Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

CINEMA, CINEMA

 

Avendo ritrovato, tra le mie numerose "carte antiche" che conservo, una serie di bei ritratti dei più bravi, belli ed interessanti attori degli anni '50, rendo loro omaggio con queste foto e le parole che sono state dette in occasione della realizzazione di questa raccolta, intitolata "Volti del cinema italiano" realizzata dalla UNITALIA FILM, IFE, Roma.

Ogni attore è stato riprodotto in due foto e accompagnato dalle parole di illustri scrittori, critici, registi...


E' una carrellata interessante che dà uno sguardo, un pò biricchino e un pò commosso sulle carriere e sulla vita di questi attori che per molti hanno rappresentato la scoperta di una finestra aperta su un mondo un pò fatato, un pò svagato, un pò sentimentale, un pò malizioso... un pò lo specchio della propria gioventù...

 

 

Roma, 7 Marzo 1908 - Roma, 26 Settembre 1973

BELLISSIMA
di Luchino Visconti

 

 

Anna Magnani può condurci dove vuole, dallo schermo, tanto la memoria e la fantasia dello spettatore s'affidano a ciò che ella va rintracciando e riproducendo della realtà, con una felicità di osservazione e una forza di rappresentazione, con una verità ed una poesia della vita che fanno di una tale attrice un fenomeno unico.

Ella può darci un ritratto esemplare di donna italiana, di quelle che hanno spazientito tanta letteratura e che è stato sempre ambizione di scrittori italiani e stranieri poter raffigurare.
In realtà è difficile esprimere con un'arte plausibile il senso della vita intima di questo Paese, trovare la strada per un discorso di tutti i giorni, dire, dando un'immagine della realtà, le parole più comuni.
La naturalezza e l'istintività.che corrono le nostre strade sono, a riprodurle sullo schermo, privilegio di pochi.
Anna Magnani può darcene un repertorio completo.

L'ignara crudeltà della vita, cioè questa realtà italiana di cui il Cinema è riuscito a imporre il senso e il gusto ad un pubblico fino ad ieri riluttante, e che è conferma d'una letteratura di ormai mezzo secolo, ha la sua grande attrice.

CORRADO ALVARO

Filmografia

Tempo massimo, La cieca di Sorrento, Cavalleria, Teresa Venerdì, L'ultima carrozzella, Campo de' fiori, Roma città aperta, Il bandito, Abbasso la ricchezza, L'Onorevole Angelina, Assunta spina, L'Amore, Vulcano, Stromboli terra di Dio, Bellissima, Camicie rosse, La rosa tatuata, Suor Letizia-Il più grande amore, Selvaggio è il vento, La rosa tatuata, Nella città l'inferno, Pelle di serpente, Risate di gioia, Mamma Roma, La pila della Peppa, Made in Italy, Il segreto di Santa Vittoria, Correva l'anno di grazia 1870, Roma.

Senza contare il suo trentennale impegno nel teatro, in ogni genere, il connubio con Totò ed altri grandi attori con cui condivise un sempre maggior successo.

 

Premi:

Nastro d'Argento 1946 per "Roma città aperta" Miglior attrice non protagonista

Nastri d'Argento 1952 per "Bellissima"
Premio Miglior attrice

Premio Oscar 1955 per la "Rosa tatuata" e Golden Globe come migliore attrice in un film drammatico
David di Donatello 1959 per "Nella città l'inferno" - Premio Miglior attrice

Venezia Mostra Int. d'Arte Cinematografica 1947 per "L'Onorevole Angelina" Premio Miglior attrice e Nastro d'Argento 1948

Nastro d'Argento 1949 - Premio miglior attrice per "L'Amore"

Per "Selvaggio è il vento:

Berlino International Film Festival 1958  Premio Miglior attrice
David di Donatello 1958  -  Premio Miglior attrice
Premio Oscar 1957  -   Nomination Miglior attrice

Nastri d'Argento 1957 per Suor Letizia - il più grande amore" -   Premio Miglior attrice

 

 

 

Roma, 17 marzo 1925 – Roma, 2 dicembre 2015

Filmografia

Benvenuto Reverendo, Rondini in volo, çp zappatore, Bandiera a settentrione, iI Falsari, core ingrato, Tre storie proibite, Inganno, La Provinciale, Le amiche, l'Avventura, La lunga notte del '43, A ciascuno il suo, C'era una volta il West, Morton, La confessione, Il portiere di notte, Grog.


In Tv partecipa alla serie "Delitto e castigo"m a quella di "Quo Vadis?" e a"Papa Luciani - Il sorriso di Dio"
Nel 1998 riceve la Grolla d'Oro come premio alla carriera.

CORE INGRATO
di- Guido Brignone

" Ho conosciuto Ferzetti lo scorso autunno, per l'interpretazione della mia commedia "Salviamo la giovane". L'incontravo per la prima volta.
A parte i suoi modi un pò bruschi, perdonabili alla sua età, alle prove mi ritrovai alla presenza di uno dei più dotati giovani attori del nostro teatro di posa. Ha la natura, il piglio, la prestanza di colui che potrà domani salire al posto di protagonista. Voce calda, felice simpatia e comunicabilità con il pubblico.
Naturalmente il cinematografo l'ha subito adocchiato ed è probabile che lo sottragga al teatro. Io, come autore drammatico, me ne dolgo. Voi, come cineasti, ne esultate........

CESARE GIULIO VIOLA

 

 

Filmografia:

 

Sciuscià, Fabiola, Domenica d'agosto, Teresa, Parigi è sempre Parigi, Don Camillo, Ergastolo, Processo alla città, Giovinezza, Don Lorenzo, Gli eroi della domenica, La provinciale, Il mondo le condanna, I vitelloni - I vinti - Cento anni d'amore - Amori di mezzo secolo - Ulisse -Le due orfanelle - La contessa scalza - I giorni più belli - Totò, Peppino e i fuorilegge - Padri e figli - Il cielo brucia - Addio alle armi - Giovani mariti - La regina della povera gente- Sangue sull'asfalto - Il generale della rovere - La notte brava - Le svedesi - Viva l'Italia - Match contro la morte - Cronache del '22 - Una notte per cinque rapine - Toy Story - Miranda - Il camorrista - L'avaro - Antelope - Gli assassini vanno in coppia - Romanzo criminale - Notte prima degli esami - La bella società...

 

PARIGI E' SEMPRE PARIGI
di Luciano Emmer

"Totò il buono nasce sotto un cavolo maturo, Ariele nasce sotto una nuvola di vento, Franco Interlenghi nasce sotto la divisa "più grande di lui" da militare alleato dello sporco "Sciuscià". E nasce buono, come i suoi fratelli di sogno, anche se la crudeltà degli uomini lo fa diventare, fin dal suo primo film, un involontario assassino.
Nei film che seguono, il bambino diventa adolescente e uomo e sempre porta in mezzo agli altri personaggi, lo sguardo stupito dei suoi occhi venuti da un mondo lontano e la rozza, popolare linearità di un volto aperto e forte, di una possibilità interpretativa pronta ad accogliere il suggerimento e l'impronta di una forte regia, la comunicativa capace di commuovere o di intenerire lo spettatore, di iniziare con lui il più umano e il più naturale dei linguaggi.
E' il personaggio destinato a portare sullo schermo problemi e stati d'animo comuni a molti uomini, comuni al nostro dopoguerra, comuni alle anime semplici che vanno al cinema per specchiare nel volto di un attore il proprio volto e la propria attesa.

DOMENICO REA

 

 

Napoli, 15 Febbraio 1898 - Roma, 15 Aprile 1967

Troppo c'è da dire su questo magnifico attore di cinema e di teatro, ma non solo, anche poeta, paroliere, cantante, che ha lasciato un segno indelebile nella storia dello spettacolo italiano, cercherò di riassumere, nel modo più breve e conciso, il suo impegnativo e grande lavoro che ha abbracciato non solo il teatro, dandoci la possibilità di una risata di cuore, di una felicità piccola ma intensa, facendoci forse versare anche qualche lagrima...

Nato da Anna Clemente e dal marchese Giuseppe De Curtis, che lo riconobbe solo più avanti, nacque nel cuore di Napoli, ebbe un'infanzia misera e triste rallegrata solo dalla sua precoce vocazione artistica che già gli faceva osservare e ripetere i gesti, le fisionomie, i caratteri delle persone che gli ruotavano intorno.
Dal collegio in cui venne poi messo per studiare.non trasse particolari benefici, anzi subì un banale incidente che gli cambiò i connatati dando al suo viso quella particolare "inclinazione" del naso e della mascella che gli fornirono poi per tutta la vita quella "maschera" tanto nota, un pò da marionetta e un pò da triste Pierrot.
Abbandonati gli studi, prese a recitare saltuariamente per le famiglie, come andava di moda allora, e nei piccoli teatri della periferia, idove conobbe Eduardo e Peppino De Filippo.
Allo scoppio della I Guerra mondiale andò volontario nell'esercito e scampò dal trasferimento con il suo battaglione in Francia, rimanendo in Italia e dopo il congedo avrebbe dovuto arruolarsi in marina ma non essendo la disciplina il suo forte, decise finalmente di dedicarsi a quello che amava di più: far ridere la gente.
Venne scritturato come macchiettista da Eduardo D'Acierno.

Finalmente riconosciuto dal Marchese suo padre che ne aveva sposato la madre, si trasferì a Roma coi genitori, riuscendo ad entrare nella compagnia teatrale di U. Capece, senza però nè paga nè rimborsi.
Le sue brevi performances gli guadagnarono i primi apprezzamenti del pubblico ma ancora nessun compenso, senza contare che raggiungeva a piedi il teatro molto lontano dalla sua abitazione e tentando di farsi pagare almeno il biglietto del tram riuscì solo a farsi licenziare.
Piombò nella disperazione ma nel contempo riuscì a perfezionare la sua arte, deciso a dedicarsi al varietà, puntando al Teatro Ambra Jovinelli dove si erano esibiti Petrolini, Viviani ed altri illustri attori. Finalmente venne accettato e debuttò con delle macchiette che gli garantirono non solo gli applausi del pubblico ma anche dell'impresario che gli propose finalmente un contratto vero e proprio ed anche se il guadagno era poco, finalmente aveva qualche soldo in tasca per le spese più urgenti.
Con l'aiuto di un amico riuscì ad approdare alla Sala Umberto, dando nella prima rappresentazione il meglio di se stesso e suscitando una marea di applausi. Era finalmente in scena e vi rimase per una lunga serie di anni con un successo enorme e duraturo.

La sua vita sentimentale, invece, fu un altalena di gioie e dolori. Dal 1929 al 1930 egli fu preso dall'amore per Liliana Castagnola, conosciuta al Teatro Nuovo e subito corteggiata. ma già reduce da molte e complesse avventure sentimentali, .
Breve e difficile rapporto attraversato dalla folle gelosia di Totò, che mal digeriva l'ammirazione dei fans di Liliana, che dava adito a tremendi litigi, incoraggiati poi da pettegolezzi infondati che diedero il via ad un periodo oscuro per lei che, profondamente depressa, si chiedeva se l'attore l'avesse mai amata. Questa profonda crisi la condusse al suicidio, dopo aver scritto una amara lettera a Totò, che la ritrovò morta al suo ritorno a casa. Con un enorme senso di colpa, che lo attanagliò per tutta la sua esistenza, la fece seppellire nella Cappella dei De Curtis.

Pochi mesi dopo conobbe la giovanissima Diana Rogliani che, nonostante il divieto dei genitori, andò a convivere con lui. Nel 1933 nacque una bambina che, secondo la promessa che aveva fatto a se stesso, l'attore chiamò Liliana. Diana intanto lavorava con lui nella rivista "Il mondo è tuo", portandosi dietro la piccola che stabilizzò un pò la loro unione, sfociata poi, nel 1935, finalmente nel matrimonio. Tuttavia l'equilibrio tra i due era molto precario ed il matrimonio venne annullato con procedure particolari più tardi riconosciute anche in Italia, ma essi per il bene della bambina continuarono a vivere insieme per molti anni, finchè lei, nel 1951, a seguito di un ennesimo litigio se ne andò di casa ed anche la figlia, diventata maggiorenne lasciò la casa parterna.
. Nel 1938 Totò perse la vista dell'occhio sinistro, ma nessuno ne seppe nulla per un bel pezzo se non i familiari stretti e l'amico Mario Castellani.

L'attore, intanto, folgorato da una foto di Franca Faldini, apparsa sulla copertina di un giornale, la cercò, riuscendo a conoscerla e a frequentarla. Ei era una giovane attrice che aveva appena girato una parte in un film americano. Dopo poco si fidanzarono e vissero insieme, tra alti e bassi, fino alla fine della vita dell'attore . Tra i due c'erano circa 30 anni di differenza e questo spesso causava tra loro degli scontri. Ebbero un bambino, Massenzio che, nato a otto mesi di gravidanza, non sopravvisse che poche ore.

Ricordando la sua infanzia piuttosto miserevole, coi suoi guadagni (sempre al di sotto di quello che avrebbe meritato) sosteneva molte opere a favore dei più bisognosi: ospizi, orfanatrofi, ex carcerati ed anche a favore di animali randagi per cui aveva riattato un canile dismesso.

Riviste

Dal 1927 al 1957 Totò portò in scena circa 40 tra riviste e commedie, alcune scritte di suo pugno e altre "grandi riviste".

Dal 1927 fu scritturato da Achille Maresca ed entrò a far parte prima della compagnia di Isa Bluette, partecipando a 5 spettacoli:
- Madama Follia - Bel Ami - Il Paradiso delle donne - Mille e una donna - Girotondo e Peccati... e Virtudi.
e sempre nello stesso anno, lasciata la compagnia della Bluette, lavorò con quella di Angela Ippaviz, ancora con Maresca, portando in scena:
- Sì, sì, Susette - La stella del Charleston, poi nel '29: Monna Eva e La giostra dell'amore.

