Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

IL SANTO VOLTO DI GESU'

 

 

Premessa

 

Dopo le note polemiche attorno alla rappresentazione di quella "pièce teatrale" che sta andando in scena a Milano, avevo subito pensato ad un articolo che sottolineasse, invece, la devozione che suscita ed ha suscitato nei secoli la raffigurazione visiva, dipinta o stampata del volto di Cristo. Ed il mio pensiero è andato alla Sacra Sindone - vedere articolo correlato, già presente da anni su Cartantica - e al Telo di Manoppello che ho avuto occasione di vedere molti anni fa.

Avevo appena iniziato a scrivere il presente articolo quando ho visto che sul web "La Bussola quotidiana" - significativo ed importante quotidiano virtuale su cui scrivono insigni giornalisti - il 24 gennaio e nei giorni successivi, aveva toccato lo stesso argomento, con maggior chiarezza ed esperienza di quanto avevo cominciato a fare io.
Ma non ho rinunciato, comunque, a concludere il mio articolo che forse avrà qualche sfaccettatura diversa - oppure no - che vi sottopongo.

 

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IL SACRO VELO DI MANOPPELLO


Il telo sacro di Manoppello è un velo leggero, intessuto normalmente di cm 17x24 e rappresenta un volto, tumefatto, un pò allungato, di un uomo dai lunghi capelli, con la barba.
Le due guance sono dissimili, una più arrotondata dell'altra, ben più rigonfia, a causa di colpi subiti.
Gli occhi guardano più intensamente da una parte e verso l'alto, tanto che si può vedere il bianco degli occhi sotto l'iride.
Le pupille sono del tutto aperte, anche se irregolarmente...

 

 

 

Secondo la tradizione locale, un pellegrino anonimo arrivò nel 1508 e lo diede a Giacomo Antonio Leonelli, che stava seduto su una panchina di fronte alla chiesa. Il dottore andò in chiesa e aprì l'involucro contenente il velo. Il velo fu posseduto dalla famiglia Leonelli fino al 1608.

 

Egli indica inoltre che è il tessuto posto sopra il volto di Gesù nella tomba e l'immagine era un sottoprodotto delle forze scatenate dalla resurrezione, le stesse forze che egli crede abbiano formato l'immagine sulla sindone di Torino. In aggiunta egli ha suggerito una storia del velo che torna al I secolo. Tale ipotesi tuttavia è per l'appunto tale non essendo possibile, ovviamente, supportarla dall'evidenza. Papa Benedetto XVI ha visitato il velo il 1º settembre 2006. Subito dopo la visita ha innalzato il santuario ospitante (Santuario del Volto Santo di Manoppello) al rango di Basilica Minore.

La sua primaria particolarità, a parte il colore brunito del volto rappresentato, è la sua intensità dolorosa, la sua forza suggestiva, ma soprattutto il fatto che l'immagine appare identica, sia guardandolo di fronte che dal retro. Vedi sempre quegli occhi dolorosi, con le pupille aperte, che ti guardano diritti nel cuore e che ti si insinuano dentro... è il volto vivo di Cristo nel momento drammatico della passione.

Le prime notizie attorno al velo risalgono al 1640, tratte da una Relazione di un Padre cappuccino, P. Donato da Bomba, che racconta quanto segue:

"All'inizio del 1500, a Manoppello - piccolo centro abruzzese, allora sotto il Regno di Napoli - viveva un certo Giacomo Antonio Leonelli, un fisico dedito anche ad altre arti, ricco di virtù e molto religioso.
Un giorno, mentre parlava con dei compaesani presso la chiesa madre del paese, un pellegrino gli si avvicinò e, presolo in disparte, gli affidò un piccolo involto "da trattare con molta reverenza e devozione". Detto questo, sembrò sparire alla vista dell'uomo che, incuriosito, si appartò per vedere cosa ci fosse nell'involto e la sua sorpresa fu grandissima osservando quel dono arrivatogli dal cielo: su un piccolo telo leggero era impresso il Santo Volto di Cristo.

