Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

POESIE

 

Le poesie sottoriportate sono state scritte da Patrizia Fontana Roca di Cartantica e sono proprietà esclusiva di Cartantica, ma la riproduzione delle stesse verrà concessa, citando la fonte, previa richiesta e specificando l'utilizzo.

 

SILLOGE

 

INFANZIA

 



******

 

FOTOGRAFIE

Guardando l'album di fotografie
in cui mi rivedo appena nata,
scopro una bimba dalla faccia aperta
col riso sulle labbra, paffutella
che sgambetta ed accenna a una risata.

'49 Scarpette bianche, calzini con le nappe,
la falda alzata d'un grazioso cappellino
una smorfia ilare, buffa sulla faccia...
In un'altra, sul braccio una borsetta
ed un'aria compunta da signora,
un fiocco che spunta biricchino
 da un boccolo al sommo della testa.

Più in la indossa un costume regionale
pendenti d'oro, collane a profusione
e una conca di rame sotto il braccio,
un'aria schiva, forse intimidita
dal vecchio fotografo ufficiale.

'54 Col vestitino di taffettas celeste,
un'aria corruscata, un fiocco in tinta
un pò a sghimbescio, floscio, sconsolato.

'56 Treccine saltellanti sulle spalle
che gioca con compagne di vacanze:
ping pong, cerchietti, corda, bicicletta,
sul volto fresco un facile sorriso.

Qui forse finisce la mia infanzia.
Altri anni, altre foto poi verranno,
carta stampata con dentro dei ricordi...

Chissà cosa pensava quella bimba,
di volta in volta corrucciata o allegra.
Chissà se pensava ai suoi domani,
agli eventi, agli incontri, alle battaglie.

Forse ai giochi pensava, alle lezioni
mandate a mente per il giorno dopo.
Forse sognava che le fate e i gnomi
che popolavano i libri dell'infanzia,
li avrebbe incontrati ad ogni passo.
I draghi, gli orchi, le stregonerie
erano personaggi immaginari
destati solo dalla fantasia.

Forse sognava una lunga fiaba,
un eterno fiorire di magie.

Ma poi la vita l'ha disincantata:
sogni le fiabe, la realtà bugie...





DI NUOVO PRIMAVERA

Il muro finora coperto di grigio,
è ora fiorito di glicine e verde

Una bimba vestita d'azzurro
raccoglie,
nell'ampia gonna a corolla,
margherite presto dimenticate
e disperse.

Di nuovo, primavera,
parli e risvegli
da un sonno solitario
il vecchio giardino
dal cuore assopito.

 

 



INFANZIA


Trama di nostalgie rampicanti
lungo i sentieri dell'anima,
tenera cantilena di ricordi,
magico caleidoscopio d'immagini,
collana di frasi e gesti infantili
tersi come gocce d'ambra.

Che adornano, ora,
il volto ormai sfiorito
della mia fanciullezza.

 





1947  (A MIO PADRE)

Da poco placati
gli orrori della guerra,
il crepitio della mitraglia
solo un ricordo ormai,
le ragazzate e i falsi eroismi
sepolti...

Tu eri gia uomo,
forgiato alle lotte,
con idee e speranze
che cercavano spazio.

Io allora nascevo,
con la mia debolezza di donna
gia impressa...

IV Premio Coppa dell'Accademia d'Europa - Pubblicazione nell'Antologia Stelle d'Europa delle poesie: "Nuvola divento" e "A mio padre".

 

 

DOPOGUERRA

Io nacqui e vissi
nella città aperta dove,
da poco sopito
il fragore delle bombe,
restavano segni di guerra
a San Lorenzo,
tra strade devastate
e fatiscenti palazzi.

Al Colle Oppio, le stanze di Nerone
adibite a rifugi di fortuna,
spalancavano attonite orbite
agli sfollati e ai gatti randagi.