Nel 1929 lavorò con la Compagnia Stabile Napoletana Molinari di E. Aulicino, rappresentando vari spettacoli di Eduardo Scarpetta:
Messalina - Lo balcone de Rusinella - Santarellina - Miseria e nobiltà - Amore e cinema - Il processo di Mary De' Can - Bacco, Tabacco e Venere - I tre moschettieri.

Negli anni che seguirono, il lavoro del comico venne premiato con grandi successi e la sua arte era tutta nelle sue espressioni mimiche, nelle sue battute, nelle macchiette, nelle improvvisazioni, nei doppi sensi che potevano forse essere provocatori, salaci, surreali ma mai volgari, mai grossolani, mai mediocri o comuni.

Nel 1931 ritornò alla compagnia di Achille Maresca con:
- La vile seduttrice e La vergine di Budda, il primo spettacolo scritto proprio da lui.
Ne seguirono poi altri, sempre suoi: nel 1932 collaborò con la Compagnia di Riviste e Fantasie Comiche Totò con Colori nuovi, scritto assieme a Guglielmo Inglese e ancora Ridi che ti passa, Era lui, sì... sì...! Era lei, no... no...! ,sempre stessi autori, La vergine indiana, ancora di suo pugno, come anche Totò, Charlot per amore.
Nel 1933 lavorò in: Al Pappagallo (Compagnie di riviste di Totò), Se quell'evaso fossi io - Questo non è sonoro - Il mondo è tuo, di Totò e Cliquette (Diana Rogliani, sua moglie), La banda delle gialle, Dalla calza al dollaro.
Nel 1934 lavorò a: Il grand'Otello, di Bel Ami, La mummia vivente, di Bel Ami e Tramonti, I tre moschettieri, di Mario Mangini e Tramonti
Nel 1935: Belle o brutte mi piaccion tutte -
Nel 1936: 50 milioni... c'è da impazzire!, scritto di suo pugno assieme a Guglielmo Inglese - Una terribile notte
Nel 1937: Dei due chi sarà, scritto da lui, come pure Uomini a nolo, scritto assieme a Bel Ami - Novanta fa la paura, sempre suo.
Nel 1938: Se fossi un Don Giovanni, scritto da Totò, come anche L'ultimo Tarzan.
Nel 1939 scrisse
Accade una notte che...e l'ultimo suo lavoro: Fra moglie e marito, la suocera e il dito.
Alla fine di quell'anno, andò in tournée in Etiopia, accompagnato dalla moglie Diana per presentare 50 milioni... c'è da impazzire!, già rappresentato in Italia.

Nella Grande Rivista:

- tra il 1940-41, dopo il debutto al Quattro Fontane di Roma recitò assieme ad Anna Magnani e a Mario Castellani in: Quando meno te l'aspetti..., di Michele Galdieri, realizzata dalla Compagnia Grandi Riviste Totò, eppoi in Volumineide, sempre di Galdieri, realizzata con la Compagnia Teatrale Errepi di Remigio Paone.

Con l'entrata dell'Italia nella seconda Guerra mondiale, il teatro era ovviamente meno frequentato ma tra il 1942-1943 partecipò a: Orlando curioso, di Galdieri e nel '43 poi Totò venne scritturato per un film che vedeva tra gli altri anche Primo Carnera Due cuori fra le belve (ripresentato anni dopo col titolo Totò nella fossa dei leoni.
Tra il 1943-44 scrisse e recitò: Aria nuova e nel 1944 Che ti sei messo in testa?, di Galdieri, scritta prima della liberazione di Roma e messa in scena dalla Compagnia Grandi Riviste Totò-Magnani e che in realtà avrebbe dovuto chiamarsi Che si son messi in testa...?, riferendosi ai tedeschi che avevano occupato la capitale. Questo lavoro gli creò seri problemi, venne finanche denunciato alla polizia assieme a Eduardo e Peppino De Filippo, ma tutti e tre riuscirono a scappare e a nascondersi in case sicure, tuttavia la loro notorietà era in quel momento un handicap tanto che furono costretti a cambiare nascondiglio e a restarvi fino al momento della liberazione.

Subito dopo Totò riprese a recitare assieme alla Magnani in nuovi lavori: Con un palmo di naso, facendo la parodia del Duce e di Hitler e Imputati... alziamoci!, sempre di Galdieri, con la Compagnia Totò-D'Albert di R. Paone

La collaborazione con la Magnani venne sospesa quando lei, nel 1945, lavorò in "Roma città aperta" con Rossellini, suo compagno nella vita e sul set.

- 1945-46: Un anno dopo, di Oreste Biancoli, ancora con la Compagnia appena citata

- 1946-47: Eravamo sette sorelle scritta da Aldo De Benedetti e Michele Galdieri e Ma se ci toccano nel nostro debole.... di Nelli, Mangini, Garinei & Giovannini, recitate dalla Compagnia Totò di Romagnoli

- 1947-48: C'era una volta il mondo, di Galdieri, messa in scena dalla Compagnia Spettacolo Errepi di Paone, che presentava la Compagnia Totò-Barzizza

- 1949-50: Bada che ti mangio!, di Galdieri e Totò, realizzata sempre da Paone, che presentava la Grande Compagnia di Riviste Totò-Barzizza-Giusti

- 1956-57: A prescindere, di Nelli e Mangini, sempre con Paone e la Compagnia Totò-Yvonne Menard, ultima rivista di Totò, interrotta per la grave malattia che gli colpì gli occhi.

 

GUARDIE E LADRI

Film

 

Nel 1931 Totò fece il primo provino per il film Il ladro disgraziato con Stefano Pittaluga - che aveva appena prodotto il primo film italiano sonoro La canzone dell'amore - che però poi non venne mai realizzato e Totò ritornò al teatro, per riprendere poi l'avventura nel cinema, con una prima pellicola di scarso successo nel 1937 (Fermo con le mani) e prendere poi davvero il via nel 1939, interpretando 97 film quasi sempre come protagonista. Nel 1940 interpretò San Giovanni Decollato, regia di Alberto Palermi, che ebbe il successo della critica per la sua interpretazione e nel 1941 L'allegro fantasma, sempre diretto da Palermi.

Lavorò con molti illustri registi:

- dapprima con Carlo Ludovico Bragaglia: Animali pazzi (dove Totò interpretò un doppio ruolo) - Totò Le Moko - Totò cerca moglie - Figaro qua, figaro là - Le sei mogli di Barbablù - 47 morto che parla.

- con Mario Mattioli: I due orfanelli - Fifa e arena - Totò al Giro d'Italia - I pompieri di Viggiù - Tototarzan - Totò sceicco - Totò terzo uomo - Un turco napoletano - Il più comico spettacolo del mondo - Miseria e nobiltà - Il medico dei pazzi - Totò cerca pace - Totò, Peppino e le fanatiche - Signori si nasce - Totò, Fabrizi e i giovani d'oggi - Sua Eccellenza si fermò a mangiare.

- con Steno e Monicelli: Totò cerca casa - Guardie e ladri - Totò e le donne - Totò e i re di Roma -

- poi solo con Steno: Totò a colori - L'uomo, la bestia e la virtù - Totò nella luna - I Tartassati - Letto a tre piazze - Totò diabolicus - I due colonnelli - Totò contro i quattro - Capriccio all'italiana - episodi Il mostro della domenica

- solo con Monicelli: Totò e Carolina - I soliti ignoti - Risate di gioia.

- con Camilo Mastrocinque: Totò all'inferno - Siamo uomini o caporali? - La banda degli onesti - Totò a Lascia o raddoppia? - Totò, Peppino e la Malafemmina - Totò, Peppino e i fuorilegge - Totò a Parigi - La cambiale - Noi duri - Tototruffa '62.

- con Sergio Corbucci: Chi si ferma è perduto - Totò, Peppino e la dolce vita - I due marescialli - Lo smemorato di Collegno - Il giorno più corto - Il monaco di Monza - Gli onorevoli.

- con Pier Paolo Pasolini in: Uccellacci, uccellini - in Le streghe, episodio La terra vista dalla luna - in Capriccio all'italiana, episodio Che cosa sono le nuvole?

- con Fernando Cerchio in: Totò contro Maciste - Totò e Cleopatra - Totò contro il pirata nero.

- venne diretto anche:

- da Eduardo de Filippo, a cui lo legava una lunga e bella amicizia in Napoli milionaria e con cui poi recitò ne L'oro di Napoli di De Sica e in una brevissima apparizione ne Il giorno più corto.

- da Aldo Fabrizi in Una di quelle

- da Roberto Rossellini in Dov'è la libertà?

- da De Sica in L'oro di Napoli, episodio Il guappo

- da Alessandro Blasetti in Tempi nostri - Zibaldone n. 2,
episodio La macchina fotografica

- da Luigi Zampa episodio La patente

- da Vittorio Metz e Marcello Marchesi in Sette ore di guai

- da Lattuada nella Mandragola

- da Comencini: L'imperatore di Capri

-
da Mauro Bolognini in Arrangiatevi

- da Gianni Franciolini in Racconti romani

- da Domenico Paolella in Destinazione Piovarolo e in Il Coraggio

- da Antonio Musu in Totò e Marcellino

- da Lucio Fulci in I Ladri

- da Giorgio Bianchi in Totò e Peppino divisi a Berlino

- da Mario Amendola in Totò di notte n. 1

- da Paolo Heusch in Il comandante

- da Ugo Gregoretti in Le belle famiglie, episodio Amare è un po' morire

- da Mario Costa in Gli amanti latini, episodio Amore e morte


- da Dino Risi in Operazione San Gennaro.

-
da Mario Bonnard in Il ratto delle Sabine

Tuttavia, la critica non gli fu sempre molto favorevole, la sua comicità surreale non veniva capita, anzi veniva considerata troppo fuori delle righe e lui spesso valutato solo come un "guitto", un attore di livello piuttosto basso e poco preparato.

Come attore di teatro, Totò era abituato ad altri ritmi ed esecuzioni, più lenti ma più "intensi" per così dire. I tempi del cinema erano stringenti ma c'erano anche lunghe sospensioni tra una scena e l'altra, il tempo per il posizionamento delle luci, delle scene, le riprese erano spesso destinate alla mattina, ma lui faticava ad alzarsi presto..., era, insomma, un ritardatario cronico, per non parlare della sua superstizione che non gli consentiva nemmeno di uscire di casa per lavorare "nè di Venere nè di Marte..." nè il 13 o il 17 di ogni mese...

Nei suoi film ebbe come "spalla" preziosi attori come Guglielmo Inglese, Eduardo Passarelli che parteciparono ad alcuni suoi film, mentre Mario Castellani gli fu accanto per quasi tutta la sua carriera di attore. I tempi erano spesso molto ridotti, i set spesso improvvisati e Totò che non aveva spesso una chiara visione della storia del film recitava improvvisando battute, gag e quant'altro su un esile abbozzo di storia.
Totò recitò anche assieme alla sua compagna di vita Franca Faldini in Dov'è la liberta? di Rossellini e Totò e le donne di Steno e Monicelli.

Si adoperò anche come doppiatore, sceneggiatore e montatore di alcuni dei suoi film.

Nella sua carriera venne premiato - ma bisogna sottolineare, non com'era giusto - con un nastro d'argento come miglior attore protagonista di Guardie e ladri e di Uccellacci e uccellini e ricevette una menzione speciale al Festival di Cannes nel 1966 per la parte interpretata nel film Uccellacci e uccellini, nel 1959 venne premaito con la Targa d'Oro dell'ìANICA e nel 1961 meritò come premio alla carriera la Grolla d'oro, da lui mai ritirata.

In Televisione, Totò realizzò una serie di 9 telefim con la regia di Daniele Danza "TuttoTotò" e 9 spot pubblicitari per Carosello con la regia di Luciano Emmer e partecipò come ospite d'onore negli show di Mario Riva (Il Musichiere) e di Mina (Studio Uno), nonchè ad alcune interviste sia radiofoniche che in tv.

Molti, negli anni, i programmi a lui dedicati e che vanno ricordati: W Totò, condotto di Nanni Loy - Caro Totò, ti voglio presentare, con Renzo Arbore - Di Giancarlo Governi vari lavori: 30 puntate del Il pianeta Totò,i poi riproposto, in 25 puntate -Totò, un altro pianeta, in 15 puntate - Tocco e ritocco - La vita del principe Totò - Omaggio a Totò e Totò 100.

Su di lui sono stati effettuati anche dei documentari: Totò 2001 di M. Giusti - Il baule di Totò di G. Turco - Un principe chiamato Totò, di Fabrizio Berruti - Totò, Napoli... ed io, di Diana De Curtis e Francesco Brancatella.

Poesie

Anche come poeta, Totò fu eccezionale. Famosissima la sua 'A livella (La livella), ma anche le altre sue numerose opere, rivelano, come sempre, il suo essere poeta "dentro":


Canzoni

I suoi testi musicali, anche questi eccelsi, dedicati alle canzoni, furono innumerevoli.
Tra tutti, risalta quello di "Malaffemmena", del 1951 che fu poi cantata da molti altri illustri interpreti, dedicata alla moglie Diana che, avendo deciso di risposarsi, aveva lasciato il tetto sotto cui ambedue vivevano insieme per il bene della figlia.
Si dice anche che, invece, questa canzone fosse dedicata alla bella e giovane attrice Silvana Pampanini che l'aveva colpito molto per la sua bellezza e procacità e a cui Totò avrebbe fatto il "filo", per così dire, ma che lei l'avesse respinto.


