Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

 

POSTE NELL’ANTICA ROMA: IL “CURSUS PUBLICUS”

 

di Gianni Ricci
Volontario per il patrimonio culturale del Touring Club Italiano - Roma

 

Comunicazioni nell’antichità

 

 

 

 

Raffigurazione di “carruca dormitoria”, necropoli di Virunum (Zollfeld, Austria)

 

POSTE NELL’ANTICA ROMA: IL “CURSUS PUBLICUS”

di Gianni Ricci


Volontario per il patrimonio culturale del Touring Club Italiano - Roma

 

COMUNICAZIONI NELL'ANTICHITA'

Posta tibi sit”, “C’è posta per te”, avrà detto così un tabellarius o un cursor, i “postini” dell’antica Roma, alla persona cui dovevano consegnare il messaggio che era stato loro affidato? L’annuncio richiamerebbe il titolo di una nota trasmissione televisiva di oggi? Ma, a parte questa scena solo immaginata, tutti noi abbiamo potuto sperimentare, specie in questi difficili tempi del Covid-19, l’importanza delle comunicazioni, della loro velocità di trasmissione oltre la rilevanza dell’invio/ricevimento di posta, servizi e prodotti.

L’uomo ha sempre sentito la necessità di comunicare, sia “ a voce” con le persone vicine, sia a distanza con le persone non raggiungibili “a voce”.

L’esigenza di comunicare è nata con la storia dell’uomo e la lettera, simbolo per eccellenza del servizio postale, o i mezzi similari (vedi le missive su pietra con incisioni cuneiformi dei sumeri ed ittiti, i papiri egizi, le tavolette di cera romane, ecc.) sono tutti strumenti la cui esistenza è testimoniata fin dall'antichità, in Cina, in Persia, in Egitto, in Grecia, a Roma. Ricordiamo però che in ogni epoca l'utilizzo di tali strumenti comunicativi richiedeva un buon livello di alfabetizzazione e di disponibilità economica, per cui la comunicazione scritta fu scarsamente diffusa tra le popolazioni antiche.

Nel corso delle varie epoche, i primi regolari contatti di corrispondenza furono quelli richiesti/imposti da tre importanti entità: lo Stato (per la diffusione delle leggi, per l’esercito, il fisco, ecc.), i mercanti (per gli scambi commerciali) e le persone di cultura (per gli scambi intellettuali tra scrittori, filosofi, capi religiosi o politici, ecc.).

Il primo caso di rete postale organizzata fu quello dell'impero persiano di Ciro II, noto come Ciro il Grande (590-530 a.C.). Egli aveva predisposto un servizio di corrieri, detti in lingua persiana "àggaros", che viaggiavano notte e giorno, trovando di tanto in tanto, stalle aperte e cavalli sempre freschi, e ciò per comunicare celermente i suoi ordini nelle vaste province dell’impero. Notevoli le distanze percorse da quegli antichi corrieri, che affrontavano grandi fatiche e rischi.

 

La successiva storia greca ci ha poi tramandato la figura dell’emerodromo (1) ateniese Filippide con la sua velocissima corsa di circa 40 chilometri (2) da Maratona ad Atene, nel 490 a.C., proprio per comunicare la notizia della vittoria greca sull’esercito persiano; dato l’annuncio, il messaggero sarebbe morto per l’enorme sforzo sostenuto.

L’altro caso di rete postale - assai più importante, esteso ed efficiente, di cui vogliamo ora occuparci - si concretizza nell'antica Roma, dove comincia a delinearsi già nel periodo repubblicano per svilupparsi in seguito dal tempo di Ottaviano Augusto in poi: è proprio il primo imperatore romano che realizza la prima rete postale pubblica della storia.

 

Un’ultima curiosità: a partire dalle antiche civiltà e religioni compare sempre una divinità “alata incaricata di tenere le comunicazioni fra gli uomini e il divino, a testimonianza dell’importanza della funzione comunicativa che veniva assegnata anche ai messaggeri celesti.

Si pensi a Hermes o Iris nella mitologia greca, a Mercurio in quella romana, agli Angeli della trazione ebraica e cristiana.

 
Da Pompei , parte di affresco con "Istrumenta Scriptoria’:

Tavoletta di cera , doppio calamaio, stilo e rotolo di papiro (I sec. d.C) - NAPOLI, MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE

 

 

 

IL SERVIZIO POSTALE NELL’ANTICA ROMA

 

Nella storia di Roma, si chiamò cursus publicus quel servizio d’interesse pubblico che, dal tempo di Augusto in poi e in tutto l’Impero, trasportò sia messaggi scritti sia persone/merci, per conto dello Stato.

 

La prima grande organizzazione postale fu quindi romana, quella augustea. Essa consisteva sia di un servizio celere, cui erano impiegati uomini a cavallo, su sella o su carrozze leggere trainate da cavalli, sia di un servizio ordinario, cui erano impiegati uomini su carri pesanti a due o quattro ruote, trainati prevalentemente da muli o buoi. Oltre a questo servizio pubblico riservato alla corrispondenza ufficiale (messaggi) ed ai trasporti di Stato (di persone e merci), ne esisteva un altro poco strutturato per la posta e il trasporto dei privati. Il sistema pubblico di posta fu più volte in seguito riorganizzato sotto gli imperatori Nerva, Traiano, Diocleziano, Antonino Pio, Costantino e Valentiniano.

Il servizio postale pubblico romano, sin dall’inizio, ebbe una dettagliata regolamentazione di permessi, condizioni di utilizzo, di organizzazione, vigilanza e controllo ma, soprattutto, escludeva i privati dal suo uso e beneficio.

 

Cursus publicus, da servizio postale a servizio unico di trasporto

 

Alla fine dell’ ‘800 e inizi del ‘900 il "cursus publicus" veniva considerato dagli storici esclusivamente come il servizio di messaggeria postale. Soltanto a metà del ‘900, sulla base di fonti giuridiche, letterarie ed epigrafiche ritrovate, esso venne considerato un servizio di trasporto globale, un servizio unificato per il trasporto di corrispondenza, persone e cose, per conto dello Stato. Ma era stato sempre così?

 

Nel periodo repubblicano, lo Stato si occupava di pochi e sommari servizi essenziali (monetazione, riscossione delle imposte, amministrazione, gestione dell’esercito) e delle relative comunicazioni e trasporti; il resto delle comunicazioni e dei traffici (commerciali, culturali, ecc.) erano lasciati all’iniziativa privata.