Cercò subito il pellegrino ma i suoi amici gli assicurarono di non averlo mai visto uscire dalla chiesa dopo che con lui vi era entrato. Con il suo meraviglioso fardello che, secondo lui gli era stato portato da un angelo, se ne tornò a casa accogliendo chiunque volesse vedere quella meraviglia. Poi fece aprire una finestra nel muro del suo studio con tanto di porta e chiavistello dove pose la santa immagine davanti a cui ardeva sempre una lampada e non faceva entrare nessuno nella stanza se non c'era anche lui.
Alla sua morte, però, i suoi discendenti cominciarono a litigare fra loro per dividersi il patrimonio ed uno di essi, Pancrazio Petrucci, un soldato sposato con un membro femminile della famiglia, Marzia Leonelli, prese la santa immagine e la portò in casa sua, senza però tenerla con il dovuto rispetto e devozione.

Pochi anni dopo, Marzia lo vendette per 4 scudi a Donato Antonio De Fabritiis per riscattare il marito, prigioniero a Chieti, e il De Fabritiis lo prese, unendolo alle altre sue ricchezze, senza neanche aprirlo.

In tempi successivi, però, dispiegò il velo e con grande delusione vide che esso era stato tenuto malamente e risultava spiegazzato, stracciato ai bordi, insomma non era più integro. Tuttavia il centro del telo su cui era impressa la sacra immagine, benchè un pò aggrinzito, era intatto.
L'uomo pensò di aver fatto un cattivo affare e decise di restituirla richiedendo indietro i soldi, ma di lì a poco ricevette la visita del Priore dei Cappuccini, P. Clemente da Castelvecchio, a cui Donato Antonio raccontò tutta la storia, mostrandogli il telo.
Il cappuccino al vedere quella raffigurazione del volto di Cristo esortò l'uomo a trattenere il telo presso di sè, trattandolo con devozione e lo aggiustò ripulendolo per bene e tagliando i contorni stracciati..

Donato Antonio fece applicare l'immagine su un telaio di legno e la rifinì adeguatamente con cornice di legno e cristalli, ma successivamente pensando che l'immagine era destinata ad altro e più santo luogo la regalò al convento dei cappuccini che la tennero con la massima devozione".

Questo ci raccontano le cronache... su documentazione fornita da padre Donato da Bomba nel suo “Relatione historica” e successive ricerche iniziate nel 1640.
Il professor Pfeiffer ritiene che l'immagine sia proprio quella originale della Veronica, forse rubata dal Vaticano durante la ricostruzione che ebbe luogo nel 1506.

Il piccolo velo si trova ora all'interno della cattedrale di Manoppello...

 



Le notizie intorno a telo sono poche e frammentarie, ma non possiamo dimenticare i brevi accenni che due degli Evangelisti fanno, a proposito di un telo simile, nei loro scritti:

 



Vangelo di Luca, Cap. 24

Pietro alla tomba

[12] Pietro tuttavia corse al sepolcro e chinatosi vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore per l'accaduto.

 



Giovanni, Cap. 20 - 3

La tomba vuota

[1] Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. [2] Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!».

[3] Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. [4] Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. [5] Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. [6] Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, [7] e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. [8] Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.

] Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti. [10] I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa.

 

 

Le ipotesi attorno al velo sono molte:

- stando ai Vangeli, anche il Volto Santo di Manoppello si potrebbe essere formato nella tomba di Gesù a Gerusalemme, durante o ad opera della Resurrezione e potrebbe essere stato consegnato alla Madonna e da lei portato poi con sè ad Efeso dove andò con l'apostolo Giovanni che l'avrebbe successivamente conservato gelosamente.
Il velo acheropita, chiamato anche "immagine di Camulia" perchè pare che là si trovasse fino al 574, venne poi portata a Costantinopoli, dove rimase sino al 705 circa.

