Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

COLLABORAZIONI



In questo Settore vengono riportate notizie e immagini fornite da altri redattori. Nello specifico, i testi sono stati realizzati dal giornalista Giuseppe Massari, che ha trasmesso anche le foto, mentre la grafica e la rielaborazione delle immagini è stata curata da Cartantica.

Per ragioni tecniche di spazi, in Home Page il titolo originale dell'opera è stato modificato in "Benedetto XIII, Cardinale, Arcivescovo, Papa".

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VIAGGIO NELLA STORIA TRA LE PIETRE VIVE DELLA MEMORIA

RICERCA  STORICO -  ICONOGRAFICA

A CURA  DI  GIUSEPPE MASSARI

SULL’ORSINI CARDINALE, ARCIVESCOVO, PAPA

 

PRIMA PARTE

 

 

A SUA EMINENZA REVERENDISSIMA

IL SIGNOR CARDINALE

RAYMOND LEO BURKE

PREFETTO DEL SUPREMO TRIBUNALE

DELLA SEGNATURA APOSTOLICA

PRESIDENTE DELLA SUPREMA CORTE

DELLO STATO CITTA’ DEL VATICANO

PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE PER GLI AVVOCATI

PELLEGRINO A SAN NICANDRO GARGANICO (Fg),

IL 2 MAGGIO 2012,

TRE SECOLI DOPO

FRA’ VINCENZO MARIA ORSINI,

PRIMO CARDINALE VISITATORE APOSTOLICO

 

 

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Gravina in Puglia.


Lo stemma cardinalizio dell’Orsini posto sul soffitto della basilica cattedrale per ricordare e immortalare il mecenatismo dell’illustre benefattore. 
(Foto Saverio Paternoster).


Basilica cattedrale Gravina. Questo stemma dell’Orsini si trova sul paliotto centrale dell’altare dedicato alla Sacra Famiglia. A prima vista sembra perfetto, ma se paragonato all’immagine precedente o agli altri stemmi riprodotti in seguito si noterà tutta la sua anomalia in quanto i cordoni laterali sono più o meno di pari numero  a quelli riprodotti in un qualsiasi stemma episcopale. Nel nostro caso o in quello dell’Orsini non potrebbe trattarsi di un qualsiasi stemma episcopale in quanto, lui fu cardinale ed arcivescovo.

Secondo l’araldica corrente e consolidata le insegne di un cardinale oltre ad avere i fiocchi rossi, in numero pari a dieci per lato, ha anche, nella parte interna soprastante la doppia croce. Un errore a cui nessuno ha mai  prestato la dovuta attenzione. Quando si dice il caso. Avere in casa propria qualcosa di difforme, di incompleto, di inesatto, di storicamente disorientativo, da un punto di vista storico, e non aver mai pensato di porre rimedio o riparo, non è cosa di poco conto, soprattutto, per chi , prete per caso, si è inventato di riportare alla ribalta una gloria gravinese, con l’orgoglio e la presunzione di costruirgli o fargli costruire i gradini degli altari eterni .

 

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INTRODUZIONE

 

Dieci anni,  e anche di più, d’ intenso lavoro per riportare, idealmente, nella sua città natale, ciò che ha appartenuto, direttamente o indirettamente all’arcivescovo, cardinale e papa Orsini.
Per far conoscere ai suoi cittadini distratti, superficiali, disaffezionati le bellezze nascoste che in molte parti d’Italia, e non solo, vengono conservate gelosamente. Una sorta di album fotografico attraverso un viaggio che mi ha portato a conoscere realtà note e meno note. Un lavoro costellato da molte difficoltà.
Non solo perché bisognava ricostruire e coprire un arco di circa sessant’anni di storia, quanto anche per il fatto che molte testimonianze, purtroppo, sono andate distrutte, disperse, lasciate ad un destino di insensibilità ed ignavia, ad un destino iconoclasta, ancora più crudele se si pensa alla sacralità degli oggetti, alla sua appartenenza, ai suoi depositari, a chi doveva fungere da custode, cioè gli ecclesiastici, e non ha vigilato, non ha saputo o voluto conservare intatte tutte quelle memorie che andavano preservate.

La cosa è ancor più grave. Nonostante tutto, nonostante gli scettici, che mi hanno scoraggiato, invitandomi a lasciar perdere, tanto erano trascorsi molti anni, a chi poteva interessare uno studio del genere?
Io ho proseguito per la mia strada, nonostante questi insani consigli  mi giungevano, manco a dirlo, da coloro che non volevano scoprire  i loro altarini di vergogna, o i loro scheletri di colpa. Ho tirato dritto sulla mia strada, giungendo ad un traguardo da me insperato, perché, fortunatamente, ho trovato gente disponibile e sensibile che ha aperto molti scrigni di storia, mi ha consegnato documenti, foto, testimonianze, immagini, racconti, aneddoti, libri raccolti in questa ricerca che è diventata storico-iconografica, senza avere la pretesa di riscrivere una nuova biografia orsiniana.
Una esperienza esaltante, piena di gratificazioni, di incoraggiamenti, soprattutto da parte di chi ha scorto la novità e l’originalità di un tal lavoro, perché finora nessuno mai si era occupato o preoccupato o spinto a battere una pista impervia, un campo minato di ricerca storica ardita e temeraria. Ho voluto sfidare me stesso. Non so se ci sono riuscito.
Sono sereno di aver fatto il possibile per recuperare quanti più oggetti a questa causa. Ad altri, certamente, dopo di me, il compito di continuare se vorranno completare quello che manca. Io sono stato animato da una sola convinzione: una ricerca storica non è e non può mai essere esaustiva, per cui, avanti il prossimo a scommettere su di un’impresa che potrà portare alla scoperta di altre novità nascoste, di altri tesori, forse tarlati, di altre testimonianze in attesa di essere riportate alla luce della conoscenza, dell’ammirazione, della giusta e utile fruizione.

                                                                                                                    Giuseppe Massari,
giornalista di professione,
storico per caso, per passione,
e,  forse, per errore

 

 

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PRESENTAZIONE

Ringrazio  l’amico Pinuccio Massari che mi dà l’onore di tenere a battesimo l’opera: “Viaggio nella storia tra le pietre vive della memoria”, una poderosa ricerca storico-iconografica che l’ho ha visto impegnato per oltre dieci anni, tra carte d’archivio, libri di testo storici e recenti, biblioteche e musei, alla scoperta di una vita, possibilmente, inedita dell’Orsini cardinale, arcivescovo, papa col nome di Benedetto XIII.

Non posso negare un certo timore nell’affrontare il compito impegnativo che mi è stato affidato innanzitutto per la mia inadeguatezza a parlare di una figura tanto mirabile e gloriosa della storia umana e ecclesiale, quale quella di Vincenzo Maria Orsini, a noi tutti tanto cara anche se per ragioni diverse: a voi, gente di Gravina, perché con lui condividete i natali, a noi, gente del Sannio, perché a lui dobbiamo gratitudine infinita per essere stato ed a ragione il secondo Fondatore della nostra città di Benevento. Pur sentendo, però, questa responsabilità non posso non manifestare la gratitudine all’amico Pinuccio per avermi ritenuto degno di tale compito.

Viaggio nella storia tra le pietre vive della memoria, di Pinuccio Massari, è certamente, nel panorama della vastissima bibliografia esistente su Benedetto XIII, un’opera che ha forti caratteristiche di originalità e novità, non solo per i contenuti, ma anche e soprattutto, per la scelta metodologica dell’approccio alla figura di Vincenzo Maria Orsini, come pure per l’utilizzo di una modalità di diffusione editoriale non consueta per i più ma certamente moderna. La ricostruzione, attraverso immagini, biografica e bibliografica, alla scoperta di un personaggio ancora oggi amato, studiato, pregato, ha permesso a Massari di far emergere, per il bene nostro e delle future generazioni, una mole di materiale interessante che, passando da Gravina, Manfredonia, Cesena, Benevento, giunge a Roma con il suo trionfale epilogo della elezione al pontificato.
Ma procediamo con ordine. Dividerò in tre parti il mio intervento.

  1. Massari ed il suo Viaggio;

  2. originalità dell’opera in generale e nello specifico della ricerca operata;

  3. novità, ancora oggi, dell’insegnamento e dell’azione di Vincenzo Maria Orsini, poi Benedetto XIII.

L’amicizia tra me e Pinuccio Massari è giovane. Ho ricevuto, come certamente tanti stasera dei presenti qui, una sua telefonata, che è stata l’avvio della nostra conoscenza.