Nell'aria venata di miseria,
il frizzante vento di ponente
spazzava via odor di sangue
e sudore rappresi,
la fame e gli oltraggi subiti.

Ma non il ricordo,
da cui s'attingeva
sprone a vivere...




 



RICORDI


Io vissi, bambina curata, ben vestita
con un musetto allegro, spiritoso,
nutrita e viziata a caramelle
da un'anziana signora siciliana,
che per conforto alla sua vita solitaria
ai miei aveva dato in subaffitto,
una stanza con l'uso di cucina.

Di quella stanza ricordo con angoscia
la carta da parati verde scuro,
mobili l'un sull'altro accatastati:
una credenza, due armadi, due comò,
un tavolo ovale con le sedie,
il letto grande dei miei genitori
ed il lettino azzurro con le sbarre
che mio fratello più tardi ereditò.

Giochi  e  segreti in uno scatolone,
poco spazio per  vivere, 
per crescere...



 



ZIA EUGENIA


Di lei ricordo un viso aperto
e un'indole pronta alla battuta,
un'onda bionda di tintura sui capelli
e gesti teneri, d'affetto,
gite, ristoranti, cene all'aperto...

E un istinto di nonna irrealizzata
a cui chiedere chicche e caramelle
ed un'intesa complice, pronta a coprire
i miei molti capricci e marachelle...

 

 

 

L'ALTRA STANZA

 

Un lungo tavolo al centro della stanza,
piedi intagliati a forma di leone,
due armadi gemelli fin de siècle,
coi vetri ocra come quelli delle chiese,
che celavano schiere di bicchieri
di fine vetro, con il gambo a stelo
o minuscole coppe da rosolio
pirografate, con i fregi d'oro
e statuette vestite da damina...

Una pesca, imitata a perfezione
faceva spicco sopra una fruttiera
e la peluria lieve della buccia
mi dava un brivido, se solo la sfioravo...

In un angolo, poi, un mobiletto
d'ebano nero con la ribaltina
che nascondeva preziosissimi ventagli
con cui mi lasciavano giocare.
Roba dell'Ottocento, roba fine
tutta piume, merletti già a brandelli
che, mimando un'antica pantomima
leziosamente, nell'aria dondolavo.

Ed in uno dei tanti cassettini,
un cristallo di rocca sfaccettato…
Con quel gioiello iridescente tra le mani,
io mi sedevo sotto la finestra
facendolo ruotare lentamente.

Poichè, trafitto dalla luce, risplendeva
ed io felice mi perdevo
in quel fulgore...


 

 

CARNEVALE


Vestita da fata,
bambina con trecce di sole,
nel lieve vento di marzo
mi lancio,
come un gaio aquilone.

Sull'ampia gonna di carta
cento stelline dipinte,
un cono azzurro il cappello.

In mano, una sottile bacchetta,
fragile talismano dei sogni,
con cui, sono certa,
realizzerò magie...

- Città di Viareggio Febbraio 1985 - Segnalazione di merito, targa e diploma per Poesia singola. Pubblicazione sull'Antologia edita dalla Ibiskos della Poesia "Carnevale"



LETTERINE DI NATALE

 

Nell'album dei ricordi ho ritrovato
le mie vecchie letterine di Natale:
un angioletto sopra una capanna,
un San Giuseppe ed una Madonnina
e un Bambinello in fasce sulla paglia.
Tutt'intorno dei lievi fregi d'oro,
un ricamo di fiori e foglioline...

E sulla carta, dal tempo ormai ingiallita,
la mia grafia minuta ma decisa:
"Carissimo papa, cara mammina..."
e giù una nota d'impegni,
di promesse d'essere buona, obbediente, rispettosa.

Augurandomi che Gesù Bambino,
nella sua immensa bontà, chiudendo un occhio
sulla lista delle mie marachelle,
in dono mi portasse un dolciume e un balocco...