- tale reliquia non sembra essere stata dipinta nè tessuta da mano umana e quindi è un'immagine acheropita misteriosa e miracolosa, con una identica rappresentazione su ambedue le parti

- le dimensioni del volto della Sindone e quelle del velo di Manoppello sono identiche e perfettamente sovrapponibili, la sola differenza e che il volto del Cristo sul velo ha occhi e bocca dischiusi.

- secondo alcune tesi il velo di Manoppello era stato incollato - per nasconderlo all'imperatore bizantino - sul Volto Santo della Cappella del Sancta Sanctorum. Successivamente poi esso venne rimosso, trasferito in San Pietro e successivamente a Manoppello.

- Il tessuto sembrerebbe essere di bisso, presente spesso nelle tombe dei faraoni egizi.

- Alcuni scienziati, però, sostengono che, nonostante le pretese di origini divine, il volto sul velo di Manoppello è in apparenza conforme alle caratteristiche di un'immagine artificiale, simile a quelle tipiche del tardo Medioevo o primo Rinascimento e sembrerebbe eseguito in maniera ingenua e stilizzata, senza rendere realistica la forma umana.
Inoltre, affermano che non si può collegare questa immagine con quella di Roma, nè dimostrare che si tratti proprio del volto del Redentore... forse potrebbe trattarsi di un autoritratto disperso di Dürer, il quale però era maestro di quest'arte.... e poichè questa immagine non si accosta alle copie già conosciute, non può trtatarsi del velo della Veronica.

E' ovvio che su questa tematica negativa si potrebbe andare avanti ancora... ma qui si tratta solo di Fede...

Su questa reliquia sono state iniziate, non tanti anni fa, delle rilevazioni scientifiche con strumentazioni fotografiche ad alta risoluzione che non hanno però, a tuttora, rilevato particolari essenziali per risolvere l'enigma attorno al velo.
Dalle indagini non emergono depositi di colore di nessun genere tra trama e ordito, nè tantomeno di stampa, considerando poi che le tecniche ad essa relative nel 1500 erano molto grossolane e non perfezionate come oggi.
Con l'aiuto dei più sofisticati computer forse si potrà dare qualche risposta più specifica ma per ora non si sono fatti passi avanti nell'identificazione del velo di Manoppello.

 

 

 

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Il velo ha anche molta somiglianza con l'immagine acheropita conservata nel Sancta Sanctorum della Scala Santa, a Roma, a cui ci si trova davanti, appena terminata la pia devozione che si compie in ginocchio lungo tutti i 28 gradini che conducono sino alla sommità della Scala. Secondo la tradizione, la Scala Santa è quella percorsa dal Cristo nel Sinedrio, per arrivare dinanzi a Ponzio Pilato.
Essa, assieme ad altre importanti reliquie di Gesù (il legno della Croce, l'iscrizione in varie lingue, i chiodi e la corona di spine, che si trovano nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme) venne portata a Roma da sant'Elena, madre dell'Imperatore Costantino.

Arrivati, dunque, in cima alla Scala ci si trova davanti una finestra a vetri con grata da cui si può osservare il Sancta Sanctorum. Ma io sono stata fortunata e sono riuscita ad entrare in quel luogo speciale - oggi è possibile, accedere in gruppi limitati ad una visita diretta - realizzando anche la serie di fotografie che vedete.

Sancta Sanctorum era la definizione del luogo più inviolabile del Tempio di Salomone, dov'era custodito il tesoro ma soprattutto l'Arca dell'Alleanza con le Tavole della Legge e in cui poteva entrare solo il gran sacerdote.

Qui si tratta della Cappella privata dei Papi che prima risiedevano al Laterano, ritenuto comunque uno dei luoghi più sacri, tanto che sulla parete esterna della cappella è stata impressa a lettere dorate la frase: "NON EST IN TOTO SANCTIOR ORBE LOCUS", ovvero "non esiste al mondo luogo più santo".

 



La cappella, dedicata a San Lorenzo e realizzata nel 1278 per volere di papa Niccolò III, custodisce varie reliquie tra cui la più importante è l'immagine acheropita di Gesù, tradizionalmente attribuita a San Luca, una tempera su legno con rivestimento in argento. Purtroppo la figura non appare intera, se ne vede solo il volto ma si presume rappresentasse il Cristo in trono.