 

Che prima di Cesare non esistesse un’organizzazione statale che si occupasse della trasmissione dei messaggi e del trasporto dei beni dello Stato  è una conclusione basata sul silenzio delle fonti: nessun autore antico ne fa parola. Anzi Cicerone (106-43 a.C.) ci fa sapere di aver utilizzato, per la trasmissione dei propri messaggi, alcuni corrieri “personali”, scelti tra i suoi “dipendenti” (statores), o di aver utilizzato organizzazioni private di messaggeri (i tabellarii), formate da schiavi, liberti ed anche individui liberi. Giulio Cesare (100-44 a.C.) aveva stabilito un sistema di staffette a cavallo, suoi soldati, per la trasmissione rapida delle notizie circa le sue campagne militari. Ma è indubitabile che esistesse un qualche servizio postale governativo anche in età repubblicana secondo la testimonianza di Livio (59 a.C.-17 d.C.), che ci racconta che, tra i carichi tributari imposti ai vinti da Roma, ci fosse anche quello di mantenere l’attività dei messaggeri.

 

Il sistema per il trasporto e il recapito della posta per conto dello Stato, costituito dai messaggeri e dai beni strumentali a questo servizio, venne a costituire un primo embrione di servizio postale. Si può quindi pensare che, limitatamente ad alcuni tratti di viabilità e forse solo in alcuni periodi, funzionasse un servizio di messi per il recapito di messaggi, uomini che si avvalevano dell’uso di luoghi di sosta dove era possibile darsi il cambio e sostituire gli animali. Per il trasporto di persone che viaggiavano nell’interesse dello Stato, senatori, magistrati e funzionari della repubblica, era diffuso l’uso di affittare vetture e conducenti dai privati. Come vedremo poi in dettaglio, i popoli vinti ma anche gli alleati sostenevano i costi di questo sia pur limitato servizio, senza però poterne usufruire.

 

Nel periodo imperiale il servizio postale rappresenta per Roma, ancor di più, una essenziale attività primaria d’interesse pubblico; si sviluppa e assume un ordinamento ed una organizzazione assai ampie e articolate.

Con Ottaviano Augusto (63 a.C.-14 d.C.) c’è il salto di qualità. Infatti, è proprio il primo imperatore romano che crea il grande e regolare “cursus publicus” (corso pubblico postale), dove publicus significa dello Stato in contrapposizione a privatus.


 

Augusto istituisce il servizio postale statale per scopi politici, in modo che il potere imperiale possa ricevere continue ed aggiornate informazioni da tutti i territori provinciali dell'impero, conoscendo tutto ciò che lì accade attraverso messaggeri/corrieri a cavallo.  

«… Affinché si potesse facilmente e più rapidamente annunciargli e portare a sua conoscenza ciò che succedeva in ciascuna provincia, fece piazzare, di distanza in distanza, sulle strade strategiche, dapprima dei giovani a piccoli intervalli, poi delle vetture. …». (Svetonio, Vite dei dodici Cesari, Augusto, XLIX). La posta viene vista come strumento di difesa dello Stato e di controllo dell'informazione.


Al servizio dei messaggeri l’imperatore aggiunge poi il “parco veicoli” per il servizio di trasporto di magistrati e funzionari dello Stato. Decide quindi di organizzare non solo il servizio postale, della corrispondenza, ma anche quello per il trasporto degli alti funzionari che si muovevano per ragioni di Stato. Fa poi compilare una mappa con gli itinerari viari che essi avrebbero potuto utilizzare. Merito di Augusto fu anche quello di costruire e mantenere grandi strade (viae publicae, comprese lec.d. viae militares di importanza strategico-militare) così tanto tecnicamente moderne da costituire una delle glorie indiscusse dell’antica Roma.

 

Il servizio di comunicazione e trasporto di Stato esistente nella Roma imperiale era quindi utilizzato dall’Imperatore e dalle alte autorità statali (senatori, ambasciatori, alti dignitari, governatori delle Province, capi militari, ecc.) ed eccezionalmente anche da personaggi non statali (i familiari delle citate categorie, i privati purché autorizzati dall’imperatore o, al tempo di Costantino, persino i vescovi cristiani convocati ai concili).

Tutti costoro (li chiameremo, da ora in poi, “viaggiatori di Stato”) dovevano muoversi sempre per ragioni di servizio e soltanto quando necessario. Il servizio postale romano non ha nulla a che spartire con la posta così com’è intesa in epoca moderna, cioè regolare e disponibile a tutti, Stato e cittadini, incaricata oggi della raccolta/trasporto/recapito della corrispondenza (3).

All’epoca il servizio viene usato solo per le comunicazioni/ i trasporti, da e per lo Stato stesso, ed aveva quindi il carattere di monopolio.

 

Quindi esso, inizialmente destinato solo alle comunicazioni governative tra Roma e le città alleate e le Province fuori d’Italia, si amplia gradualmente: si aggiungono ai tradizionali servizi di posta statale anche i servizi di trasporto/viaggio dei magistrati e dei funzionari di Stato nonché successivamente i trasporti di beni di Stato e di generi alimentari per conto dello Stato (l’Annona militare e civile), e questo in ogni parte dell’Impero.

In questi servizi aggiunti avvennero spesso inconvenienti, frodi ed abusi (ad es. viaggi gratuiti per affari privati ​​sfruttando i vantaggi del servizio pubblico) a danno delle comunità locali che avevano gravosi obblighi nel funzionamento del servizio, tanto che alcuni imperatori dovettero intervenire pesantemente.

Gli Imperatori sono essi stessi i capi supremi del Cursus; un magister officiorum, generalmente un liberto dell'imperatore, ne è il direttore di fatto, il supervisore generale del servizio di posta e trasporti. La sua funzione: rilascio e controllo generale delle autorizzazioni, in ciò aiutato da subalterni operanti sia a Roma che sui territori. Ai tempi di Traiano il funzionario è chiamato praepositus ab vehiculis.

Con Adriano appare la figura del praefectus vehiculorum che vigila sull’andamento complessivo del servizio, comprese le condizioni delle strade e delle stationes, di cui parleremo a breve. Al tempo di Diocleziano, alla fine del III secolo d.C., il sistema postale è riformato e diviso in tre parti distinte: il servizio di Stato (cursus publicus fiscalis), il servizio sulle strade principali o militari (angariae) e quello sulle secondarie (parangariae).