Nel 1942 incise anche un disco, l'unico, di canzone non scritte da lui: Marcello il bello e Nel paese dei balocchi due canzoni tratte dalla rivista Volumineide.
Nel 1954, una sua canzone Con te, dedicato alla sua compagna Franca ed interpretato da Achille Togliani, Natalino Otto e Flò Sandon's venne proposto al Festival di Sanremo, arrivando al 9º posto della graduatoria finale.

 

 

 

E' andata via da poco, discreta come sempre nella sua vita, Silvana Pampanini, lasciando nei suoi moltissimi fans il ricordo della sua bellezza prorompente di ragazza, la sua tenacia, la sua bravura, la sua riservatezza.

Nel 1939, nasce il concorso di "Miss Italia" e nel 1946 la Pampanini, che aveva 21 anni, votata quasi all'unamità, deve però lasciare il primo posto ad una giovane che farà poca carriera, mentre lei, vincitrice morale, inizierà a fare i primi passi nel cinema. Il suo primo film ha un titolo altisonante "L'Apocalisse", ma dopo quello lei sarà ormai lanciata nel genere della commedia, lavorando spesso con Totò, con i più importanti attori e registi di quell'epoca e facendo sfoggio, nel film cantati, della sua bella voce, mentre nel parlato spesso verrà doppiata.
Sarà protagonista sulla carta stampata su molti cineracconti, settimanali illustrati, ecc
Nata a Roma, era nipote della famosa cantante Rosetta Pampanini e si era avviata allo studio del bel canto, diplomandosi al Conservatorio di Santa Cecilia.
Infatti, tra il 1947 ed il '57 registrò molte canzoni su dischi a 78 e 45 giri, che però non sono mai stati riversati su supporti moderni.
Nel 1949 interpreterà "I pompieri di Viggiù", regia di Mattioli, con Totò, Carlo Campanini, Ave Ninchi, Isa Barzizza e Wanda Osiris. L'anno dopo Totò la vorrà in "47, morto che parla" e sempre nello stesso anno parteciperà a "Bellezze in bicicletta" che le darà notorietà, nel 1951 Soldati la vorrà come Poppea nel suo "Ok Nerone" con Alberto Sordi. In seguito reciterà in film più impegnativi come "Processo alla città" di Zampa, "La tratta delle bianche" di Comencini, "La Presidentessa" di Germi, "Un marito per Anna Zaccheo" di De Santis, "Canzoni, canzoni, canzoni", "Bufere" e "L'incantevole nemica"(1953), "La schiava del peccato", "La principessa delle Canarie", "L'allegro squadrone", "Amori di mezzo secolo", "Il matrimonio", "Orient Express" e "Un giorno in pretura" (1954), "Canzoni di tutta Italia", "La torre del piacere", "La bella di Roma" e "Racconti romani" (sempre del '55) e "La strada lunga un anno" (1958) di De Santis, che verrà candidato all'Oscar e riceverà il Globo d'Oro come miglior film straniero.
"Il gaucho" di Risi, girato nel 1964, sarà il suo ultimo film nella parte di una star al tramonto che ricerca ancora il successo ormai perduto.

Lavora con tutti i grandi attori italiani del tempo: Totò, Sordi, De Sica, Nazzari, Mastroianni, Gassman, Manfredi, Girotti, ecc. ed anche con quelli stranieri: Jean Gabin, Brasseur, Armendariz, Aumont, ecc
Lavora molto anche all'estero in Francia, in Egitto, Spagna, Argentina ma quei film non vennero poi mai tramessi in Italia. Sembra però che alcuni di essi ora siano stati messi in distribuzione in dvd.

E' sempre presa di mira per i suoi presunti flirt con personaggi famosi, quali un principe afgano e addirittura con il re egiziano Faruk e con vari attori tra cui William Holden, Omar Sharif, Orson Welles, mentre lei invece racconta un'altra storia e cioè che il suo vero amore, non appartenente al mondo del jet set e del cinema, era morto poco prima delle nozze.

I suoi impegni cinematografici si conclusero piuttosto presto, nel 1966, e lei si dedicò ai genitori ormai anziani ed ai programmi della radio e della TV, presentando eventi e concorsi di bellezza o altre manifestazioni, scrivendo anche su una rivista dello spettacolo e girando qualche cortometraggio.
In Tv comparve addirittura nelle prime trasmissioni di prova della Rai poi fu ospite del Musichiere e nel 1965 presentò il varietà "Mare contro mare" con Aroldo Tieri e nel 1970 interpretò un commedia di Flaubert. Sulle reti Mediaset comparve in piccoli ruoli.

Fu "madrina" del Mago Silvan a cui diede il nome d'arte.

"Debbo dire subito che il cinema non mi interessa molto e questa mancanza di attrattiva mi porta poco ad occuparmidei suoi attori.
L'unica che mi abbia interessato, fra le nuove attrici, è silvana.
La sua bellezza è di quel tipo rigoglioso, opulento e florido, tipicamente italiano, che negli spettatori esclude ogni genere di questioni mentali e vieta qualunque forma di attività dello spirito critico o raziocinante:
ma è una bellezza che appaga per intero la vista, proclamandosi, se così possiamo esprimerci, di tutto riposo.
Io non posso giudicarla come attrice perchè fin'ora non l'ho mai vista in una vera interpretazione, ma posso dire che si incontra con i miei gusti e con quelli del pubblico.
Tanto che, in questi giorni, tra le molte scritte patriottiche che ho visto sui muri, ce n'era anche una dedicata a Silvana Pampanini."


VINCENZO CARDARELLI

OK NERONE

 

 

 

Stoccolma, 29 agosto 1915 – Londra, 29 agosto 1982

Che la bellezza umana potesse offendere come un'immagine di ineguaglianza, gli eserciti di coloro che sono stati trascurati dalla natura, Ingrid Bergman dovrebbe riuscire la più offensiva tra le attrici dello schermo, ed essere la più odiata. Nelle altre attrici la bellezza funziona, in generalecvome un valore rappresentativo di beni che tutti gli uomini possiedono o hanno posseduto: come, ad esempio, una concentrazione di sensualità; o come una concentrazione di gioventù; per cui il pubblico può riconoscersi in esse molto facilmente ed identificarsi con esse.
La bellezza di ingrid è invece rappresentativa della Bellezza stessa; di tutto ciò che al mondo risulta bello, anche in senso morale, anche in senso intellettuale; e dunque di una condizione che viene raggiunta o per un processo selettivo o per un intenso sforzo intellettuale.

La ragazza che possiede solo il bene della gioventù non ha grandi probabilità di riconoscersi in una parte che Ingrid Bergman abbia rivestito, della sua speciale bellezza e quindi resa unica, eccezionale.
Tuttavia, la ragazza che possiede solo il bene della gioventù non vede in Ingrid Bergman un'estranea, anzi la sente più "sua" di quanto non senta sua ogni altra attrice.

Insieme alla capacità di riconoscersi in immagini "di quello che sono" gli uomini hanno anche la capacità di riconoscersi in immagini di "quello che potrebbero essere". Hanno la capacità di considerare uno di loro come un adempimento di tutti loro.
E questo è sullo schermo Ingrid Bergman per chi non possiede nemmeno il bene della gioventù: un adempimento

ELIO VITTORINI

Nata a Stoccolma nel 1915, figlia unica di un pittore e fotografo, orfana della madre in tenera età, trascorse solitariamente la sua infanzia finchè a 13 anni, alla morte del padre, venne adottata dagli zii. Abituata da suo padre a stare a stretto contatto con macchine fotografiche e da ripresa e, decisa sin dall'infanzia a voler fare l'attrice, tale decisione la determinò a raggiungere quest'obiettivo.
Si iscrisse, infatti, alla scuola del Reale Teatro Drammatico a Stoccolma e a 19 anni riuscì ad ottenere una piccola parte nel film svedese "Il conte della città vecchia", interpretando il ruolo di una cameriera. Notata da Gustav Molander, attore e regista finlandese, venne lanciata nel cinema e in 4 anni interpretò circa una dozzina di film da lui diretti, tra cui il celebre Intermezzo del 1936 e Senza volto, che la lanciarono nel mondo internazionale.

Avrebbe potuto continuare ad ascendere nel firmamento del cinema svedese, ma il suo fascino telegenico, la sua bravura e la sua determinazione la spinsero verso altri lidi e volle provare ad andare a lavorare all'estero, dapprima a Berlino, nel 1938, dove lavorò in Quattro ragazze coraggiose, in cui dimostrò anche una certa padrionanza della lingua tedesca poichè sua madre era di questa nazionalità. Ma all'avvento del nazismo, si disinteressò di questo bacino di popolarità e, dopo aver sposato Peter Lindstrom, da cui ebbe la figlia Pia, si dedicò a lavorare negli Stati uniti.
La sua interpretazione in Intermezzo aveva colpito il produttore David O. Selznick, che le fece fare un remake del film in questione come protagonista. Nel 1940 debuttò, inoltre, a Broadway in Liliom e nel 1941 realizzò "Anna Christie" di Eugene ='Neill's.
Altri film realizzati in America furono .
- nel 1941 lavorò in:. la Famiglia Stoddard, Follia o L'ironia della beffa, il Dr. Jekyll e Mr. Hyde.
I suo ruoli più importanti furono quelli in Casablanca con Humphrey Bogart e in "Per chi suonala campana" di Hemingway con Gary Cooper, nel 1942.
Nel 1944 interpretò il ruolo della protagonista in Angoscia di Hitchcock che le darà un Oscar e un Golden Globecome migliore attrice protagonista, sempre con lo stesso regista Io ti salverò, del 1945, Notorius del 1946 e Il peccaro di Lady Considine del 1949, mentre intanto sono del '45 Le Campane di Santa Maria,,per cui vincerà un golden globe come migliore attrice, Arco di Trionfo e Giovanna d'Arcodel '48.

La sua immagine di donna sposata, madre e attrice era impeccabile, ma ebbe uno scossone quando conobbe il regista italiano Roberto Rossellini. Infatti, dopo dieci anni di lavoro in America si recò in Italia, dove esordì con Stromboli terra di Dio, proprio diretto da Rossellini (1950).
Durante le riprese i due si innamorarono e la loro relazione destò grande scandalo, poiché entrambi erano sposati. La loro relazione desta grande scandalo nell'America puritana e viene rimossa dal suo ruolo impeccabile e denigrata come immorale. Divorzia dal marito e nel 1950 si sposa con Rossellini, dandogli un figlio maschio. Stromboli all'estero non sarà un gran successo forse proprio a causa di tutto questo gran clamore attorno alla vita privata dell'attrice.
Sempre da Rossellini, successivamente avrà due gemelle, Isotta e Isabella, mentre conduce una vita serena e lavora ad altri film di Rossellini Europa '51 del 1952 e Viaggio in Italia, Siamo donne, terzo episodio, ambedue del '53, La paura e Giovanna d'Arco al rogo del '54, che però la critica ignorerà, pur dandole in premio un Nastro d'argento nel '51, come migliore attrice straniera in Italia, per Stromboli terra di Dio e nel '53 per Europa '51.

Nel 1956 girerà Elena e gli uomini di Jean Renoir che segna l'inizio di una ripresa nella sua carriera.
Nel '57, intanto, finisce il suo matrimonio con Rossellini.
Nel 1956 ritorna ad Hollywood in Anastasia che le farà vincere un Oscar, un Golden Globe e un David di Donatello.
Nel '58 si sposa per la terza volta.
Rientrata alla grande nelle grazie degli americani, Ingrid si dedica anche alla televisione e al teatro, ricomincia a girare film e a mietere successi: nel 1958 gira il film Indiscreto e La Locanda della sesta felicità e nel 1959 vince un Emmy per una miniserie televisiva.


Nel 1961 gira Le piace Brahms di Litvak, Auguste nel '61, La vendetta della signora e Una rolls Royce tutta gialla nel 1964, Stimulantia nel '67, Fiore di Cactus nel '69, Passeggiata sotto la pioggia di primavera nel '70, Il segreto della vecchia signora nel '73. Intanto dal 1967 ritorna a vivere in america
Assassinio sull'Orient Express, nel 74, le farà vincere un Oscar e il Premio Balta .come migliore attrice non protagonista.
Nel '76 girerà Nina di Vincente Minnelli e nel '78 Sinfonia d'autunno per cui vinse un David di Donatello. Aveva girato questo film subito dopo aver subito un'importante operazione a causa di un cancro.
e nel 1983 vince un Golden globee un emmycome migliore attrice nella mini-serie televisiva Una donna di nome Golda
Morì a Londra il 29 agosto 1982, giorno del suo sessantasettesimo compleanno.
Nel 1999 la American film institute l'ha proclamata la quarta più grande attrice della storia del cinema

STROMBOLI

 

 

 

Roma, 21 aprile 1930 – Madrid, 16 dicembre 1989

Di questa creatura nemmeno incontestabilmente bella (come mai è incontestabilmente bello ciò che è umano e credibile, ma eccezionale, superba, per la capacità tutta naturale di personificare con la sua sola presenzal'ideale della donna nel momento della sua più tenera e doviziosa fioritura, hanno fatto una vamp.
Le calze nere strappate, i pantaloncini stretti a metà coscia la maglia derente a modellare il seno di Afrodite della risaia (la conturbante divisa di mondina che De Santis le regalò al suo esordio), rivelarono un personaggio e di una bella ragazza fecero, una volta di più, un'attrice: ma forse tradirono il suo avvenire, fissarono il tipo
Ho idea che da quel suo primo film, i fatti che hanno accompagnato la sua immagine sullo schermo, le affiches che sottolineano i suoi doni, non badino ad altro che a caricarla di una morbosità cui gli spettatori si prestano volentieri.

In realtà: una creatura che nessuna guaina, nessuna audacia può destituire del suo candore; nessuna carica emotiva può scompigliare di barbariche o corrotte sensualità il suo stupefatto sorriso.

