVO BEATO*

 

Il Santo Padre ha autorizzato la promulgazione del Decreto relativo al martirio del Servo di Dio GIOVANNI FORNASINI, Sacerdote diocesano, ucciso in odio alla Fede, a San Martino di Caprara il 13.10.1944. Si resta in attesa di conoscere la data della Cerimonia di Beatificazione. GIOVANNI FORNASINI (1915-1944)* Giovanni Fornasini nasce il 23 febbraio 1915 a Pianaccio di Lizzano in Belvedere (Bologna). Nel 1931 entra in Seminario.

Il 28.6.1942 è ordinato sacerdote ed ha l’incarico di vicario nella parrocchia di Sperticano (area Monte Sole); poco dopo ne diventa parroco. Nel tragico periodo dell’occupazione tedesca, trasforma la parrocchia in un “cantiere della carità”, a disposizione di quanti necessitano soccorso.

Negli anni duri del secondo conflitto mondiale, apre la canonica agli sfollati, spendendosi per i prigionieri e assistendo i condannati a morte. Ed è proprio un gesto di questa sua particolare carità l’ultimo di cui si ha notizia. Don Fornasini viene ucciso, all’età di 29 anni, il 13 ottobre 1944. Nel 1950 gli viene conferita la medaglia d’oro al valore civile alla memoria. Infatti, il 13.10.1944, un ufficiale delle SS aveva invitato Don Fornasini a seguirlo in montagna per dare sepoltura ad alcune persone.

Il Servo di Dio lo aveva accompagnato fino a San Martino di Caprara, ma da qui non ha fatto più ritorno. Il suo corpo è stato poi recuperato nell’aprile 1945 dal fratello. Egli era consapevole dei rischi per la propria incolumità in quanto i sacerdoti della zona avevano ricevuto il permesso dell’Autorità ecclesiastica di abbandonare le canoniche per rifugiarsi in città, ma Don Fornasini aveva preferito rimanere tra la sua gente.

 

B - SETTE NUOVI VENERABILI* Sono promulgati sette decreti riguardanti l’eroicità delle virtù dei seguenti Servi di Dio che acquisiscono il nuovo titolo di “Venerabile”

 

 

. 1-Il Ven.le Servo di Dio MICHELE ARCANGELO MARIA ANTONIO VINTI (1893-1943)* Michele Arcangelo Maria Antonio Vinti nasce a Grotte (Agrigento) il 18 gennaio 1893, in una famiglia profondamente cristiana. Entrato in Seminario nel 1910, è ordinato sacerdote il 9.7.1922. Ha il primo incarico a Grotte, poi a Cianciana come viceparroco. Sette mesi dopo è nuovamente a Grotte in sostituzione di un altro sacerdote, in qualità di Rettore della chiesa del Carmine e coadiutore dell’Arciprete.

Sacerdote sempre aderente alla volontà di Dio si dedica all’apostolato del confessionale, dove si esprime con un tratto accogliente e affabile, e anche alla predicazione e alla catechesi, particolarmente rivolta ai giovani. Sono proprio i suoi scritti che lasciano trasparire l’intensità del suo amore per il Signore. Il Servo di Dio mostra la volontà di anteporre il bene dei suoi fedeli a qualsiasi interesse personale. Pur vivendo in ristrettezze, si priva anche del poco che ha pur di poter far fronte ai bisogni dei più poveri e degli ammalati. Di costituzione gracile, soffre di anemia e la sua salute precipita rapidamente nel 1942. Muore il 17 agosto 1943 a Grotte (AG).

 

2-Il Ven.le Servo di Dio RUGGERO MARIA CAPUTO (1907-1980)* Ruggero Maria Caputo nasce a Barletta (Italia) il 1° maggio 1907, in una famiglia di contadini di sani principi. Nel 1926 entra nel Seminario Arcivescovile di Bisceglie. Nel 1927 parte per il servizio militare a Chieti, ma nel 1928 rientra nel Seminario di Bisceglie, e nel 1930 è nel Seminario Regionale di Molfetta.

È ordinato sacerdote a Barletta il 25.7.1937. Riceve il ruolo di educatore nel Seminario Minore di Bisceglie, e qualche mese dopo è chiamato ad esercitare il ministero nella parrocchia della Sacra Famiglia e nel Nuovo Oratorio “San Filippo Neri” in Barletta. Nel 1939, è destinato alla locale chiesa dello Spirito Santo, in costruzione. Nel 1940 è viceparroco di S.Giacomo Maggiore a Barletta, con il compito iniziale di formare i giovani di Azione Cattolica, e poi di seguire la gioventù femminile. Il Servo di Dio educa i giovani e le giovani ai veri valori cristiani; trascorre molto tempo in confessionale nell’assolvere e dirigere le anime. Nel 1951 è trasferito alla parrocchia dello Spirito Santo. Nel 1956, alla morte del Ven.Servo di Dio Raffaele Dimiccoli, è nominato nuovo direttore dell’Oratorio “S.Filippo Neri”. Nel 1958 ritorna a San Giacomo fino al 1974 quando è destinato alla nascente parrocchia periferica di S. Maria degli Angeli. Qui vive gli anni più sereni della sua vita, impegnato a condurre le persone a Gesù. Nel 1980 gli viene diagnosticato un cancro che lo conduce velocemente alla morte, avvenuta a Barletta il 15 giugno 1980. Innamorato dell’Eucaristia, ha avuto un apostolato fecondo convinto che, per annunciare il Vangelo, bisognava imparare a stare alla sua presenza quotidianamente. La profonda passione per i bisognosi lo spingeva verso i più disagiati. Aveva un cuore molto sensibile per i poveri e per i sofferenti.

3-La Ven.le Serva di Dio MARIA GIUSEPPE DI GESÙ (1820-1864)*

Elisabetta Prout nasce a Shrewsbury (Inghilterra) il 2 settembre 1820 ed è battezzata nella chiesa anglicana. Nel 1844 si converte al cattolicesimo e, nel 1848, entra nella Congregazione delle Suore di Gesù Bambino di Northampton. Per una tubercolosi al ginocchio, dopo circa un anno, è costretta a tornare in famiglia. Ostacolata nella fede cattolica da sua madre, anglicana, si trasferisce a Manchester, nella parrocchia di St. Chad, guidata da Mons. Robert Croskell, in un quartiere povero e insalubre, per insegnare nella scuola. Con l’aiuto del passionista Padre Gaudenzio Rossi e di Mons. Robert Croskell, fonda un Istituto Religioso femminile aperto a ragazze povere che si dedicano ai bambini e donne povere.

Dal 1849 la Serva di Dio insegna nelle scuole dei quartieri industriali di Manchester. Il 15.8.1851, inizia la vita comune della nuova Congregazione, chiamata “Suore della Santa Famiglia”, poi “Suore della Croce e della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo”. Nel 1854, con cinque giovani, la Serva di Dio emette i voti religiosi alla presenza del Vescovo di Salford, Mons. William Turner con il nome di Sr. Maria Giuseppe di Gesù. Con l’aumentare delle consorelle, la Serva di Dio apre nuove comunità nella diocesi di Liverpool. Dal 1856 affronta anche le difficoltà causate da una religiosa nella errata gestione economica dell’Istituto dedicandosi a molti viaggi allo scopo di raccogliere il denaro necessario. Nel 1863 la Regola è approvata dalla Santa Sede. Durante il 1° Capitolo Generale, tenutosi nell’ottobre dello stesso anno, viene eletta all’unanimità Superiora Generale. Ammalata e consumata dalla fatica Madre Maria Giuseppe di Gesù muore l’11 gennaio 1864 a Sutton (Inghilterra).

 

4- Il Ven.le Servo di Dio GIACOMO MASARNAU FERNANDEZ (1805-1882)* Giacomo Masarnau Fernández nasce a Madrid (Spagna) il 10.12.1805, in una famiglia benestante e cristiana. Grazie a una precoce attitudine per la musica, è avviato a una formazione in questo ambito. Frequenta il collegio “D. María de Aragón”, retto dagli Agostiniani e, tra il 1820 e il 1822, inizia matematica nei Reales Estudios de San Isidro per diventare ingegnere. Nel 1825, Giacomo si reca a Parigi per terminare gli studi musicali. Parigi e Londra sono le città di riferimento di questi anni. Per mantenersi organizza concerti aperti al pubblico e gode di grandi “successi” in campo professionale, artistico e affettivo. Ma, il vuoto spirituale che nel contempo avverte lo porta a una crisi personale che termina nel 1838, nella chiesa parigina di N. Signora di Loreto, dove fa una Confessione generale, riceve la Comunione e decide di cambiar stile di vita.

Nel 1839, entra nelle Conferenze di San Vincenzo de’ Paoli, fondate sei anni prima a Parigi dal Beato Federico Ozanam. Manifesta subito un singolare affidamento alla Divina Provvidenza e un autentico amore per i poveri. Adegua il suo stile di vita per attendere meglio ai nuovi obblighi, sia in ambito lavorativo sia come vincenziano.

La testimonianza della sua vita porta altre persone alla conversione o alla scelta di vita religiosa. Nel 1843, rientra a Madrid, divenendo Vicedirettore e professore di Musica nel collegio fondato dal fratello. Inizia anche la missione di vincenziano in ospedali, ospizi e altri istituti sociali, dove visita e aiuta i ricoverati nelle loro varie necessità. Nel 1849, insieme a due professori del collegio, fonda la prima Conferenza di San Vincenzo de’ Paoli spagnola e si adopera per dare una solida formazione ai suoi membri: santificazione dei partecipanti e realizzazione delle opere di carità.

Ma tutto questo si interrompe nel 1868 quando un decreto del Governo rivoluzionario sopprime la Società. Il Servo di Dio accetta questa decisione e, insieme a un gruppo di fedeli collaboratori, intensifica la sua attività di vincenziano in privato. Con il ritorno dei Borboni sul trono di Spagna, la Società viene ristabilita legalmente e le sono restituiti i beni precedentemente confiscati. Il Servo di Dio si dedica alla riorganizzazione della Società e, in sette anni, fa rinascere la pia Opera.