La diffusione capillare delle strade e la regolarità dei cambi, sia dei cavalli sia dei corrieri, permettevano che il servizio di messaggistica postale funzionasse in modo continuo, giorno e notte. Comprimendo i tempi di viaggio e correndo per lunghi tratti grazie al cambio dei cavalli lungo il percorso, ordini e comunicazioni militari ed amministrative giungevano ai destinatari in maniera rapida ed efficace.

 

 

 

Monete con la testa di Augusto e di Adriano, nel dritto, e con cavaliere nel verso

 

Il cursus, a seconda della velocità di trasporto, era distinto in celero velox, che utilizzava cavalli da sella o vetture leggere per il trasporto di posta o persone, e in tardus o clabularis, che utilizzava carri pesanti per il trasporto di persone, beni pubblici e derrate.

Più tardi con l’espressione cursus vehicularis si indicarono entrambe le specie di trasporto o si definì il servizio postale in generale.

Esso divenne un formidabile strumento politico-militare dei Romani: l’obiettivo era lo spostamento rapido ed efficiente di informazioni e di uomini, beni dello Stato e provviste dell’Annona militare e civile.

Se il cursus publicus veniva utilizzato soltanto per motivi di Stato, i privati come potevano fare per le loro comunicazioni o trasporti?

Essi, per inoltrare merci e corrispondenza, dovevano utilizzare propri corrieri privati o ricorrevano ai flussi commerciali. Quadrupedi e veicoli da noleggio per i privati stazionavano abitualmente presso le città, gli alberghi o le stazioni di posta del servizio postale pubblico.

I cittadini più ricchi potevano avere tra i loro schiavi alcuni uomini impiegati regolarmente come messaggeri. Quelli più umili, invece, affidavano le missive a parenti, amici o a gente di passaggio come mercanti e viaggiatori.

 

Consegnare la posta entro la cinta muraria di una stessa città non rappresentava un problema: il postino poteva arrivare a destinazione in qualche ora e tornare a casa con la risposta entro lo stesso giorno.

La questione si complicava molto sulle lunghe distanze.

Per percorrere la strada da Roma a Pompei s’impiegavano dai 4 ai 6 giorni, a seconda che si andasse a cavallo o a piedi. Per di più, il viaggio non era mai tutto tranquillo: si poteva essere assaliti o ammazzati dai ladroni e dai vagabondi (latrones e grassatores), cadere da cavallo o smarrire la missiva.

I romani, sebbene non fossero un popolo di mare, maturarono familiarità con il mare ed ebbero interessi marittimi già al tempo della repubblica. Posta e merci venivano spedite anche per via mare, affidandole alla Corporazione dei “Navicularii marittimi”, barcaioli marittimi, che con le loro flotte solcavano le acque del Mediterraneo e oltre, mentre quelle spedite via fiume o lago erano date ai “Navicularii amnici”, barcaioli fluviali, (ad es. quelli del Tevere o del Rodano, Reno, Danubio, Nilo, ecc.).

I battelli postali (naves tabellariae) e i battelli di servizio di Stato (naves publicae) ebbero un’organizzazione altrettanto efficiente rispetto ai trasporti terrestri.

 

Dal termine Cursus deriva il nome di “Corso” usato a tutt'oggi per le vie più importanti delle nostre città, con alle estremità di inizio e di fine due piazze o due luoghi altrettanto importanti.  

 

Mosaico delle navi, Ostia Antica (I sec. a. C.)

 

 

 

GLI UOMINI DEL SERVIZIO POSTALE

 

 

I TABELLARI, LA POSTA ORDINARIA

Nel periodo repubblicano e poi in quello imperiale, i tabellarii, [i portatori di «tabellae», cioè le tavolette spalmate di cera e scritte], cioè i porta-lettere di oggi, erano gli incaricati di consegnare le missive ordinarie, custodite in borse di cuoio.

I tabellarii publici, quelli del servizio statale - distinti da quelli che lavoravano per compagnie private di recapiti - erano dipendenti pubblici, abili cavalleggeri, dotati di una borsa di pelle in cui custodire le tavolette spalmate di cera oppure, in seguito, le pergamene e i fogli di papiro da consegnare, fogli arrotolati e protetti entro bossoli di legno o cuoio.

Le comunicazioni su papiro venivano invece piegate in modo che lo scritto rimanesse nell’interno; si legavano, poi, con un cordoncino e si sigillavano. Il sigillo, che nell’antichità aveva il compito che da noi ha la firma, garantiva l’autenticità della missiva.

 

I CURSORES, LA POSTA CELERE

Nel periodo imperiale, il servizio postale viene affidato ai cursores [corridori, corrieri, da currere «correre»], messaggeri a cavallo per i dispacci militari o governativi; erano messi più veloci rispetto ai tabellarii ed erano anch’essi qualificati come pubblici ufficiali di posta. Giunti alla stazione di posta il cavaliere smonta0va, affidava la corrispondenza ad un altro cavaliere sempre pronto a sostituirlo, che partiva subito con un altro cavallo fresco, mentre il cavallo arrivato veniva ricoverato nella stalla, rifocillato e fatto riposare. E così via.


Sembra che in tal modo un plico potesse arrivare agli estremi confini dell'Impero anche in pochi giorni: un messaggio, per il tramite di corrieri a cavallo, poteva percorrere anche 150 chilometri in meno di 24 ore.

Il cursore, detto anche speculator, è l’antesignano anche dei “pony express”, quei corrieri espresso a cavallo della rete postale americana del XIX secolo, che portavano la posta dalla costa Est a quella Ovest degli USA o viceversa in 10 giorni.

 

 

 

 

 

 

LE AREE DI SERVIZIO

 

LE STATIONES

 

Al cursus publicus spetta non solo la gestione della posta e del trasporto statali, ma anche il funzionamento delle strutture di accoglienza/assistenza per messaggeri/viaggiatori di Stato, il servizio di vitto e alloggio durante il viaggio e le forniture dei mezzi di trasporto con quadrupedi e veicoli.

Le Stationes, le stazioni di posta, cioè i luoghi di sosta nel corso di un viaggio, vanno distinte in mansiones e mutationes e sono essenziali per l'efficienza del servizio. In esse messaggeri e viaggiatori di Stato trovano locali per ristorarsi, per riposare e talvolta rilassarsi in piccoli impianti termali.