Anche su questa icona fioriscono tante leggende che la vogliono poi trasferita in Vaticano col nome di "veronica".


L'immagine veniva portata in processione per le vie di Roma ma per non portarle nocumento venne ricoperta da una lamina d’oro sbalzato con varie aperture per permettere di visionarne il volto, le mani, i piedi ed il costato. Tali sportelli venivano aperti durante la Quaresima per adorare le Cinque Piaghe della Passione.
Purtroppo l'usura del tempo portò grandi nocumenti all'immagine del volto che venne poi sostituita con una copia.



Sempre nel Sancta Sanctorum, esiste un mosaico, che deriva dall'immagine acheropita là conservata e che risale al 1280, ricco di intensità e di sovranità.

 


La definizione "acheropita" significa "non realizzato da mano umana" e viene generalmente usata per definire le immagini sacre o reliquie che sarebbero comparse per intervento soprannaturale, come la Sacra Sindone o il Mandylion, telo venerato dai cristiani d'Oriente sul quale si vedeva il volto di Cristo, probabilmente così chiamato solo perchè era venuta a contatto con il telo originale.

 

Mandylion o Immagine di Edessa
Chiesa de San Bartolomeo degli Armeni - Genova


Secondo un'antica leggenda questo ritratto di Cristo, il Mandylion - chiamato anche "immagine di Edessa" - era apparso dopo che Gesù si era asciugato il volto su un telo ripiegato in otto parti, telo che era stato poi consegnato al re Abgar di Edessa, ammalato, che una volta sanato dall'immagine la venerò devotamente e la fece applicare su una tavola.

Questo Volto di Edessa, derivante dal fatto che era un dipinto “acheropita” fu riconosciuto e venerato come vero ritratto di Gesù, e la sua importanza venne riconosciuta soprattutto nel secolo VIII, quando alcuni imperatori bizantini tentarono di distruggere Immagini Sacre con la finalità di purificare il culto cristiano.
Vari personaggi si opposero a questa eliminazione del culto delle immagini sacre, come ad es. san Giovanni Damasceno, che a sostegno delle sue convinzioni, affermava l’esistenza del Santo Volto di Edessa, che la tradizione faceva risalire al tempo stesso di Gesù.
II Concilio di Nicea (VII Concilio Ecumenico ) del 787 d.C., stabilì e decretò la validità del culto delle Sacre Immagini sulla base “storica” del Santo Volto di Edessa e sulla base “dogmatica” della verità dell’Incarnazione, per cui Dio, in Gesù, si è reso ‘visibile’ e quindi ‘raffigurabile’.



Alcune fonti illustrano alcuni miracoli derivanti appunto dalla presenza ad Edessa di quella sacra immagine che, scomparsa, venne poi ritrovata attorno al 525. Probabilmente anni prima era stata custodita ad Antiochia.
Nel 944 la sacra reliquia venne trasferita a Costantinopoli, dapprima collocata nella chiesa della Vergine di Pharos, con una festa liturgica ancor oggi ricordata nel culto Bizantino, poi ancora trasferita a Blacherne e infine dispersa con la Quarta Crociata che mise a ferro e a fuoco Costantinopoli (1200 ca.), ma poi recuperata nel 1362 esuccessivamente portata a Genova, dal Capitano genovese Leonardo Montaldo, in seguito nominato Doge, che la chiese in dono all’Imperatore Giovanni V Paleologo, regalandola poi alla chiesa di San Bartolomeo degli Armeni dove, dove venne fatto oggetto di grande venerazione da parte dei genovesi e non.


Quando Genova venne occupata dai Francesi di  Luigi XII, nel 1508, il Santo Volto venne rubato e trasferito in Francia, ma alcuni mesi dopo, tramite l’intervento di ambasciatori, mercanti e banchieri genovesi, la preziosa Reliquia venne riportata a Genova, dove è rimasta fino ad oggi, espressione della Cristianità e della Fede.