Era l’anno scorso. Avendo avuto notizia dell’impegno di un’associazione culturale della quale io sono presidente nel Beneventano, che si occupa di promozione della cultura religiosa, mi ha fatto il dono di mettermi a conoscenza della sua preziosa opera, che veniva pubblicata sul sito cartaantica,  chiedendomi di farmi promotore, anche con la collaborazione del centro Studi del Sannio di Benevento, di una presentazione dell’opera in città. Ho consultato il sito e, pur non essendo uno storico, non ho potuto non notare la bellezza e la scientificità della ricerca, la ricchezza dei contenuti, e sono rimasto edificato dalla scoperta di tante, tantissime notizie ed avvenimenti a me fino a quel momento sconosciuti sulla vastissima opera pastorale e civile dell’Orsini

. La presentazione beneventana è stata molto partecipata e gli attestati di stima e gratitudine per Massari sono stati numerosi, e tra questi la presenza in quell’occasione dell’Arcivescovo di Benevento e del Ministro Provinciale dei Frati Minori Francescani della provincia Sannito-Irpina. Per quella occasione, pur avendo avuto modo di consultare la immensa produzione giornalistica del Massari reperibile in internet, ho potuto conoscere il suo importante curriculum, che non credo secondario ricordare summa capita per quanti non hanno ancora avuto modo di conoscerlo a fondo. Iscritto all’Ordine dei Giornalisti, nell’Albo dei Pubblicisti, da oltre trent’anni. Redattore di alcuni quotidiani a diffusione regionale: “Puglia”, “Lucania”, di cui è stato responsabile della redazione di Matera, dal 1991 al 1994 ha lavorato presso il quotidiano “ROMA”, edizione Puglia e “Il Quotidiano di Bari”, curando le pagine di politica amministrativa. In questo periodo, contestualmente, collabora a: “La Vetta di Picciano”, bollettino edito dai Padri benedettini olivetani; al mensile “Novus” e a “Nuova Puglia Emigrazione”, bollettino bimensile edito dall’Ufficio Migrazioni della Regione Puglia. Dal 1996 al 1997 fondatore e direttore responsabile della testata giornalistica locale: “il mio Paese”. Nel 2000 ha assunto la direzione del mensile: “Il grillo parlante”, edito a Gravina.

Nel campo editoriale si è cimentato con una ricerca storica data alle stampe: “Il culto mariano, a Gravina, dal 400 ai giorni nostri”, del 1988, in occasione dell’Anno mariano. Ha curato la pubblicazione di un volume di poesie in vernacolo gravinese del poeta Donato Marvulli. Ha dato alle stampe una ricerca storica sulla presenza di tre Congregazioni religiose, dal titolo, “Grazie sorelle”.

Ultima, in ordine di tempo, la fatica editoriale che ha ricostruito la vita e la morte tragica di un carabiniere, “Antonio Bonavita: un carabiniere dimenticato”, morto in seguito alle ferite riportate nel corso degli scontri, avvenuti a Gravina in Puglia, tra forze dell’ordine e cittadini, durante i giorni caldi, di scioperi e proteste, per l’attentato a Palmiro Togliatti, avvenuto a Roma il 14 luglio 1948.


Ma il fulcro di tutta la sua opera di ricerca, studio e produzione scientifica è legata indissolubilmente direi alla vita del Pontefice gravinese, Benedetto XIII dei duchi Orsini di Gravina, che il Massari si è sempre impegnato a presentare in forma originale e non consueta, tanto da fare, in qualche modo, della diffusione dell’opera e dell’insegnamento dell’Orsini, una vocazione personale e che è sbocciata in preziosi contributi scientifici sulla figura del Papa gravinese ma anche in impegnative battaglie perché la memoria dell’Orsini continuasse a vivere degnamente nei territori che tanto hanno beneficato della sua opera.
Non posso non ricordare l’impegno per l’intitolazione all’Orsini di una strada a Roma, come pure dell’Ospedale della Murgia,  la recente richiesta rivolta al nostro Arcivescovo di intitolare all’Orsini vie e piazze dei comuni sanniti, l’impegno per la eliminazione del falso storico del quadro della Minerva e tanti altri interventi significativi per perpetrare e conservare la purezza della memoria orsiniana. Di questo continuo impegno, sempre attento, puntuale e qualificato, l’opera che stasera presentiamo è certamente il punto più alto.

Non è mio compito, me ne guarderei bene, di presentare storicamente la figura dell’Orsini. E’ amplissima la bibliografia in merito. E giustamente questo è un compito dal quale si sottrae anche lo stesso Massari che nella sua opera non presenta semplicemente una storia dell’Orsini ma, come egli stesso, dice nel titolo della sua ricerca, invita il lettore a fare un’esperienza diversa attraversando la vita e l’opera dell’Orsini, l’esperienza di un Viaggio.

 Egli stesso si definisce storico per caso, per passione e, forse, per errore. Certamente, e sono certo che tutti converrete con me, carissimo Pinuccio dalle pagine della tua opera traspare chiaramente la tua grandissima passione per la storia, ma certamente, e per noi cristiani questo è ancora più vero, non è certamente mai un caso tutto quanto ci succede e, quindi, non è un caso che tu abbia iniziato ad interessarti di storia e della figura dell’Orsini, e l’opera odierna lo dimostra ampiamente; come pure, Pinuccio, non posso condividere che tu ti definisca storico per errore, in quanto non si è mai in errore sostanziale quando, come tu hai fatto, ci si dedica anima, mente e corpo, e senza altro interesse che non il generoso servizio alla propria terra, al bene della collettività. Ho cercato nel dizionario il contrario del termine errore.

Se l'errore è l'allontanamento, figurato e non, da un canone, da un percorso considerato pregiudizialmente come giusto, direi che il contrario di errore è REGOLARITA', Conformità alle regole o a un regolamento, legittimità, correttezza, conformità alla norma o "canonicità". E tutto ciò si rinviene ampiamente nella tua opera.
La poderosità dell’opera rende ragionevole anche quanto tu dici nell’introduzione, ovvero che si sia trattato di un lavoro costellato da molte difficoltà e le più gravi quelle degli scettici e dei detrattori che ti hanno scoraggiato, invitandoti a lasciar perdere, tanto erano trascorsi molti anni, a chi poteva interessare uno studio del genere? Grazie Pinuccio per aver tirato dritto per la tua strada e per permettere oggi a tutti noi di poter godere, umanamente e culturalmente, del risultato della tua ricerca, del tuo viaggio.

Un viaggio si. Perché il titolo dell’opera del Massari, non a caso, è Viaggio nella storia tra le pietre vive della memoria. Mi ha da subito colpito questo titolo.

Massari invita chiunque, ha tempo e pazienza, ad accettare il suo invito, a fare un viaggio, nel senso più intimo del termine, cioè a prendersi del tempo per sé per vivere un’emozione intensa, con la disponibilità d’animo di chi è pronto anche ad accettare qualche rischio, anche perché se pure tutto è stato ben programmato, come normalmente facciamo quando ci apprestiamo a vivere un viaggio, non è certo quel che ci potrà capitare, ovvero quali avventure il viaggio stesso potrà riservarci.

Comunque il viaggiatore sa bene che il viaggio permetterà, comunque vada, di fare un’esperienza sempre nuova e comunque di arricchire la sua cultura e il suo animo. Gli permetterà di vivere quindi un’emozione. E questo non è poco come promessa, soprattutto oggi.

L’itinerario di questo viaggio, che è poi anche la metodologia di ricerca del Massari, è pure significativa ed originale: “le pietre vive della memoria”. Già l’ossimoro pietra/viva colpisce grandemente.
Come si può dire che una pietra sia viva? Eppure è ben chiaro quanto ci vuole subito trasmettere il Massari. Ed in queste due parole mi è stato possibile intuire tante cose del Massari e della sua ricerca: ho chiuso gli occhi, ed invito anche voi a farlo, ed ho inteso, quasi come presenti, le grida e le acclamazioni delle popolazioni che nei secoli hanno reso omaggio ed onore alla figura eccezionale dell’Orsini ed hanno a lui voluto tributare, come vescovo, cardinale e poi papa,  onore attraverso l’installazione di lapidi, quadri, statue e tanto tanto altro; ma in quelle due parole ho potuto anche intuire la profonda religiosità del Massari in quanto solo un cattolico, convinto e coerente, per quanto la nostra umana condizione permette, conosce come son pietre vive ad essere a fondamento della Chiesa stessa.
Cristo è la pietra, scartata dai costruttori, che è divenuta testata d’angolo; e su una pietra, Cefa, e sulle pietre, le colonne, che sono gli apostoli, Cristo fonda la sua Chiesa; e non da ultimo ho potuto anche percepire quasi sensibilmente la passione del nostro Massari che, non dandosi mai per vinto, ha voluto che quelle stesse pietre che un tempo hanno celebrato le glorie di un così grande uomo potessero continuare a ricordare ancora, anche a noi, ed a quelli che verranno dopo di noi, quella stessa gloria.
Ed ecco quindi il senso del riferimento alla memoria pure presente nel titolo dell’opera del Massari. In questa ultima parola, anche in consonanza con il luogo che oggi ospita questa presentazione, ove vengono formate le giovani generazioni, colgo un’ulteriore servizio che l’opera di Pinuccio può prestare, la preservazione della memoria. Tener viva la memoria non è un rito formale: è compito essenziale non solo degli storici ma Pinuccio lo affida anche agli educatori. I giovani debbono ricordare. Senza ricordo del passato, delle proprie radici, come costruire un futuro diverso?