Silvana, o della felicità domestica, questa, io penso, la verità segreta, trepidante e rispettosa che la fa esistere e resistere nel cuore dei suoi ammiratori, che aprirebbe una strada infinita di storie semplici, e nient'altro che umane, alla sua digià luminosa carriera.

VASCO PRATOLINI

 

Film

 

- Le jugement dernier, regia di René Chanas (1945)

- L'elisir d'amore, regia di Mario Costa (1946)

- Il delitto di Giovanni Episcopo, regia di Alberto Lattuada (1947)

- Gli uomini sono nemici, regia di Ettore Giannini (1948)

- Gli spadaccini della serenissima (Black Magic), regia di Gregory Ratoff (1949)

- Riso amaro, regia di Giuseppe De Santis (1949)

-. Il lupo della Sila, regia di Duilio Coletti (1949)

- Il brigante Musolino, regia di Mario Camerini (1950)

- Anna, regia di Alberto Lattuada (1951)

- Mambo, regia di Robert Rossen (1954)

- Ulisse, regia di Mario Camerini (1954)

- L'oro di Napoli, regia di Vittorio De Sica (1954)

- Uomini e lupi, regia di Giuseppe De Santis (1956)

- La diga sul Pacifico (This Angry Age), regia di René Clément (1958)

- La tempesta, regia di Alberto Lattuada (1958)

- La grande guerra, regia di Mario Monicelli (1959)

- Jovanka e le altre (5 Branded Women), regia di Martin Ritt (1960)

- Crimen, regia di Mario Camerini (1961)

- Il giudizio universale, regia di Vittorio De Sica (1961)

- Barabba, regia di Richard Fleischer (1961)

- Il processo di Verona, regia di Carlo Lizzani (1963)

- La mia signora, regia di Mauro Bolognini, Tinto Brass e Luigi Comencini (1964)

- Il disco volante, regia di Tinto Brass (1964)

- Io, io, io... e gli altri, regia di Alessandro Blasetti (1966)

- Scusi, lei è favorevole o contrario?, regia di Alberto Sordi (1966)

- Le streghe, regia di Mauro Bolognini, Vittorio De Sica, Pier Paolo Pasolini, Franco Rossi e Luchino Visconti (1967)

- Edipo re, regia di Pier Paolo Pasolini (1967)

- Capriccio all'italiana - episodi "La bambinaia" di Mario Monicelli, "Perché?" di Mauro Bolognini e "Viaggio di lavoro" di Pino Zac (1968)

- Teorema, regia di Pier Paolo Pasolini (1968)

- Scipione detto anche l'Africano, regia di Luigi Magni (1971)

- Morte a Venezia, regia di Luchino Visconti (1971)

- D'amore si muore, regia di Carlo Carunchio (1972)

- Lo scopone scientifico, regia di Luigi Comencini (1972)

- Ludwig, regia di Luchino Visconti (1972)

- Gruppo di famiglia in un interno

-
Oci ciornie, regia di Nikita Mikhalkov (1987)+

 

 

Nata a Roma il 23 aprile 1930, da una famiglia semplice e unita, forse ereditò dalla madre inglese che era stata ballerina, l'amore per le arti. Frequentò i corsi di danza tenuti dalla Ruskaja e notata per la sua avvenenza - sin da bambina era già eccezionalmente bella - e per la sua bravura, venne richiesta in Francia dove si recò e già nel 1945 lavorò come comparsa nel film Le jugement dernier.

Ritornata in Italia, alla riapertura di Cinecittà, assieme alla sorella ed altre amiche cercò di farsi assumere come generica, lavorando nel contempo come indossatrice presso un atelier di moda, partecipando a vari concorsi di bellezza in cui vinse il titolo di Miss Roma nel 1946.
Contravvenendo alla volontà del padre, continuò a cercare parti nel cinema e seguì un corso di recitazione dove conobbe Marcello Mastroianni, .che aveva qualche anno più di lei, il suo primo grande amore; che ricordava sempre con calore e con cui negli anni successivi girò alcuni film.

Nel 1947 riuscì a comparire in quattro film: Cagliostro di G. Ratoff, Follie per l'opera di Costa, Il delitto di Giovanni Episcopo di Lattuada e Gli uomini sono nemici di E. Giannini e nel 1948, notata dal regista G. De Santis, venne finalmente chiamata per un provino relativo al film in preparazione "Riso amaro",
Presentatasi con un vestito ed un trucco vistoso, che non si confaceva alla sua bellezza, venne a tutta prina scartata per essere ripescata poi, dopo che il regista l'aveva rincontrata per strada, casualmente, vestita e truccata sobriamente. Pur contro la volontà dei produttori che stentavano a credere che un'attrice sconosciuta al pubblico potesse avere fortuna, il film venne girato e fu un successo, grazie non solo alla sua bellezza ma anche alla sua interpretazione.
La mondina con il suo look ... le darà successo e notorietà.

Oltretutto sul set del film conobbe quello cxhe sarebbe stato suo marito, il produttore Dino De Laurentis, mentre la stampa la definiva fidanzata con Gassman con cui recitò un secondo film, piuttosto modesto, quasi subito dopo, Il lupo della Sila. in cui compariva anche Amedeo Nazzari. L'anno successivo, sempre con Nazzari, girò Il brigante Musolino.
La Mangano, richiesta da Hollywood, rifiutò di andarvi.

Intanto, sempre nel 1949, aveva sposato De Laurentiis, da cui ebbe i figli Veronica, Raffaella, Federico e Francesca.
Certo, l'importante figura del marito ebbe su di lei un certo impatto positivo ma l'attrice, benchè il suo contatto col pubblico fosse sempre evidente e viscerale, era un pò troppo riservata e schiva e pur improntando il suo lavoro sulla bravura e sull'impegno, era sempre troppo evanescente, le sue doti naturali ed i suoi mezzi espressivi, che forse avrebbero avuto bisogno di più spazio, sembravano rimpicciolirsi e rimpicciolirla. Silvana non fece mai del teatro e sarà parca di apparizioni anche nella sua carriera cinematografica, scegliendo i soggeti più adatti alla sua personalità, tenendo sempre a bada quella sua sensualità proprompente ma difficile da gestire.

Nel 1951, dopo la nascita della prima figlia, Silvana ritornò sullo schermo per recitare in Anna, un film un pò pesante, ma ben diretto da un grande regista come Lattuada, in cui interpretava il ruolo di una giovane novizia, dal passato burrascoso, ancora ancora indecisa tra il noviziato o uno dei due pretendenti: Gassman o Vallone. Comunque fu il primo film italiano ad incassare una somma enorme, famoso per il suo ballo sul tema de El negro Zumbon.

Successivamente lavorò nell' Ulisse, il kolossal di Camerini (1954), con attori di fama internazionale, un vero successo con la partecipazione di Kirk Douglas ed Anthony Quinn, dove lei interpretò bennaggi, la fedele Penelope e la Maga Circe, interpretazioni apprezzatissime dalla critica.

Nel 1954, comparirà ne L'oro di Napoli (1954) di Vittorio De Sica, nell'episodio di Teresa, una prostituta, che vuole togliersi dalla vita di strada. Per questo film ricevrtte, nel 1955, un Nastro d'argento come migliore attrice protagonista.e, sempre nel '54 tornò a recitare con Gassman in Mambo, riportando un gran successo personale, ma non si impegnò ad esempio a recitare in Guerra e Pace, un film sicuramente adatto alle sue doti, prodotto dal marito.

Un anno dopo, la Mangano recitò per De Santis in Uomini e lupi; quasi un insuccesso, perché non era in sintonia con Y. Montand. Girato sulle montagne della Majella in Abruzzo, durante un pausa, la Mangano venne assalita da uno dei lupi usati per le scene, sfuggito al suo domatore. Venne salvata dall'intervento di Celano, che con coraggio riuscì a deviare l'animale, poi abbattuto.

Nel 1957 fu protagonista, insieme con A. Perkins, di La diga sul Pacifico, di R. Clément, tratto dal romanzo omonimo, eppoi Suzanne, figlia di coloni dell'Indocina francese che secondo la volontà della madresogna di costruire una diga contro le inondazioni del fiume. In questa pellicola, , la Mangano sembrò finalmente a suo agio, dando prova delle sue doti di attrice.

Non desiderando più lavorare con Mastroianni, accettò, nel 1958, il film La tempesta e negli anni '60, recitò con impegno e produttività in varie commedie, come La grande guerra (1959) di Monicelli, di nuovo con Gassman e con Sordi, di cui diverrà amica affettuosa per tutta la vita, interpretando il ruolo della prostituta Costantina e rivelando notevoli doti comiche, utilizzando anche il dialetto veneto che negli anni seguenti avrebbe ripreso in più occasioni.
Nel 1959, lavorò con un regista hollywoodiano, M. Ritt, lavorando in Jovanka e le altre, un film tutto al femminile che raccontava la lotta dei partigiani jugoslavi contro il regime nazista, film che Gina Lollobrigida aveva rifiutato, tagliandosi a zero i capelli come da copione e guadagnandosi una copertina della rivista Life.
Nel 1959 Federico Fellini la invitò a recitare in La dolce vita, a fianco di Mastroianni, ma De Laurentiis, forse geloso, la indusse a rifiutare quella parte, poi interpretata da Anouk Aimée.
Nel 1960 recitò in Crimen di Camerini, una divertente commedia con Sordi, Manfredi e Franca Valeri e ancora Gassman. .L'anno seguente fu protagonista di La tempesta, di Lattuada, film ispirato alla novella di Puškin, La figlia del capitano, con un gran cast internazionale.

Nel 1961 lavorò di nuovo per De Sica, interpretando Il giudizio universale, con Alberto Sordi e nello stesso anno girò il kolossal Barabba, ancora con un cast internazionale, facendo poi, l'anno seguente, una breve apparizione, nel ruolo di se stessa, in Una vita difficile di D. Risi.

Nel 1963 interpretò Edda Ciano ne Il processo di Verona di Carlo Lizzani, interpretando con grandi doti uno dei suoi ruoli più tormentati che successivamente la contraddistingueranno. Per la sua interpretazione la Mangano ricevette il David di Donatello come migliore interprete femminile ed un Nastro d'argento come miigliore attrice protagonista:

Nel 1964, lavorando ancora in coppia con Sordi, ovviamente una commedia, girerà La mia signora di Tinto Brass, prima che questi cambiasse genere e, in chiave comica e al meglio, interpretò cinque diversi "tipologiei" di moglie italiana e, sempre nello stesso anno, Il disco volante, in cui interpretava una contadina veneta..

Nel 1965, con la regia di Blasetti interpretò una attrice di successo in declino in Io, io, io e gli altri, ritrovandosi ancora una volta con Mastroianni e nel 1966, sotto la direzione di Sordi, affiancata dalla sua recitazione, il film satirico Scusi, lei è favorevole o contrario?.

Partecipò poi a svariati film molti dei quali a episodi, una formula frequentata spesso negli anni Sessanta dai principali autori e interpreti della commedia all'italiana.

Nel 1967 Le streghe, con vari episodi, tutti interpretati da lei, con la regia di L. Visconti, De sica, Rossi, Bolognini e P.P..Pasolini.
Per questo film ricevette il David di Donatello ancora come miglior attrice protagonista.
Avendo notato le sue doti di attrice tragica, Pasolini la chiamò ad interpretare Giocasta nel film Edipo re (1967); e succesivamente Teorema (1968), dove le affidò il ruolo di Lucia, una donna dell'alta borghesia, moglie delusa e alla disperata ricerca di una verità esistenziale che crede di poter trovare attraverso il sesso.

All'inizio degli anni Settanta, per affrontare i problemi sorti a sfavore del la sua casa di produzione, De Laurentiis si trasferì con la famiglia negli Stati Uniti per realizzare coproduzioni con Hollywood e la Mangano lo seguì sia pure senza grande entusiasmo.
Successivamente, nel 1969, Pasolini le affida il ruolo straordinario della Madonna nel Decameron, nel 1971 è protagonista al fianco di M. Mastroianni nella satira in costume Scipione detto anche l'Africano, di L. Magni.
La sua raffinatezza di questo periodo fece colpo su Visconti che la volle poi in Morte a Venezia (1971) in cui diede prova di una bellezza malinconica e per cui lei ricevette nel 1972 il David di Donatello come migliore attrice non protagonista.
Nel 1972 recita nella commedia-capolavoro di Luigi comencini, Lo scopone scientifico, assieme ad Alberto Sordi, Bette Davis e Joseph Cotten. Sempre nel 1972 girerà il melodramma di C. Carunchio D'amore si muore, film di poco successo.

Nel 1973, assieme a Romy Schneider, sotto la regia di Visconti girerà Ludwig e nell'anno seguente sarà nel cast di Gruppo di famiglia in un interno con Burt Lancaster ed Helmut Berger, dando prova di una recitazione intensa.

Poi ci fu un crollo e Silvana, rinchiusa e isolata in se stessa, lontana dal marito ed anche dai figli, rimase lontana dal cinema per alcuni anni, poi nel 1981 perse il figlio Federico di 25 anni in un incidente aereo e questo le diede il colpo finale che non riuscì più a superare.
Tra il 1984 ed il 1985, si separò dal marito e si trasferì a Madrid. La sua depressione si acutizzò al massimo, poi l'attrice venne colpita da un tumore.

Nel 1984 era però ritornata a recitare, in un'inquietante ruolo nel film fantascientifico Dune, di D. Lynch, prodotto dalla figlia Raffaella, quello della sacerdotessa Ramallo
Nel 1987, si riavvicinò a De Laurentiis e, nel 1987, lavorò ancora con Marcello Mastroianni. interpretando il suo ultimo film, Oci ciornie di N. Michalkov, interprerando il ruolo di Elisa, moglie di Mastroianni.

Morirà a Madrid, dove viveva con la figlia Francesca, il 16 dicembre 1989, non avendo compiuto i 60 anni.