Il 1° giugno 1882, stanco e malato, convoca il Consiglio Superiore e presenta le sue dimissioni irrevocabili. Muore a Madrid il 14 dicembre 1882.

 

5- Il Ven.le Servo di Dio PASQUALE CANZII (1914-1930)* Pasquale Canzii nasce a Bisenti (Teramo) il 6.11.1914, in una famiglia povera ma con sani principi cristiani. Il padre è costretto ad emigrare negli Stati Uniti d’America. Nel 1926, attratto dalla figura di S.Gabriele dell’Addolorata desidera diventare Passionista, ma per la sua fragile salute è indirizzato al Seminario diocesano di Penne. Impegnato in maniera singolare nella pietà, nella disciplina e negli studi, ripete spesso di voler “essere santo, grande santo e presto santo”, come San Gabriele, S.Luigi Gonzaga, S.Stanislao Kostka, San Giovanni Berckmans e Santa Teresa di Lisieux, giovani santi cui ispira la sua vita. Egli ritiene che la vocazione al sacerdozio sia una chiamata alla carità verso il prossimo. Infatti nel tempo del Seminario, prega per gli altri e si mostra disponibile verso le necessità di tutti. Pasquale vive in una totale fiducia nell’amore divino, manifestata nella sua serenità di fronte alle prove e alle difficoltà della vita e nella determinazione interiore di rispondere alla vocazione sacerdotale. La sua speranza eroica è fondata sulla certezza della fedeltà di Dio, sull’amore divino rivelato nel Crocifisso, sulla filiale devozione alla Madonna e sull’ardente desiderio del Paradiso. Le mortificazioni, le rinunce e la disciplina cui si sottopone minano a poco a poco la resistenza del suo fragile corpo. Muore nel Seminario di Penne (Italia), a causa di una polmonite, il 24 gennaio 1930, all’età di 15 anni.

 

6- Il Ven.le Servo di Dio JEROME LEJEUNE (1926-1994)*

Jérôme Lejeune nasce il 13 giugno 1926 a Montrouge (Parigi, Francia), in una famiglia profondamente cattolica. Nel 1944 inizia gli studi di Medicina a Parigi e, nel 1951, consegue il dottorato. Compie poi il servizio militare in Germania. Il 1° maggio 1952 sposa Birthe Bringsted, giovane danese protestante che, durante il fidanzamento, si converte alla fede cattolica. Dal matrimonio nascono cinque figli.

Nel 1952, il Servo di Dio inizia le ricerche sulla “Sindrome di Down” (chiamata allora anche mongoloidismo). Affiancato da due colleghi scopre che, nei bambini affetti dalla sindrome, è presente un cromosoma in più nella coppia 21, per cui si inizia ad indicare questa sindrome con il termine “Trisomia 21”.

Dopo questa prima scoperta, egli identifica altre patologie cromosomiche e acquista un ruolo sempre più importante nella citogenetica mondiale. La sua ricerca pionieristica porta anche allo sviluppo di test prenatali, usati per individuare la Sindrome di Down nei feti, molti dei quali, per motivi eugenetici, vengono abortiti volontariamente. Il Servo di Dio denuncia questo abuso della scienza come “razzismo cromosomico” e diviene uno dei pochi scienziati di spicco in Francia a protestare contro questa tendenza e contro le leggi che la favorivano.

La vita di fede del Servo di Dio è caratterizzata da intensa e costante preghiera, partecipazione assidua alla Santa Messa e vita sacramentale regolare, profonda devozione alla Vergine Maria e ai Santi, in particolare a San Vincenzo de’ Paoli e a San Tommaso Moro, oltre assoluta fedeltà al Santo Padre e alla Chiesa Cattolica. Cerca sempre, con zelo straordinario, di mostrare l’armonia tra la scienza e la fede. Annuncia il Vangelo soprattutto negli ambienti scientifici, medici e ospedalieri. Nel 1969, quando riceve il premio Allen Memorial a San Francisco, pronuncia un discorso dove invita ufficialmente i suoi colleghi a scegliere la vita e a rifiutare l’eugenetica.

A partire da quell’intervento, viene fortemente ostracizzato dalla comunità scientifica internazionale. Negli anni ‘80 gli vengono tagliati i fondi per la ricerca e i suoi collaboratori licenziati. Nonostante le pressioni e le misure ritorsive contro di lui, viaggia in tutto il mondo per testimoniare la bellezza e la dignità inviolabile della vita umana davanti ai Parlamenti, alle assemblee degli scienziati e ai mass-media. Riceve innumerevoli premi ed è nominato membro di numerose accademie e istituzioni internazionali. Nel 1964 viene nominato primo docente di Genetica Fondamentale presso la Facoltà di Medicina di Parigi. San Paolo VI lo nomina nel 1974 membro della Pontificia Accademia delle Scienze. Nel 1986, San Giovanni Paolo II lo chiama a far parte del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari e, nel 1994, lo nomina primo presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Esercita la carità verso il prossimo in modo costante e gioioso, in ogni ambito della sua vita: in famiglia, nell’ambiente professionale, nella Chiesa, nei rapporti con i malati e con i loro familiari, verso i poveri. Il Servo di Dio muore a Parigi il 3 aprile 1994, giorno di Pasqua, all’età di 68 anni.

 

7- La Ven.le Serva di Dio ADELE BONOLIS (1909-1980)* Adele Bonolis nasce a Milano (Italia) il 14 agosto 1909. Dopo aver conseguito il diploma di Licenza Commerciale, lavora come impiegata, ma partecipa anche alla vita parrocchiale e all’Azione Cattolica, di cui diviene dirigente. Coltiva una profonda vita interiore, alla cui base vi è la Santa Messa e la Comunione quotidiana. Nel 1932, durante un corso di esercizi spirituali, conosce la prof. Giuseppina Achilli, con cui condivide poi la vita di ascesi e apostolato. Con il suo aiuto, Adele ottiene la Licenza liceale e si laurea nel 1944 in Filosofia, presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Nel 1946 si iscrive a Medicina, sostiene alcuni esami, ma non consegue la Laurea.

Si dona a Dio con una consacrazione privata e si dedica all’assistenza di persone bisognose di aiuto spirituale e materiale. Ben diretta spiritualmente e sostenuta materialmente dal Card. Montini, futuro Paolo VI, con la collaborazione di alcune amiche, nel 1950, dà inizio a Milano alla Casa di Orientamento Femminile (COF) destinata ad accogliere prostitute e ragazze-madri con i loro bambini. Tre anni dopo, fonda per le ex-carcerate la Casa di Orientamento per le Dimesse da Istituti Correzionali (CODIC) e, nel 1957, l’Opera Assistenza Fraterna (As.Fra.) per gli ex-carcerati e i dimessi da manicomi giudiziari, aprendo poi la stessa Opera a persone psichicamente fragili.

Nel 1962, fonda l’associazione Amicizia per persone desiderose di aiutarsi nella vita spirituale e disposte a donarsi al prossimo. In queste attività, ama ripetere tre parole che divengono per lei un programma di vita: “Prudenza, Previdenza, Provvidenza”. Il 7.11.1959 riceve la medaglia d’oro di benemerenza dal Comune di Milano e, negli anni successivi, ha vari riconoscimenti e diplomi di merito dal Ministero di Grazia e Giustizia. Vive eroicamente la virtù della speranza nell’abbandono alla Divina Provvidenza. E’ convinta che, davanti agli ostacoli

ed alle contrarietà, solo la fiducia in Dio può sorreggerla. Così avviene durante i momenti di malattia e dolore. Le persone che si recano a farle visita la vedono sempre sorridente, abbandonata in Dio, certa del Suo amore e della vita eterna. Nel giugno 1976, durante un ritiro spirituale ad Anghiari, Adele avverte i primi sintomi del tumore all’intestino, per il quale viene operata il 13 dicembre 1978. Muore a Milano l’11 agosto 1980, all’età di 71 anni. *[Fonte: causesanti.va]

 

20.2.2021: PROMULGAZIONE DI NUOVI DECRETI Il 20 febbraio 2021, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza S.E. Rev.ma il Signor Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Nel corso dell’Udienza, il Sommo Pontefice ha autorizzato la Congregazione a promulgare i seguenti decreti riguardanti:

A - UNA NUOVA BEATA* 1-ARMIDA BARELLI (1882-1952)**

Decreto inerente al miracolo attribuito all’intercessione della Ven.le Serva di Dio ARMIDA BARELLI, Laica. Si rimane in attesa di conoscere la data della cerimonia di Beatificazione. Armida Barelli nasce il 1°.12.1882 a Milano da famiglia borghese. Studia in un collegio svizzero. Tornata a Milano, si dedica ai ragazzi abbandonati. L’incontro con p. Agostino Gemelli è l’inizio di una collaborazione di tutta la sua vita: Azione cattolica, Istituto Secolare Missionarie della Regalità, Università cattolica del S. Cuore, Opera della Regalità di N.S. Gesù Cristo.

Nel 1918 fonda la Gioventù femminile cattolica milanese, chiamata a tale incarico dal card. Ferrari. Diventa la Sorella maggiore di un gruppo di giovani che dalle parrocchie milanesi si ritrovano in vescovado per approfondire problemi teologici e sociali per controbattere la propaganda marxista. Tale esperienza spinge Benedetto XV ad affidarle lo stesso compito per tutte le diocesi italiane con le parole: «La sua missione è l’Italia», e la invia «non come maestra tra allieve, ma come sorella tra sorelle», perché le giovani prendano coscienza del loro essere cristiane e riscoprano la loro dignità di donne. Così Armida inizia il primo giro lungo la penisola. Propone un cammino difficile: andare contro corrente, avendo come fondamento un trinomio, e cioè eucaristia, apostolato, eroismo. La risposta è entusiasmante. Nel 1919, insieme a padre Gemelli, fonda l’Istituto Secolare delle Missionarie della Regalità di Cristo e con lui anche l’Opera della Regalità di N.S. Gesù Cristo per la diffusione della liturgia. Fonda case di spiritualità nei più importanti luoghi francescani.