Altre versioni, sarebbero invece:

Che il telo originale rimasto a Costantinopoli fino alla IV Crociata, venne poi rubato, assieme ad altre reliquie, e portato in Europa, a Parigi, dove però scomparve durante la Rivoluzione Francese.
Secondo altre fonti il ‘Mandylion’ disparve durante la conquista di Edessa, nel 609 e solo delle copie vennero portate poi a Costantinopoli…

Delle due copie rimaste a Costantinopoli, una sarebbe quella donata dall’imperatore Giovanni V Paleologo a Leonardo Montaldo, genovese, e tuttora presentea Genova, mentre l’altra copia venne portata a Roma, prima conservata nella chiesa di San Silvestro in Capite e poi fatta portare da Pio IX in Vaticano, nella cappella privata dei papi, la cappella Matilde.

È collocata in una preziosa teca barocca d’argento e oro del 1623, decorata con varie pietre preziose ed è stata mostrata per molti anni in occasione della V domenica di quaresima, la domenica di Passione, poi dal 1870 non venne più mostrata.
E' stata esposta, straordinariamente nel 2014, durante le feste dell'Immacolata, nella chiesa di San Silvestro in Capite, a Roma, sua prima dimora originaria, verso la fine del XVI sec.

 

Mandylion con cornice reliquiario -
Cappella Matilde, Città del Vaticano



Alcuni studiosi, tra cui Markwardt, che si rifà agli scritti di Giovanni Damasceno che parlava di una immagine non quadrata ma oblunga, ritengono invece che il Mandylion non sia altro che la Sindone, come del reso afferma il giornalista Ian Wilson, sottolineando la tesi dell'origine miracolosa per ambedue i teli, avvenuta per contatto col volto e corpo di Cristo e spiegando che si riteneva che il Mandylion fosse poco più grande di un fazzoletto, per il fatto che il telo sindonico era ripiegato più volte su se stesso ed inserito poi in un reliquiario che faceva vedere solo la parte relativa al viso dell'uomo crocifisso.
Secondo lui, alcuni scritti del 944 che parlano del sacro telo potrebbero benissimo riferirsi anche alla Sindone - che il crociato Roberto di Clary riferisce di aver visto a Costantinopoli durante la Quarta Crociata, specificando che vi si vedeva la figura intera di Gesù - portata poi in Europa da un crociato.

Alcune immagini antiche del Mandylion, in effetti, fanno vedere il reperto religioso attraverso un reliquiario ma rimane un interrogativo: l'uomo della Sindone ha gli occhi chiusi, quello dell'immagine del volto santo li ha aperti e lo stesso cronista crociato riferisce, inoltre, che in un altro luogo della stessa città, in un vaso d'oro, era conservato il Mandylion.


Il Volto è studiato e sottoposto a radiografie e tomografie ed altre ricerche da parte di molti studiosi che hanno potuto constatare che l’Immagine è una tempera ‘a uovo’, effettuata su lino, leggermente ritoccata qua e là, che potrebbe effettivamente risalire al periodo di Gesù ed essere stata quella realmente inviata al re Abgar di Edessa.
Ma potrebbe anche essere, invece di epoca più tardiva e che, mentre l'originale era impresso sulla stoffa, questo è su tavoletta di legno di cedro, con tela applicata sopra, posta poi su un supporto di legno sul quale venne applicato un preziosissimo lavoro realizzato in filigrana di argento e oro, forse del periodo in cui si trovava a Costantinopoli.