Le mansiones erano grandi strutture per il riparo e l’alloggio per la notte (4), alla fine di una giornata di viaggio; distavano l’una dall’altra ogni 20 o 30 miglia (30-45 km), tanto che venivano usate anche come unità di misura della distanza tra i luoghi.

Le mansiones erano una sorta di moderni motel, ben noti ai viaggiatori di allora grazie a quella serie di strumenti di viaggio di cui faremo cenno più avanti, gli itineraria, antesignani delle odierne carte del Touring Club Italiano o di Google Maps.

Fra una mansio e l’altra il percorso era scandito dalle mutationes che erano invece strutture più piccole per la sosta breve e il cambio dei cavalli. Erano collocate regolarmente ogni 5-10 miglia (8-15 km. (6)) o a distanze maggiori, ogni 8-12 miglia (12-18 km.), secondo i luoghi e lo stato del terreno.
Di solito c'erano da tre a sei mutationes tra una mansio e l’altra. Poiché le stazioni si trovavano in quasi tutte le strade romane, si calcola che durante l’impero ce ne fossero in esercizio qualche migliaio.

In entrambe le tipologie di strutture dovevano essere garantiti: per i messaggeri postali, alloggi, ristoro e cavalli; per i viaggiatori di Stato, le condizioni soddisfacenti per l'alloggio e il vitto; per i veicoli ed animali, un numero sufficiente di cavalli da sella e da tiro, muli e asini per i bagagli, buoi e carri per il trasporto di merci, stalle adeguate e foraggio per l'alimentazione degli animali.

Accanto all’edificio principale della mansio, potevano esservi i praetoria e i palatia, altri fabbricati convenientemente attrezzati per offrire ospitalità a personaggi di alto e altissimo rango (governatori, ambasciatori, capi militari, ecc.) ed a coloro che erano in possesso del permesso per potervi accedere.

C’era cura nel collocare le stazioni di posta in punti importanti e nodali del sistema viario, in località ben provviste di acqua in abbondanza (ciò era essenziale soprattutto in Oriente ed Africa). Spesso da alcune importanti stationes, magari quelle più accoglienti provviste di terme e di altre comodità, si svilupparono poi importanti centri abitati data la loro forza di attrazione sui piccoli commerci e su attività collaterali.

 

 

LE MANSIONES, CENTRO ARRIVI/PARTENZE E SMISTAMENTO

 

Ricostruzione di una Mansio

 

Le mansiones [dal verbo latino «manere», cioè restare, fermarsi], strutture  composte da uomini addetti, animali, edifici e servizi, erano usate per il cambio dei cavalli o di altri animali da tiro e per il riposo dei corrieri e viaggiatori di Stato.

Erano costituite da un complesso formato da più corpi di fabbrica con diverse destinazioni d’uso, spesso costruito attorno a un grande cortile scoperto su cui si affacciavano i diversi ambienti: le stanze da letto, la cucina e il refettorio comuni, le stalle e le rimesse, i depositi o horrea, i locali di servizio, la caserma dei soldati, talvolta la piazza del mercato, piccole terme o anche un santuario locale.

Diversamente dalla semplicità piuttosto essenziale delle mutationes, il tenore di vita degli abitanti della mansio e degli ospiti temporanei poteva essere in alcuni casi di tutto rispetto: in alcuni scavi di mansiones sono state ritrovate suppellettili da mensa, vasellame in vetro e in ceramica, arredi, tutti di buona fattura.

Lungo le strade  principali, situate ogni 20 o 30 miglia - cioè circa una giornata di viaggio a piedi -, i tabellarii o cursores e i viaggiatori trovavano quindi le mansiones ovvero luoghi di stazionamento, di riposo; spesso accanto alla mansio c’erano la caupona, la locanda/trattoria, generalmente di qualità scarsa, o, per i più esigenti  funzionari ed ambasciatori, la taberna (6).

 

Alle stazioni di posta, arrivavano e partivano i messaggeri-staffetta e viaggiatori di Stato, che proseguivano sulla stessa strada principale o che da esse si dirigevano nelle direzioni secondarie. Nelle mansiones stazionavano circa quaranta cavalli.

 

 

 


Bassorilievo con viaggiatori diretti a una Mansio
Roma, Museo della civiltà romana

 


Nelle mansiones l’organizzazione e la gestione sono affidate a veri e propri responsabili (oggi li chiameremmo capi impianto), denominati mancipes o curiales e, da ultimo, praepositi mansionis: sono i gestori dell’impianto per conto dello Stato.

Alle loro dipendenze c’è una folta schiera di addetti ai servizi collegati al trasporto postale e commerciale governativi: vi sono i carpentarii, i conducenti di carri (come i cisarii, carrucarii e altri), i bastagarii cioè gli incaricati della cura e trasporto di beni dello Stato, mentre per i compiti più gravosi ci sono i catabolenses, conducenti di carri pesanti.

La cura degli animali da trasporto è demandata per i cavalli agli stratores, cioè i palafrenieri, per i muli ai muliones, per le ferrature di equini e bovini ai fabri, per la salute degli animali agli equarii medici (i veterinari).

I responsabili d’impianto si avvalgono anche degli stationarii, militi addetti alla sicurezza del luogo e dei viaggiatori, oltre che alla repressione della criminalità lungo le strade di competenza (oddio, proprio come la polizia stradale di oggi!).

Tutti questi incaricati ricevevano dalla municipalità o dal fisco una retribuzione, talvolta in natura, il vestiario e sicuramente l’alloggio, considerato che le loro fatiche non erano compensate dai viaggiatori.

 

Resti archeologici di mansiones romane si trovano in molte località sia in Italia che all’estero (7).

 

 

 

LE MUTATIONES, I PUNTI DI SOSTA

 
Le mutationes erano le stazioni più numerose, posti intermedi rispetto alle mansiones, luoghiin cui i messaggeri pubblici facevano il cambio degli animali o dei carri e potevano rifocillarsi.

Questi siti erano posti alla distanza di una decina di miglia l'uno dall'altro, cioè alla distanza che un cavallo poteva percorrere a ritmo sostenuto prima di dover essere sostituito con un altro fresco.

In sostanza la mutatio era il luogo in cui si «mutava» il cavallo. Ciò non vuol dire che accanto alla stalla vera e propria non sorgessero anche altri ambienti per un veloce ristoro dei messaggeri o per le possibili riparazioni dei carri.

Nelle mutationes sostavano circa venti cavalli. Le mutationes erano gestite da un praepositus.