 

Nel 1921 è tra i fondatori dell’Università Cattolica del S. Cuore e ne diventa “cassiera” per i primi trent’anni contribuendo con l’annuale Giornata per l’Università cattolica a mobilitare i cattolici italiani. Organizza convegni, pellegrinaggi, settimane della purezza, settimane sociali e attività per le missioni. Partecipa ai congressi internazionali della Gf ed è sempre aperta ad accogliere quanto di nuovo può venire dalle esperienze di altri Paesi. Al crollo del regime fascista, continua un’opera preziosa per l’inserimento nella vita politica delle donne chiamate a votare per la prima volta. La sua apertura ai segni dei tempi è straordinaria. E’ determinante il sostegno della Gf per l’Istituto Benedetto XV in Cina, da cui nacque poi una congregazione religiosa femminile cinese, attualmente operante. La sua spiritualità francescana si arricchisce di altri tipi di spiritualità presenti nell’Ac che, come tale, si nutre della spiritualità battesimale comune a tutti i fedeli. Questo spiega come nella Gf nascano vocazioni religiose di diverso tipo e il matrimonio sia vissuto come una autentica vocazione. Dalla radicalità evangelica battesimale vengono le tante testimoni di santità della Gf (alcune già riconosciute ufficialmente come tali dalla Chiesa): giovani donne che hanno seguito eroicamente Cristo sulle strade del mondo.

Nel 1946, Armida è nominata da Pio XII vice presidente generale dell’Azione Cattolica. Nel 1949 si ammala di paralisi bulbare che la porta alla morte. Scrive: “Accetto la morte, quella qualsiasi che il Signore vorrà, in piena adesione al volere divino”. Muore il 15 agosto 1952 a Marzio (Varese).

 

C- SETTE NUOVI VENERABILI* Sono promulgati sette decreti riguardanti l’eroicità delle virtù dei seguenti Servi di Dio che acquisiscono il nuovo titolo di “Venerabile”.

 

1-Ven.le Servo di Dio ALBINO ALVES DA CUNHA E SILVA (1882-1973)* Albino Alves da Cunha e Silva nasce il 22 settembre 1882 a Codeçôso (Braga, Portogallo). In famiglia impara la carità verso i più bisognosi, così come la partecipazione alla vita parrocchiale. Entra nel Seminario di Braga, e il 23.7.1905 è ordinato sacerdote.

Nel 1910 il Portogallo vive l’arrivo della Repubblica di Pombal con la persecuzione della Chiesa. Padre Albino, per salvare la vita, fugge prima nel nord del Portogallo e poi in Brasile, dove giunge il 21.9.1912. Dopo un periodo trascorso nelle parrocchie di Jaboticabal e Barra Bonita, nel 1918 è parroco a Catanduva, (all’epoca 200 case). Vi costruisce subito la chiesa matrice, ma aumentando poi la popolazione, nel 1949 si reca a Roma dove, con l’aiuto del Card. Aloisi Masella, ottiene che i Padri Dottrinari aprano una casa in città per l’evangelizzazione e l’istruzione dei giovani.

Egli avvia opere in favore di ammalati, poveri e abbandonati: costruisce la “Santa Casa della Misericordia”, oggi “Ospedale P. Albino”; il pensionato per anziani; la scuola “Nossa Senhora do Calvário”; la Casa per fanciulli “Sinharinha Netto”; l’orfanotrofio “Ortega Josué”; lo studentato “São José”. Fa erigere cappelle nella città e nei paesi vicini ed anche il Collegio Commerciale Catanduva, la Facoltà di Economia e Commercio, la Facoltà di Scienze Motorie e la Facoltà di Medicina. Padre Albino muore il 19 settembre 1973 a Catanduva (Brasile).

2-Ven.le Servo di Dio IGNAZIO DI SAN PAOLO (1799-1864)*

Giorgio Spencer nasce a Londra (Inghilterra) il 21 dicembre 1799, in una famiglia dell’alta nobiltà inglese di fede anglicana. Studia ad Althorp, Eton e presso l’Università di Cambridge, facendo anche parte della massoneria. Diventa presbitero della Chiesa anglicana il 13 giugno 1824. Leggendo opere di autori cristiani, tra cui S.Giovanni Crisostomo e Sant’Agostino, Il 30.1.1830 si converte al cattolicesimo. Un mese dopo è a Roma per gli studi di teologia cattolica. Qui conosce il Beato Domenico Barberi, passionista. Il 26.5.1832 è ordinato sacerdote cattolico a Roma.

Tornato in Inghilterra, lavora nella diocesi di Birmingham. Esercita anche il suo apostolato a favore di poveri ed emarginati e degli operai cattolici irlandesi, proseguendo il suo impegno per la promozione dell’unità dei cristiani. Fonda numerose chiese e luoghi di culto, dà vita ad associazioni di preghiera, predica missioni e contribuisce al ristabilimento del culto cattolico.

Dal 1839 è anche docente presso l’Oscott College, vicino Birmingham. Durante questo periodo stringe buone relazioni con il “Movimento di Oxford” e con San John Henry Newman. Nel 1846, dopo l’arrivo del Beato Domenico Barberi in Inghilterra, il Servo di Dio avverte la sua vocazione alla vita religiosa passionista.

Il 21.12.1846 entra nel noviziato di Aston Hall, con il nome di Ignazio di San Paolo, in onore di Sant’Ignazio di Loyola e di San Paolo della Croce. Il 6.1.1848 fa la professione religiosa e inizia la sua missione di predicatore e di missionario in Inghilterra, Irlanda e in gran parte dell’Europa. Continua la sua azione caritatevole a favore dei poveri e degli emarginati. Si attiva per l’unità dei cristiani e la conversione al cattolicesimo, adoperando a questo scopo soprattutto la recita quotidiana delle tre Ave Maria e dell’invocazione a Maria Ausiliatrice. Nel settembre 1851 si reca a Roma, dove incontra in udienza privata Papa Pio IX dal quale ottiene l’indulgenza per chi prega le tre Ave Maria per la conversione dell’Inghilterra e l’unità della Chiesa. Padre Ignazio muore il 1° ottobre 1864 a Carstairs (Scozia) dopo aver tenuto una missione.

 

3-Ven.le Serva di Dio MARIA FELICITA FORTUNATA BASEGGIO (1752-1829)*

Anna Clara Giovanna Baseggio nasce il 5.5.1752 a Ferrara. Il padre è uno scultore del legno. All’età di 10 anni, la Serva di Dio impara l’arte dell’intaglio del legno e per il perfezionamento si sposta a Venezia, Padova, Senigallia e Siena. A 14 anni è a Rovigo. Avverte la vocazione religiosa, subito contrastata dai genitori. A 18 anni il Signore le concede la grazia mistica di partecipare alla sua passione, tra cui anche le stimmate: cinque piaghe sanguinanti a forma di croce sul petto. Nel 1783, entra nel convento delle Terziarie di San Francesco a Rovigo, dove è accolta pur senza dote con il nome di Maria Felicita Fortunata. Progredisce nella vita spirituale in convento, dove fa ulteriori esperienze mistiche, in unione con la Passione di Cristo.

Il 9.11.1785 emette la professione solenne. Nel 1791 viene eletta Priora. Il suo governo non è senza difficoltà, in particolare a causa di alcune consorelle invidiose. Dopo tre anni, è nominata Vice superiora e sagrestana e, nel 1799, alla morte della Priora, la Serva di Dio è nuovamente eletta all’ufficio di Priora. Nel 1805 per le leggi napoleoniche il convento viene soppresso, ma a Rovigo sopravvive al regime napoleonico il monastero della Ss.ma Trinità delle Eremitane di Sant’Agostino. Come altre consorelle, anche la Serva di Dio entra in questo monastero per continuare la vita religiosa. Nel 1810, con la soppressione degli Istituti Religiosi, anche il monastero delle agostiniane chiude e le religiose sono costrette a tornare alla vita secolare.

La Serva di Dio si trasferisce in casa del fratello dal 1810 al 1812, poi chiede di vivere vicino al Duomo, prendendo in affitto un’abitazione. Il sussidio governativo per le religiose esclaustrate permette il suo sostentamento, il resto lo aggiunge la Provvidenza tramite persone buone. Continua ad avere esperienze mistiche.

La sua casa è luogo di carità e di preghiera. Verso la fine della vita, avendo bisogno di assistenza per l’anzianità e la malattia, si trasferisce nella casa di un nipote a Rovigo dove muore l’11 febbraio 1829.

 

4-Ven.le Serva di Dio FLORALBA RONDI (1924-1995)*

Luigia Rosina Rondi nasce il 10 dicembre 1924 a Pedrengo (BG). Nel 1939, la madre muore dopo il parto dell’ultima sorellina e Luigia, ancora di 14 anni, si fa carico della famiglia, prendendosi cura del padre e dei sette fratelli. Attratta dalla vocazione alla vita consacrata, nel 1944 entra nell’Istituto delle Suore di Carità, dette di Maria Bambina, a Bergamo, ma, l’anno successivo, passa tra le Suore delle Poverelle. Il 10.4.1946 entra in noviziato con il nome di Sr. Floralba e, il 3.10.1948, emette la professione temporanea dei voti religiosi. Conseguito il diploma di infermiera professionale, è destinata all’assistenza ospedaliera. Dopo un periodo di preparazione ad Anversa, dove frequenta corsi di medicina tropicale, il 15.4.1952 parte per il Congo con altre quattro consorelle. È il primo gruppo missionario in Congo dell’Istituto, destinato a Kikwit. Qui l’11 novembre 1954 emette la professione perpetua.