In questo ornato sono presenti 10 formelle a sbalzo in cui è rappresentata l’origine del Santo Volto, unitamente ad alcuni episodi salienti della sua storia fino alla traslazione a Costantinopoli. Si tratta di un vero capolavoro di oreficeria bizantina che distingue essenzialmente la nostra Reliquia da tutte le altre riproduzioni del Santo Volto di Edessa.
Infine, Il supporto più piccolo, originario, conserva intorno al Volto del Cristo una serie continua di fori nei quali erano inserite piccole perle e sulla parte posteriore sono stati ritrovati incollati al legno frammenti di antiche stoffe persiane e arabe che risalgono ai secoli precedenti il Mille, utilizzate forse per ricoprire e avvolgere la Reliquia. Successivamente, nel XV sec. vi è stata poi applicata dai genovesi un’altra preziosa stoffa, che riproduceva un melograno, tessuta con fili d’argento.

Utilizzando la radiografia si intravvede sotto un'immagine precedente formata da tre distinte parti: l'incasso della cornice esterna, il rivestimento d’argento dorato e la tavola di legno.
Queste scoperte e le analisi effettuate fanno presumere che questa venerata immagine possa addirittura provenire da un antico trittico, di cui due ante, dipinte attorno al 945, sono presenti nel monastero di Santa Caterina del Sinai, in Egitto. Nelle misure ed in altri particolari corrispondono a quella conservata a Genova.

 

 

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Altra curiosità sulle immagini del volto di Cristo è rappresentata e dal "Velo della Veronica".

 

Del "velo della Veronica", leggendaria reliquia cristiana.su cui era impresso il volto di Cristo e che consiste in un panno, presumibilmente di lino, in origine possesso di santa Veronica, nel quale è impresso un volto che si ritiene essere quello di Gesù, si hanno notizie addirittura da Dante nella divina Commedia (Paradiso, XXXI, 103-108)


"Qual è colui che forse di Croazia
viene a veder la Veronica nostra,
che per l’antica fame non sen sazia,
ma dice nel pensier, fin che si mostra:
’Segnor mio Iesù Cristo, Dio verace,
or fu sì fatta la sembianza vostra?"

 

reiterando poi nella Vita Nova, XL, 1:

"In quel tempo che molta gente va
a vedere quell’immagine benedetta,
la quale Jesù Cristo
lasciò a noi per esempio
de la sua bellissima figura...


ma se ne conoscono varie versioni, di cui due conservate in Vaticano, una in San Pietro, che da Kamulia fu portata a Costantinopoli nel 574 e successivamente a Roma nel 707, conservata dapprima in Laterano nella cappella dei papi, eppoi nel 1292 portata in s. Pietro e definita " Veronica", cioè vera icona e l'altra nella Cappella Matilde, mentre una copia della prima è custodita in un Monastero di Tagliacozzo (Aq).

 

Il nome Veronica potrebbe derivare dalle parole latine e greche, ‘vera eicon’, vera immagine e si riferisce alla donna che si accostò a Gesù, durante la via dolorosa, per asciugargli il viso insanguinato. Essa non viene nominata dai Vangeli, ma l' episodio viene riportato nella "Legenda aurea" di Jacopo da Voragine (XIII sec.), con tanta enfasi che verrà ripreso per una delle Stazioni della Via Crucis.

Alcuni ritengono che questa donna non sia altro che l'emrroissa che avvicinò Gesù per ottenere la guarigione dal suo male. La donna in alcuni testi viene chiamata Berenice o Veronica e la sua figura compare in alcuni testi apocrifi che raccontano che essendo l'imperatore Tiberio gravemente ammalato, avrebbe inviato un suo legato a Gerusalemme; questi avrebbe trovato il sacro telo appartenente appunto alla Veronica e sarebbe tornato a Roma con l'immagine e l'imperatore solo al guardarlo fu guarito. Secondo alcune versioni, fu proprio Veronica a portare all'imperatore di Roma il sacro ritratto.

Si ipotizza che il velo della Veronica sia stato conservato in San Pietro - mentre Giovanni VII era Papa (706-708), in una cappella proprio dedicata alla Veronica realizzata durante il suo pontificato - ed anche in tempi successivi, secondo narrazioni di pellegrini in visita a Roma che sostenevano di averla vista.
Successivamente esso venne pubblicamente mostrato ai fedeli da papa Innocenzo III e tale esposizione venne riproposta annualmente, tanto che in una di queste occasioni fu di spunto a papa Bonifacio VIII per la proclamazione del Giubileo del 1300, occasione in cui la "Veronica" venne mostrataai fedeli.
Poi, durante il Sacco di Roma, voci alterne la dicono rubata dai saccheggiatori, altri sostengono che invece sia ancora custodita in San Pietro...