Chiarita, almeno nell’interpretazione che mi son permesso di dare io, la cornice nella quale il Massari colloca la sua ricerca, immergiamoci in medias res, in quella che potremmo individuare come l’originalità dell’opera del Massari. 800 e più immagini tra quadri, lapidi, paramenti, opere d’arti di e su Orsini, attraversando praticamente tutta l’Italia ed anche oltre i confini nazionali. Una ricerca per immagini, questo è certamente, nel panorama delle opere finora pubblicate sull’Orsini un dato di originalità assoluta che riesce, a mio giudizio, ad offrire novità alla stessa storia e figura dell’Orsini. Innanzitutto per una ragione direi sociologico-religiosa. Quello delle immagini è certamente un linguaggio moderno, certamente oggi più immediatamente fruibile anche dai giovani, eppure da sempre consueto nell’esperienza ecclesiale.

Gesù parla per immagini perché l'immagine resta dentro. La parabola resta dentro perché produce immagini. Ma a mio giudizio  quello del Massari potrebbe essere approfondito anche come testo di storia dell’arte e quindi come un testo che racconta il rapporto tra bello e vero.

Vorrei infatti proporvi qualche considerazione sull’importanza dell’arte che è, in qualche modo, indirettamente, oggetto della ricerca del Massari, ovvero della bellezza considerata come oggetto di una inclinazione naturale dell’uomo. Vorrei soltanto raccogliere alcune riflessioni classiche e perenni della storia del pensiero, ponendole in evidenza in una prospettiva forse oggi poco consueta, una prospettiva di ordine ontologico e non meramente estetico, ecco quindi la seconda ragione di originalità dell’opera di Pinuccio, una ragione direi onotologica.

Nella trattatistica artistica moderna, dal XIV al XVIII secolo, il periodo in cui visse anche il nostro Orsini, e nel quale si formano buona parte delle opere collazionate dal Massari, era presente una considerazione della bellezza (naturale e artistica) inserita in un contesto originario, naturale, sorgivo, ed i precetti dell’arte derivavano proprio dall’analisi di questo contesto.
Il classico testo a cui occorre fare riferimento per una riflessione sulle inclinazioni naturali dell’uomo è costituito dall’articolo secondo della questione 94, della I-II parte della Summa Theologiae  di Tommaso d’Aquino.  Un testo molto bello che espone magistralmente la complessa gerarchia delle inclinazioni dell’uomo, che in quanto sostanza tende a conservare il proprio essere e in quanto animale tende alla riproduzione, inclinazioni queste che l’uomo condivide con le altre sostanze e con gli altri animali, ma che vive in modo del tutto umano; costituisce un’inclinazione specificatamente ed esclusivamente umana la conoscenza di Dio e la vita in società.

Dallo sviluppo di questi concetti, emerge una compiuta e complessa antropologia, oltre che una adeguata etica autenticamente umana. Questa finalizzazione che anima l’uomo, indica all’uomo stesso quali sono i beni da perseguire e come conseguirli. Questo testo viene esplicitamente ripreso da Giovanni Paolo II nella Veritatis Splendor, che tra i precetti della legge naturale, pone anche un esplicito riferimento alla bellezza: «Per perfezionarsi nel suo ordine specifico, la persona deve compiere il bene ed evitare il male, vegliare alla trasmissione e alla conservazione della vita, affinare e sviluppare le ricchezze del mondo sensibile, coltivare la vita sociale, cercare il vero, praticare il bene, contemplare la bellezza».

La contemplazione della bellezza viene dunque presentata come un precetto della legge morale naturale. Ecco perché l’opera del Massari naturalmente appassiona, proprio perché cattura un’inclinazione naturale dell’uomo. La conoscenza della bellezza, sebbene intrinsecamente legata alla sensorialità, è un fenomeno specificatamente umano, in quanto esige una creatura razionale, capace di riflettere e di comprendere l’ordine delle cose. Ma la bellezza è manifestazione di qualcosa che eccede la sensazione stessa. Se una realtà è bella non è solo bella. Aristotele accenna a una somma bellezza che è nel Principio, al pari del sommo bene: «Coloro che, come i Pitagorici e Speusippo, negano che la somma bellezza ed il sommo bene siano nel Prinicipio, per il fatto che i principi delle piante e degli animali sono, sì, cause, ma la bellezza e la perfezione sono solo in ciò che dai principi deriva, hanno una errata convinzione».

Ed infatti anche le opere collazionate dal Massari non solo ci parlano delle azioni di un grande uomo, e sono belle in sé, ma pure delle grandi cose che in quell’uomo sono state realizzate da Cristo, e quindi sono di fatto un atto contemplativo.
Le azioni possono essere belle, e la bellezza delle azioni morali conferma la dimensione compiuta, misurata, equilibrata, della bellezza. In questi termini la bellezza appare più facilmente comprensibile nei termini controversi di “trascendentale”: rappresenta l’armoniosa compiutezza degli enti, siano naturali o artificiali. In questi termini è l’aspetto visibile della loro verità e bontà: dunque splendore e proporzione.  Si comprende allora come dalla contemplazione della bellezza si esplicita il dovere della conoscenza: non saper cogliere la bellezza significa non cogliere lo splendore spirituale e corporeo, significa non cogliere la compiutezza armonica delle cose, il loro ordine.
Ma, la consapevolezza di questo dovere oggi è quasi assente, e la stessa inclinazione alla bellezza risulta offuscata, indebolita, traviata. Grazie quindi a Massari che ci ricorda con la sua ricerca anche questo. Significative e profetiche restano le parole di von Balthasar a questo proposito: «In un mondo senza bellezza –anche se gli uomini  non riescono a fare a meno di questa parola e l’hanno continuamente sulle labbra, equivocandone il senso-, in un mondo che non ne è forse privo, ma  che non è più in grado di vederla, di fare i conti con essa, anche il bene ha perduto la sua forza di attrazione, l’evidenza del suo dover-esser-adempiuto [… ] In un mondo  che non si crede più capace di affermare il bello, gli argomenti in favore della verità hanno esaurito la loro forza di conclusione logica». Io non toglierò al lettore la curiosità di intraprendere il Viaggio al quale invita il Massari, quindi non svelerò i contenuti della sua ricerca, ma non posso non sottolineare alcune passaggi dell’opera che consentono di cogliere i momenti, poco noti e poco sfruttati dalla storiografia recente e passata, della vita di Orsini.

Pier Francesco nasce il 2 febbraio 1650, solennità della Purificazione della Beata Vergine,  e muore il 21 dello stesso mese del 1730, decise da giovane di abbandonare gli agi familiari e le prerogative legate al suo ruolo dinastico e scelse la vita religiosa, la vita claustrale, vestendo l’abito dei domenicani con il nome di fra Vincenzo Maria. Resistette tenacemente ai divieti ed alle ritrosie della madre che non credeva nella sua vocazione tanto da incarica un papa affinchè ne verificasse la sostanza. La stessa madre gli procacciò la porpora cardinalizia a soli 22 anni.
Fu arcivescovo di Manfredonia nel 1675, di Cesena nel 1680 e di Benevento dal 1686 fino alla morte, poiché anche da papa conservò il governo di quella Chiesa, dove tornò per più di tre mesi nel 1727 e nel 1729. Eletto papa col nome di Benedetto XIII, morì a Roma e fu sepolto nella basilica domenicana di Santa Maria sopra Minerva. Perspicace, dalla memoria fervida, solitario, cordiale, gentile e generoso, ma pure austero e cocciuto, alieno da qualsiasi fasto e alterigia umana, tutto applicato al servizio di Dio.
Alcuni elementi particolarmente insoliti è stato possibile leggere nelle pagine dense e affascinati dell’opera di Massari. Penso, ad esempio, al legame strettissimo che l’Orsini ebbe con vari ordini religiosi. Certamente la sua storia è legata, da vescovo e da papa, alla vicenda dei figli di san Domenico di Guzman. I più degni figli di questa famiglia furono da lui canonizzati, elevò alla porpora il maestro generale dei domenicani ed altri monaci, e pure si dedicò alla restaurazione di importanti chiese domenicane.