In Congo, la Serva di Dio si dedica, per 40 anni, all’assistenza dei poveri e dei malati, ricoprendo spesso l’ufficio di Superiora: è per 25 anni a Kikwit. Affronta con fede le numerose difficoltà che incontra, come ad esempio gli attacchi dei ribelli Simba, nel 1964. Nel 1977 è mandata a Kisangani e, nel 1983, a Mosango, nel centro ospedaliero. Nel 1993, torna a Kikwit. Nel 1995 si diffonde l’epidemia di Ebola. Nel curare gli infetti, la Serva di Dio è contagiata e muore il 25 aprile 1995 a Mosango (Repubblica Democratica del Congo), dove era stata ricoverata. La Serva di Dio è stata una donna di grande fede e spirito di preghiera, che si è nutrita con la vita sacramentale e l’adorazione eucaristica. Ha cercato di compiere sempre, in ogni circostanza, la volontà del Signore

5-Ven.le Serva di Dio CLARANGELA GHILARDI (1931-1995)* Alessandra Ghilardi nasce a Trescore Balneario (BG) il 21 aprile 1931. Dopo le elementari impara l’arte del cucito e lavora presso una fabbrica di bottoni. Viene poi assunta in una casa di riposo per anziani a Milano, dove operano le Suore delle Poverelle.

Nel 1952, entra nella stessa Congregazione con il nome di Suor Clarangela. Emette i voti temporanei il 31.3.1955. Desiderosa di andare in missione, la Serva di Dio è inviata a Roma per frequentare la scuola di infermiera professionale, ottenendo il diploma nel 1957. Completa la formazione recandosi ad Anversa (Belgio) ove segue i corsi di medicina tropicale e consegue il diploma in ostetricia.

Nel 1959, parte per il Congo, prima a Kikwit e, un anno dopo, a Mosango, dove emette la professione perpetua il 26 marzo 1961. Svolge il servizio di infermiera a Tumikia, Mosango e Kikwit. Nonostante i molteplici impegni in ospedale e in comunità, partecipa regolarmente ai ritiri e agli esercizi spirituali, avendo come guida spirituale un monaco trappista. E’ molto devota alla Vergine Maria e raccomanda la sua invocazione ai malati e a tutti i fedeli. Oltre alle necessità materiali, si preoccupa dei bisogni spirituali dei suoi destinatari, dando consigli e preparandoli a ricevere i sacramenti. Ben inserita nel contesto culturale ed ecclesiale, collabora con altri missionari, avendo imparato la lingua locale. Esorta i collaboratori e i malati alla coerenza di vita. All’inizio dell’epidemia di Ebola, la Serva di Dio continua il suo lavoro in ospedale. Verso fine aprile 1995, dopo essersi presa cura della Serva di Dio Floralba Rondi, comincia ad avvertire i sintomi del virus Ebola: senso di stanchezza, forti mali di testa, stati febbrili acuti e abbondanti emorragie. La Serva di Dio è messa in isolamento insieme ad altre consorelle contagiate. Muore a Kikwit (Repubblica Democratica del Congo) il 6 maggio 1995.

 

6-Ven.le Serva di Dio DINAROSA BELLERI (1936-1995)*

Teresa Santa Belleri nasce a Cailina di Villa Carcina (BS) l’11 novembre 1936, in una famiglia molto pia. Fin da bambina prende parte alla vita della parrocchia, inserendosi nell’Azione Cattolica e nell’oratorio, affidato alle Suore delle Poverelle. Lavora da sarta e poi come operaia in un’officina metallurgica. Il 18.3.1957 entra nella Congregazione delle Suore delle Poverelle e, il 28 settembre dello stesso anno, inizia il noviziato con il nome di Dinarosa. Emette la professione temporanea il 3.10.1959.

Qualche giorno dopo, è inviata a Roma per conseguire il diploma di infermiera professionale. Dal 1961 al 1966 è a Cagliari, presso l’Ospedale marino per la cura dei malati di tubercolosi. E proprio tra i malati di tubercolosi, prega con loro e per loro, in modo che non venga meno la speranza. Li esorta alla fiducia, fà tutto ciò che umanamente è possibile fare e poi li affida al Signore. Emette la professione perpetua il 30 ottobre 1965.

L’anno successivo è inviata in Congo all’ospedale di Mosango. Nel 1971, consegue la specializzazione in medicina tropicale ad Anversa e, dopo un anno, rientra in Congo. Rimane a Mosango fino al 1983, quando viene trasferita alla comunità di Kikwit. Fedele al carisma dell’Istituto delle Suore delle Poverelle, la Serva di Dio testimonia in grado supremo la carità cristiana a servizio dei malati e dei poveri. Nonostante la morte della Serva di Dio Floralba Rondi e il diffondersi dell’epidemia di Ebola, Suor Dinarosa rimane al suo posto, in ospedale, accanto ai malati sempre più soli e abbandonati.

Il 7.5.1995 si manifestano i primi sintomi di contagio ed è messa in isolamento. Muore il 14 maggio 1995 a Kikwit (Congo).

 

7-Ven.le Serva di Dio ELISA GIAMBELLUCA (1941-1986)*

Elisa Giambelluca nasce a Isnello (Palermo) il 30 aprile 1941. Dopo gli studi liceali a Cefalù, si trasferisce nel 1960 a Palermo per studiare Matematica e Fisica. Vivendo nella residenza universitaria, gestita dall’Istituzione Teresiana, è attratta dal carisma di San Pedro Poveda e matura la sua vocazione laicale al servizio del Vangelo nella stessa Istituzione, dove viene accolta nel 1964. Conseguita la Laurea in Matematica e Fisica nel 1965, inizia a insegnare a Rossano all’Istituto “San Pio X”, gestito dall’Istituzione Teresiana, al quale è annesso un convitto che ospita studentesse dei paesi limitrofi.

Qui, per tre anni, la Serva di Dio contribuisce con la sua disponibilità e professionalità al riscatto sociale, culturale e formativo delle giovani. Nel 1968, si trasferisce a Torino, dove insegna in un Istituto Tecnico Industriale pubblico. Contribuisce poi ad un nuovo progetto che l’Istituzione Teresiana assume a Torino, e cioè la direzione del Convitto e la Presidenza della Scuola Media all’Educatorio della Provvidenza, una Fondazione Regale Sabauda per l’educazione e la formazione di ragazze di famiglie benestanti e per l’accoglienza di fanciulle in stato di bisogno.

La Serva di Dio insegna ed è Preside solo per un anno, poiché l’Istituzione decide di lasciare gli impegni presi. Dirige anche una Scuola Media aggregata all’Educatorio della Provvidenza. Nel 1971, la Serva di Dio è chiamata a Roma per dedicarsi alla formazione religiosa e culturale dei giovani, presenti presso l’Istituzione Teresiana e per insegnare in un Liceo. L’8.6.1973 riceve la cadenilla (braccialetto), segno dell’impegno definitivo con Dio nell’Istituzione Teresiana.

Torna poi a Rossano come docente e preside dell’Istituto per il Magistero, in cui sviluppa un progetto di innovazione educativa. Nel 1983, si trasferisce a Vescovio, vicino al Santuario della “Madonna della Lode”, ove inizia ad avere problemi di salute a causa di un tumore al colon. Continua ad insegnare in un Istituto Professionale per l’Agricoltura a Forano. L’ultimo periodo della sua vita lo trascorre a Roma, dove vive forti sofferenze fisiche. Offre la sua vita per i sacerdoti e per le voczioni. Muore a Roma il 5 luglio 1986, all’età di 45 anni.

 

(*[Fonte: causesanti.va).

 

18.3.2021: PROMULGAZIONE DI NUOVI DECRETI Il 17 marzo 2021, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza S.E. Rev.ma il Signor Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Nel corso dell’Udienza, il Sommo Pontefice ha autorizzato la Congregazione a promulgare i seguenti decreti riguardanti:

SETTE NUOVI VENERABILI* Sono stati promulgati 7 decreti riguardanti l’eroicità delle virtù dei seguenti Servi di Dio, che acquisiscono il nuovo titolo di “Venerabile”

 

1-Venerabile Servo di Dio MERCURIO MARIA TERESI (1742-1805)

Mercurio Maria Teresi nasce il 10 ottobre 1742 a Montemaggiore Belsito (Palermo). Entra nel Seminario di Cefalù, ove è ordinato sacerdote il 21.9.1765. Nel 1766, è accettato nella Compagnia di Gesù ma ne esce l’anno dopo per l’espulsione dei Gesuiti dalla Sicilia. Rientra in Diocesi e riceve l’incarico di Direttore Spirituale e Professore di Teologia Morale in Seminario.

Coltiva la sua vita spirituale con l’Eucaristia. Dal 1769 si dedica alle Missioni popolari: per 40 anni, sarà in vari luoghi della Sicilia per annunciare la Parola di Dio ed amministrare i Sacramenti. Don Mercurio nella sua generosità elargisce i suoi averi alle persone indigenti, tenendo per sé solo il necessario. Non vuole neppure denaro per predicare e, se ne riceve, lo dona volentieri ai poveri. Gli viene anche data la facoltà di assolvere in confessione i casi riservati.

Dà alle stampe vari libri su tematiche spirituali, pastorali e morali. Nel 1796 viene nominato Canonico della Chiesa Metropolitana di Palermo e, l’anno successivo, Parroco di Montemaggiore Belsito. Per la sua fama di pastore zelante e virtuoso, nel 1799, il Re Ferdinando III di Borbone e la Regina Carolina lo chiamano a Corte quale Predicatore e Confessore. (Continua(


2-Venerabile Servo di Dio COSMA MUÑOZ PÉREZ (1573-1636)

Cosma Muñoz Pérez nasce a Villar del Rio (Spagna) nel 1573. All’età di 16 anni, è a Málaga per essere assunto in una delle galee reali ma, a causa di una malattia, deve abbandonare la carriera militare. Deluso, trascorre una vita sregolata che gli causa conseguenze negative sulla salute.