In seguito non si ebbero più notizie nè ostensioni, il velo scomparve dalla scena, benchè si pensi che sia ancora conservato in Vaticano e si dice che sia stata presentata ai fedeli del Giubileo del 1950...

 

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Un'alra immagine della Veronica, probabilmente una copia di quella del Vaticano, è quella ancora presente nel Monastero dei SS. Cosma e Damiano di Tagliacozzo, in provincia dell'Aquila, dove ogni anno si svolge una solenne processione nel sabato e nella domenica dopo Pasqua.

Tra il XVI e XVII sec. il Duca di Tagliacozzo, un Colonna, fece dono di alcuni beni immobili e del dipinto che riproduceva l'immagine del Cristo dolorante impressa su un velo, presumibilmente quello della Veronica.... Sul retro della tela ci sono due iscrizioni, una del XVII sec. ed una del XIX sec.

 

Monastero dei SS. Cosma e Damiano di Tagliacozzo

 

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Una copia del Sudario della Veronica, su tela di lino ricoperta in parte da lamine d'oro, datata 1617, è presente a Vienna nel Palazzo Hofburg di Vienna, su richiesta della corte Imperiale.

 


Vienna, Palazzo Hofburg


Essa venne quasi sicuramente realizzata dal Canonico Strozzi su input di Papa Paolo V, di cui era segretario, assieme ad altre copie, destinate alla sagrestia del Vaticano, alla regina della Polonia, al Papa, al Granduca di Toscana e al vescovo Roberto Ubaldini di Montepulciano e successivamente ad altri. La sua firma si intravvede nell'angolo destro della cornice interna.

In seguito, lo stesso Papa proibirà la riproduzione di altre copie, in qualunque forma, di quello ritenuto il Velo della Veronica e successivamente, nel 1629, papa Urbano VIII vieterà di effettuare riproduzioni del velo della Veronica, ordinando anche la distruzione di tutte le copie esistenti. Il suo editto dichiarò che chiunque avesse accesso ad una copia doveva portarla al Vaticano, pena la scomunica.

Oltre alle precedenti, ne è stata ritrovata un'altra, simile, sempre datata 1617,  a Chiusa Sclafani, Palermo, regalata da Papa Clemente VIII al frate francescano Innocenzo, suo consigliere personale a Roma.

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Velo della Veronica,  Chiusa Sclafani (Palermo)


 

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Un'altra copia del precedente "Velo" è conservata a Bologna nella chiesa di San Girolamo, sempre realizzata dallo Strozzi, donata da Papa Paolo V ad Apollonia Maria di Savoia, che poi la destinò ai Cappuccini di Bologna.

 

 

Velo della Veronica, Chiesa di san Gerolamo (Certosa),
Bologna

 

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Ancora una copia dello Strozzi, che si trova a a Madrid, donata da Papa Paolo V al cardinale D. Luis Homodey.

 

 

Velo della Veronica -
Cappella della Soledad, Chiesa di San Marcos, Madrid


 

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Probabilmente anche questa copia è dello Strozzi e venne regalata da Papa Gregorio XV alla Duchessa Sforza nel 1621.
E' conservata presso la Chiesa del Gesù a Roma.

 

 

Velo della Veronica, Chiesa del Gesù, Roma


 

Un'ulteriore immagine della Veronica si trova a Venetico Superiore, nella Chiesa Parrocchiale, sin dal 1625, quando Don Giuseppe Spadafora Moncada, principe di Maletto e barone di Venetico, successore di Federico, ottenne da Papa Urbano VII per questa chiesa una copia fedele del Volto di Cristo, realizzata magistralmente su lastra di rame, racchiusa in una artistica e pesante cornice d’argento, chiusa sul retro da una lastra pure d’argento, nel cui centro è riprodotta a sbalzo la figura della Veronica.
L'immagine reca, incisa, una frase in cui si dice che si tratta della vera  immagine del SS. Sudario ritratta da quella di Roma, presente in S. Pietro, richiesta al Sommo Pontefice Urbano VIII nell’Anno del Giubileo 1625.