 

Poesia premiata, nel Settore "Silloge" all'VIII Ed. del concorso di Poesia e Narrativa città di Pomezia, 1987


 

FAVOLE


"Voglio una bambola che sembri proprio viva!"
"Io, invece, una lucente macchina sportiva..."

Questo chiedono, ansiosi i miei bambini,
pensando al vecchio con la barba bianca,
generoso e disposto a perdonare,
a chiuder gli occhi sulle marachelle
e che, trainando la slitta tra le stelle,
doni e dolciumi è pronto a dispensare.

Una favola bella che t'incanta,
a cui ormai quasi nessuno crede.
Ma è un sogno a cui i bimbi prestan fede,
a cui s'afferran con la mano stretta,
per non diventare adulti troppo in fretta.

Io rammento, con un pò di nostalgia,
le lunghe notti dell'Epifania...
 (Babbo Natale non esisteva ancora
che nelle case dell'alta borghesia)

E nel ricordo, vivo come allora,
quel groppo d'ansia che premeva il cuore
e gli occhi ti faceva spalancare
nel buio, le pupille dilatate,
impensierita dalle birbonate
del giorno prima, poi dimenticate.

D'un tratto, un breve sogno interveniva
e delicato richiudeva gli occhi,
regalandomi fantastiche visioni
di bambole, dolciumi e di balocchi,
allineati sotto un albero imponente,
carico di festoni e d'ornamenti.

In cima, ad un palmo dal soffitto,
il puntale a forma di cometa
e nell'intreccio dei rami, fitto fitto,
le luci, le palline legate con la seta.

Poi la candida cascata della neve,
ovatta bianca o pugni di farina,
su cui l'impronta della mia manina
tracciava solchi, un altro sogno lieve
destando, d'un paesaggio da fiaba, evanescente.

Nella realtà, l'abete era finto e striminzito
con l'anima di ferro, i rami spogli,
l'esile base di legno avvolta in fogli
di carta velina, attorno a un'inesistente
vaso di coccio...Il sogno è gia svanito...

Peccato non possa tornare bambina,
nel cuore annebbiato nutrire speranze,
far crescere sogni illusori negli occhi,
infantili visioni di dolciumi e balocchi.

Poesia premiata, nel Settore "Silloge" all'VIII Ed. del concorso di Poesia e Narrativa città di Pomezia, 1987

 

 

SERA DI SAN GIOVANNI

Sera di San Giovanni...

Ricordi di bambina riaffiorano
sospesi al filo delle luminarie,
che s'incurvavano a tratti
in archi rilucenti.

Bancarelle di giochi e di dolciumi,
collane di castagne secche
di cui mi ornavo, festosa
e incerta tra veglia e sonno,
le mani strette attorno
a una pallina morbida, di pezza.
 
Fragranze festive nell'aria
di nocciole tostate,
di caramello fuso, filante
e intorno al calderone
frotte di bimbi affascinati
da quella delizia ovattata.

Nelle osterie si mondavan lumache,
s'innalzavan brindisi
finchè, d'un tratto un vociare confuso
annunciava imminente,
la sfilata dei carri,
su cui popolane bellezze intrecciavano
fiori e sorrisi.

Nel ricordo riaffiorano,
simili a deità agresti e ridanciane
a cui offrire canti e danze,
da cui ricevere
un'ilarità spensierata.

A notte alta, poi, in cielo scoppiava
la magica fioritura dei fuochi,
crepitando con la stessa virulenza
di risa  a lungo trattenute,
gonfiandosi in boccioli variopinti
i cui petali si sfaldavano,
scomparendo e lasciando
una scia di comete.

Io indietro ricacciavo il sonno
e il capo ciondolante rialzavo
al profondo notturno..


 

 

A DELY


Dalla camicetta bianca,
un magro collo avvizzito
ed un volto minuto
in cui qualche raro sorriso
irradiava piccole rughe
e mi faceva pensare
alla tua gioventù non vissuta.