Nel 1599, si rivolge alla Vergine delle Vittorie, cui fa voto di cambiare vita, chiedendo la guarigione. Intraprende un cammino di conversione e si mette al servizio di Dio. Distribuisce i suoi beni ai poveri e intraprende gli studi per il sacerdozio. Nel 1607 è ordinato sacerdote. Da allora, si dedica all’apostolato sacerdotale, all’assistenza ai bisognosi, alla cura dei malati e alla conversione delle pentite di Santa Maria Egiziaca. Nel 1609, il Vescovo di Córdoba, Mons. Diego de Mardones, gli affida il compito di occuparsi delle bambine orfane, continuando l’Opera iniziata dalla defunta Madre Isabel de la Cruz. Con spirito di sacrificio, Don Cosma si mette ad elemosinare per sostenere l’Opera. (Continua)


3-Venerabile Servo di Dio SALVATORE VALERA PARRA (1816-1889)* Salvatore Valera Parra nasce a Huércal-Overa (Almería, Spagna) il 27 febbraio 1816. Entra in seminario, ed è ordinato sacerdote il 13.3.1840. Svolge il ministero sacerdotale prevalentemente nel suo paese natale, dapprima come viceparroco e poi come parroco. Riceve dallo stato spagnolo dapprima l’onorificenza di Caballero de la Real Orden de Isabel la Católica, e poi quella dell’Ordine civile di Carlos III. Come parroco, si distingue per molte opere di carattere spirituale e sociale, in particolare fa emergere la sua carità durante le epidemie di colera e i terremoti che nel 1863 provocano distruzioni e vittime. (Continua)


4-Venerabile Servo di Dio LEONE VEUTHEY (1896-1974)*

Clodoveo Veuthey nasce il 3 marzo 1896 a Dorénaz (Svizzera). Insegnante nella scuola primaria nella vicina Miéville, nel 1919 insegna nel Collegio St. Charles di Porrentruy. Nel 1920, mentre si trova a Friburgo nella chiesa dei Francescani Conventuali, sente il desiderio di seguire il Signore.

Nel 1921 entra in Noviziato e il 19 ottobre 1922, emette la professione temporanea con il nome di frà Leone e quella solenne il 25.7.1925. Il 16.8.1925 è ordinato presbitero. Nel 1926 è Rettore del Collegio “Père Girard” di Friburgo e Professore nel Ginnasio “St. Michel”. Nel 1932 insegna Filosofia e Critica presso l’Università di Propaganda Fide a Roma e, dal 1934 al 1936, svolge anche l’incarico di Vicerettore del Collegio Serafico Intern.le a Roma. Nell’annessa Facoltà Teologica S. Bonaventura dal 1935 è professore di Teologia Ascetica e Mistica e di Storia delle religioni e di “Questioni speciali di S.Bonaventura”. (Continua)

 

5-Venerabile Serva di Dio ANNELVIRA OSSOLI (1936-1995)*

Celeste Maria Ossoli nasce a Orzivecchi (Brescia) il 26 agosto 1936. A 17 anni entra nella Congregazione delle “Suore delle Poverelle”. Nel 1954, inizia il noviziato e, il 2.4.1956, emette la professione religiosa dei voti con il nome di Sr. Annelvira. Inviata a Roma, nel 1958, consegue il diploma di infermiera professionale. Per due anni svolge il servizio pastorale a Milano, presso una casa di riposo gestita dall’Istituto. Nel 1961 è inviata a Kikwit (Repubblica Democratica del Congo) dove, il 25.3.1962, emette la professione perpetua. A Kikwit contrae la tubercolosi polmonare, che supera per le cure e la spiccata forza di carattere. Nel 1967 torna in Italia e, presso l’Università di Roma, consegue nel 1969 la specializzazione in ostetricia. Rientrata (Continua)

6-Venerabile Serva di Dio VITAROSA ZORZA (1943-1995)*

Maria Rosa Zorza nasce a Palosco (BG) il 9 ottobre 1943. A due anni, perde la madre e, nel 1949, il padre si risposa ed ha altri due figli. A causa della cagionevole salute della matrigna, Maria Rosa si prende cura dei fratellastri. Dopo le scuole elementari, lavora a Telgate (BG) presso una ditta di produzione di manici di ombrelli.

Ma partecipa anche alla vita della parrocchia, nella quale fa’ catechismo per i bambini. Dopo un’esperienza lavorativa nell’Ospedale Psichiatrico di Varese, dove conosce le Suore delle Poverelle, nel 1966, decide di entrare nella stessa Congregazione. Il 14.3.1967 inizia il Noviziato e, il 25.3.1969, emette la professione temporanea dei voti religiosi. (Continua)

 

7-Venerabile Serva di Dio DANIELANGELA SORTI (1947-1995)*

Anna Maria Sorti nasce a Bergamo il 15 giugno 1947. La sua infanzia è segnata dal dolore. Nel 1955, muore il papà, l’anno seguente la mamma e, nel 1958, a causa di un incidente, anche un fratello. La Serva di Dio si occupa della casa e dei fratelli, ma è anche attiva nella vita parrocchiale.

Inizia presto a lavorare ed a frequentare un corso di taglio e cucito. Nel 1965 avverte la chiamata alla vita religiosa. Il 1°.3.1966 entra nella Congregazione delle Suore delle Poverelle, e con il nome di Suor Danielangela il 26.9.1968 emette i primi voti religiosi. Nel 1970 consegue il diploma di infermiera e caposala. L’8.9.1974 emette a Bergamo (Continua)

*[Fonte: www.causesanti.va]

 

 

 

NOTIZIE DAL MONDO - 15 OTTOBRE 2020:

VATICANO, 18.1.2021 MONS.FABIO FABENE NUOVO SEGRETARIO DELLA CONGREGAZIONE DELLE CAUSE DEI SANTI

Papa Francesco il 18 gennaio 2021 ha nominato Monsignor FABIO FABENE alla carica di Segretario della Congregazione delle Cause dei Santi, succedendo quindi a Mons. Marcello Bartolucci.

L’A.I.C.I.S. – Associazione Italiana Cultori Immaginette Sacre presenta a Mons. Fabio Fabene le più vive congratulazioni per il prestigioso incarico e invia il proprio sentito augurio di fruttuoso lavoro.

 

Sua Ecc.za Mons. Fabio Fabene nasce a Roma il 12 marzo 1959. Frequenta il Seminario Minore nell’allora diocesi di Montefiascone, compiendo gli studi teologici presso il Pontificio Seminario Regionale in Viterbo. E’ ordinato sacerdote il 26 maggio 1984. Consegue il dottorato in Diritto Canonico presso la Pontificia Università Lateranense.

Esercita il ministero di parroco di S. Maria del Giglio in Montefiascone, ricoprendo l’incarico di Cancelliere vescovile, dal 1984 al 1998, e insegna diritto canonico presso l’Istituto Teologico Viterbese. Dal 1° gennaio 1998 è a servizio della Congregazione per i Vescovi, nella quale è Capo Ufficio dal 24 aprile 2010; ricopre inoltre l’incarico di Sostituto della Segreteria del Collegio Cardinalizio.

 

Dal 1996 è Giudice Esterno del Tribunale di prima istanza per le cause di nullità di matrimonio della Regione Lazio, presso il Tribunale Ordinario della diocesi di Roma. L’11 gennaio 2012 viene nominato Prelato d’Onore di Sua Santità. È Postulatore della Causa di Beatificazione e Canonizzazione del Card. Marco Antonio Barbarigo e Assistente Ecclesiastico del Centro Italiano Femminile - C.I.F. di Roma.

 

È autore di diversi articoli per riviste di diritto canonico, di biografie sul Card. Barbarigo e su Mons. Luigi Boccadoro e di libri sul ministero del vescovo e del presbitero. L’8 febbraio 2014 viene nominato Sotto-Segretario del Sinodo dei Vescovi e il 18 gennaio u.s., infine, riceve dal Sommo Pontefice la nomina a Segretario della Congregazione delle Cause dei Santi.

 

 

PARIGI, 6.1.2021: MARTIRI FRANCESI DELL’IRAN APERTURA DELLA CAUSA DI BEATIFICAZIONE

 

La notizia dell’apertura della causa dei martiri francesi dell’Iran compare sul sinodo dell’Arcidiocesi di Parigi, dove avviene la postulazione. Infatti, un edit dell’arcivescovo Michel Aupetit invita tutti i fedeli “a comunicare direttamente tutte le informazioni idonee a dare, in qualche modo, un pretesto per dubitare della fama di martirio dei Servi di Dio”, e consegnare qualunque scritto che abbia per autore uno dei Servi di Dio.

 

Chi sono questi martiri candidati alla santità?

Il più conosciuto è il vescovo Jacques Emile Sontag (1869-1918), missionario vincenziano. Con lui, anche Padre François Miraziz (1878–1918), originario dell’Iran, vincenziano, sacerdote dal 1902. Partito per la missione, ad Ourmya trova la morte, “martire per mano dei curdi”, come ricordano alcune carte d’archivio.

Poi Padre Mathurin L’Hotellier(1849–1918) un vincenziano di rito caldeo, nato in Iran da famiglia musulmana e battezzato in segreto. Sacerdote ordinato nel 1875 a Gerusalemme, nel 1919 viene destinato ad Ourmiah dove subisce il martirio, ucciso da due domestici di Arshad Homayoun, amico di mons. J.E. Sontag.

E infine, Nathanaël Dinkha che da sei mesi si alternava in turni di guardia con altri cristiani, temendo le minacce dei musulmani. (Fonte: ACI Stampa)

 

 

ROMA, 12.2.2021: GUGLIELMO GIAQUINTA CHIUSURA FASE DIOCESANA DEL PROCESSO DI BEATIFICAZIONE

 

Il 12 febbraio u.s., nella Sala degli Imperatori del Palazzo Apostolico Lateranense, si è svolta la sessione di chiusura dell’inchiesta diocesana sulla vita, le virtù eroiche e la fama di santità del servo di Dio Guglielmo Giaquinta, vescovo di Tivoli e fondatore dell’Opera Pro Sanctitate. Il rito, è stato presieduto dal cardinale vicario Angelo De Donatis.

Erano presenti la postulatrice Marialuisa Pugliese, i membri del Tribunale diocesano di Roma, il delegato episcopale mons. Francesco Maria Tasciotti; il promotore di giustizia don Giorgio Ciucci; il notaio attuario Marcello Terramani.