Ma, come accennato, e come emerge con chiarezza dalla lettura della ricerca di Massari, la vita di Orsini è legata anche ad altre numerose famiglie religiose. Penso ai padri dell’Oratorio, discendenti di san Filippo Neri, verso il quale ebbe particolare devozione, e per la cui miracolosa intercessione si salvò anche durante il terremoto beneventano del 1688. Istituitì da Pontefice come giorno di precetto la festa del santo e sempre si impegnò per la costruzione e la dedicazione di altari in onore di san Filippo. Pensiamo poi ai gesuiti in quanto Orsini da papa elevò agli onori degli altari san Luigi Gonzaga.
Anche i carmelitani sono legati al nome dell’Orsini perché fu lui a canonizzare San Giovanni della Croce estendendo anche la festa della Madonna del Carmine a tutta la Chiesa. Ordinò presbitero il futuro San Paolo della croce, fondatore dei passionisti.

Approvò da pontefice le costituzione dei Fratelli delle Scuole Cristiane. Indiretti ma pure importanti sono anche gli stretti legami con i benedettini di Montecassino e di Montevergine, per aver, nel 1727, di ritorno da Benevento, riconsacrato l’abbazia di Montecassino e per essere stato, quando era arcivescovo, cardinale protettore della Congregazione Verginiana di Montevergine.
Scorrendo le pagine dell’opera di Massari si scopre poi che, ad esempio, come ancora noi beneventani crediamo, che i monti frumentari non furono una invenzione del tempo dell’episcopato orsiniano nel Sannio quanto una costante anche della sua azione sociale a Manfredonia e Cesena. Si scopre, pure, un rapporto non idilliaco con i cesenati, a differenza di quanto si possa dire di quello tra Orsini e la sua Benevento.
Si vedono infatti dei documenti che raccontano di un gelido rancore di Orsini verso Cesena che fu privata per intervento diretto dell’Orsini, divenuto Papa, di molte antiche prerogative.
Si legge nel documento rinvenuto dal Massari: “Durante il suo soggiorno tra noi – ci si riferisce all’episcopato cesenate di Orsini – furono infinite le noie che procurò al Municipio. Sia sostenendo all’estremo le più esorbitanti pretese del clero in materia di immunità e di esenzione dai tributi, sia cercando di devolvere a favore del clero medesimo lasciti di beneficenza”.
Insofferenza che perdura a lungo fino alla morte del Papa. Si legge ancora: “Appena morto Benedetto XIII i cesenati mandando un gran respiro di sollievo, si affrettarono a far pratiche per essere ristorati di tutti i danni patiti da parte di lui. Nella loro impazienza non sapevano nemmeno attendere la nomina del successore, e desideravano che i cardinali provvedessero subito. Ma questi non vollero.

Col nuovo papa tanto i cesenati quanto il loro interprete e difensore mons. Braschi si trovarono subito a loro agio. Il nuovo pontefice provvide a rimuovere la famosa bolla del suo predecessore, Inter multiplices, con la quale si concedevano privilegi al clero a discapito della municipalità.
I cittadini di Cesena e gli amministratori, grati al nuovo papa, ancora vivente, gli innalzarono un busto marmoreo nella grande aula municipale”. Si ritrova nelle pagine di Massari l’Orsini attento a raddrizzare il clero sbadato, corrotto e ignorante; vigile sul rischio di uno scisma giansenista e durante il suo pontificato indisse il Giubileo del 1725, convocò il Concilio romano nella basilica lateranense; accorto nel dare la doverosa devozione verso le sacre liturgie, non foss’altro per la solennità delle vesti che egli indossò, donò e fece confezionare; solerte nel ricostruire archivi diocesani e parrocchiali; sensibile mecenate di artisti; costruttore e ricostruttore, inaugurò la celebre scalinata di Trinità dei Monti a piazza di Spagna, eresse l’ospedale dermatologico San Gallicano, fece costruire il nuovo ospedale di Santa Maria della  Pietà per trasferirvi i «pazzerelli» e migliorò il regime carcerario; viaggiatore di speranza; instancabile predicatore e catechista; innovatore dei costumi e delle regole della vita religiosa; semplice ed umile, pur se Pontefice della Chiesa universale; esempio per tutti tanto che la sua stessa madre, dopo aver osteggiato la vocazione del figlio, si fece monaca dopo la morte del marito, come pure le sue quattro sorelle; buono fino ad apparire ingenuo difronte alla furbizia di alcuni suoi collaboratori che, ingiustamente, guadagnarono a noi beneventani anche il titolo di furbi e colpevoli ed a Benedetto XIII, che sempre si mantenne libero da colpe, non poche grane in vita e in morte ; padre di tutti ma soprattutto padre dei poveri.

Nel suo stemma episcopale, come fa notare Massari, non si legge nessun motto, ma dice sempre Massari, sintesi di un suo possibile programma pastorale, ovvero il suo motto non scritto fu: “Pauperibus misit me”, mi mandò fra i poveri.

Ebbene, quanto ha ancora da dire oggi la figura, la storia e l’azione di Orsini?
Lo ha ben compreso e, speriamo, arrivando all’agognato traguardo degli onori degli altari, la stessa Chiesa che, lo scorso anno, ha riavviato solennemente il processo diocesano di beatificazione e canonizzazione di Benedetto XIII.
Non possiamo dimenticare che il primo processo avviato a Tortona nel 1751, conclusosi con un nulla di fatto, perché viziato nelle forme e nelle procedure, come pure il secondo tentativo nel 1931, con molto entusiasmo da parte dell’allora pontefice Pio XII, il quale dovette accettare con amarezza il verdetto del tribunale che sospese le udienze per la forte influenza negativa esercitata dal cardinale Coscia sull’Orsini.
Adesso siamo alla terza e decisiva prova, con il campo orami sgombro da inutili fumi che possano nuovamente accecare la chiara fama di santità dell’Orsini, le cui virtù eroiche traspaiono chiaramente nella sua vita e nelle sue opere.
Ed allora, avviandomi alla conclusione, di questo mio intervento, anche per il momento storico difficile, che la Chiesa Universale sta attraversando, nel mentre preghiamo per il Conclave che tra qualche giorno si riunirà per eleggere il nuovo Vescovo di Roma e, pertanto, il nuovo Pontefice della Chiesa Universale, penso, anzi sono certo, che la figura di Orsini, ha anche, per questo nostro tempo, molto da dire e da insegnare e molti dei suoi atteggiamenti, molte delle sue parole, devono risuonare come monito e guida per noi, per la Chiesa, e per tutti gli uomini di buona volontà:

  1. Imparando da Orsini, innanzitutto la carità. Nella lettera di commiato al clero ed al popolo della diocesi di Manfredonia scrisse: “Quando tal’hora habbiamo praticato la correzione di giustizia è stato in odio del vizio, e non de’ viziosi”. Parole che proclamate quasi tre secoli dopo da Giovanni XXIII nella Pacem in terris – che distingue tra errore ed errante e fatte proprie dal Concilio Vaticano II nella Guadium et Spes al n. 28 – hanno avuto bel altra eco e considerazione.

  2. Apprendendo da Orsini il senso di giustizia. Memorabili restano le severe condanne dell’usura, unitamente all’erezione dei monti frumentari, che, in qualche modo hanno segnato anche la economia europea, prima del nostro recente tradimento,  come ricordava Jacques Le Goff affermando: “si può ritenere che sia questa la ragione per cui ancor oggi in Europa esiste un capitalismo diverso da quello americano, dal momento che tiene conto di preoccupazioni di ordine etico e morale”.

  3. Imitando la sua solerzia pastorale che è fatta non di ricerca del potere ma di attenzione instancabile ai fedeli. Scrive come vescovo di Cesena nel 1684: “Spezzo il pane ai piccoli, catechizzando il popolo e amministrando indefessamente i sacramenti con le mie mani di giorno e volte anche di notte. Io stesso conferisco il battesimo nei due sabati prima di Pasqua e prima di Pentecoste”. Ed ancora: “Vado ad amministrare il sacramento della confermazione anche agli ammalati che giacciono a letto. Avvicino con affetto il mio popolo nelle proprie parrocchie, per nulla stanco del percorso, seppur di montagna”. Solerzia che ha ampiamente manifestato attraverso le sue innumerevoli visite dell’importanza delle quali diceva: “Se dal corpo si toglie l’anima, egli subito diviene un puzzolente cadavero. Il governo Pastorale non animato dalle Visite subito incadaverisce”. Riflettiamo su questo dato. Nel suo governo pastorale Orsini amministrò 423 battesimi; 94.964 cresime; ordinò 2380 sacerdoti; 137 vescovi; consacrò 378 chiese; 1615 altari fissi e 630 portatili; benedisse 92 cimiteri; 656 campane.