 

 

 

Cursor a cavallo nei pressi di una mutatio


 

 

L’ORGANIZZAZIONE

 

TABELLARII O CURSORES, GLI UOMINI

I messaggeri e i corrieri statali della posta, i tabellarii e i cursores, viaggiavano con un permesso scritto, munito del sigillo imperiale, chiamato diploma o littera evectionis (un misto tra il moderno passaporto e un atto di richiesta di prestazione forzata): era il documento ufficiale che veniva rilasciato dall’autorità al messo governativo o al viaggiatore di Stato che si metteva in strada per motivi militari o governativi.

Si trattava di un documento indispensabile perché serviva ad accertare l’identità del titolare e l’appartenenza ad una certa categoria di persone, la cui richiesta di usare animali e veicoli, di libero accesso, soggiorno e protezione nelle stationes, doveva essere forzatamente accolta perché vincolante e garantita dalla legge.

Sappiamo inoltre che in esso dovevano essere indicati chiaramente lo scopo della specifica missione del titolare, i veicoli cui aveva diritto, la durata di validità del mandato, il luogo finale della missione e le eventuali persone al seguito.

Il diritto ad emettere il diploma era chiamato evectio (8) che all’inizio era riservato al solo imperatore, poi fu delegato al prefetto del pretorio e, parzialmente, ai governatori delle province ed ai capi dell’esercito.

Nessuno, a prescindere dal ruolo rivestito, era autorizzato a usare il cursus publicus senza diploma o littera evectionis. Questo documento scritto doveva essere sempre esibito agli ufficiali di controllo, i cosiddetti curiosi (sic), ai iudices (governatori provinciali) ed ovviamente ai mancipes, cioè iresponsabili delle mansiones. 

Diploma o littera evectionis erano personali e non cedibili e la loro compravendita era vietata e sanzionata addirittura con la pena capitale sia per il venditore che per l'acquirente.

Per viaggiare sulle strade romane era quindi necessario questo documento identificativo: esso valeva come permesso di “servirsi dei cavalli di posta imperiale” e di richiedere/requisire tutto il necessario durante il viaggio. I cavalli, le vetture, i conducenti, gli alloggi e il vitto che le stationes, situate lungo le strade principali dell’Impero, dovevano mettere a loro disposizione, erano reperiti nelle zone circostanti.

Tutti questi oneri di trasporto e di alloggiamento conobbero nel IV secolo d.C. un ultimo grande incremento ma nel secolo successivo decaddero del tutto, nel modo cui poi accenneremo.

Come indicato, a seconda della velocità nel recapitare dispacci/atti ufficiali o nel trasportare viaggiatori o merci di Stato,  il servizio si distingueva in due tipi di cursus: l’uno, il cursus celer o velox, svolto a sella di cavallo o con vetture leggere, l’altro, chiamato cursus tardus o clabularis, che impiegava i carri lenti e pesanti per lo spostamento di persone o di merci e beni pregiati (come il denaro delle tasse, metalli preziosi quali l’oro e l’argento per il conio, armi e approvvigionamenti dell’Annona militare o civile, bottini di guerra, materiali da costruzione, animali per i giochi del circo).

E’ ovvio che per la corrispondenza non esistevano buche di impostazione per le strade e neppure luoghi di spedizione o di ritiro, come sono gli  attuali uffici della posta o le agenzie dei corrieri/spedizionieri.

E neppure esistevano terminal di partenza o di arrivo per i viaggiatori.

 

 

 

VEHICULA, I MEZZI DI TRASPORTO

 

Quali mezzi di trasporto scegliere per il viaggio o il trasporto? Dipendeva naturalmente dalla natura e scopo del viaggio e dalle esigenze di rapidità o di comodità. Numerosi erano i mezzi di trasporto: in primis il cavallo.
I cavalli erano mantenuti a spese dell’imperatore e messi a disposizione permanente dei messaggeri e dei viaggiatori di Stato, le uniche categorie che potevano farne  uso, eccetto nel caso  di permessi speciali concessi formalmente da parte dell’imperatore.

Tutti gli animalia e jumenta publica del cursus (cavalli, muli, asini, buoi, e in Oriente e Africa anche cammelli e dromedari) venivano protetti (9). L’importanza del cavallo era ovviamente fondamentale (10).

Costantino I, nei suoi trent’anni di impero all’inizio del IV secolo d.C., emanò una disposizione per la tutela dei cavalli impiegati per la corrispondenza imperiale: i cavalli potevano essere incitati sì con la frusta ma non con il bastone, questo per evitare di sottoporli a percosse sfiancanti.

Così pure un editto dell’Imperatore Diocleziano stabilì che il carico massimo per un mulo doveva essere non superiore di 65,5 chilogrammi.

Erano forse “animalisti” ante-litteram? No, è più facile pensare che fossero molto interessati alla tutela di questa vasta categoria di “beni mobili”, così preziosi proprio perché molto costosi!

Poi venivano utilizzati diversi tipi di carri: leggeri o pesanti, a due o a quattro ruote, trainati da uno a due o più animali, cavalli, muli o buoi, impiegati ovviamente secondo la velocità e tipologia del trasporto.

Così per il cursus celer o velox, trattandosi di trasporto rapido di corrispondenza, erano impiegati i corrieri postali “a cavallo”. Se si trattava del trasporto celere di personaggi isolati e percorsi brevi, erano impiegati veicoli leggeri e veloci, carri a due ruote e trainati da un solo cavallo come il “cisium”  (11); con il sedile per non più di due persone (simile quindi a un moderno "calesse").

 

Cisium

 

Per il cursus tardus o clabularis veniva usato il più lento “carpentum” (12), carro elegante e comodo, a due ruote tirato da due muli, con telone di copertura mobile ad arco, con il quale viaggiavano i dignitari della corte imperiale, il prefetto pretoriano, il vicarius urbis,i giudici e lo stesso imperatore: era una vettura elegante e molto ornata.

 

Carpentum in un sesterzio di Caligola (c. 40 d.C.) e in un bassorilievo romano

 

Per il trasporto di dignitari e in occasione di lunghi viaggi, erano usati vari tipi di carri pesanti a quattro ruote, come la “carruca” (13), adibita al trasporto ed alloggio, attrezzata con giacigli, con copertura mobile e tetto ad arco in pelle, con finestrelle: è una antesignana del moderno camper.