All'inzio degli anni '60 l'attrice venne sempre doppiata, tranne nel canto in Riso amaro mentre poi ne L'oro di Napoli, il processo di Verona, La grande guerra, Jovanka e le altre, Crimen ed Il giudizio universale la Mangano reciterà con la sua voce.

 

 

I

 

Roma, 1º novembre 1905 – Roma, 2 aprile 1990

 

Non so se Aldo Fabrizi sia un atttore perfetto, Spesso la sua recitazione ha qualcosa di scomposto, di istrionico. Ma la sua esuberanza, l'ardore tutto mediterrraneo che egli infonde alle sue interpretazioni, in cui il comico si alterna al patetico, il grottesto all'umano, agiscono certo come un tonico.

Nessuno potrebbe negare a Fabrizi la virtù di essere comunicativo, d'irradiare simpatia, di stimolare, per così dire - i nostri umori vitali. A un purista del linguaggio cinematografico, questa prepotente forza di natura, spesso grezza e indulgente verso se stessa, spesso può anche non piacere. Ma, certamente, lo spettatore è trascinato nel ritmo di una vitalità che lo afferra, subisca quasi l'imposizione di una dinamica tanto affidata all'istinto e alla fisiologia.

La furberia, la pigrizia intellettuale, il buon senso e l'amore del quieto vivere, che ritroviamo così spesso nei personaggi di Fabrizi, sono del resto le doti (o i difetti) di molta della nostra realtà nazionale.

REMO CANTONI

 

Aldo Fabrizi, assieme ad Anna Magnani e Alberto Sordi, ha rappresentato la romanità nel cinema, impegnandosi però nopn solo in ruoli comici ma anche intensi e drammatici

Nato proprio al centro di Roma, in un'umile famiglia, (la madre aveva un banco di frutta e verdura a Campo dé Fiori), rimase presto orfano di padre, dovette abbandonare gli studi per aiutare le sue cinque sorelle, tra cui la famosa - successivamente - Sora Lella, eseguendo disparati lavori.

Purtuttavia nel 1928 riuscì a pubblicare, presso le Edizioni della Società Poligrafica Romana, un volumetto di poesie romanesche intitolato LUCCICHE AR SOLE, che vennnero recensite sul Messaggero, scrivendo poi sul giornale dialettale Rugantino. In contemporanea iniziò a recitare, dapprima con la Filodrammatica Tata Giovanni, poi in teatro, come fine dicitore, recitando le sue stesse poesie.
A 26 anni, nel 1931, esordì come macchiettista in piccoli teatri non solo di Roma ma in tutta Italia, insieme con la compagnia "Reginella", dove, con il nome di "Fabrizio", aveva il ruolo del comico grottesco romano, esibendosi con caricature dei tipi caratteristici come il vetturino, il conducente di tram e lo sciatore. Divenne quasi subito popolare, tanto che riuscì a metter su una sua propria Compagnia che, nel 1937, accolse anche per un pò il giovanissimo Alberto Sordi.


Ma anche il romanesco stava ormai tramontando, come la vecchia Roma ormai scomparsa...

PRIMA COMUNIONE di ALESSANDRO BLASETTI

Nel 1942 iniziò a lavorare nel cinema, nel film AVANTI, C'E' POSTO (1942) diretto da Mario Bonnard a cui seguirono, sempre di Bonnard, CAMPO DE' FIORI (1943) e L'ULTIMA CARROZZELLA (1943) di Mario Mattoli, nei quali si ripropose con macchiette già interpretato a teatro, come il bigliettaio, il pescivendolo ed il vetturino, assieme ad Anna Magnani, con la quale avrà però un rapporto conflittuale.
A proposito del vetturino si racconta che, durante l'Anno Santo del 1925, per un certo termpo, lavorò davvero come vetturino e che lo spolverino ed il berretto indossati nella pellicola del 1943 fossero gli stessi da lui usati in quella sua precedente, giovanile esperienza.
Federico Fellini, all'epoca ancora giovane e sconosciuto, lo aiuterà nella sceneggiatura.

In ROMA CITTA' APERTA di Roberto Rossellini, (1945) interpretò il ruolo più significativo ed intenso della sua carriera, ispirato alle figure dei sacerdoti romani don Giuseppe Morosini e don Pietro Pappagallo entrambi fucilati nel 1944, durante l'occupazione nazista della capitale, il primo a Forte Bravetta, il secondo alle Fosse Ardeatine.

 

ROMA CITTA' APERTA

Lavorò anche, saltuariamente al doppiaggio e sue sono le voci di Giuseppe Varni, il bidello della scuola femminile nel film MADDALENA... ZERO IN CONDOTTA (1940) e del netturbino che aiuta i due protagonisti di LADRI DI BICICLETTE a cercare la bicicletta rubata, nel mercato di Porta Portese nel 1948, entrambi diretti da Vittorio De Sica.


Negli anni '40, oltre a quelli già citati, partecipò ai seguenti film:

- Circo equestre Za-bum (episodi Dalla finestra e Il postino), regia di Mario Mattoli (1944)
- Mio figlio professore, regia di Renato Castellani (1946)
- Il vento m'ha cantato una canzone, regia di Camillo Mastrocinque (1947)
- Vivere in pace, regia di Luigi Zampa (1947)
- Il delitto di Giovanni Episcopo, regia di Alberto Lattuada (1947)
- Tombolo, paradiso nero, regia di Giorgio Ferroni (1947)
- Natale al campo 119, regia di Pietro Francisci (1948)
- Antonio di Padova, regia di Pietro Francisci (1949)

 

Tra il 1948 e il 1957 diresse anche nove film, tutti dignitosi, a partire da quello d'esordio, girato in Argentina, EMIGRANTES - anche soggetto e sceneggiatura - (1948), BENVENUTO REVERENDO - anche produzione e sceneggiatura (1950) - alla trilogia sulle AVVENTURE DELLA FAMIGLIA PASSAGUAI (1951-52) della quale fu anche produttore per la sua Alfa Film XXXVII, UNA DI QUELLE (1953), MARSINA STRETTA, episodio di Questa è la vita (1954) ad HANNO RUBATO UN TRAM (1954), girato a Bologna con la fotografia del grande Mario Bava, fino al malinconico IL MAESTRO (1957), anche soggetto e sceneggiatura, ultima sua direzione di regia.

Negli anni '50:

Per la sua interpretazione nel film di Blasetti, PRIMA COMUNIONE (1950), venne premiato con un Nastro d'argento al migliore attore protagonista e successivamente interpretò quasi altri settanta film, spesso di buon successo, privilegiando per lo più i ruoli brillanti e comici, dettati dalla una naturale carica di umanità, senza disdegnare però ruoli drammatici.

. Vita da cani, regia di Steno e Monicelli (1950)
- Francesco, giullare di Dio, regia di Roberto Rossellini (1950)
- Fiorenzo il terzo uomo, regia di Stefano Canzio (1951)
- Tre passi a Nord (Three Steps North), regia di William Lee Wilder (1951)
- Cameriera bella presenza offresi..., regia di Giorgio Pàstina (1951)
- Parigi è sempre Parigi, regia di Luciano Emmer (1951
- 5 poveri in automobile, regia di Mario Mattoli (1952)
- Il carrettino dei libri vecchi, episodio di Altri tempi, Zibaldone n. 1, regia di Blasetti - 52
- William Tell (The Story of William Tell), regia di Jack Cardiff (1953)
- Siamo tutti inquilini, regia di Mario Mattoli (1953)
- L'età dell'amore, regia di Lionello De Felice (1953)
- Il più comico spettacolo del mondo, regia di Mario Mattoli (1953)
- Garibaldina, episodio di Cento anni d'amore, regia di Lionello De Felice (1954)
-- Io piaccio, regia di Giorgio Bianchi (1955)
- I due compari, regia di Carlo Borghesio (1955)
- Carosello di varietà, regia di Aldo Quinti e Aldo Bonaldi (1955)
- I pappagalli, regia di Bruno Paolinelli (1955)
- Un po' di cielo, regia di Giorgio Moser (1955)
- Mi permette, babbo!, regia di Mario Bonnard (1956)
- Donatella, regia di Mario Monicelli (1956)
- Festa di maggio (Premier mai), regia di Luis Saslavsky (1958)
- I prepotenti, regia di Mario Amendola (1958)
- Prepotenti più di prima, regia di Mario Mattoli (1959)
- Ferdinando I° re di Napoli, regia di Gianni Franciolini (1959)

GUARDIE E LADRI



Bella la sintonia con Totò con il quale recitò molti film, tra cui: GUARDIE E LADRI nel 1951, UNA DI QUELLE del 1953, I TARTASSATI di Steno del 1959, TOTO', FABRIZI E I GIOVANI D'OGGI del 1960, TOTO' CONTRO I QUATTRO del 1963) e con Peppino De Filippo con il quale recitò in SIGNORI IN CARROZZA! del 1951, ACCADDE AL PENITENZIARIO del 1955 e GUARDIA, GUARDIA SCELTA, BRIGADIERE E MARESCIALLO del 1956, divenendo uno dei protagonisti della commedia all'italiana.

A Totò era legato da profonda stima e amicizia ed affermò che: "Lavorare con Totò era un piacere, una gioia, un godimento perché oltre ad essere quell'attore che tutti riconosciamo era anche un compagno corretto, un amico fedele e un'anima veramente nobile...
Arrivati davanti alla macchina da presa, cominciavamo l'allegro gioco della recitazione prevalentemente estemporanea che per noi era una cosa veramente dilettevole. C'era solamente un inconveniente, che diventando spettatori di noi stessi ci capitava frequentemente di non poter più andare avanti per il troppo ridere."

 

Lavorò anche con un grande regista del muto Georg Wilhelm Pabst in due film: LA VOCE DEL SILENZIO del 1953 e COSE DA PAZZI del 1954, dove interpretò quello che, sicuramente, resta il ruolo più particolare della sua carriera, un matto che crede di essere un primario ospedaliero.


Negli anni '60

 

- Un militare e mezzo, regia di Steno (1960)
- La sposa bella (The Angel Wore Red), regia di Nunnally Johnson (1960)
- Gerarchi si muore, regia di Giorgio Simonelli (1961)
. Fra' Manisco cerca guai, regia di Armando William Tamburella (1961)
- Le meraviglie di Aladino, regia di Mario Bava (1961)
- Twist, lolite e vitelloni, regia di Marino Girolami (1962)
- I 4 monaci, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1962)
- Chi la fa, l'aspetti, episodio di Gli italiani e le donne, regia di Marino Girolami (1962)
- L'uomo in bleu, episodio di I 4 tassisti, regia di Giorgio Bianchi (1963)
- I quattro moschettieri, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1963)
- Il giorno più corto, regia di Sergio Corbucci (1963)
- Das Feuerschiff, regia di Ladislao Vajda (1963)
- Totò contro i quattro, regia di Steno (1963)
- Made in Italy, regia di Nanni Loy (1965)
- 7 monaci d'oro, regia di Marino Girolami (1966)
- Tre morsi nella mela (Three Bites of the Apple), regia di Alvin Ganzer (1967)



Anni settanta e ottanta

Negli anni settanta recitò in pochi altri film come C'ERAVAMO TANTO AMATI, regia di Ettore Scola, con cui vinse il suo secondo Nastro d'argento nel 1975 per un ruolo secondario e

- Cose di Cosa Nostra, regia di Steno (1971)
- La Tosca, regia di Luigi Magni (1973)
- I baroni, regia di Gian Paolo Lomi (1975)
- Il ginecologo della mutua, regia di Joe D'Amato (1977)
- Nerone, regia di Castellacci e Pingitore (1977)

 

L'ultimo film fu GIOVANNI SENZAPENSIERI del 1986, regia di Marco Colli (1986).


TEATRO


HAI FATTO UN AFFARE, commedia di Aldo Fabrizi, Marcello Marchesi, Mario Mattoli, regia di Mattoli, Compagnia di Prosa Teatro Nostro, prima al Teatro Salone Margherita di Roma, 1944.

ROMA CITTA' CHIUSA, con Aldo Fabrizi, Riccardo Billi, Chiaretta Gelli, Adriana Serra, Maria Donati, Alberto Rabagliati, Flora Torrigiani (1945).

Grande sua interpretazione teatrale e successo personale sul palcoscenico del Teatro Sistina, nella stagione 1962-1963, nel ruolo del boia papalino Mastro Titta nella commedia musicale RUGANTINO scritta e diretta da Garinei & Giovannini, Massimo Franciosa e Pasquale Festa Campanile.
Il grande trionfo proseguì direttamente negli Stati Uniti, a Broadway, dove lo spettacolo registrò sempre il tutto esaurito.
Ritornerà ad interpretare Mastro Titta in Rugantino nell'edizione 1978 della commedia.
L'ultima sua apparizione teatrale è del 1967, con lo spettacolo YO-YO YE-YE di Verde e Broccoli.
Per il Teatro Verdi a Trieste, nel 1970, sarà Zanetto Pesamenole (Donna Pasqua) ne AL CAVALLINO BIANCO con Tony Renis, Sandro Massimini e Graziella Porta nel Teatro Stabile Politeama Rossetti.



TELEVISIONE

In tv lavorerà dal 1959, come interprete dello sceneggiato di Leopoldo Cuoco e Gianni Isidori "LA VOCE NEL BICCHIERE", diretto da Anton Giulio Majano, poi per impegni teatrali e cinematografici ricomparirà in televisione soltanto nel 1971, ottenendo grande successo nel varietà del sabato sera "SPECIALE PER NOI", diretto da Antonello Falqui, accanto ad Ave Ninchi, Paolo Panelli e Bice Valori, che è anche l'unica testimonianza visiva rimasta delle sue macchiette teatrali.
La sua ultima apparizione televisiva fu durante il G. B. Show, in onda su Raiuno, il 27 agosto 1987, in cui ripropose da Rugantino: "'na donna dentro casa è 'n antra cosa...".