Guglielmo Giaquinta, siciliano di origine, cresce a Roma dove sviluppa la vocazione sacerdotale e dove fra le macerie materiali e morali del secondo conflitto mondiale, fa rinascere il desiderio di santità. Da vescovo a Tivoli nel post ’68 cerca la volontà di Dio al di sopra di ogni altra cosa. Mons. Giaquinta, vero anticipatore del Concilio Vaticano II, è morto a Roma il 15.6.1994. 13.1.2021:

 

NULLA OSTA ALL’APERTURA DELL’INCHIESTA DELLA CAUSA DI BEATIFICAZIONE DI ROSETTA MARCHESE FMA

 

Lo scorso 13 gennaio la Santa Sede ha concesso alla Diocesi di Roma il nulla osta all’apertura dell’inchiesta diocesana della causa di beatificazione e canonizzazione della serva di Dio Suor Rosetta Marchese, Superiora Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, nata ad Aosta il 20.10.1922 e morta a 61 anni di leucemia a Roma l’8 marzo 1984.

La sua mèta da raggiungere: «Arrivare in paradiso con tutti i giovani per cui abbiamo donato e consumato l’esistenza». L’offerta di sè stessa a Dio per la Chiesa, i sacerdoti, la sua congregazione, le nuove generazioni, è stata una costante nella sua esistenza, sulla scia della santa co-fondatrice Santa Maria Domenica Mazzarello. “Attendiamo dal Vicariato la data per la cerimonia ufficiale”, riferisce la vicepostulatrice suor Francesca Caggiano che ha aggiunto: “La Commissione storica sta già lavorando per la raccolta della documentaziONE".

 

 

 

 

 

10.10.2020: BEATIFICAZIONE DI CARLO ACUTIS

UN TESTIMONE DELLA BEATIFICAZIONE DI CARLO ACUTIS di Orazio Lovino

Nella prima settimana di Ottobre 2020, come son solito fare da alcuni anni, ho raggiunto la verde Umbria per trascorrere alcuni giorni nella pace e nella preghiera dei luoghi del primo francescanesimo.

Ma questo ottobre mi ha offerto uno sprone maggiore: la cerimonia di Beatificazione di Carlo Acutis, un ragazzo speciale morto a 15 anni per leucemia fulminante che era solito affermare: “La nostra meta deve essere l’infinito, non il finito. L’Infinito è la nostra Patria. Da sempre siamo attesi in Cielo”.

 

Alle ore 17,00 del 5 ottobre 2020 sono entrato nel Santuario della Spogliazione di Assisi per venerare proprio Carlo, il giovane Servo di Dio la cui tomba era stata aperta qualche giorno prima il 1° ottobre alla venerazione di migliaia di fedeli accorsi dall’Italia e dall’estero [foto 1]. Sono rimasto subito folgorato dal suo viso, tanto da rimanere come bloccato lì davanti la sua tomba. Non riuscivo ad andare via; ero come attratto per ciò che egli rappresenta per tutti noi.

Vedevo sì un ragazzo, ma lo vedevo come un gigante, un esempio luminoso non solo per me, ma soprattutto per i tanti giovani che in quel momento erano lì attorno a lui e insieme a me. Sapevo che Carlo aveva avuto uno speciale talento nell’informatica e pensavo che la Chiesa in futuro potrebbe davvero proclamarlo patrono di Internet per via della sua grande passione per la rete che considerava uno strumento formidabile per evangelizzare e, soprattutto, per diffondere la sua grande devozione: l’Eucarestia.

Infatti, in vita era solito ripetere: “L’Eucaristia è la mia autostrada verso il cielo”. Sul web è ancora presente (www.miracolieucaristici.org), la mostra virtuale progettata e realizzata da lui a 14 anni.

Devo dire che in quel pomeriggio sono stato travolto, coinvolto, non solo da tanta gente entusiasta, ma da una grande forza della preghiera e dalla forza trascinatrice che Carlo poteva infondere ai tanti giovani di oggi. Tali sentimenti li ho sentiti confermati in me e nelle persone che ho poi contattato il 10 ottobre successivo quando il cardinale Agostino Vallini, Legato pontificio per le Basiliche di San Francesco e di Santa Maria degli Angeli, ha presieduto la solenne Concelebrazione per la beatificazione di Carlo Acutis [foto 2].

 

Carlo Acutis, ha ricordato tra l’altro il card.Vallini, aveva molta attenzione verso il prossimo, “soprattutto verso i poveri, gli anziani soli e abbandonati, i senza tetto, i disabili e le persone che la società emarginava e nascondeva. Non mancava di aiutare i compagni di classe, in particolare quelli che erano più in difficoltà.

Una vita luminosa, dunque, tutta donata agli altri, come il Pane Eucaristico”. Tra l’altro quando parliamo di Carlo abbiamo davanti un san Francesco dei nostri tempi. E non sono poche le analogie tra il santo di Assisi, cui si è ispirato lo stesso Papa Bergoglio al punto da assumerne il nome, e il giovane Carlo, che di Assisi e della spiritualità francescana era letteralmente innamorato.

 

Chi desidera approfondire la figura del Beato, può visitare il Sito Ufficiale dell’Associazione Carlo Acutis nel web: http://www.carloacutis.com/it/association.

 

Carlo amava l’Eucarestia, che è Gesù che si offre a noi; ed ogni cristiano normalmente preparato e mediamente pigro sa che nell’Eucarestia sta la sintesi di tutto il messaggio del Vangelo. Carlo offre una sintesi, chiara, lineare, di quello che vuol dire essere cristiani. Egli non ha studiato filosofia, non aveva le stimmate, non ha subito flagellazioni, non è vissuto in clausura, Carlo è un modello accessibile a tutti, perché era uno di noi. Carlo è la prova che la “buona novella” può essere veicolata nei modi più vari e che, anche dietro ad uno schermo, può trovarsi del bene. E mai come in questo periodo abbiamo bisogno di lavorarci su, fare una riflessione tutti insieme.

 

P.S.- Il socio AICIS ORAZIO LOVINO, autore di questa testimonianza, dona laimmagnetta qui accanto a tutti gli associati.

 

29 aprile: S.Caterina da Siena

Nell’Anno Giubilare di San Domenico di Guzman, ricordiamo

SANTA CATERINA DA SIENA il “genio femminile” del carisma domenicano, laica, Patrona d’Italia

 

di PADRE GIOVANNI CALCARA O.P.

Semi-analfabeta e Dottore della Chiesa, predicò la crociata e fu ambasciatrice di pace, antesignana dei diritti dei laici e delle donne nella Chiesa e nella Società, esigeva la virilità (virtù) del Papa come dei laici per essere fedeli alla propria identità e vocazione

Dalle sue Lettere, scritte a tutte le categorie della Chiesa e della Società, è possibile trarre riflessioni/consigli/massime per orientare l’impegno sociale degli uomini e delle donne. Tanto necessario, in un momento di confusione e disorientamento generale.


LA CITTÀ prestata… “Colui che signoreggia sé, la possederà con timore santo… come prestata e non come cosa sua… per restituirla senza pericolo di morte eterna” (Lettera n. 123). Inoltre: “Non vedo come potremmo ben governare gli altri, se prima non governassimo bene noi stessi… perché amiamo gli altri con quell’amore con il quale amiamo noi stessi…” (L. 123 e 358).


L’AMOR PROPRIO, un grande nemico… “Null’altro ha portato tanto divisione nel mondo, in ogni stato sociale quanto l’amor proprio: di qui sono nate e nascono le ingiustizie… questa è la ragione per cui gli Stati del mondo decadono, perché non ci si cura del l’onore di Dio e della santa giustizia” (L. 168).


Solo UOMINI E DONNE VIRILI in politica Può fare politica solo chi è adulto e non fanciullo, solo chi è sveglio e non addormen tato. Il richiamo di Caterina alla “virilità” dell’uomo in genere e, soprattutto del politico è una costante delle sue Lettere (una virtù, la virilità, che non è caratteristica del maschio, ma di ogni uomo “forte” (vir deriva dalla stessa radice di virtus), tanto che la santa la richiede anche alle donne. CORAGGIO del politico Una virtù necessaria al politico è il coraggio che lo induce ad impegnarsi per la verità e il bene. Il coraggio è il contrario del “timore servile”, che produce il “sonno delle ne gligenze” evitare la prova, rimandare la decisione, tollerare il male (cfr L. 123).


 NORME per esercitare il buon governo
1) Avere il senso dello Stato, ossia del Bene Comune, per rendere giustizia a tutti (cfr. L. 4).
2) Rispettare i diritti di Dio e dell’uomo (cfr. L. 171).
3) Scegliere bene i collaboratori nel governo della città “maturi e non bambini…” (cfr. L. 268). 4) Esercitare la giustizia con imparzialità, verso tutti (cfr. L. 338 e 268); con fermezza e vigore, avendo il coraggio delle scelte necessarie (cfr. Dialogo, 119); osservandola per primo (cfr. L. 358); unendola alla misericordia, per non essere crudele e cieca (cfr. L. 291).

 

Il Dio di Caterina è il Dio-personale, il Dio-vivo, il Dio-Provvidenza, il Dio Agàpe che, rende l’uomo protagonista nell’economia del Regno, in forza del Battesimo

 

I “SANTI PATRONI” DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE D’ITALIA

 

di Giancarlo GUALTIER

 

 

15a REGIONE: SICILIA (parte terza) Province: Agrigento - Caltanissetta - Catania - Enna

 

I SANTI PATRONI DELLA CITTA' DI MESSINA

 

MARIA SS.MA DELLA LETTERA

Secondo quanto tramanda la tradizione, l’Apostolo Paolo, pochi anni dopo la morte di Gesù Cristo si trovava in Sicilia, a Messina, per convertire la gente di quei luoghi alla nuova religione.

Quando giunse il tempo di far ritorno in Palestina, intorno al 42, una delegazione di cittadini chiese di accompagnarlo per poter consegnare alla Madre del Signore una missiva nella quale si chiedeva la protezione per la loro città.