  4. Ed oltre al governo pastorale Orsini offre anche preziosi suggerimenti per i governatori civili ed in particolare, a quanti sono attratti dal malsano gioco di moltiplicare le leggi a scapito della comprensione delle stesse ed afferma: “Il moltiplicar le leggi non serve se non a multiplicar le trasgressioni delle medesime, con quanta agevolezza si promulgano le leggi, con altrettanta malagevolezza le medesime sono osservate. Quindi più savio consiglio si è il ricalcar la osservanza delle leggi già statuite, che il divulgar nuove leggi”.

  5. Come non pensare alla sua fermezza rispetto alla necessaria integrità dei costumi innanzitutto nella Chiesa. Per dirla con le parole di Orsini – che nello stemma vescovile aveva aggiunto a quello dinastico l’emblema domenicano raffigurato da un cane con la fiaccola in bocca – un Domini canis e per di più Pastore del gregge che non potesse abbaiare era inconcepibile. E ciò per la decenza delle chiese che mai avrebbero dovuto somigliare a tugiri, e per la decenza degli stessi sacerdoti, ai quali una volta addirittura raccomandano di non confondere l’unzione sul capo con quella stomachevole delle pagine dei Breviari, sfogliati con mani sudice. Così raccomandava al clero la decenza esteriore delle vesti e l’onestà dei costumi tanto da richiedere che i chierici insieme alla Bibbia ed ad altri libri di studio avessero anche il Galateo.

  6. E poi l’esortazione che è sprone anche per ognuno di noi a combattere la madre di tutti gli errori, l’ignoranza. Egli condannò i sacerdoti ciucci e presuntuosi e spesso rinviò sacerdoti già ordinati e già parroci ad apprendere i fondamenti della grammatica latina. Ma anche l’ignoranza popolare la combatté aspramente, ignoranza che era spesso causa di superstizioni. Era il caso della prova del matrimonio con il barbarico costume della distesa del lenzuolo di nozze; ovvero dell’accesso delle donne dopo il parto in chiesa o altre credenze antifemministe; ma anche del macabro costume di seppellire i sacerdoti dopo averli, da morti, messi seduti sull’altare disponendo una specie di mensa eucaristica.

Sono quindi diversi e, come ho cercato di dire, numerosi i motivi per essere grati a Massari di questa opera, soprattutto quello più semplice e più immediato di averci permesso, ancora stasera, di ricordare e riflettere sull’opera umana e pastorale dell’uomo, sacerdote, vescovo, cardinale e papa Vincenzo Maria Orsini, rammentandoci che sempre la Santa Chiesa, perennemente assistita dallo Spirito, ha donato modelli mirabili.

Nella speranza di vedere spesso innalzato agli onori degli altari Benedetto XIII, nel mentre il nostro pensiero necessariamente corre ad un altro Benedetto, Benedetto XVI, e, di conseguenza, al periodo particolare che per più versi la Chiesa di oggi vive, conserviamo integro il patrimonio che Orsini, duca per nascita, frate per vocazione, cardinale per volere materno e papa suo malgrado ed a nostro vantaggio, ci ha consegnato, impegniamoci ad assomigliargli un po’ di più, facendolo divenire compagno di viaggio e guida nel nostro personale cammino di santità. Ripeto qui la bella espressione di Guardini, utilizzata anche da Benedetto XVI, oggi pontefice emerito della Chiesa, nell’ultimo incontro ai cardinali il 28 febbraio scorso: "La Chiesa si risvegli nelle anime".
In ognuna delle nostre anime. Sia questo uno stimolo, un  incoraggiamento, un impegno, finalmente serio, per ognuno di noi.

PAOLO PALUMBO
Docente Istituto Superiore  Scienze Religiose – Benevento -

 

 

 

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Stemma della città di Gravina in Puglia

 

 

Firma autografa del Cardinale Vincenzo Maria Orsini

 

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LE ORIGINI, LA DINASTIA, LA DISCENDENZA

 


Riproduzione di una stampa dell’Albero genealogico della Famiglia Orsini
conservata nell'Archivio del Principe Lelio Orsini

 

I genitori di Pierfrancesco: papà Ferdinando Orsini e mamma Giovanna Frangipane della Tolfa, fattasi suora, alla morte del marito, col nome di Suor Maria Battista dello Spirito Santo.     

 

Antonio Nicola Tura o Di Tura, solofrano, insegnante di dialettica e, presumibilmente di giurisprudenza, educatore  del giovanissimo Orsini, nonché segretario fidatissimo del casato. Nel 1673, per interessamento del cardinale Orsini, fu eletto vescovo di Sarno.
All’Orsini dedicò una raccolta di poesie dal titolo molto significativamente ed ironicamente: Aborti poetici .

 

Concattedrale di San Michele Arcangelo in Episcopio di Sarno.
Acquasantiera
in cui si possono vedere a sinistra lo stemma del cardinale Frà Vincenzo Maria Orsini e sul lato sinistro quello del vescovo De Tura o Tura, a conferma del forte legame che univa i due.

 

 

IL PRESAGIO

 

 

Gravina in Puglia (BA) Monastero di Santa Maria delle Domenicane. Pianeta utilizzata dal Cardinale fra' Vincenzo Maria Orsini per celebrare la prima messa nella sua città natale.
Il paramento fu cucito dalla madre Duchessa Giovanna Frangipane della Tolfa, utilizzando parti del suo abito da sposa, quando il futuro monaco, cardinale e papa era ancora nel suo grembo.

 

 


HAS SACRAS AEDES
QUAS OLIM
SS.MUS VIR DOMINICUS PRAED.RUM ORD. PARENS,
AC SPLENDIDISSIMA EIUSDEM ORD. LUMINA
RAYMUNDUS DE PENNAFORT, THOMAS DE AQUINO,
HYACINTHUS, ET CESLAUS ODROANTII FRATRES,
PIUS V PONTIFEX OPTIMUS MAXIMUS,
ALIIQUE QUAM PLURIMI
MANSIONE, ET EXEMPLIS
CLARIORES REDDIDERUNT,
CLEMENS IX ANNUO SACRARÛ EXERCITATIONÛ SECESSU,
ET
BENEDICTUS XIII PIENTISSIMO RELIGIONIS TYROCINIO,
AC SOLEMNI SUB DIE XIII FEBR. ANNO MDCLXIX
EMISSA PROFESSIONE
NOVO SPLENDORE CUMULARUNT
PRIOR, ET FRATRES
UT TANUM LOCI HUIUS DECUS POSTERIS TRANSMITTERENT
INDICEM LAPIDM POSUERE
AN. MDCCXXVI
KAL. MATII


Questa incisione marmorea si trova a Roma, presso il convento domenicano di Santa Sabina, attuale sede della Curia Generalizia.
Ricorda, tra l’altro, il noviziato svolto presso questa comunità da colui che emise la professione religiosa il 13 febbraio 1669 e che sarebbe divenuto pontefice con il nome di Benedetto XIII. Infatti, e non a caso, questa iscrizione fu posta il 1° marzo 1726 a due anni circa dall’elezione dell’Orsini alla dignità papale.

 

 

L’importante e raro disegno, databile al 1720 circa, a matita su carta filigranata in ottimo stato conservativo, integro, senza danni, non restaurato,  raffigurante il papa Benedetto XIII,  in abito domenicano. L’opera è da attribuire al famoso ritrattista della corte papale, Francesco Ferdinandi o Fernandi detto anche l’Imperiali (Milano 1679 – Roma 1740).

 

 

Questa scultura si trova presso il Museo domenicano  di Santa Sabina.
La prima riproduzione è la statua per intero, così come la si vede dove è collocata. Nella sequenza, invece, vi è la riproduzione dell’immagine volutamente  suddivisa in due parti, per mettere in evidenza il l volto e l’iscrizione riportata sulla stola: BENED. XIII.

 
 

Roma Basilica di San Sisto all’Appia.

Di questa chiesa, frà Vincenzo Maria Orsini, ebbe il titolo cardinalizio e spesse  volte vi aveva soggiornato in un modesto appartamento appositamente costruito. Di questo non se ne dimenticò da Pontefice. Infatti, nel 1727, cercò di ridargli vigore restaurandolo, consolidandolo e rinforzandolo dalle fondamenta, poiché cadente, affidando i lavori al suo architetto di fiducia, Filippo Raguzzini. Vennero trasformate la facciata principale e quella laterale, modificati il campanile e la scala, il soffitto, il tetto, gli altari, il presbiterio, il coro e la sagrestia. Inoltre, furono aggiunti due altari laterali. Di più, fece tornare l’acqua che i canonici del Laterano avevano tolta, aggiungendo un’altra oncia alla quantità primitiva.

