Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

SANTE CURIOSITA'

 

LA MADONNA ILVANIA E LA CHIESA DI GHISA
( SAN LEOPOLDO IN FOLLONICA)

 

Di questa Madonna, originalissima e quasi sconosciuta, realizzata in ghisa e situata in una cappella della chiesa di san Leopoldo di Follonica (Gr), non si conosce quasi nulla, tranne che viene attribuita a Leopoldo Arcangeli, già autore di molti bozzetti realizzati dalle Fonderie esistenti sul territorio.

All’inizio del 1800, per impulso del Granduca Leopoldo II, che voleva fare di Follonica il centro dell’industria del ferro, con l’obiettivo di rifornire i vari Stati italiani ed europei di ferro e ghisa, vennero costruiti gli Altiforni – chiamati di San Leopoldo e di Maria Antonia – e la grande fonderia.

Si iniziò con lavori “leggeri”: tubi, lampioni, getti per proiettili e solo 20 anni dopo ci fu un incremento nella produzione del ferro fuso, grazie all’incontro di alte competenze scientifiche e tecnologiche con quelle artigianali, tramandate di generazione in generazione.

Vennero realizzati lavori per il Duomo, per il ponte e per la chiesa di San Leopoldo in Firenze, la fonte del pozzo artesiano di Arcidosso e oggetti di corredo urbano vario.

Il trattamento e le fasi della lavorazione siderurgica erano numerose e laboriose: il minerale di ferro proveniente dall’Elba veniva sottoposto ad un primo trattamento di calcinazione e desolforazione per rendere migliore la qualità del ferro fuso.
Tale operazione, detta “abbrustolitura” avveniva nel forno delle zingrane a forme rovesciate, costruite con pietra refrattaria e mattoni. Estratto dopo 3 gg., il minerale veniva frantumato e portato al forno, caricato dall’alto con una miscela composta da minerale calcinato e carbone vegetale a cui veniva aggiunto del fondente (terra calcarea).
L’aria, necessaria per alimentare la combustione interna, era erogata da una macchina soffiante a pistoni, mossa da una ruota idraulica. Il ferro fuso veniva estratto alla base del forno. Se si voleva ghisa da getti, il fluido veniva raccolto con un cucchiaio di ferro e portato a braccia in un apposito locale dove c’erano delle forme di sabbia o di legno, in cui veniva colato per realizzare le decorazioni.

Ma gli ostacoli per la realizzazione di tale progetto, cioè di creare un grande polo siderurgico nella Maremma, erano molti tra cui il più insidioso era la malaria che decimava gli operai; a un certo punto, quindi, desistendo dalla sua idea iniziale, il Granduca cedette la fonderia ad una società mista diretta da un imprenditore privato (la cointeressata di Pietro Bastogi) e concesse inoltre del terreno a chiunque si fosse impegnato a costruire una modesta abitazione in muratura, quindi salubre, generalmente costituita da quattro stanze.
Si disegnava così il “villaggetto intorno alla Chiesa” che era allora in costruzione.

Nel maggio del 1838, quando si inaugurò la Chiesa, Follonica era descritta come “una nuova ed estesa borgata”, ma per il boom urbano e demografico si dovrà attendere ancora 50 anni.

L’abitato di Follonica faceva parte della Diocesi di Massa e Populonia ed apparteneva alla Pieve del Castello di Valli. Presso la Casa dell’I. e R. Amministrazione delle Miniere e Magona, vi era un piccolo oratorio dedicato alla SS.ma Concezione, che col tempo era diventato insufficiente, sì da rendere necessaria la costruzione di una chiesa parrocchiale vera e propria, più ampia.

Il 31/8/1831, Giuseppe Mancini, Vescovo di Massa e Populonia sollecitò quindi la fabbricazione di una nuova Chiesa a Follonica, per i pastori, i marinai e gli operai del grande Forno; la richiesta venne approvata dal commissario Regio e accolta dal Granduca Leopoldo che, facendo propria quest’istanza, fece un sopraluogo nella zona per definire il punto adatto alla realizzazione del progetto di Alessandro Manetti.
Le spese sarebbero gravate sulla Cassa dell’Amministrazione delle Miniere e sulla Fonderia.

 

La Chiesa, realizzata in un unico corpo di travertino, è di gusto neoclassico, con pianta a croce latina.