Maria li accolse e, in risposta alla missiva, consegnò loro una sua “Lettera”, scritta in ebraico, arrotolata e legata con una ciocca dei suoi capelli, datata 3 giugno 42, nella quale assicurava al popolo messinese la sua perpetua protezione.

Ogni anno, perciò, il 3 di giugno la patrona della città viene festeggiata con una solenne processione preceduta da tutte le confraternite della diocesi, in abito tradizionale disposte su due file.

 

La ciocca di capelli della Madonna incastonata in un reliquario a forma di un piccolo galeone d’argento e la “Manta d’Oro”, il rivestimento del quadro della Madonna della Lettera in oro cesellato del XVII secolo, sono conservati nel Duomo di Messina.

Inoltre, all’ingresso del porto è stata eretta una colonna votiva alta 60 metri con statua, in bronzo dorato, della Vergine, alla cui base si può leggere la frase “VOS ET IPSAM CIVITATEM BENEDICIMUS -BENEDICIAMO VOI E LA VOSTRA CITTÀ” che sintetizza appunto la protezione della Madonna. (Fig.1)

 

 

 

SAN FRANCESCO DI PAOLA

(Paola, 27 mar. 1416 – Plessis-lez-Tours, 2 apr. 1507).

 

Il Miracolo più famoso del Fondatore dell’Ordine dei Minimi è senza alcun dubbio l’attraversamento dello Stretto di Messina sul suo mantello. Secondo la tradizione Francesco, dovendosi recare a Milazzo, in Sicilia, giunto al porto di Catona, in Calabria, il 4 aprile 1464, domandò ad un barcaiolo del posto, un certo Pietro Coloso, di essere traghettato.

Al rifiuto di quest’ultimo Francesco non si scompose; dopo aver disteso il suo mantello sulle onde e legato un’estremità al suo bastone a mò di vela, vi montò sopra insieme ai due confratelli che lo accompagnavano e raggiunse l’altra sponda.

La città di Messina, che lo ha voluto come suo compatrono, lo festeggia con una antichissima processione che si svolge ogni anno, due domeniche dopo la Santa Pasqua.

Un evento caratteristico è la cosiddetta “sagra della spatola” risalente alla metà del secolo scorso. Si narra infatti che i pescatori del luogo, stremati da una lunga penuria nella pesca, grazie all’intervento miracoloso del “Santu Patri” al quale si erano rivolti con preghiere di intercessione, ritornarono a fare un’abbondate pescato che non si vedeva ormai da tanto tempo.

A ricordo di tale miracolo i pescatori messinesi donarono a San Francesco di Paola un “ex voto” rappresentato da una spatola stilizzata in oro bianco che adorna la statua del Santo in occasione della processione. (Fig.2)

 

SAN PLACIDO MARTIRE

(Roma 515 – Messina, 5 ottobre 541)

 

Placido, di nobili origini e primo di quattro figli del patrizio romano Tertullo e della messinese Faustina, fu, insieme ad un altro giovane di nome Mauro, al seguito di Benedetto da Norcia prima a Subiaco e poi a Montecassino. Mauro fu poi inviato in Gallia mentre Placido in Sicilia per diffondere la nuova regola.

Giunto nell’antica Zancle, l’odierna città di Messina, fondò il primo cenobio benedettino dedicato a San Giovanni Battista, l’attuale chiesa di San Giovanni di Malta.

Proprio in questo monastero, il 5 ottobre del 541, egli trovò la morte per mano di pirati eretici ariani. Insieme a Placido furono trucidati anche i fratelli Flavia, Eutichio e Vittorino ed altri trenta monaci.

La leggenda vuole che nell’ipogeo della chiesa, durante alcuni lavori di restauro, il 4 agosto del 1588, furono riportate alla luce i resti di questi martiri.

Nel punto esatto dove furono ritrovate le reliquie sgorgò una sorgente la cui acqua considerata miracolosa veniva distribuita ai fedeli mediante un’apposita coppa d’argento con al centro una statuina di San Placido.

Ogni anno, il 5 di ottobre, i messinesi ricordano il loro compatrono con solenni festeggiamenti ed offrono un cero al Santo in ricordo della fine della tremenda peste che per ben tre anni dal 1743 al 1745 aveva colpito la cittadina causando migliaia di vittime tra la popolazione. Questo episodio è raffigurato in un dipinto settecentesco posto sull’altare maggiore della Chiesa di San Giovanni di Malta, e mostra San Placido che, insieme a San Rocco, libera Messina dalla peste. (Fig.3)

 

 

SANT'EUSTOCHIA (SMERALDA) CATALAFATO

(Messina, 25 marzo 1434 – Messina, 20 gennaio 1485).

 

Smeralda, di famiglia benestante, figlia di un ricco mercante messinese, giovanissima, all’età di 15 anni, contro il parere dei genitori che per ben due volte avevano tentato di darla in sposa, decise di prendere i voti ed entrò nel Monastero di Basicò.

Qui condusse per oltre dieci anni una vita austera e di penitenza, dormendo sulla nuda terra di un sottoscala che aveva scelto come cella e portando il cilicio.

Nel 1464 abbandona il Monastero che l’aveva accolta e fonda vicino Messina il convento di Montevergine dell’ordine delle monache Clarisse Riformate, diventandone prima badessa. Qui rimase fino al 20 gennaio 1485 quando Eustochia morì lasciando la sua ultima raccomandazione alle consorelle “Prendete, figlie mie, il Crocifisso per Padre, ed Egli vi ammaestrerà in ogni cosa”.

Suor Eustochia Calafato, nel 1782 fu beatificata da Pio VI e, nel 1988, proclamata Santa da Papa Giovanni Paolo II.


Il suo corpo, conservato in una teca di cristallo in posizione eretta, per questo è chiamata anche “la Santa in piedi”, è ancora miracolosamente incorrotto. I messinesi la venerano come protettrice della loro città, specialmente contro i terremoti.

Ogni anno, il 20 gennaio ed il 22 agosto, nel Monastero di Montevergine, Sant’Eustochia Calafato viene ricordata con una solenne celebrazione dalla comunità delle clarisse, dalle autorità ecclesiastiche e civili e da tutta la cittadinanza. (Fig.4)

 

 

I SANTI PATRONI DELLA CITTA' DI SIRACUSA

 

 

 

SAN GIOVANNI DETTO IL BATTISTA

(24 giugno fine I sec. a.C. – 29 agosto circa 32 d.C.),

 

Giovanni è l’unico Santo, insieme alla Madonna, del quale si celebra il giorno della nascita terrena, 24 giugno, oltre a quello del martirio, 29 agosto. Viene ricordato come “il Precursore” o “il più grande dei profeti” per aver annunciato l’arrivo del Messia ancor prima della sua nascita”.

Battezzò lo stesso Gesù di Nazaret nelle acque del fiume Giordano dicendo: “Ecco l’Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato dal mondo!”.

Il Battista fu fatto decapitare da Erode Antipa per compiacere Salomè, figlia di Erodiade sua concubina, che aveva danzato ad un banchetto. La sua testa deposta su un vassoio fu portata alla giovane che la consegnò alla madre, per questo è ricordato anche come “San Giovanni Decollato”.

A Ragusa, l’antica Hybla, il culto verso il Battista è molto antico e risale al VI-VII sec., si consolidò comunque intorno al XIII sec., ad opera di alcuni profughi provenienti dalla città di Cosenza in Calabria molto devoti al Santo, con la costruzione di una magnifica chiesa a lui dedicata, ma andata distrutta nel terremoto del 1693.

I cosiddetti “sangiovannari” ricostruirono nel quartiere di Ragusa superiore la nuova Chiesa. Nel 1950 divenuta Cattedrale e sede vescovile, San Giovanni Battista fu dichiarato Patrono della Città e della Diocesi. I solenni festeggiamenti in onore del Battista hanno il loro culmine il 29 agosto con una lunghissima e suggestiva processione che si snoda per le vie del centro storico della Statua e dell’Arca Santa contenente le reliquie, seguita dai fedeli scalzi o vestiti di rosso che portano grossi ceri in segno di un voto o grazia ricevuta. (Fig.5)

 

 

LA MADONNA DELLA MEDAGLIA

Il culto verso la Madonna con questo titolo nacque nel 1830 in seguito alle apparizioni della Vergine a S. Caterina Labourè, delle Figlie della Carità di S. Vincenzo de’ Paoli.

La Madre di Gesù era vestita di bianco, con i piedi su un piccolo globo, dalle sue mani partivano fasci di luce, mentre le parole “O Maria Concepita Senza Peccato; Pregate per noi che ricorriamo a Voi” formavano un ovale attorno alla sua persona.

La Madonna invitò Caterina a far coniare una medaglia su quel modello, promettendo grazie e protezione a chi l’avrebbe portata. La venerazione di questa Madonna fu introdotta a Ragusa intorno al 1837 dal Sacerdote don Mario Di Stefano; i ragusani scelsero come Festa la seconda domenica di maggio, e la Madonna della Medaglia divenne Compatrona della Città. (Fig.6)

 

SANTA GAUDENZIA V. M.

 

Scarse sono le notizie sulla vita di questa martire.

Il suo culto a Ragusa risale al lontano 1623 quando il padre francescano Bonaventura Arezzo trovandosi a Roma, chiese ed ottenne il corpo della vergine martire Gaudenzia, estratto dal cimitero di S. Sebastiano “ad Catacumbas”.

Lui stesso lo trasportò a Ragusa e ne fece dono alla città. Le sacre reliquie furono deposte in una cappella della Chiesa Madre di San Giorgio. I ragusani nel 1643 vollero Santa Gaudenzia come compatrona e la festa liturgica viene celebrata il 30 agosto di ogni anno. (Fig.7)

 

 

 

SAN GIORGIO

San Giorgio (Cappadocia, 275-285 circa – Nicomedia, 23 aprile 303),

 

Martire cristiano, venerato come santo megalomartire è anche uno dei 14 santi ausiliatori. La sua figura, di intrepido cavaliere che uccide il drago per liberare una principessa, allegoria della fede che sconfigge il male, è stata narrata da Jacopo da Varagine nel XIII secolo nella sua “Leggenda Aurea”.