RUGANTINO

 

 

ULTIMI ANNI

Fabrizi, sposato con Beatrice Rocchi, cantante di varietà molto nota negli anni venti col nome d'arte di Reginella, ebbe da lei due figli gemelli. Abitava nel quartiere Nomentano di Roma, accanto all'amica di sempre Ave Ninchi. Rimase vedovo nel 1981.


Era appassionato di gastronomia e amava particolarmente gli spaghetti con aglio, olio e peperoncino. Sulla pasta e le sue tante e diverse ricette scrisse anche alcune poesie in dialetto romanesco.

Morì a Roma il 2 aprile del 1990 all'etá di 84 anni per una insufficienza cardiaca e i funerali si celebrarono due giorni dopo nella Basilica di San Lorenzo in Damaso. È sepolto al Cimitero Monumentale del Verano di Roma. Sull'ingresso della cappella è ben visibile la scritta "Aldo Fabrizi" (con una sola B) mentre all'interno, sulla lapide che copre la bara, oltre alle date di nascita e morte, c'è la scritta "Aldo Fabbrizi" (con due B).


PREMI E RICONOSCIMENTI CINEMATOGRAFICI

Biennale di Venezia - 1947: premio biennale per speciali meriti artistici - Il delitto di Giovanni Episcopo

David di Donatello - 1988: David alla carriera

Nastri d'argento
1951: miglior attore protagonista - Prima comunione
1975: miglior attore non protagonista - C'eravamo tanto amati


Onorificenze
Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - Roma, 27 settembre 1977




Libri ed altro


- Lucciche ar sole. Poesie romanesche. Roma, Società poligrafica romana, 1928.

- Ci avete fatto caso?, Milano, Atlantis, 1942.

- Mezz'ora con Fabrizi, Milano, Atlantis, 1942.

- Volemose bene. 3 atti; Hai fatto un affare. 1 atto, con Mario Mattoli e Marcello Marchesi, Roma, Ariminum, 1944.

- La pastasciutta. Ricette nuove e considerazioni in versi, Milano, A. Mondadori, 1970.

- Nonna minestra. Ricette e considerazioni in versi, Milano, A. Mondadori, 1974.

- Nonno pane. Ricette e considerazioni in versi, Milano, A. Mondadori, 1980.

- Monologhi e macchiette, a cura di Maria Cielo Pessione, Roma, Theoria, 1994. ISBN 88-241-0392-8.

- Trilogia, a cura di Maria Cielo Pessione, Roma, Audino, 1995.

- Ciavéte fatto caso?, a cura di Marco Giusti, con VHS, Milano, Mondadori, 2002


 

 

 


Genova, 1º settembre 1922 – Roma, 29 giugno 2000

 

 


La brevità del sorriso di Gassman è un repentino barbaglio di sole sul vetro di una finestra chiusa: ci rallegra, ci illumina del suo riflesso, ma non ci lascia scorgere quello che c'è dentro.
Dentro sempre domina una tensione lirica che non ammette abbandoni, anche quando ricusadi svelarsi.
Perchè Gassmann è l'interprete delle passsioni profonde, non escluse le passioni dell'intelletto: le più difficili a tradursi sulla scena e sullo schermo, le più misteriose al pubblico.

Questo giovane artista ama i poeti, soprattutto i poeti tragici e dolorosi; e qualcosa di quell'amopre rimane sempre nei suoi occhi, così intenti, così pronti nell'ira, nell'angoscia, nell'orgoglio che la recitazione gli impone.
Non può dimenticarsi quel suo modo di fissare la presenza del male, di soffrirne con un'intensità che supera perfino il bellissimo slancio, lo scatto impetuoso delle sue apparizioni.
Eroe e atleta dei tempi antichi, sopporta in più il peso tremendo ed invisibile d'una cosciennza tutta moderna della solitudine umana. così lo vidi nell'"Ebreo errante", protagonista perfetto d'una tetra leggenda e d'una ancor più tetra realtà dei nostri giorni.
E' il più nobile, il più puro dei nostri attori: il solo che abbia inteso, senza incertezze o pentimenti la serietà sublime della grande arte.

G.B. ANGIOLETTI

 

Vittorio Gassmann, attore, regista, sceneggiatore e scrittore, fu attivo in campo teatrale impegnato, cinematografico e televisivo. Ffu fondatore e direttore del Teatro d'arte Italiano. La sua lunga carriera in Italia e all'estero comprende produzioni importanti, compresi i suoi " diversivi" che gli diedero una vasta popolarità.

Con Alberto Sordi, Ugo Tognazzi e Nino Manfredi, Gassman è ritenuto uno dei più grandi interpreti della commedia all'italiana, un quartetto al quale, dagli anni Sessanta, è generalmente accostato anche Marcello Mastroianni.

E' considerato uno dei migliori e più rappresentativi attori italiani, professionale, al limite del maniacale, versatile e magnetico.

 

 

Nacque nell'attuale quartiere genovese di Struppa, all'epoca comune autonomo, il 1º settembre del 1922, da Heinrich Gassmann, ingegnere civile tedesco e da Luisa Ambron, di Pisa, di religione ebraica.

A 5 anni visse un anno a Palmi, provincia di Reggio Calabria, dove il padre era impegnato nella costruzione del nuovo quartiere abitativo "Ferrobeton". Di questo periodo gli rimasero molti ricordi, che rammenterà nel film Il mattatore (1960) di Dino Risi.

Ancora molto giovane si trasferì a Roma, prendendo la maturità classica al Liceo Torquato Tasso, frequentando l'Accademia nazionale d'arte drammatica, in cui studiavano Paolo Stoppa, Rina Morelli, Adolfo Celi, Luigi Squarzina, Elio Pandolfi, Rossella Falk, Lea Padovani e, poi, Paolo Panelli, Nino Manfredi, Tino Buazzelli, Gianrico Tedeschi, Monica Vitti, Luca Ronconi e altri.

Grazie al suo fisico atletico, si distinse come giocatore di pallacanestro tesserato per la S.S. Parioli, arrivando a far parte della nazionale universitaria e a giocare la finale scudetto con la 'Bruno Mussolini' nel 1942.


Il suo debutto teatrale avvenne a Milano nel 1943, con Alda Borelli, nella "Nemica" di Dario Niccodemi. Si trasferì poi a Roma, al Teatro Eliseo, unendosi a Tino Carraro ed Ernesto Calindri in un trio che rimase celebre: con loro recitò in diverse opere, dalla commedia borghese al teatro intellettuale, senza difficoltà nel passare dall'una all'altro.

Con la compagnia di Luchino Visconti, Gassman ottenne i successi della maturità, assieme a Stoppa, Rina Morelli e Paola Borboni. Gassman interpretò Kowalski in Un tram che si chiama desiderio di Tennessee Williams, recitò in Rosalinda di Shakespeare e nell'Oreste di Vittorio Alfieri. Successivamente entrò nel Teatro Nazionale con Massimo Girotti e Arnoldo Foà, per un Peer Gynt (Ibsen) di successo.

 

Il suo debutto cinematografico è del 1945, in Incontro con Laura, di Carlo Alberto Felice: la pellicola, però è andata perduta e il suo primo film superstite è "Preludio d'amore" (1946), di Giovanni Paolucci.
Nel 1947 si fa conoscere dal grande pubblico con "Daniele Cortis", di Mario Soldati e due anni dopo coglie il suo primo grande successo con Riso amaro, diretto da Giuseppe De Santis, uno dei capolavori del primo neorealismo.
Nello stesso anno recita nel film "Una voce nel tuo cuore" di Alberto D'Aversa, dove interpreta un giornalista al fianco di Constance Dowling, Nino Pavese e Beniamino Gigli
Nel 1952, fondò e diresse il Teatro d'Arte Italiano, assieme a Luigi Squarzina, producendo la prima versione completa dell' "Amleto" in Italia, oltre a opere rare come il "Tieste" di Seneca o "I Persiani" di Eschilo.
A Siracusa, nel 1954, per il XIII ciclo degli spettacoli classici recita "il Promete Incatenato" di Eschilo e nel 1960 l' "Orestiade", regia e traduzione di Pier Paolo Pasolini.

Nel 1956, anno chiave della sua carriera artistica, Gassman interpretò l'"Otello" con il grande attore Salvo Randone, con il quale alternava ogni sera i ruoli del Moro e di Iago.

Tre anni dopo, in un programma televisivo intitolato "Il Mattatore", ottenne un inaspettato successo, e Il Mattatore divenne ben presto il soprannome che lo avrebbe accompagnato per il resto della vita.

Gli anni sessanta furno molto gratificanti per la carriera cinematografica di Vittorio Gassman, sulla scia del grande successo ottenuto nel 1958 con "I soliti ignoti" di Mario Monicelli, che ebbe anche due seguiti ("Audace colpo dei soliti ignoti", 1959, di Nanni Loy; e il tardo "I soliti ignoti vent'anni dopo", 1985, di Amanzio Todini).

Il cinema lo aveva impegnato sino ad allora, in Italia e a Hollywood, in ruoli cinematografici atletici e di seducenti villain (dopo il trionfo di Riso amaro, 1949, di Giuseppe De Santis).

Monicelli lo rivelò anche ottimo attore di ruoli comici (come anche in "La grande guerra", 1959, e nel dittico "L'armata Brancaleone", 1966, e "Brancaleone alle crociate", 1969) ed egli acquistò in breve una vasta notorietà con prodotti più popolari, specie sotto la regia di Dino Risi: oltre al già citato "Il mattatore" (1960), "Il sorpasso" (1962), La marcia su Roma (1962), "I mostri" (1963), "Il gaucho (1964), Il tigre (1967) e "Il profeta" (1968).

 

La grande guerra

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Amendola_Gassman_Murgia.jpg

 

Successivamente, Gassman tornerà a lavorare con Risi ("In nome del popolo italiano", 1971; "Profumo di donna", 1974; "Anima persa", 1977; "Caro papà", 1979;"Tolgo il disturbo", 1990), avviando poi un proficuo sodalizio con Ettore ScolA: "Cì'eravamo tanto amati", 1974; "La terrazza", 1980; "La famiglia", 1987), mentre all'estero aveva recitato in "Un matrimonio" di Altman (1978), "La tempesta di Mazursky" (1982), "Benvenuta di Delvaux" (1983), "La vita è un romanzo" di Resnais (1983).

Nell'ultimo decennio di vita continuò a lavorare per il cinema in "Il lungo inverno di Jaime Camino" (1991), ne "Il re leone" (1994) dove presta la sua voce a Mufasa, in "Sleepers" di Barry Levinson (1996) e ancora per Scola in "La cena" (1998).

 

Ritorno al teatro

Nonostante il successo che riscuoteva nel cinema, Gassman non abbandonò mai il teatro e nell'ultima fase della sua carriera aggiunse la poesia al suo repertorio, aiutando a far conoscere in Italia alcune opere straniere.

Vero perfezionista, aveva in odio la dizione imperfetta o le inflessioni dialettali, pur essendo in grado di rendere perfettamente, quando richiesto, la maggior parte dei dialetti italiani.
In modo abbastanza coraggioso, accettò la sfida di dirigere l"'Adelchi", una delle opere meno note e meno "facili" di Alessandro Manzoni. La tournée di questo spettacolo raccolse mezzo milione di spettatori, attraversando l'Italia con il suo Teatro Popolare Itinerante (una nuova edizione del famoso Carro di Tespi), dando via a produzioni teatrali dei più famosi autori del XX secolo, oltre a frequenti ritorni ai classici come Shakespeare, Dostoevskij e i grandi drammaturghi greci.

Fondò inoltre una scuola di teatro a Firenze, quella Bottega Teatrale che diresse personalmente dal 1979 al 1991 e che è stata una protagonista del mondo culturale fiorentino, richiamando a Firenze moltissimi dei nomi più noti del teatro e del cinema italiano e mondiale: da Giorgio Albertazzi (per molti anni vicedirettore) a Orazio Costa, da Adolfo Celi a Anthony Quinn, da Antonella Daviso a Ettore Scola, da Yves Lebreton a Siro Ferrone, solo per citarne alcuni.

Televisione

In televisione dosò le sue apparizioni partecipando però alle trasmissioni di Mina, Corrado e Pippo Baudo.
In campo pubblicitario,
interpretò Nostradamus in uno spot dell'Istituto Bancario San Paolo di Torino nel 1997 di cui si ricorda il "tormentone": «Questo lo ignoro!».

Gassman fu uomo di intense emozioni e di grande onestà intellettuale; la sua autoironia e il suo notevole senso dell'umorismo lo portarono negli anni novanta a prendere parte a un programma televisivo (Tunnel) nel quale, in maniera molto formale e seria, recitava documenti come la bolletta del gas, il menù del ristorante o gli annunci economici; "letture" che, con autoironia, venivano eseguite con la stessa abilità professionale e il tono elevato che lo rese famoso recitando la Divina Commedia di Dante.

Altre attività

Fu anche regista, dirigendo sé stesso in film dai forti accenti autobiografici quali "Kean - Genio e sregolatezza" (1956), "L'alibi2" (1969), "Senza famiglia, nullatenenti cercano affetto" (1972) e "Di padre in figlio" (1982).

Scrittore

Dopo aver esordito col romanzo "Luca dei numeri" (1965), pubblicò successivamente sia volumi autobiografici come "Un grande avvenire dietro le spalle" (1981) e "Memorie del sottoscala" (1990), "Ulisse e la balena bianca" (1992), "Mal di parola" (1992) e "Lettere d'amore sulla bellezza" (1996) con Giorgio Soavi.