 

 

Carruca dormitoria

 

Ebbe successo anche la “raeda” (14), carro pure da viaggio, pesante, a quattro ruote, con tiro a due o a quattro animali, per grossi carichi: il veicolo più utilizzato nel cursus clabularis.

Raeda

 

Questo carro poteva trasportare anche più persone con i loro bagagli e spesso veniva utilizzato per spostare viaggiatori di Stato con tutti i membri della famiglia al seguito; era trainato da muli o buoi, raramente da cavalli e, secondo il clima, poteva montare anch’esso un telone di copertura.

 

La velocità media di viaggio variava da un minimo di 75 miglia al giorno per i veloci messaggeri postali e di 15 miglia al giorno per i carri pesanti.

 

 

 

VIAE, LE INFRASTRUTTURE POSTALI

 

La vasta estensione territoriale dell'Impero romano, che si attestava nella massima espansione intorno ai 5 milioni di km2, nonché il fatto che nella sua disposizione geografica fosse presente un mare interno, il cosiddetto Mare Nostrum, richiedevano efficienti servizi di trasporto per il suo funzionamento e sviluppo: sarebbe stata impensabile l’esistenza dell’Impero senza il dominio terrestre e marittimo e senza una rete statale di comunicazioni e trasporti.

L’obiettivo primario del sistema viario romano è quello di facilitare il rapido spostamento delle truppe e di rifornire le guarnigioni stanziate nella penisola e nelle province (viae militares); poi con la venuta dell’Impero, anche per mantenere in contatto regolare il governo centrale con quello delle province (viae publicae).

Ma proprio la regolarità e rapidità dei trasporti della posta e dei viaggiatori di Stato si devono essenzialmente all’enorme e capillare sviluppo delle vie di comunicazione.

I romani furono fra i popoli dell’antichità i più sapienti nel costruire una rete viaria completa e sistematica per portare ovunque non solo eserciti, persone e merci, ma anche civiltà e cultura. Nel III secolo d.C. si contavano oltre 200.000 chilometri di strade, molte lastricate, che mettevano in comunicazione Roma con il resto del mondo, ed erano strade abbastanza larghe per il passaggio di due carri affiancati. Questa rete (15) si realizzò evidentemente per gradi e raggiunse la sua completezza soltanto con il tardo Impero. Ricordiamo il ventaglio di strade consolari che uscivano a raggiera, in tutte le direzioni, proprio da Roma.

E’ importante rilevare però che i servizi di posta non furono estesi a tutte le viae pubblicae: a ragione furono escluse quelle vie che non conducevano da una città ad un’altra, o a una città o porto non importanti, così pure le vie laterali e quelle che si snodavano lungo le frontiere.

            Rete stradale dell’antica Roma              Mappa grafica moderna delle Viae Romanae

 

Ma non tutti i servizi di trasporto avvenivano solo su strada: si usava anche il trasporto “per acqua” e cioè per vie di mare, di fiume o di lago, a seconda del luogo da raggiungere o da attraversare

 

 

 

ITINERARIA, LE MAPPE

 

Per viaggiare cursores e tabellarii (ma anche i viaggiatori di Stato) si servivano di svariati tipi di carte stradali, di guide viarie: gli “Itineraria scripta” (come l’Itinerarium Antonini del 217 d.C. (16)) e gli “Itineraria picta” (ad esempio, la Tabula Peutingeriana, su pergamena, copia del XII-XIII secolo d.C. di un’antica carta romana del III secolo d.C. (17)); come chiaramente indicano i nomi, le prime erano guide scritte, le seconde disegnate.

Stampa dell'Itinerarium Antonini curata dal tedesco Pietro Wesseling, Amsterdam 1735.

 

 

Tabula Peutingeriana - sezione con la rappresentazione del sistema viario “a raggiera” di Roma

 e “simboli cartografici” indicativi di località o costruzioni - Vienna,  Hofbibliothek  

 

Il tema ci invita a raccontare brevemente di un’altra guida assolutamente non tradizionale.

Particolari sono, infatti, i “Bicchieri di Vicarello, quattro bicchieri in argento ritrovati nel 1852 presso una fonte termale a Vicarello, località presso il lago di Bracciano. 

Datati al I secolo d.C., forse il dono ad un viaggiatore, essi sono a forma cilindrica, come cippi miliari, e portano inciso sulla parte esterna, tappa dopo tappa, - ciascun bicchiere una parte, secondo l’ordine progressivo di percorso - l'itinerario terrestre completo, lungo ben 1840 miglia, oltre 2.700 km di strada, da Gades (Cadice, in Andalusia, nel Sud-ovest della Spagna) a Roma, con l'indicazione della varie stazioni intermedie (mansiones) e le relative distanze in miglia.

L’itinerario (Itinerarium gaditanum) giungeva a Roma via terra, attraverso Spagna, Francia, la pianura padana e la via Flaminia.

Bicchieri di Vicariello, Roma

Museo Nazionale Romano di Palazzo Masssimo alle Terme
e trascrizione del percorso - Augusburg (D), Biblioteca Augustana

 

 

 

I COSTI DEL SERVIZIO

 

Certamente nessuna tassazione, né affrancatura e tantomeno francobolli potevano certo essere immaginati o applicati per quell’antico servizio di corrispondenza postale, né furono previsti tariffari per il trasporto di persone e cose.

Come accennato, il costo di gestione del cursus publicus, nell’epoca romana, gravava sui privati cittadini, senza però che essi ne potessero usufruire.

Le comunità interessate non ricavavano alcun guadagno da tutto ciò, ma anzi (come è facilmente intuibile) erano fortemente  penalizzate e per questo, agli inizi, venne stabilito un sistema di risarcimenti; in realtà molto raramente tali rimborsi andavano a coprire i costi e le spese sostenute.  Anzi questi compensi, originariamente stabiliti come una sorta di corrispettivo di un “affitto forzato”, scompariranno nel tempo e verranno sostituiti con tassazioni pubbliche.  Si venne a realizzare il cosiddetto munus vehicularium (9).
In sostanza, per far funzionare il trasporto pubblico sia della posta che dei viaggiatori di Stato, i messi e i funzionari governativi, gli appaltatori imperiali, i magistrati locali imponevano alle comunità locali di fornire loro i mezzi di trasporto e quant’altro necessario al loro viaggio, utilizzando veicoli, uomini e strutture dedicate e pagate dalle comunità stesse.