 

La devozione popolare verso questo Santo è antichissima e diffusa in ogni parte del mondo come è testimoniata dalle chiese a lui dedicate in tantissimi paesi, città e regioni del mondo che lo hanno eletto come patrono. San Giorgio è patrono di Ragusa (Ibla) dove viene festeggiato l’ultima domenica di maggio.

Il venerdì antecedente la statua di San Giorgio e l’Arca Santa, una cassa in argento lavorato con le reliquie dei santi, esposte alla venerazione dei fedeli nella Chiesa Madre, vengono portate in processione fino alla Chiesa del Purgatorio, dove viene deposta l’Arca mentre la Statua viene trasportata fino alla chiesa di San Tommaso dove rimane per la notte. Il sabato San Giorgio riprende l’Arca Santa dalla chiesa del Purgatorio e assieme rientrano nella Chiesa Madre.

La domenica è il momento della processione principale seguita dalle confraternite e da migliaia di fedeli, caratterizzata dalla “Ballata del Santo”, i portatori, i cosiddetti “sangiorgiari” fanno ondeggiare la Statua al grido di “tutti Truonu!” che sta a significare che è lui il vero Patrono della città. Un fantasmagorico spettacolo di fuochi pirotecnici conclude a tarda notte la festa. (Fig.8)

 

 

 

I SANTI PATRONI DELLA CITTA' DI SIRACUSA

 

SANTA LUCIA (Siracusa, 283 – Siracusa, 13 dicembre 304)

 

Giovane fanciulla appartenente ad una nobile famiglia cristiana di Syracusæ, fu fatta prigioniera durante la grande persecuzione voluta dall’imperatore Diocleziano. Essendosi rifiutata di rinnegare la sua fede in Cristo fu sottoposta ad indicibili torture ed infine decapitata. Sarebbe, quindi, falso l’episodio secondo il quale le avrebbero cavato gli occhi.

L’iconografia che la dipinge con gli occhi su un piatto, è da collegarsi con la devozione popolare che l’ha sempre invocata protettrice della vista per via del suo nome che in latino significa appunto Lux=Luce.

Attualmente le sue spoglie mortali sono custodite, dopo una lunga peregrinazione, nel Santuario di Lucia a Venezia, mentre il luogo di culto principale è la Chiesa di Santa Lucia al Sepolcro a Siracusa.

Il 13 dicembre Siracusa celebra la Patrona Santa Lucia; il Simulacro d’argento del XVI secolo e le Reliquie vengono portate in processione dai cosiddetti “berretti verdi” della confraternita dei falegnami, dal Duomo alla chiesa di Santa Lucia al Sepolcro. La settimana dopo, il corteo rifà il percorso nel senso opposto e la Statua ritorna nella Cattedrale e si conclude a tarda sera con il tradizionale spettacolo pirotecnico. Ad Ortigia, l’isola che costituisce la parte più antica della città di Siracusa, nel mese di maggio si svolge la cosiddetta “Festa del patrocinio di Santa Lucia” a ricordo di un evento miracoloso avvenuto nel 1646, quando approdarono al porto alcuni bastimenti carichi di grano che posero fine ad una lunga carestia che aveva colpito la cittadina siciliana. (Fig.9)

 

SAN SEBASTIANO

 

(Narbona, 256 – Roma, 20 gennaio 288), Sebastiano è stato un militare romano quando l’impero era guidato da Diocleziano. Secondo la leggenda, condannato a morte per aver sostenuto la fede cristiana, fu legato ad un palo in un sito del colle Palatino, denudato, e trafitto da così tante frecce in ogni parte del corpo da sembrare un istrice.

Sopravvissuto miracolosamente a questo supplizio, su ordine di Diocleziano, fu condotto nell’ippodromo del Palatino, flagellato a morte e gettato nella Cloaca Maxima. Il corpo, impigliatosi in un’ansa del Tevere, fu raccolto dalla matrona Lucina, trasportato sulla via Appia e sepolto nelle catacombe che oggi portano il suo nome.

La città di Siracusa, che ha scelto San Sebastiano come compatrono per aver più volte liberata nel passato dalle tremende epidemie di peste, ogni anno il 20 gennaio, con l’apertura della nicchia che custodisce il simulacro dI San Sebastiano e la sua traslazione sull’altare maggiore della chiesa di Santa Lucia alla Badia, apre i festeggiamenti in suo onore.

Viene celebrata una solenne messa presieduta dall’arcivescovo di Siracusa con la partecipazione delle autorità civili cittadine e degli agenti del Corpo della Polizia Municipale (San Sebastiano, con breve apostolico del 3 maggio 1957 di papa Pio XII, è stato dichiarato anche patrono di tutti gli Agenti di Polizia Locale). La domenica successiva il simulacro viene portato in processione per le antiche vie cittadine e alla sera, dopo il rientro in Duomo, uno spettacolo pirotecnico chiude festeggiamenti. (Fig.10)

 

 

 

SAN MARCIANO O MARZIANO (Antiochia – † Siracusa, I secolo),

 

È considerato il primo vescovo di Siracusa, discepolo di san Pietro ad Antiochia fu da lui inviato in Sicilia a predicare il Vangelo. Operò molte conversioni e per questa sua attività fu ucciso.

 

La sua più antica raffigurazione si trova nelle catacombe di Santa Lucia. Alcune sue reliquie sono giunte nel Lazio, nella cattedrale di Gaeta, di cui è compatrono. Il 30 ottobre ed il 14 giugno di ogni anno la comunità di Siracusa festeggia il proto vescovo san Marciano, patrono principale dell’arcidiocesi di Siracusa, con una solenne messa in Cattedrale. (Fig.11)

 

 

 

I SANTI PATRONI DELLA CITTA' DI TRAPANI

 

 

SANT'ALBERTO DEGLI ABATI (Trapani, 1240 – Messina, 7 agosto 1307)

 

Appartenente a una famiglia nobile di origine fiorentina, giovanissimo entrò nel convento dei carmelitani diventandone poi provinciale prima a Trapani e poi a Messina. Instancabile predicatore durante la sua vita riuscì a convertire innumerevoli ebrei.

Fu canonizzato il 15 ottobre 1457 da papa Callisto III diventando così il primo santo del Carmelo ad essere venerato ed insignito del titolo di patrono e protettore dell’Ordine Carmelitano. Alberto è patrono di Trapani, di Erice e compatrono di Messina.

La statua reliquario d’argento, contenente il teschio di Sant’Alberto, si trova nella chiesa dei Carmelitani di Trapani, santuario dedicato alla Beata Vergine Maria del Monte Carmelo.

 

A Trapani, sin dal 7 agosto del 1624, giorno in cui liberò la cittadina dal flagello della peste, ogni anno si celebra la festa in onore di sant’Alberto con il solenne pontificale del vescovo e la processione nel centro storico e, prima dell’arrivo in Cattedrale, la consegna delle chiavi della città da parte del sindaco.

Caratteristica è l’antica tradizione della benedizione dell’acqua e la distribuzione ai fedeli della “bambagia di Sant’Alberto” estratta dalla reliquia del cranio, a ricordo del miracolo fatto in favore del figlio del re Pietro III d’Aragona, guarito miracolosamente in punto di morte, da un sorso d’acqua contenente pezzettini di un vestito di Sant’Alberto. (Fig.12)

 

LA MADONNA DI TRAPANI

 

E’ una bellissima statua marmorea trecentesca custodita nella Basilica dell’Annunziata dai padri Carmelitani. Secondo un’antica leggenda era sta imbarcata in Siria da un cavaliere templare toscano che intendeva portarla in Italia. Una furiosa tempesta costrinse però la nave ad approdare nel porto di Trapani e la statua fu data in consegna ai frati di S. Maria del Parto. Giunto il giorno del reimbarco, la statua della Madonna fu caricata su un carro, trainato da una coppia di buoi, per essere trasportata al molo. Ma gli animali presero un’altra direzione e si arrestarono davanti alla Chiesa dell’Annunziata. Il “segno” era chiaro la Madonna voleva e doveva rimanere a Trapani. La “Madonna di Trapani” è stata coronata nel Capitolo Vaticano il 14 marzo 1734 e reinconorata per volere di Pio XII nel 1935. I festeggiamenti in onore della Patrona della città e della diocesi iniziano il 1° di agosto con la tradizionale quindicina, i fedeli si recano al Santuario a piedi, molti scalzi; recitando preghiere durante il tragitto. Il 16 agosto, la copia della statua della Madonna viene portata in processione per le vie della città (la statua originale è stata trasportata in processione solo una ventina di volte nel corso dei secoli; l ‘ultima volte nel 1954). I festeggiamenti terminano in serata con il ritorno in Cattedrale ed i tradizionali fuochi d’artificio di mezzanotte alla “marina”. (Fig.13)

 

 

SAN FRANCESCO DI PAOLA

(Paola, 27 mar. 1416 – Plessis-lez-Tours, 2 apr. 1507

 

A Trapani la presenza dei frati dell’Ordine dei Minimi o Paolotti è testimoniata sin dal 1571, mentre la proclamazione di San Francesco di Paola da parte del Senato della città a Santo Protettore risale al 1726 in occasione dello scampato pericolo dopo un violento terremoto, durante il quale la statua del Santo sebbene asciugata, rimase bagnata di sudore nel viso e nel collo.

Ogni anno la terza domenica di Pasqua i trapanesi festeggiano “‘u Santu Patri” portando in processione per le vie del centro storico la maestosa statua lignea della prima metà del XVIII secolo. Al porto viene gettata in mare una corona di fiori a ricordo dei caduti in mare e poi dopo la caratteristica benedizione dei marinai e dei pescherecci, che salutano il loro santo protettore al suono delle sirene, il corteo fa ritorno in Chiesa. (Fig.14)

 

 

 

 

 

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