La sua progettazione e realizzazione è frutto della collaborazione tra Alessandro Manetti - formatosi a Parigi - e Carlo Reishammer, suo genero, e portò ad un risultato di eccezionale originalità grazie all’accostamento di materiali e di motivi decorativi diversi ma soprattutto all’utilizzo della ghisa abilmente forgiata in colonne, capitelli, archetti, volute, fantasiose decorazioni floreali o fitomorfe, palmette e cherubini alati che si possono vedere soprattutto all'esterno, nello splendido pronao con eccezionali bassorilievi e sul campanile con originali fregi di ghisa.

Particolare del Progetto

I bei bassorilievi del pronao, realizzati dalo scultore Lorenzo Nencini che rappresentano San Leopoldo
predecessore del Granduca Leopoldo II, che distribuisce pane e vestiti ai poveri

 

Nel 1837 i lavori iniziarono tra fasi alterne di stasi e nell’inverno ‘37/38 furono ultimate le opere che consentirono la consacrazione della chiesa il 10 maggio del 1838, con una solenne cerimonia alla presenza del Granduca e dei suoi familiari, della corte, delle autorità religiose e maestranze delle Regie fonderie.
Si fecero grandi festeggiamenti, coronati da fuochi artificiali e Leopoldo II assegnò 8 doti ad altrettante fanciulle nubili, figlie di operai della fonderia e il tutto si concluse con la benedizione dei navigli che per la prima volta si costruirono sulla spiaggia.
La costruzione non era ancora terminata completamente, ma erano già stati preparati e completati i disegni per le decorazioni del pronao, che al momento della consacrazione era coperto di soli archetti di ghisa e privo di fregi, cornici, ecc.

Ma anche all'interno, la ghisa venne utlizzata ampiamente: per la balaustra del presbiterio, il colonnato intorno all'altare, per i candelabri a sette braccia, in ordine di tre per ogni lato dell'altare, per la base del pulpito, per decorazioni varie e per un'inedita Via Crucis, costituita da formelle in ghisa.

La balaustra, le colonne, l'altare e il catino sopra l'altare sono tutti in ghisa

Interessante la soluzione adottata per il ciborio in marmo eseguito da Lorenzo Nencini, sorretto da due angiolini di spalle e sormontato da un arco.

 

La chiesa si può ritenere conclusa nel 1842.
Di essa, come opera del Granduca Leopoldo, si parlò fino al 1850, poi, essendo le fonderie passate a privati e a causa della crisi della siderurgia toscana, si parlò poco o niente tra un ristretto numero di accademici.
Una guida della Provincia di Grosseto del 1895 la ricordava come “una bella chiesa”.

Solo nel 1970 si ritornò sull’argomento, riconoscendo al Manetti le geniali soluzioni progettuali della costruzione, dopo il ritrovamento dei disegni originali nell’archivio.
Negli anni '80, a causa dell'usura del tempo e dell'aggiunta di elementi esterni, venne compiuto un importante restauro dell'interno della chiesa e dell'esterno del pronao e del campanile, con l'aiuto di tecniche all'avanguardia.
Nel 1991, con decreto del Ministero dei Beni Culturali, la chiesa di San Leopoldo è stata dichiarata "Monumento d'interesse nazionale" ed ogni anno, il 15 di aprile, festa di San Leopoldo, si svolge in Follonica una cerimonia in costume, con corteo e celebrazioni religiose, che rievoca l'inaugurazione della chiesa.

 

Croficisso ligneo del XIX secolo

 

Piccolo altare laterale

 

Candelieri e a sn. un'altra Via Crucis

 

Pulpito

Come già accennato, in una cappella laterale della Chiesa è custodita la Madonna Ilvania, realizzata dai lavoratori della ghisa di Follonica (Fonderie Ilva) che l'hanno designata loro Patrona e Patrona della città.

Accanto all'altare ora si può ammirare anche una bella statua di San Leopoldo realizzata in bronzo dallo scultore Stefano Pierotti  il 5 Maggio 2005.

In alto una delle Stazioni della Via Crucis realizzata sempre in ghisa

Calice in argento regalato
dal Granduca Leopoldo II alla Chiesa

 

 

 

Bibliografia

- https://italian-directory.it/follonica-il-ferro-e-la-citta

- http://www.chiesasanleopoldo.it/wp-content/uploads/2012/02/San-Leopoldo-Settimana-Santa-2012-025.jpg

 

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