 

Il Maestro Generale dell’Ordine dei Predicatori, padre Giovanni Tommaso De Rocaberti, che obbligò l’Orsini, per obbedienza, ad accettare la porpora cardinalizia voluta da papa Clemente X.

 
 

Sigillo in cera lacca, del cardinale Orsini, rinvenuto nella chiesa di santa Sofia, per l’ autenticazione delle numerose reliquie che riconobbe, soprattutto, a Gravina, durante la Visita Apostolica del 1714.

(Foto Giuseppe Olivieri).

 

 

A CAPO DELLA CHIESA SIPONTINA

 

Ritratto del cardinale Orsini  conservato presso  la Biblioteca del Seminario Arcivescovile di Manfredonia

 

Questo stemma è situato all’interno dell’attuale Seminario Arcivescovile. Sulla facciata verso ovest,della cattedrale,  dirimpetto al campanile, si può leggere la seguente iscrizione:

 

A BENEDETTO XIII
CARD. ARCIVESCOVO SIPONTINO
AUTORITA' E POPOLO
NEL SECONDO CENTENARIO DELLA MORTE
1730 – 1930

 

All’interno del duomo, esattamente nella sagrestia, si conservano due lapidi, dettate dall’Orsini, al termine di alcuni lavori di restauro e i cui testi in latino si possono leggere, nella versione italiana, nel modo di seguito riportati:

 

D.O.M.
QUESTA BASILICA METROPOLITANA
IN ONORE DI S. LORENZO VESCOVO SIPONTINO
DA CARLO D'ANGIO' UN TEMPO ERETTA
NELL'ANNO 1620 DAI TURCHI RASA AL SUOLO
NELL'ANNO 1640 A CURA DEL POPOLO DEVOTO RICOSTRUITA
NELL'ANNO 1644 DA ANTONIO MARULLO ARCIVESCOVO
SUO PREDECESSORE BEN A RAGIONE CONSACRATA
IN ULTIMO CADENTE PER L'INGIURIA DEL TEMPO
RESTAURO'
LE PORTE IL TETTO IL PAVIMENTO TUTTI GLI ALTARI L'ORGANO
E LE CATTEDRE ARCIVESCOVILI L'UNA NEL CORO E L'ALTRA SUL PULPITO RIFECE
LE PARTI ESTERNE RICOSTRUI' DALLE FONDAMENTA ALLE PARETI DIEDE UN ASPETTO PIU'
DECOROSO L'INTERNO ABBELLI'
AGGIUNGENDO ORNAMENTI INTORNO AI QUADRI E ALLE SCULTURE
A PROPRIE SPESE INSOMMA
(A SOLLIEVO QUESTA VOLTA DEL POPOLO CON LE CUI OFFERTE
SOLTANTO IL BATTISTERO E IL PULPITO FURONO COSTRUITI)
TUTTA LA CHIESA ROVINATA DALL'INGIURIA DEL TEMPO
RIPORTO' A PIU' VIVO SPLENDORE
IL 14 MARZO DELL'ANNO 1677 CON RITO SOLENNE
CONSACRO'
E STABILI' IL 27 MAGGIO COME GIORNO ANNIVERSARIO DA CELEBRARSI OGNI ANNO
FR. VINCENZO M. a ROMANO ORSINI O.P.
CARDINALE RRESBITERO S.R.E. COL TITOLO DI S. SISTO ARCIVESCOVO SIPONTINO
NELL'ANNO 1677 III DEL SUO ARCIVESCOVADO

 

D.O.M.
CONDOTTA AL TERMINE QUESTA CHIESA METROPOLITANA
AFFINCHE' A SI' GRAN CORPO NON MANCASSE UN'ANIMA
OLTRE AGLI ALTRI TRE LOCALI DESTINATI A SERVIZI VARI
AGGIUNSE UNA SACRESTIA
SECONDO UN DISEGNO PIU' AMPIO E DECOROSO
E POICHE' IN QUANTO A SUPPELLETTILI
ERA RIDOTTA AD UN INDECOROSO STATO DI ABBANDONO
MENTRE SI RISERVA DI ALCUNE LACERE E CONSUNTE
E A NESSUN USO ADATTE
PER ALLEVIARE TANTA MISERIA E PROVVEDERE A TANTA NECESSITA'
DI TUTTI I PARAMENTI
SECONDO I PRESCRITTI COLORI DEI TEMPI LITURGICI
PER COMPIERE I SACRI RITI
SIA NELLE MESSE CHE IN ALTRE FUNZIONI
O PONTIFICALI O SOLENNI O PRIVATE
NONCHE' ADATTE A CIASCUN ALTARE
LA STESSA CHIESA A MO' DI SPOSA DILETTA
ORNO' ABBELLI' ARRICCHI'
FR. VINCENZO M. a ROMANO ORSINI O.P.
CARDINALE PRESBITERO S.R.E. COL TITOLO DI S. SISTO
ARCIVESCOVO SI PONTINO
NELL'ANNO 1677 III DEL SUO ARCIVESCOVADO.

 

IL CAMPANILE

Una lastra di pietra calcarea, al sommo della porta, reca un'epigrafe in latino  che, volta in italiano, suona così:


D.O.M.
ALLA SUA BEN ADORNA SPOSA
AFFINCHE' NON MANCASSE LO SPIRITO AL BEL CORPO
AFFINCHE' LA VOCE RISUONASSE ALLE SUE ORECCHIE
QUESTA TORRE FORNITA DI CINQUE SACRE CAMPANE
IN ONORE DI S. CARLO BORROMEO MODELLO DEI PRESULI PORPORATI
DALLE FONDAMENTA DONO'
FRATE VINCENZO MARIA ORSINI ROMANO
DELL'ORDINE DEI PREDICATORI
CARDINALE PRESBITERIO DI SANTA ROMANA CHIESA
COL TITOLO DI S. SISTO
ARCIVESCOVO SIPONTINO
NELL'ANNO 1677 - ANNO III DEL SUO ARCIVESCOVADO

 

Nell’anno del Giubileo 1675 il 23 giugno, terza domenica dopo la Pentecoste, Vincenzo Maria Orsini : “Archiepiscopus Sipontinus” consacrò, con “solemni ritu” la chiesa e “l’Altare Maius” dedicandoli alla Madre di Dio “Sancta Mariae Maioris de Siponto” e deponendo sotto l’altare le reliquie di due Santi Martiri: Casario e Benvenuto, ed elargendo in quell’occasione, ai fedeli visitanti la chiesa per venerare la Vergine di Siponto “centum dies de vera indulgentia in forma ecclesiae consueta”. L’epigrafe, come è visibile, è sormontata dallo stemma episcopale dell’Orsini.

 

Il vecchio Seminario, eretto da Vincenzo Maria Orsini Arcivescovo Cardinale di Manfredonia, nella prima metà del 1700

L’Ex Ospedale Orsini di Manfredonia

Lapide all'interno dell'atrio dell’ex Ospedale Orsini e sua traduzione in italiano


D.O.M.
XENODOCHIUM NOVUM
ANTIQUO IN SEMINARIUM REFORMATO
EX DOMO SANCTAE MARIAE CARMELI
NOVIS AERE PROPRIO ADIUNCTIS AEDIBUS
HIC INSTITUIT, CONSTITUIT,
INTEGRA REMANENTE SUBIECTIONE ARCHIEPISCOPIS PRO
TEMPORE
FR. VINCENTIUS MARIA ROMANUS
ORDINIS PRAEDICATORUM TITULI SANCTI XYSTI S.R.E. PRES.
CARDINALIS URSINUS
ARCHIEPISCOPUS
ANN. MDCLXXIX PONTIFICATUS SIPONTINI AN. V

 

D.O.M.
L'Arcivescovo Maria Orsini
Cardinale romano e presbitero
Della Santa Romana Chiesa
Del titolo di San Sisto dell'ordine
Dei predicatori in questo luogo
Innalzò e costituì
Il nuovo Ospizio, trasformato il vecchio in Seminario
Al posto della Sede di Santa Maria del Carmelo
Con l'aggiunta a spese proprie di nuove sale
Sempre sotto la giurisdizione dell'Arcivescovo pro tempore.
Anno 1679 V del suo Arcivescovado

 

 

Portale d’ingresso, sormontato da una effige in latino, della Scuola Media intitolata a Vincenzo Maria Orsini.
La struttura aveva precedentemente  ospitato il vecchio Ospedale. L’Arcivescovo ne fece costruire un nuovo e qui vi trasferì il Seminario vescovile. (Foto Paolo Caroleo).