Doppiatore

Ha avuto una parentesi come doppiatore come voce fuori campo del film "Romeo e Giulietta" (1968) di Franco Zeffirelli e dando la voce al commovente personaggio di Mufasa (interpretato nella versione americana da James Earl Jones) nel film d'animazione della Disney "Il re leone" (1994).

 

Vita privata

Vittorio Gassman ebbe tre moglie tre compagne importanti, sempre colleghe attrici:

- Nora Ricci (figlia di Renzo Ricci e Margherita Bagni), prima moglie, dalla quale ebbe la primogenita Paola, attrice ella stessa e poi moglie di Ugo Pagliai; matrimonio in seguito annullato dalla Sacra Rota
-
Shelley Winters, seconda moglie, dalla quale ebbe la seconda figlia Vittoria (Tori), poi medico geriatra, sempre vissuta negli Stati Uniti d'America
Juliette Mayniel, importante compagna mai sposata, che gli diede Alessandro, anch'egli attore e regista;
- Diletta D'Andrea, terza moglie fino alla fine, dalla quale nacque Jacopo, poi regista.
Fu, poi, praticamente un secondo padre per Emanuele Salce, figlio di Diletta e del suo primo marito, il regista Luciano Salce.

Aveva avuto inoltre una lunga e tumultuosa relazione con Anna Maria Ferrero tra il 1953 e il 1960, periodo nel quale i due avevano fatto spessissimo coppia anche nel lavoro; dal 1961 al 1963 fu legato all'attrice danese Annette Strøyberg.

Criticato talvolta per la sua vita privata libera e disinvolta, per le storie d'amore, pei matrimoni e per le convivenze, per un annullamento presso la Sacra Rota, per un divorzio negli Stati Uniti d'America e per un figlio extramatrimoniale (Alessandro), suscitò scandalo negli anni cinquanta e sessanta, così come il suo iniziale ateismo, che in seguito lasciò il posto a una fede molto personale.


Nel profondo era un'anima pensosa e tormentata, la razionalità di base opposta ai richiami dell'infinito. Resta significativo e simpatico un suo "dibattito" con Alberto Sordi sui temi dell'esistenza e della religione. A Gassman che onestamente esternava i dubbi del pensante, Sordi con romanesca concretezza replicò invece: "A Vitto', io ce credo. Hai visto mai?".
Gassman inoltre espresse spesso commenti schietti e poco convenzionali, in qualche caso con il chiaro intento di sferzare le posizioni moderate, guadagnandosi così vari nemici nel mondo dello spettacolo e della cultura.


Salute e morte

Gassman fu probabilmente affetto a lungo dalla sindrome bipolare, un disturbo che altera l’umore ed è caratterizzato da gravi alterazioni delle emozioni, dei pensieri e dei comportamenti. Chi ne soffre può essere al settimo cielo in un momento e alla disperazione in un altro, senza alcuna ragione apparente, passando dal paradiso della fase maniacale o ipomaniacale all’inferno della fase depressiva anche molto frequentemente..

Morì a 77 anni nella sua casa di Roma per un improvviso attacco cardiaco nel sonno, nel giorno dei SS. Pietro e Paolo.

Cremato, le sue ceneri vennero tumulate nella tomba della famiglia D'Andrea (la famiglia della moglie), nel Cimitero del Verano, all'esterno del lato destro del Quadriportico.
La sua presenza è indicata da una piccola lastra di pietra a forma di libro aperto riportante il seguente epitaffio, voluto da lui stesso: "Non fu mai impallato!"

 

https://biografieonline.it/biografia-vittorio-gassman

 

 

Riconoscimenti e Premi cinematografici


Mostra del cinema di Venezia 1996: Leone d'oro alla carriera


Festival di Cannes - 1975: miglior interpretazione maschile - Profumo di donna

Festival Internazionale del Cinema di San Sebastián - 1971: miglior attore - Brancaleone alle crociate

David di Donatello

Nastri d'argento

Il Sorpasso

https://www.ilmugugnogenovese.it/il-mattatore-del-cinema-italiano-vittorio-gassman-da-zena/

Premi teatrali

Onorificenze

- Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana, -  Roma, 16 marzo 1994

- Grande Ufficiale dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana - «Di iniziativa del Presidente della Repubblica» — Roma, 27 aprile 1987


- Medaglia d'oro ai benemeriti della cultura e dell'arte, Roma, 2 marzo 1999


- Premio Principe delle Asturie per l'arte, 1997


- Cittadinanza onoraria della città di Chiaravalle Centrale 1982

- Cittadinanza onoraria della città di Palmi 199

 

Tributi

Il comune di Roma ha dedicato a Gassman due luoghi in due diverse zone della capitale: Largo Vittorio Gassman in Villa Borghese, nel quartiere Pinciano, nel 2003, e Lungotevere Vittorio Gassman in un'area industriale nel quartiere Portuense, nel 2006 (che precedentemente era denomiata Lungotevere dei Papareschi.

Gassman, Anna Magnani e Marcello Mastroianni sono gli unici attori ad essere ricordati nel comune di Roma.

Sempre a Roma, nel 2004 lo storico Teatro Quirino fu chiamato, in suo onore, Teatro Quirino - Vittorio Gassmane, durante l'inaugurazione ufficiale del 23 settembre 2004, il figlio Alessandro commentò che avere un "suo" teatro rappresentava l'unico sogno che durante la sua carriera Vittorio non era mai riuscito a realizzare.


In occasione dei dieci anni dalla scomparsa dell'attore, il 29 giugno 2010 il Comune di Milano ha intitolato in suo nome una via del quartiere periferico Adriano-Marelli, il Comune di Narni ha denominato n suo nome una piazza in una zona residenziale di nuova costruzione. mentre il 1º settembre dello stesso anno, la Mostra del Cinema di Venezia si è aperta con un documentario dedicato a "Vittorio racconta Gassman", realizzato da Giancarlo Scarchilli insieme ad Alessandro Gassmann.


A partire dal 2010 il Bif&st di Bari assegna un Premio intitolato a Vittorio Gassman per il giovane attore rivelazione (dal 2011 al miglior attore protagonista) tra i film del festival.


Gallarate intitola a suo nome il teatro Condominio.


Teatro

Gassman a teatro interpreta Amleto

Film - Attore

Barabba, 1961

Brancaleone

http://www.fondazionecsc.it/events_detail.jsp?IDAREA=9&ID_EVENT=357&GTEMPLATE=events.jsp

 

Profumo di donna


https://stanzedicinema.com/2010/07/21/la-mostra-di-venezia-omaggia-vittorio-gassman/

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Televisione

Documentari

Regista

 

Prosa televisiva RAI

Prosa radiofonica RAI

Programmi radiofonici Rai: Viaggio in Oriente, suoni e impressioni raccolti da Vittorio Gassman e Ghigo De Chiara, 1971

 

Album

Singoli

Partecipazioni:

  • Irma la dolce (Cetra, CLV 0607, 7")

In alcuni film, anche italiani, Vittorio Gassman venne doppiato, come ad esempio, in:

Del "mattatore", appellativo che lo ha sempre accompagnato dal 1959 quando ebbe grande successo televisivo in uno spettacolo dallo stesso titolo che poi traslocò nella riuscita commedia di Dino Risi, non è facile dare una sola definizione: gli riusciva tutto e apparentemente senza sforzo. Ma quando decise di mettersi a nudo, prima come attore e poi come uomo e svelò nella sua autobiografia i tarli dell'anima, si scoprì la fatica della perfezione, l'infaticabile ricerca del dettaglio, la necessità di superarsi ogni volta con precisione maniacale. Si è detto che aveva personalità bipolare e si descrisse malato di depressione, nausea di vivere, fatica di convivere con la propria immagine pubblica.

Eppure era felicemente ammalato di vita, sprizzava giovialità, fisicità, intelligenza e per questo fu sempre compagno e complice dei migliori registi, mai semplice esecutore. Aveva fin da giovane la presenza scenica del prim'attore, ereditava il piglio roboante della generazione di Renzo Ricci (padre della prima moglie di Vittorio), usava il corpo come strumento della sua arte. Prestante e bello, da ragazzo era arrivato a disputarsi lo scudetto del basket universitario con la società sportiva Parioli, ma il teatro ebbe presto la meglio, visto che già svettava tra i compagni di corso all'Accademia d'arte drammatica. In piena guerra, nel '43, debuttò a Milano con Alda Borelli nella "Nemica" di Niccodemi, ma fu all'Eliseo di Roma, in compagnia di Tino Carraro ed Ernesto Calindri che si fece notare svariando con naturalezza dal repertorio classico a quello contemporaneo. Se sul palcoscenico non ha mai avuto difficoltà a imporsi (tra i primi a riconoscere il talento ci furono Luchino Visconti, il compagno d'Accademia Luigi Squarzina e più tardi Giorgio Strehler), al cinema dovette passare per piccoli ruoli fino a costruirsi una certa fama da "villain" e seduttore pericoloso come in "Riso amaro" di Giuseppe De Santis nel 1949.

Ma nel decennio successivo fu il teatro a mantenere alta la sua popolarità: fra il '52 e il '56 la sua lettura di Shakespeare (prima "Amleto" e poi "Otello") fecero storia così come l'"Orestiade" di Eschilo con la regia di Pasolini. Gassman sembrava un dio greco, l'incarnazione del teatro, svettava in un'Italia ancora piegata sotto le conseguenze della guerra persa. Ma il cinema, nella persona di Mario Monicelli, gli offrì l'occasione di essere "altro". Ne "I soliti ignoti" (1958) incontrò il successo nel modo meno atteso: con Peppe "er Pantera", pugile suonato, dalla parlata incerta, ladro per caso, indossò una maschera comica che lo avrebbe accompagnato per anni. Fu l'inizio di un'escalation inarrestabile che lo consegna alla storia della commedia all'italiana, uno dei "quattro colonnelli" della risata insieme a Sordi, Tognazzi, Manfredi. Questo nuovo registro espressivo lo rese complice di autori come Dino Risi, Luciano Salce, Luigio Zampa, Ettore Scola, con Monicelli in testa. Fu lui a disegnare il suo Brancaleone sul "Miles Gloriosus" plautino, così come Risi gli offrì lo spaccone disperato de "Il sorpasso", mentre Scola fu suo complice in tutto l'itinerario della maturità da "C'eravamo tanto amati" a "La famiglia".

Meno nota, ma non meno intensa è la carriera internazionale di Vittorio Gassman: da sempre, grazie alla conoscenza delle lingue, lo cercano le produzioni internazionali e, dopo la rivelazione in "Guerra e Pace" (1956), dagli anni '70 in poi avrà i migliori registi: Robert Altman, Paul Mazursky, Alain Resnais, André Delvaux, Jaime Camino, Barry Levinson. Si proverà anche come regista in proprio, riversando una buona dose di autobiografia in tentativi ambiziosi come "Kean" o "Senzafamiglia, nullatenenti cercano affetto" in coppia con Paolo Villaggio. Chiuderà la carriera là dove l'aveva iniziata, in palcoscenico, tra l'intensa recitazione di pagine poetiche, una memorabile edizione della "Divina Commedia" e lo spettacolo "Ulisse e la balena bianca" che è una sorta di testamento artistico ed esistenziale. Nato nel 1922, sognava di morire in scena e per poco non ci è riuscito. Spirito irregolare e controcorrente, ha dato scandalo nella vita privata con tre mogli e tre compagne, tutte molto amate, da cui ha avuto quattro figli, tre dei quali ne hanno seguito le orme. Spirito inquieto, paradossalmente è stato il meno "italiano" dei nostri grandi attori e forse per questo, pur tra tanti premi, non ha avuto quella gloria che, oggi lo scopriamo, meritava. Sognava un suo teatro ma solo dopo morto il Quirino di Roma gli è stato intitolato; meritava l'Oscar ma lo prese Al Pacino al posto suo per il remake di "Profumo di donna" e si dovette accontentare di un premio a Cannes (per lo stesso film). La Mostra di Venezia gli ha dato il Leone d'oro alla carriera nel 1996, ma poteva accorgersi di lui ben prima. E' stato un gigante solo e forse proprio questo enorme vuoto che lasciava ogni volta che usciva di scena lo rapiva e terrorizzava insieme. Di certo è il sentimento che lascia nel cinema e nel teatro italiano anche oggi. Sulla sua lapide sta scritto: "Non fu mai impallato".

 

 

 

 

 

 

Roma, città libera


 


    Regista, attore, sceneggiatore

A mio vedere, l'altissima qualità dell'arte di De Sica nasce soprattutto dalle sue doti istintive e dalla innata tradizione della commedia dell'arte, in perfetta fusione con un gusto ed una cultura audacemente moderni.
Nelle più complesse realizzazioni di De Sica non è mai traccia di tensione della volontà, di freddezza intellettualistica.
Il suo modo di accostarsi ai più inquieti personaggi del repertorio contemporaneo, ridonda di una naturalezza, d'una facilità ariosa eppur calcolatissima, che non ha mai bisogno di riprendere fiato su motivi e toni di mestiere.

Questo slancio, questo impeto nella creazione del personaggio, è sorretto, fra l'altro, da un forte senso della composizione plastica. E sia sulle tavole del palcoscenico che nel teatro di posa, De Sica non è soltanto quello che egli è, ma comunica infallibilmente qualcosa della sua virtù, dal primo all'ultimo dei suoi collaboratori.

EMILIO CECCHI

 
 

Nato nel 1901 a Sora, morì in Francia nel 1974. Attore, regista e sceneggiatore, è ritenuto uno dei fondatori del neorealismo. Ha ricevuto Oscar per Ladri di biciclette, Sciuscià, Ieri, oggi, domani e Il giardino dei Finzi Contini come migliori film in lingua straniera, e vi era anche candidato Matrimonio all'italiana.