Sotto la Repubblica, dopo la conquista dell'Italia, messaggeri e funzionari dello Stato  avevano già il potere di imporre requisizioni legali agli alleati italici (socii) per procurarsi il necessario per viaggiare. Presso gli alleati, i viaggiatori di Stato spesso ottenevano gratuitamente vitto, alloggio e mezzi di trasporto dai loro amici ospitanti o dai principali personaggi degli Stati amici che visitavano. Ma quando i domini romani includevano province extra-italiane, la sottile distinzione in Italia tra sudditi e alleati era nelle province trascurabile: gli alleati provinciali erano soggetti a requisizioni come lo erano i sudditi provinciali. 
 
Durante l'ultimo periodo della Repubblica il Senato aveva frequenti occasioni di comunicazione nei dispacci con i suoi generali o governatori provinciali, nonché con re e Stati alleati. Per il trasporto di tali dispacci le autorità impiegavano liberti, o schiavi, oppure i messaggeri pubblici, i tabellarii che abbiamo già descritto. Per velocizzare la consegna di messaggi, i generali romani di solito impiegavano uomini a cavallo distaccati dalle proprie truppe. I publicani, gli appaltatori delle tasse, in quanto particolarmente interessati a trasmettere e ricevere informazioni da e per Roma, avevano un corpo speciale di tabellarii. I funzionari inviati all'estero per affari pubblici potevano servirsi anche delle navi degli alleati. 

 

Nel periodo imperiale, sulla scia del precedente regime repubblicano, le spese del sistema postale continuarono sempre a ricadere sulle comunità locali (municipi e province) nei cui territori si trovavano le varie stazioni. Di conseguenza le autorità locali continuarono a fornire, al ricevimento dell'ordine dell'imperatore o del capo del sistema postale (mediante diploma o littera evectionis), vitto e alloggio gratuiti, e anche conducenti, guardie, stallieri, manutentori, veterinari, oltre a bestie da tiro o da soma e mezzi di trasporto. Anche le spese per la costruzione e la manutenzione delle stazioni di posta e quelle per il rifornimento delle cose necessarie al servizio dovevano essere sostenute dalle comunità locali. 

Dopo Augusto, bisogna arrivare al 96 o 97 d.C., perché l’imperatore Nerva (30-98 d.C.) escluda le città della sola Italia dall’onere dei costi di gestione del servizio di posta, e perché li metta in conto alle finanze imperiali: per ricordare questo suo atto viene coniata addirittura una apposita moneta con l'iscrizione “Vehiculatione Italiae remissa” (abolizione della fiscalità postale per l’Italia, dove vehiculatio sta per cursus publicus).

 La scena è idilliaca: due muli, staccati dal loro giogo, pascolano liberi invece di essere legati al carro; dietro di loro c’è un birotium – un barroccio, carro a due ruote - con le stanghe verticali e le imbragature innalzate: così viene rappresentata l’abolizione del carico fiscale per il servizio di posta per la parte che gravava sui liberi cittadini in Italia.

 

Sesterzio (96-97 d.C.)

Con, nel dritto, la testa di Neerva e bel verso l'iscrizione "VEHICULATIONE ITALIAE REMISSA”.

 

Traiano (53-117 d.C.), invece, stabilisce di nuovo l'emissione di requisizioni postali in Italia, limitandole ai casi da lui autorizzati personalmente.

Adriano (76-138 d.C.) fa del servizio postale in tutto l'Impero una amministrazione a carico dello Stato. 

Al tempo di Settimio Severo (146-210 d.C.) le spese di posta in genere vengono riconfermate a carico del tesoro imperiale. Ma, anche quando ciò avvenne, i soggetti privati continuarono comunque a soffrire, né alcuna successiva disposizione alleviò materialmente il peso con cui il cursus premeva su di loro.

Diocleziano (244-313d.C.), Costantino il Grande (274-337) e i loro successori si sforzano tutti di perfezionare l'organizzazione della posta e di definire esattamente quali dovessero essere le responsabilità dei territori sul tema, oltre che di stabilire in quali circostanze si poteva attivare l'evectio postale.

Negli ultimi tempi dell'Impero romano la posta divenne un peso sempre più crescente per province e municipi; e più li colpiva, più si preparava la strada al suo stesso disfacimento. 

 

LA POSTA DOPO L’IMPERO: IL DECLINO

 

Con le invasioni barbariche il cursus publicus romano conobbe un inarrestabile declino: le stazioni di posta rovinarono oppure divennero alberghi o stalle. La corrispondenza a lunga distanza, da sistematica e centralizzata quale era stata in precedenza, fu lasciata all’iniziativa del singolo che all’occorrenza andava a noleggiare cavalli e veicoli. Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, nel V secolo d.C., molte strade iniziarono ad essere abbandonate andando conseguentemente in rovina ma le comunicazioni degli uomini del tempo non si fermarono mai del tutto.

 

I nuovi regni romano-barbarici ereditarono in parte le strutture, conservando forme modificate e ridotte del cursus. Nell’Italia dei Goti, l’unica vera innovazione fu il trasporto di messaggi su imbarcazioni fluviali, affidati ai battellieri del Po. Durante il regno longobardo ci furono solo corrieri veloci per il trasporto della corrispondenza ufficiale di sovrani e duchi. L’organizzazione di un vero servizio postale di Stato riappare solo nel mondo arabo, per collegare le lontane terre del nascente impero; questo servizio, a differenza del cursus romano, era destinato anche al trasporto della corrispondenza privata e raggiunse un alto grado di efficienza e di speditezza. Le invasioni mongole del XIII sec. però determinarono nel mondo musulmano un decadimento e l’organizzazione postale ne soffrì tanto che per vari secoli può considerarsi inesistente.

 

COMUNICAZIONI D'OGGI

 

È soltanto con la diffusione della carta - il vero strumento di supporto allo scrivere - che nell’Europa del XIV secolo la corrispondenza riprende slancio, pur rimanendo appannaggio di pochi istruiti e benestanti, dati anche gli alti costi degli strumenti per scrivere, della intermediazione e del trasporto delle missive.

 

 

Per avvicinarci a tempi più recenti, occorre arrivare a fine ‘700 quando la rivoluzione francese trasforma il trasporto della corrispondenza postale in un servizio statale a beneficio di tutti i cittadini (19). Solo ai nostri giorni, il servizio postale e i diversi strumenti di comunicazione (nel tempo: lettere, telegrafi, telefoni, radio, telex, fax, computers, ecc.) risultano a disposizione di molti (20) e costituiscono la spina dorsale del processo di sviluppo di un Paese moderno.