 

In italiano  si legge così:

Venite figli, ascoltatemi. Lo Xenodochio dell’anno 1578, avendo raggiunto i cento anni, ormai era di già invecchiato. All’infuori di se stesso non ospitava nessun altro.
Quando ormai stava per morire del tutto, grazie al medicamento della sollecitudine del suo Pastore ha ripreso a vivere, perché è stato trasformato in Seminario. Ha cambiato nome, e non già la sua funzione.
Creato per tenere lontano dalla Diocesi la peste dell’ignoranza, arricchito dei redditi annui dei luoghi pii, ampliato con diversi altri ambienti, e da ultimo soddisfatto in tutte le sue necessità, (questo Seminario) fa presagire una durata perenne.
Così ci si è cautelati dai malesseri spirituali e per di più dai malesseri fisici, essendo stato costruito non molto lontano un nuovo ospedale proprio per questi.
Di un’opera così eccezionale in tutti i suoi titoli a proprie spese è stato autore Fr. Vincenzo Maria Romano Orsino dell’Ordine dei Predicatori , per benevolenza della  divinità Cardinale Presbitero della Santa Romana Chiesa con la titolarità di San Sisto, Arcivescovo Sipontino. Nell’anno del Signore 1678, nel IV  anno della sua attività arcivescovile.

 

Epigrafe incisa su una lapide posta nella parte superiore della porta d’ingresso della Cappella delle reliquie, dopo la scala di accesso al Coro seicentesco e prima dell’altare del Santissimo nella Chiesa di San Michele del Gargano e dettata dallo stesso Pontefice.


Ecco il testo tradotto in italiano:


“A questa chiesa la salute eterna è derivata da Dio, dal quale sorto il gran sacerdote Michele Arcangelo la stessa dimora che ha edificato anche ha dedicato alla Santissima Trinità. O Signore, hai benedetto la tua terra, quindi hai assolto ai peccati del tuo popolo. L’Arcangelo inoltre ha santificatola sua dimora, cioè l’altare innalzato in onore del suo mirabile nome. Perché in questa celeste Basilica non rimanesse alcunché non santificato Fra Vincenzo Maria Orsini Romano dell’ordine dei Predicatori per divina pietà cardinale prete di Santa Romana Chiesa, dal titolo di S. Sisto, arcivescovo sipontino, consacrava in modo solenne, tutti nella stessa giornata del 28 ottobre 1678 i rimanenti sei altari in precedenza restaurati, e cioè del Santissimo Corpo di Cristo, di S. Pietro, del Santissimo Crocifisso, della Santissima Vergine, di S. Mattia e di S. Francesco, e il giorno seguente quello di Santa Croce. Così chi nei quattro anni del suo arcivescovato ha consacrato ventisei chiese e diciotto altari, in aggiunta ai sette appena qui menzionati, ha offerto, ha sottoposto ogni azione del suo ministero al Protettore del mondo e a quello particolare di sé e della propria diocesi”.

 

Lapide nella chiesa di Santa Chiara a ricordo della consacrazione avvenuta il 7 gennaio 1680 per mano del cardinale arcivescovo Fra Vincenzo Maria Orsini, il quale, secondo le forme previste dalla Chiesa, concesse cento giorni di indulgenza nell’anniversario della consacrazione da celebrarsi il 31 agosto.

 

Lapide posta sul retro della cattedrale.
Il testo, poco leggibile, è il seguente: "A Benedetto XIII Cardinale Arcivescovo Sipontino Autorità e Popolo nel Bicentenario della morte. 1730 – 1930."

 

Mattinata (FG), Chiesa Abbaziale Santa Maria della Luce.
Questo tempio fu visitato due volte dal cardinale arcivescovo sipontino frà Vincenzo Maria Orsini:il 4 novembre 1675 e il 9 ottobre 1677. Per la seconda occasione fu incisa questa lapide marmorea in cui viene ricordato che, egli, ispezionò e benedisse la chiesa; lodò il benefattore Scipione Giordano e pose, per la prima volta, il problema della istituzione della parrocchia.


(A Dio Ottimo Massimo)

– O Viatore, questa Chiesa,  che tu veneri come sacra,
nota sotto il nome della diva Maria della Luce,
decorata di opere pittoriche e scultoree,
nonché l’attigua casa dall’aspetto di torre,
eretta per  comodità rurale di coloro che vi dimorano,
non una, ma più volte rovinate da incendio ostile dei Turchi,
Scipione Giordani, benefattore di Monte Sant’Angelo,
a proprie spese e con animo devoto quasi dalle fondamenta riparando,
sulla terra di molti riempì le rovine:
i cui ardenti desideri benignamente assecondando
l’eminentissimo F. Vincenzo Maria Orsini
dell’ordine dei Predicatori Cardinale Prete di S. Romana Chiesa
del titolo di S. Sisto Arcivescovo Sipontino
con solenne rito benedisse il Cimitero e,
celebrata la Messa, la campana, nel giorno di sabato il 9 ottobre 1677.
Da ora in avanti, o viatore, mentre ti ha dato
la possibilità e comodità di venerare di nuovo questo luogo sacro,
ricordati di pregare qui per lui).


Traduzione della lapide di don Salvatore Prencipe, tratta dal suo testo:
Mattinata e la nuova Matinum.

 

 

Mattinata (FG), interno della chiesa Santa Maria della Luce e  targa toponomastica dedicata al nostro papa e loro benefattore.

 

La Chiesa di San Leonardo Abate è la chiesa matrice di San Giovanni Rotondo.

Della sua genesi Medioevale restano ben poche tracce dal momento che nella seconda metà del Seicento l'arcivescovo di Manfredonia Vincenzo Maria Orsini, futuro Papa Benedetto XIII, ne decise l'abbattimento e invitò il popolo sangiovannese a riedificare la chiesa a proprie spese, cessando di praticare usi e costumi superstiziosi.
Il popolo sangiovannese ignora l'interdetto e l'arcivescovo scomunica tutti. In questo frangente si sviluppa un morbo misterioso che attacca i sangiovannesi e provoca circa 500 vittime su una popolazione di 2690 persone. La popolazione pensa subito ad un castigo di Dio, e l'Arcivescovo monsignor Maria Orsini, decide di revocare la scomunica. Il 26 ottobre 1678 viene posta la prima pietra della nuova chiesa di San Leonardo.

 

La lapide ricorda la consacrazione della Chiesa di Santa Lucia di Peschici (FG), ad opera del cardinale Frà Vincenzo Maria Orsini.

 

Ischitella (FG) Chiesa di S. Maria Maggiore.
Nel 1675 fu riconsacrata dal card. Vincenzo Maria Orsini con il fonte battesimale e otto altari.

 

Monte Sant’Angelo (FG), città compresa nella Diocesi di Manfredonia – Vieste.
Una strada intitolata al presule e papa gravinese.

 

Gravina in Puglia (BA). Chiesa Santa Maria del Suffragio, altrimenti chiamata del Purgatorio.

Dal Diario di Manfredonia dell’Orsini: “Settembre. A’ 29 in domenica festino di S. Michele Arcangelo de licenza Reverendissimi Episcopi consegrai  solennissimo l’altare maggiore della Chiesa del Purgatorio fondata da mia Madre, e vi inclusi le reliquie dei SS. Martiri. Dopo la consacrazione celebrai il Pontificale”.

Gravina in Puglia. La ducale chiesa del Purgatorio, anzi, detta  di Santa Maria del Suffragio.

Il prezioso altare maggiore,  di marmo e madreperle, consacrato dall’arcivescovo cardinale Orsini il 29 settembre del 1675, in una delle frequenti visite alla sua città natale. Ai lati si possono scorgere le riproduzioni delle insegne del suo nobile casato. Sullo sfondo la maestosa tela di Francesco Guarini: Santa Maria del Suffragio.

 

VESCOVO A CESENA


Stemma dell’Arcivescovo Cardinale Orsini, riprodotto in uno dei registri di Battesimo.

Olio su tela, di autore sconosciuto, conservato presso l’Aula Capitolare dell’Episcopio di Cesena.

Questo stemma orsiniano, su foglio di cartoncino, disegnato e dipinto, come altri dello stesso periodo, con ogni probabilità, fu trafugato dall’archivio vescovile cesenate e rinvenuto nella collezione privata di Pier Giovanni Baldoni, stando a quanto hanno scritto Edoardo Turci e Giulio Zamagni ne: I Vescovi di Cesena e i loro stemmi

Questo olio su tela di Benedetto XIII, di autore sconosciuto,  appartiene alla Galleria dei ritratti vescovili  ripresa, come appendice, nel testo di Turci e Zamagni: I vescovi di Cesena e i loro stemmi. E’ situato in alcune sale dell’ Episcopio.