Tristemente invecchiasti anzitempo
portando leggere le dita alla tastiera,
unico impegno e svago concesso
alla tua cagionevole salute,
vanamente tentando d'insegnarmi
qualche accordo del "Pianto d'una vergine"

Ma poi venne Black, il barboncino,
a rischiarare la tua solitudine
e furono allegri i tuoi giorni,
felici i miei giochi
e le mie corse al Colle Oppio,
dietro il barboncino nero, vellutato,
l'unico con cui m'affratellai,
con affetto sincero,
io che dagli animali rifuggivo.

Sedute su una verde panchina
dividemmo lunghe ore di sole,
...il sole svagato della mia infanzia.


 



FANTASIE


Nell'ampio piazzale del giardino
un crocchio di bimbi intorno a un uomo,
a cui davamo il nome di Nostromo.

Di viaggi ci parlava e d'avventure
e alla realtà intrecciava fantasie,
miti, leggende, fiabe d'altri luoghi.

Così anch'io sognavo d'imbarcarmi,
girando il mondo in cerca d'avventura:
terre lontane, altre usanze e idiomi
e le strade affollate d'angiporto

"Marinai che scendete ad ogni scalo,
ci sarò anch'io nelle strade di Shanghai.
Ad ogni incrocio forse una sorpresa,
ogni momento propizio all'imprevisto.
Per le vie un susseguirsi di bazaars,
fruscii di seta, gioielli, statuine,
Ed un saggio indovino, che mi legga la mano..."

 

 

DOMENICHE

 

Timballi di pasta consumati
sui prati dello zoo
o nell'ultima osteria di Caracalla
dove, tra disperse rovine e capitelli,
con altri bimbi giocavo a nascondino.

Merende a base di prosciutto e olive,
un goccio di vinello e una gazzosa
nelle fredde cantine dei Castelli.
 
Oppure salivamo alla stazione
sopra un tramvetto carico di gente,
Cinecittà ultima nostra meta,
gia brulicante di vita e d'edifici.

Tre volte l'anno, una scappata a Pietralata
dove Ernesto, prolifico e sdentato,
viveva in una casa popolare
in un'allegra, musicale confusione.

Ma la mia gioia più grande si faceva
quando ci recavamo a Tor Sapienza
(vari trasbordi ed una lunga attesa
al capolinea sulla Prenestina).

In tre villette contigue con giardino
abitavano i cugini di mio nonno
coi figli poco più della mia età
ed io con essi potevo sbizzarrirmi
in quei giochi definiti da maschiaccio.

Con imprudenza salivo sopra il fico
cogliendo o pregustando i primi frutti.
Oppure, senza compagni d'avventura,
libera, correvo in mezzo ai prati,
un elmo ed uno scudo improvvisati...

 

 




FERMENTI


Quelle eran le estati
dei vecchi leoni di Villa Borghese
che montavano la guardia
sui sentieri dell'infanzia,
celando agli sguardi indiscreti
arcate di rose già sfiorite.

Sulla superficie piatta
e densa del lago,
che già trasmutava in acquitrino,
fermentavano talee d'inaudita bellezza.
e sul fondo vibrante,
s'affollavano genie d'insetti
immemori di sorgive.

In esso sprofondavano,
gioiose o tristi
le mie fantasie innocenti...

 

 

 

IL TRAFORO


 ... Gelido arco sotto cui
l'eco dei miei passi
sonora rimbalzava
e la mia  voce bambina
vibrava incerta di paura.

Le luci saettavano,
e come mostri paurosi,
sagome d'auto apparivano
all'imboccatura del tunnel
e saettando veloci, sparivano,
globi di fuoco sfreccianti...

 

 

 

 

CARA MAESTRA


Cara maestra che, giorno dopo giorno,
la tua pazienza a dura prova sottoponi
quando impazienti, curiosi a te d'intorno
saltellando, chiediamo spiegazioni
e tu ci conduci, con piacere
nel magico mondo del sapere...