Ognuna di queste immagini sopra descritte è racchiusa in una elaborata cornice esterna con all'interno un foglio di metallo dorato, nel quale è praticata un'apertura dove appare il volto; all'estremità inferiore del volto ci sono tre punti che corrispondono alla forma di capelli e barba.

 

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Ci sono, comunque, almeno altre due immagini che si pretende siano il Velo originale, una sua copia diretta o, in due casi, il velo di Edessa.

Una si trova presso il Monastero di Alicante, acquisita da Papa Niccolò V da parenti dell'imperatore di Bisanzio nel 1453.
Questa reliquia venne regalata da un cardinale del Vaticano al prete spagnolo, Mosen Pedro Mena, che la trasferì ad Alicante nel 1489, durante una grave siccità. Essa venne portata in processione ed una lacrima apparve sul volto di Cristo, mentre, intanto, iniziava a piovere.
La reliquia si trova nel monastero del Volto santo (monasterio de la Santa Faz), nella cappella realizzata e decorata tra il 1677 e il 1680, in una cappella con dipinti che raccontano l'episodio miracoloso della fine della siccità.

 

 

Monastero de Santa Faz, Alicante, Spagna

 

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L'altra è conservata presso la Cattedrale di Jaèn, in Spagna. reealizzata, probabilmente nel XIV secolo, probabilmente donata da papa Gregorio, rientrato a Roma da Avignone (1377), o acquistata direttamente da Nicola de Viedma, vescovo di Jaén nel 1368-1378 e 1381-1383. Si dice che abbia come luogo di origine Siena.

 

 



Santo Volto, Cattedrale di Jaèn, Spagna

 

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Qui si conclude, almeno per il momento, questa mia piccola frammentaria indagine sul Volto di Cristo, ma restano ancora tanti interrogativi, tante domande insolute non solo per la mia inesperienza in questo campo ma proprio perchè il Volto Santo di Gesù è il condensato di un amore divino ben al di sopra di quello umano e soprattutto al di sopra della nostra concezione dell'amore.

Contempliamo, ogni tanto, un'immagine del viso di Gesù, mettiamoci di fronte a lui con le nostre povertà spirituali, preghiamolo di trasfonderci un pò della sua indulgenza e del suo amore infinito per noi, andiamo in fondo alla sua sofferenza ed entreremo nel suo mistero, vedremo non solo il suo volto distorto dal dolore dell'uomo crocifisso ma il volto glorioso del figlio prediletto, del Risorto.

 

 

 

 

Biografia

http://www.diocesi.genova.it/museodiocesano/mandylion.php

http://www.voltosanto.it/Italiano/dettagliostudi.php?x1=2

http://it.wikipedia.org/wiki/Mandylion

http://it.wikipedia.org/wiki/Velo_della_Veronica

http://www.astori.it/media/astori/documenti/_Il_Volto_dei_Volti__mod.__Il_Volto_dei_Volti__mod..pdf

https://reliquiosamente.com/2016/08/04/le-sante-immagini-acheropite-3-il-mandylion-di-edessa-larchetipo-di-tutte-le-acheropite/

https://it.wikipedia.org/wiki/Velo_della_Veronica

- http://www.acheiropoietos.info/proceedings/FalcinelliManoppelloWeb.pdf

- https://veronicaroute.com/1617/04/29/1617-3/

- http://www.leviedelgiubileo.it/?p=4248

- http://www.parrocchiavenetico.com/volto-santo.html

- https://www.todocoleccion.net/postales/n-17819-postal-jaen-santo-rostro~x11735067

 

 

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