Un’ultima considerazione. Oggi alcuni aggiornati dizionari di latino moderno traducono la familiare espressione di “posta elettronica” - il servizio internet grazie al quale ogni utente abilitato può inviare e ricevere messaggi via web - con l’espressione Cursus electronicus. È certo non solo un bel traguardo di “sopravvivenza lessicale” di quella parola antica, il cursus (appartenente ad una lingua che dai più viene ormai ritenuta antiquata se non proprio “morta”), ma è soprattutto un segno di legame, riguardo ed ammirazione per quel lontano, ma sorprendentemente moderno, Cursus publicus, il servizio postaledella Roma antica.

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NOTE

 

(1) emerodromo (ovvero "colui che corre per un giorno intero") era la professione del messaggero greco addestrato a correre per lunghe distanze in breve tempo, per recapitare comunicazioni importanti ed urgenti.

 

(2)  la moderna gara della maratona è stata fissata in 42,195 km.; la distanza è adottata a partire dai Giochi della IV Olimpiade del 1921.

(3) anche ai tempi d’oggi in alcuni Paesi, come la Svizzera o la Germania fino al 2016, alle Poste è assegnato oltre al tradizionale trasporto della corrispondenza postale anche il trasporto di persone su determinate linee con autobus (le cd. corriere postali).

 

(4) all’epoca  non c’era l’abitudine di viaggiare di notte.

 

(5) i 15 km. sono, all'incirca, la massima distanza che un cavallo possa fare al galoppo.


(6)   dove il traffico era maggiore potevano essercene più di una nello stesso punto: ad esempio, per prendere la sola via Appia, troviamo la mansio di Tres Tabernae,  presso l’attuale Cisterna di Latina, a circa 50 km da Roma.

 

(7) solo a titolo d’esempio: in Italia, a Valle del Baccano (RM, sulla via Cassia Veientana), a Castelfranco Emilia (MO, sulla via Aemilia), a Collesalvetti (LI, sulla Via Aemilia Scauri), a San Bartolomeo al mare (IM, sulla via Iulia Augusta), al valico del Piccolo San Bernardo (AO, sulla Via delle Gallie), a Farra d’Isonzo (GO, sulla via Iulia Emona ), a Quarto Flegreo (NA, sulla via Campania consolare), a Sofiana (CL, lungo la via Catania-Agrigento); fuori d’Italia, in Spagna, in Francia, dalla Gran Bretagna, come a Tripontium, alla Slovenia con la mansiodetta Fluvio Frigido.

 

(8) dopo Costantino, la parola evectio fu utilizzata al posto di diploma e di littera evectionis.

 

(9) tra gli animali  usati per i messaggi di  posta sono da ricordare  anche i “colombi messaggeri” che venivano  accuratamente custoditi nei carri colombari delle legioni di Giulio Cesare o che erano trasportati sulle navi in mare, per affidare loro le informazioni a volte decisive per le battaglie navali.

 

(10) i cavalli di posta venivano generalmente procurati in Spagna, dove la razza equina era molto rinomata e apprezzata.

 

(11) un calessino veloce e leggero per chi voleva andare svelto e non aveva con sé bagagli.

 

(12) la parola carpentum venne poi a designare genericamente qualsiasi tipo di carro. I suoi costruttori vennero chiamati  carpentarii, da cui deriva la parola odierna di carpentiere.

 

(13) per le comodità e la possibilità di dormirci, e per la finezza degli ornamenti e la relativa celerità, era un vero veicolo di lusso.

 

(14) Il carro di uso più comune per il trasporto di più persone o di bagagli.

(15) costituita da: viae publicae, vicinales, communes e privatae

(16) l’Itinerarium  Antonini è un registro di vie, 256 percorsi stradali, con distanze tra le località, luoghi di sosta (mansiones) e stazioni per il cambio dei cavalli (mutationes), collocate sulle diverse strade dell'Impero romano nel III secolo, con le direzioni da prendere da un insediamento romano all'altro: il tutto allo scopo di poter programmare in modo preciso il percorso da fare. Questo documento si compone di due sezioni: l’Itinerarium Provinciarum che riporta gli itinerari via terra e l’Itinerarium Maritimum che descrive le principali rotte marine

(17) La Tabula Peutingeriana è una copia medievale su pergamene di un’antica carta romana, incisa nel marmo, che illustrava le vie dell’Impero ed altre del mondo non romano allora conosciuto, cioè dalle colonne d’Ercole alla Cina, dall’Africa all’Europa settentrionale. In essa sono ben visibili le strade consolari, le altre vie principali, le stazioni di posta e le distanze, sia pure con misure approssimative. Realizzata su una striscia composta da 11 pergamene affiancate, essa misura in tutto 680 cm. x 33 cm.; vi sono tracciati ben 200.000 km di strade, 555 città e altri 3.500 elementi e simboli cartografici, tra luoghi, mari, fiumi, foreste, catene montuose, oltre a fari e santuari. L’inusuale forma della carta, che poteva essere arrotolata, non fornisce una rappresentazione realistica dei luoghi e delle distanze, essendo stata concepita come una sorta di diagramma (paragonabile ad una moderna mappa di una metropolitana,  che rinuncia alla scala geografica per una rappresentazione schematica e più chiara di linee e stazioni).  La tavola prende nome da  Konrad Peutinger (1465-1547), antiquario ed editore tedesco che auspicò la prima pubblicazione a stampa dell’opera in epoca moderna. 

 

(18) Era contemporaneamente un munus patrimonii, una prestazione patrimoniale, in quanto toccava il patrimonio l’obbligo di fornire gratuitamente animali da tiro, carri, addetti, fabbricati  e vitto e alloggio gratuiti ai beneficiari del cursus publicus mentre era anche un munus personae, una prestazione personale, perché vi era in più l’obbligo di cura degli ospiti e di sorveglianza delle stationes e dei luoghi circostanti.

 

(19) il cosiddetto “Servizio Postale Universale”, gestito nel nostro Paese oggi e fino al 2026 da Poste Italiane S.p.a., con una offerta di servizi postali a qualità determinata, forniti permanentemente in tutti i punti del territorio, a prezzi prefissati ed accessibili a tutti gli utenti.

 

(20) Art. 21 della Costituzione italiana: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.

 

 

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