Certe mattine allegre, gaie, festose,
le consonanti scritte alla lavagna
son come tante note ballerine
allineate sopra un pentagramma
e il coro delle nostre voci gioiose
alla tua, chiara e sonora s'accompagna
sillabando vocali chiacchierine.

Tu consoli un dolore come fossi una mamma,
dispensi carezze, sorrisi, caramelle
premi o punisci e infine ci perdoni,
fra noi intervieni placando ogni bisticcio.

"Sentite che vocio oltre quella finestra?..."
Un libero stormo di gaie rondinelle
nel cielo si disperde in pazze evoluzioni
poi, ordinato, s'allinea su un traliccio.

E noi, distratte, gia voltiam la testa,
prese, incantate dal gioco divertente.

Mentre paziente, quasi a malincuore,
tu dal gioco ci distogli con fatica,
c'invogli ad assommar mattoni su mattoni,
trenini che vanno in tutte le direzioni,
ci aiuti a correggere un errore,
vigili sul corpo e sulla mente,
ci insegni a declinar essere e avere.

Con le parole ci conduci lontano
e con amore, tenendoci per mano,
ci porti nel mondo del sapere...

 

 

 

PRIMA DELLA SCUOLA


Ogni mattina, prima della scuola,
entravo nella piccola cappella
dove l'alone rosato delle luci
s'addensava in volute e capitelli,
distendendosi poi con armonia
in colonne corinzie d'alabastro.
 
Sulla volta dorata s'affollava
un esercito d'angeli guerrieri
che brandivano spade rilucenti,
diafane ombre stilizzate, incerte
riflesse sul biancor del pavimento.

In un angolo oscuro, un altarino
davanti a un Cristo ligneo del Trecento,
di fronte al quale io mi soffermavo,
a volte accendendo una candela
per l'imminente prova d'un esame
di cui, pur avendo studiato seriamente,
temevo, ora, l'esito finale.

A Lui completamente m'affidavo
e, gia serena, mi rassicuravo,
perchè nel volto scarno, comprensivo
intravvedevo l'ombra d'un sorriso.

Così, placata ogni mia apprensione,
Lo ringraziavo col segno della Croce
poi, raccolta da terra la cartella
senza nessuna angoscia nè pensieri,
emergevo dalla mistica penombra,
col mio grembiule nero disadorno
e, come una rondinella frettolosa,
mi rituffavo nell'aria mattutina...

 

 

 

SANTA MARIA MAGGIORE


Santa Maria Maggiore,
chiesa della mia infanzia,
sotto le cui navate, un brivido leggero,
di freddo e commozione,
dietro la schiena mi saliva.

Mentre, vanamente tentavo di toccare
il piede bianco e gelido di marmo
della statua severa di Maria,
Regina della Pace, irraggiungibile.
Dinanzi a cui la cera liquefatta
delle candele accese disegnava
immagini di gnomi e vecchie oranti.

Il coro delle voci gravi e compunte
delle Messe sontuose, solenne rimbalzava
contro lo splendido soffitto a cassettoni
dove l'oro zecchino risplendeva
ad ogni raggio di sole fuggitivo,
inventando misteriosi arabeschi.

Dietro cui mi perdevo, sognatrice in erba,
navigando tra le imponenti colonne levigate,
stordita dal disfatto profumo
dell'incenso e dei fiori.

Ma dal segreto dei confessionali,
per me simili, allora,
a tenebrose celle di tortura,
per quel sottile flagello infisso nella porta,
rifuggivo,
l'animo trepidante di paura...

 

 

 

ANNA FRANK

 

La tua prigione ti sembrava
ampia
poichè la tua anima
mai reclusa,
vagava oltre l'oscuro abbaino,
oltre quella finestra
da cui la fioca luce
penetrando,
in te destava
sogni adolescenti.