 

 

Quando Vittorio nacque la provincia di Sora faceva parte della Campania. Suo padre che collaborò anche ad un mensile locale era impiegato della Banca d'Italia e con lui Vittorio aveva un rapporto molto intenso. A lui, poi, il regista dedicherà il film Umberto D.

A 13 anni si trasferì a Napoli con la famiglia e successivamente a Firenze. Cominciò ad esibirsi come attore dilettante in spettacoli destinati ai militari ricoverati negli ospedali. Poi si trasferì a Roma, frequentando degli studi di ragioneria, ottenendo intanto un piccolo ruolo, un film muto mentre, dopo aver comseguito il diploma, accetterà alcuni ruoli teatrali in compagnie abbastanza prestigiosdove c'erano la Pavlova, gli Almirante, Sergio Tofano, arrivando poi a ricoprire il ruolo del primo attore che mise in evidenza le sue potenzialità.
Notato dal titolare della Compagnia Teatrale Za-Bum, nei cui spettacoli si mescolava la comicità con la serietà della prosa e del genere drammatico, che rilevando le sue brillanti qualità, lo scritturò subito, affiancandolo ad  Umberto Melnati, con cui divenne celebre come comico di livello nazionale inventando canzoni e schetch durati per anni.

Nel 1933 fondò una compagnia, soprattutto comica, tutta sua, con Giuditta Rissone e Sergio Tofano.

Subito dopo la guerra cominciò ad impegnarsi come regista, collaborando con Paolo Stoppa e Vivi Gioi, portando in scena vari drammi, partecipando a spettacoli sempre più impegnativi, lavorando nel 1946-47 con Luchino Visconti, finchè poi, sempre più preso da impegni cinematografici e televisivi, abbandonò definitivamente le scene.

Si calcola che, tra il 1923 e il 1949, De Sica abbia preso parte, a oltre 120 rappresentazioni, tra commedie, spettacoli di rivista e drammi in prosa,

 

Sullo schermo cinematografico, dopo altre due partecipazioni a film muti diretti da Mario Almirante nel 1927-1928, diventò uno tra i più richiesti divi del momento, alla pari di Amedeo NazzariGino Cervi e Fosco Giachetti dal 1932, con molte commedie gradevoli interpretate da Assia Noris e dirette da Mario Camerini:  Gli omini, che mascalzoni... del 1932, in cui lancerà il suo cavallo di battaglia, l' intensa e sempre applaudita canzone Parlami d'amore Mariù, quindi Darò un milione del 1935, quando incontra Cesare Zavattini, Il signor Maxdel 1937 e I grandi magazzini del 1939.

Nel 1948 recitò con Favola di Natale, tre atti di Ugo Betti, con Vittorio De Sica, Rina MorelliCarlo Romano, regia di Anton Giulio Majano
Ma continuererà a recitare, anche iniziata la sua prestigiosa attività come regista, in un centinaio di pellicole, qualche volta anche in brevi ruoli di contorno, vincendo un Nastro d'argento nel 1948 e ottenendo numerosi premi negli anni seguenti a diversi festival.
Per motivi ideologici rifiutò la proposta di dirigere il film Don Camillo.

All'inizio degli anni cinquanta venne applaudito dal pubblico come interprete di due pellicole dirette da Alessandro Blasetti e Luigi Comencini, quindi in Pane, amore e fantasia (1953), flm di grande impatto di pubblico e di successo, in cui interpretava l'esuberante maresciallo Carotenuto, così come i due successivi: Pane, amore e gelosia del 1954, sempre a fianco di Gina Lollobrigida e Pane, amore e... del 1956, questa volta a fianco di Sophia Loren. Divertente la sua interpretazione al fianco di Totò in I due marescialli (1961).

 

 

 


 

 

 


Ebbe anche un ottimo rapporto con Alberto Sordi, con cui lavorò in diversi film, cercando di lanciarlo nel 1951, producendo e dirigendo anonimamente Mamma mia, che impressione! Tra i film Il conte MaxIl moralista e Il vigile, ma forse il risultato migliore si ebbe proprio nel film di SordiUn italiano in America (1967), in cui interpretò il ruolo malinconico di uno squattrinato emigrato negli USA che sfrutta la partecipazione a una trasmissione televisiva per incontrare il figlio che non vedeva da tempo e al quale fa credere di essere ricco.

Molto intense anche le sue interpretazioni drammatiche e su tutte, degna, davvero, di lode, quella de Il generale Della Rovere, di Roberto Rossellini (1959 , e la partecipazione nel remake di Addio alle armi di Charles Vidor (1957).
Verso la fine della sua carriera artistica si trovò ad interpretare ruoli secondari in film che non avrebbe mai immaginato, come in film di Paul Morrissey (1974) in cui si parlava di Dracula.

Come regista, De Sica iniziò nel 1939 sotto il noto produttore  Giuseppe Amato, che lo fece debuttare nella commedia Rose scarlatte. Fino al 1942 la sua produzione di regista era ancora misurata sulle commedie di Mario Camerini, come ad es. Maddalena... zero in condotta del 1940Teresa Venerdì (1941) con Adriana Benetti e Anna Magnani, ma dal 1943, con I bambini ci guardano (dal romanzo Pricò di Giulio Cesare Viola) iniziò, insieme a Zavattini ad esplorare le tematiche neorealiste.

 



 

Dopo un film a sfondo religioso realizzato nella Città del Vaticano durante l'occupazione della capitale, La porta del cielo (1944), il regista firmerà, quattro grandi capolavori del cinema mondiale: Sciuscià (1946), Ladri di biciclette (1948), dal romanzo di Luigi BartoliniMiracolo a Milano (1951), dal romanzo Totò il buono di Zavattini, e Umberto D. (1952), tutti grandi successi del neorealismo cinematografico italiano.
I primi due otterrannno l'Oscar come miglior film straniero e il Nastro d'argento per la migliore regia, tuttavia, durante la presentazione di Sciuscià in un cinema di Milano, il regista fu accusato da uno spettatore presente di rendere una cattiva immagine dell'Italia.

Successivamente De Sica firmò altre opere importanti: L'oro di Napoli (1954) dai racconti di Giuseppe MarottaIl tetto (1956), con cui si allontanò dal neorealismo, eppoi l'acclamato La ciociara, del 1960, dal romanzo  di Alberto Moravia, che vantando anche la vibrante interpretazione di Sophia Loren, vinse numerosi premi: Nastro d'argentoDavid di DonatelloPalma d'oro al Festival di Cannes e il Premio Oscar per la miglior attrice.
Con la Loren lavorò anche più tardi, con tre ritratti di donna (la popolana, la snob e la mondana) e terzo suo OscarMatrimonio all'italiana (1964), trasposizione di Filumena Marturano di Eduardo De Filippo, e I girasoli (1970).

Nel 1972 ottenne un quarto Premio Oscar con la trasposizione filmica del romanzo di Giorgio Bassani Il giardino dei Finzi Contini, la storia drammatica della persecuzione di una famiglia ebrea ferrarese durante il fascismo; quest'opera ottenne anche l'Orso d'oro al Festival di Berlino del 1971.

 

L'ultimo film diretto da De Sica è Il viaggio (1974), interpretato ancora da Sophia Loren, accanto a Richard Burton, tratto da una novella di Pirandello.

La canzone napoletana e la TV

Durante la sua infanzia, essendo in atto un'epidemia di colera che aveva messo al bando la vendita di fichi, poco costosi, Vittorio faceva il palo alla madre che voleva comprarli al mercat, per avvertirla dell'arrivo di carabinieri, Per distrarli, Vittorio intonò Torna a Surriento che piacque molto ai militari che gli chiesero di continuare e così il ragazzino si mise a interpretare tutto il repertorio napoletano che conosceva. Negli anni seguenti, divenuto attore, incise numerose versioni dei classici napoletani.

Ernesto Murolo lo bocciò dicendo che la sua vocve era troppo tenue e, alludendo alla sua magrezza, aggiunse: "Pare nu miezo tisico".

Lo apprezzò, invece, Enzo Lucio Murolo, inventore della sceneggiata e  Dino Falconi, autore di riviste disse: "Nessuno meglio di me può assicurare che Vittorio De Sica cantava come soltanto un napoletano sa cantare". Più tardi, incise Signorinella di Bovio ed in Tv. a Studio Uno,  un duetto con Mina in Amarsi quando piove. Per la collana Recital, in cui interpretava canzoni e recitava poesie, dedicò album a Salvatore Di GiacomoErnesto Murolo e Michele Galdieri, . .

Nel 1968 partecipò come autore a un Festival di Napoli con la canzone Dimme che tuorne a mme!, musicata dal figlio Manuel e interpretata da Nunzio Gallo e da Luciano Tomei, ma che non entrò in finale.

Desideerava prendere casa a Posillipo, perchè "nu cafone 'e fora" - come lui si definiva - poteva amare Napoli più di un napoletano.

 

Incise l'ultimo album nel 1971: De Sica anni Trenta, con gli arrangiamenti del figlio Manuel. La sua interpretazione più nota, tuttavia, resterà quella di Munasterio 'e santa Chiara a pari merito con Parlami d'amore Mariù

 

Pur non apprezzando molto la TV, fu molto attivo, partecipando a diverse trasmissioni statunitensi e italiane di intrattenimento leggero come Il Musichiere (1960), Studio Uno (1965), Colonna Sonora (1966), Sabato Sera con Corrado (1967), Delia Scala Story (1968), Stasera Gina Lollobrigida (1969), Canzonissima con Corrado e Raffaella Carrà (1970-71) e Adesso musica (1972),

nonché nel ruolo del giudice chiamato a processare il burattino Pinocchio nello sceneggiato Le avventure di Pinocchio di Luigi Comencini (1972).

Nel 1971 diresse due documentari e inoltre molti uomini di cultura gli dedicarono diversi documentari onorifici.

 

Era nota, purtroppo, anche la sua grande passione per il gioco, che a volte gli fece perdere somme ingenti, per cui, forse si trovò talvolta a lavorare anche in pellicole non consone alla sua altezza; nell'immediato dopoguerra fu assiduo frequentatore di roulette nel Casinò Municipale del Castello di Rivoli. Una passione che non nascose mai e che anzi riportò, con grande autoironia, in diversi suoi personaggi cinematografici, come ad esempio in Il conte MaxUn italiano in America o L'oro di Napoli.

Vittorio De Sica si sposò il 10 aprile del 1937 con l'attrice torinese Giuditta Rissone, conosciuta dieci anni prima e dalla quale l'anno dopo ebbe la figlia Emilia, nella Chiesa di San Pietro di Borgo San Pietro ad Asti. Nel 1942, sul set del film Un garibaldino al convento conobbe l'attrice catalana María Mercader, con cui andò poi a convivere e, dopo il divorzio dalla Rissone, ottenuto in Messico nel 1954, si unì con l'attrice catalana in un primo matrimonio nel 1959 sempre in Messico, unione ritenuta "nulla" perché non riconosciuta dalla legge italiana, ma nel 1968, ottenuta la cittadinanza francese  si sposò con María Mercader a Parigi.
Da lei aveva nel frattempo avuto due figli: Manuel nel 1949, musicista, e Christian nel 1951, che seguirà le sue orme come attore e regista. Figlio di Manuel, suo nipote Andrea, nato nel 1981, è anche lui regista e sceneggiatore. Però De Sica non seppe rinunciare alla sua prima famiglia, avviando un doppio ménage, anche con doppi pranzi nelle feste e la sua prima moglie accettò di mantenere una sorta di matrimonio apparente pur di non togliere alla figlia la figura paterna.

 

Vittorio De Sica morì a 73 anni dopo un intervento chirurgico ai polmoni per un tumore, vicino  Parigi; nello stesso anno, Ettore Scola gli dedicò il suo capolavoro C'eravamo tanto amati. La sua salma riposa nel cimitero monumentale del Verano a Roma.

Come rammenta il figlio ChristianVittorio De Sica era comunista, e questo unitamente alle sue vicende matrimoniali, gli impedì di ricevere un funerale particolarmente fastoso. Per Carlo Lizzani era in realtà «un tranquillo conservatore».

Trentacinque anni dopo, Annarosa Morri e Mario Canale gli hanno dedicato il documentario Vittorio D., presentato alla 66ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia e successivamente trasmesso da LA7.

 

Napoli gli è stata dedicata una strada nel quartiere Stella, alle spalle di piazza Cavour.

 

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Regista televisivo

  • Dal referendum alla Costituzione, ovvero il 2 giugno - Nascita della Repubblica, documentario (1971)

  • I cavalieri di Malta, documentario (1971)

 

Apparizioni televisive

  • Meet De Sica di Charles De Reisner, per la tv statunitense (1958)

  • The Four Just Men, serie televisiva britannica (1959-1960)

  • Vittorio De Sica racconta... di Fernanda Turvani, serie di 22 favole da lui narrate (1961)

Documentari televisivi

  • Ritratto d'attore: Vittorio De Sica di Fernaldo Di Giammatteo (1958)

  • Vittorio De Sica: autoritratto di Giulio Macchi (1964)

  • Vittorio De Sica: il regista, l'attore, l'uomo di Peter Dragadze (1974)

  • Vittorio De Sica, il padre del neorealismo di Michel Random (1974)

  • Viva De Sica! di Manuel De Sica (1983)

  • Parlami d'amore Mariù. La vita e l'opera di Vittorio De Sica, trasmissione in sette puntate di Gianarlo Governi (1991)

  • Vittorio D. di Annarosa Morri e Mario Canale (2009)

  • Sciuscià 70 di Mimmo Verdesa (2016)

Prosa radiofonica Rai

Premi e riconoscimenti

Premio Oscar

Festival internazionale del cinema di Berlino

Festival di Cannes

David di Donatello[

Nastri d'argento

National Board of Review

 
 

 

 

 

Bibliografia :

https://it.wikipedia.org

http://www.ingridbergman.com/about/bio2.htm

 

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