Ed io undicenne,
leggendo la storia di Anna,
desideravo mille pagine bianche
da comporre,
sognavo ampi spazi dell'anima
da percorrere...

 

 

 

BOLLE DI SAPONE

 

Bolle trasparenti vagano nell'aria
come sperse farfalle...

Una gonfia, ribelle
viene verso di noi, si sofferma
sui riccioli biondoscuri

del piccolo,
con la leggerezza d'un bacio.

Anch'io,
nell'aria di molti anni fa,
soffiavo universi di bolle,
in ognuna di esse racchiuso
un mio desiderio...

 

 

SEGUENDO VOLI DI FARFALLE


Oh, fossi ancora quella bimba ignara
che si asciugava i capelli al sole,
carpito al vano angusto della finestra.

E che inseguiva, con lo sguardo attento,
le ali splendenti di misteriose farfalle.

Simile ad esse, anch'io vagavo
nell'ingenua levità dell'aria tersa
di quei mattini d'estate...


Ancora rincorro deliranti voli di farfalle,
talune, alfine, catturate.

Sfuggente illusione.
Tra le dita, dove l'innocenza
è sepolta ma non persa, rimane solo
un'impalpabile polvere dorata...
 

- Premio Nerola 85 - Targa e Pubblicazione nell'Antologia delle poesie:
"Natale di guerra - Estranea sono - Seguendo voli di farfalle".

 

 

ACERBI UMORI

 

In bell'ordine sopra il comodino,
alcune  foto, come un altarino
alla mia giovinezza...

Felice rido, innocente incoscienza,
ravviando con sollecito gesto
una scomposta ciocca di capelli
o aggiusto un vezzoso cappellino,
mentre una mela verde,
innanzi tempo colta, addentavo,
assaporandone gli acerbi umori...

...Avevo quindicianni
e nascondevo
dentro vestiti infiocchettati
dai colori indecisi
la mia giovinezza prorompente.

E similmente nascondevo
dietro risa o discorsi
la mia paura di crescere.

Non molto diversa ora,
quasi quarantenne,
nascondo ancora, a volte,
la mia voglia d'esistere,
di gioire…

 

 

 

A CARLO


Fratello, che con me dividesti
il tempo e i giochi dell'infanzia,
la gioventù come una primavera
non vissuta t'è sfuggita di mano
e sei uomo, ora, solo.
 
Nel tempo in cui dovevi,
non corresti accanito
dietro ad un pallone,
vittorioso o sconfitto ma vibrante,
non t'azzuffasti con gli amici
in risse presto pacificate.

Nè trepidante imbastisti sogni,
esili fiamme che ci danno vita,
nè rubasti
nell'angolo scuro d'un portone
i primi baci ingenui d'una fanciulla
dagli occhi immensi
e pieni di promesse,
il cui ricordo t'avrebbe dato,
nel futuro incerto,
un poco di calore.

Nell'animo ancora di ragazzo,
dove l'inesperienza della vita
si trasforma in ira
e gli ideali sono aquiloni fermi,
non trovi nè risorse nè fermezza
per diventare finalmente adulto.

Così trascini la tua vita opaca
tra gli studi incompiuti e la famiglia,
rifugio e limite estremo,
sprecando ore che non rivivrai.

 

- II Trofeo "Colle Armonioso" 1987 -
Nella Raccolta delle poesie finaliste, pubblicata "A Carlo".

 

 

 

RIMPIANTO


La giovinezza è una stella lontana
di cui a malapena distinguo
qualche scintillio.

È una cetra ormai muta
su cui suonai
indimenticabili armonie.

La giovinezza è uno scrigno chiuso
di cui ho perso la chiave...

 

- Accademia della Fucina - Concorso Letterario "Rosanna Zona" Messina - 7/10/1986 - IX Premio ex aequo (Opera di Alessandra Pannuti) per le Poesie "Rimpianto" e "Cicala".

 

 

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