Lo stemma dell’Orsini è riprodotto nella parte soprastante il quadro della Madonna del Rosario, rinvenuto nel corso dei lavori di recente  ristrutturazione effettuati presso l’Episcopio di Cesena, in una parete dell’ex sala gialla.
L’opera pittorica è di Andrea Mainardi, all’epoca, artista stimato dal presule gravinese.

Questa epigrafe orsiniana è, attualmente affissa nel lapidario esterno della cattedrale, ed è dedicata al cardinale cesenate Francesco Albizzi

L’Arcivescovo Cardinale Orsini mise mano ad una radicale ristrutturazione dell’episcopio, che dotò anche di una cappella. Questi lavori sono menzionati in una epigrafe ora custodita nell’ingresso interno del vescovado, a fianco dello scalone

Un’altra testimonianza epigrafica dell’Orsini è contenuta nella vasca battesimale collocata nella cappella da lui voluta come battistero, costruita sul lato sinistro esterno della cattedrale.


"Frater Vincentius Maria Ursnus Romanus Ord(inis) Praed(icatorum) S(anctae) R(omanae) E(cclesiae) Presb(iter) Card(inalis) S(ancti) Xysti Archiepiscopus Sipontinus S(anctae) Caesen(atensis) Eccl(esiae) Pontifex Ravinae An(no) D(omi)ni MDCLXXXII Exculptum"

L’epigrafe è posta all’interno della cattedrale a conclusione dei radicali restauri voluti da mons. Gianfranceschi. Essa sintetizza le vicende dell’edificio, attraverso la ricostruzione storica di altri vescovi e papi che hanno avuto sorte nella Chiesa cesenate, tra i quali anche il nostro.

Questa incisione lapidaria è situata  lungo lo scalone d’accesso all’Episcopio. Essa ricorda i quadriennali lavori di ristrutturazione e sistemazione della casa vescovile, per la quale, pure in precedenza, l’Orsini aveva fatto eseguire lavori di adeguamento e consolidamento.

 

LO SPOSO DI BENEVENTO


Bolla di Papa Innocenzo XI con la quale, “in considerazione delle virtù e dei meriti di cui l'Altisssimo ha insignito la persona del cardinale Vincenzo Maria Orsini e della lodevole opera che questi ha finora svolto nella Chiesa cesenatense”, lo trasferisce alla Chiesa beneventana.

Il cardinale Orsini con Benevento sullo sfondo

L’ingresso dell’arcivescovo Orsini a Benevento. “Ricorrendo l’ottava dell’Ascensione e fra l’ottava di s. Filippo Neri, entrato in città per la porta del castello, fui processionalmente condotto, a cavallo di bianca chinea, alla Cattedrale dove, dopo le altre sacre funzioni, predicai dal pulpito pontificalmente vestito”. (dal diario dell’Orsini).

Rosa d'oro

La rosa d’oro donata da Benedetto XIII alla “sua sposa”, durante l’Anno Santo del 1725, da lui stesso indetto e celebrato. Nella parte dell’impugnatura è visibile lo stemma del Pontefice. Lo stesso pontefice, ne fece dono, anche, alla Chiesa metropolitana di Capua nel 1726, (la cui immagine è riprodotta in questa stessa ricerca e ad altra pagina), alla cattedrale di Urbino nel 1728 e alla Chiesa metropolitana di Genova, nel 1729. Nel 1727, risulta essere stata inviata a Violante Beatrice di Baviera. Relativamente a quella inviata a Genova alcuni testi raccontano che fu donata a mons. Nicola De Franchi “per attestargli la grata riconoscenza che professava al padre maestro Giulio Vincenzo Gentile, zio di lui, che dato avea in Bologna l’abito religioso di S. Domenico ad esso Benedetto, già Vincenzo Maria Orsini”.

“In un manoscritto del Padre Desiderio Arisi si legge, che nell'anno 1685, il 12 marzo, il Cardinale Orsini Arcivescovo di Benevento,(a questa data, l’Orsini non era arcivescovo di Benevento, ma, ancora di Cesena, dal momento che la bolla di trasferimento è del 18 marzo 1686), ordinò ad Antonio Stradivari un violoncello e due violini di cui fece un presente al Duca di Natalona in Spagna; e che il Cardinale inviò all'artista, successivamente, quando, nel frattempo era arcivescovo di Benevento, infatti, la lettera, il cui esemplare è parte integrante di questa pagina, porta la data del25 giugno 1686, oltre ad una generosa rimunerazione, una lettera delle più affettuose, nella quale egli mostra di altamente apprezzare i suoi meriti ammettendolo nello stesso tempo nel novero dei famigliari della sua casa”.

Riproduzione di una seduta del Sinodo diocesano, svoltosi nella  cattedrale di Benevento,
durante l'episcopato di Vincenzo Maria Orsini in una stampa del 1695.

 

Entrando nel Duomo, sulla sinistra, c'è questo sarcofago a vasca, sovrastato da una lapide,
a memoria dell’Orsini che fece inserire le reliquie dei santi in 20 cassette.(Foto: Paolo Palumbo).

Lo stemma in marmo, situato al lato della cappella del Santissimo,
è stato posizionato dopo i recenti lavori di restauro.(Foto: Paolo Palumbo).

Nella navata destra è stata sistemata questa incisione marmorea sulla quale si possono leggere le parole riguardanti la promozione del canto santo da parte dell’arcivescovo cardinale Orsini.(Foto: Paolo Palumbo).

Sempre nella stessa navata, un’altra lapide orsiniana concernente la recita dell’Ufficio della Madonna, in determinate festività, da parte del collegio dei Mansionari.(Foto Paolo Palumbo).

Lo stemma dell’Orsini con capitello sul quale si trova una incisione a memoria del restauro di 39 colonne effettuato dopo i terremoti del 1688 e del 1702.

Biblioteca Capitolare. Calamaio dell’Orsini,
opera in maiolica realizzata a Cerreto Sannita.

Biblioteca capitolare. Mobiletto in legno a forma di piccolo organo, voluto dal card. Orsini
per contenere 21 tra le più pregevoli e importanti pergamene della Capitolare di Benevento,
sul quale pose la scritta: “SI NON SONAT, CANTAT”.

Biblioteca Capitolare, Ms. 72, Breviarum chronologicum Sanctae Beneventanae Ecclesiae Pontificum,
anno 1717,
stemma dell’Arcivescovo
V. M. Orsini.

Busto in marmo dell’Orsini, opera attribuita al Bracci, situato all’interno della Biblioteca capitolare.

Statua in pietra posta all’ingresso del santuario di Santa Maria delle Grazie

Breve Apostolico del 22 aprile 1725 inviato alla fraternità del Terz'Ordine S. Rocco di Benevento
( sono concessioni di indulgenze), conservato presso la Biblioteca del convento.

Pregevole pianeta orsiniana donata dal pontefice alla comunità francescana.

Stemma su marmo del cardinale Orsini conservato presso il Museo storico.

Penna d’argento del cardinale frà Vincenzo Maria Orsini con la quale, il 3 aprile 1723,  firmò l’atto di incoronazione della Madonna delle Grazie e a Lei dedicata con queste parole incise nel fusto:
“Virgini Mariae calamus scribae sui. Cardinalis Ursini Archiepiscopi MDCCXXIII”.

Il Cardinale Orsini incorona la statua della Madonna delle Grazie nella Chiesa Metropolitana il 3 aprile 1723.
Nel corso della celebrazione, fu donata, dal presule, una penna d’argento.

Alcune copertine dei diari delle visite compiute dall’Orsini al santuario Santa Maria delle Grazie.

 

Chiesa di San Filippo.
La chiesa fu costruita nel 1724 su progetto di Filippo Raguzzini, per volere dell'arcivescovo Vincenzo Maria Orsini.
La consacrazione della chiesa e dei tre altari si svolse solennemente nel 1727, durante i giorni del suo ritorno da papa.

Tela di Giuseppe Castellano. Il cardinale Orsini, sotto le macerie dell’Episcopio durante il  terremoto del 5 giugno  1688, salvato da s. Filippo Neri.
Il quadro, un tempo conservato presso il Palazzo arcivescovile, andò distrutto nel 1943. In occasione di questo tragico evento, il poeta Giovanni Canale compose e dedicò all’arcivescovo il seguente sonetto:


Nella sannia magion scossa e cadente
cade l’Orsino eroe tra pietre involto,
e riman tra le pietre ivi sepolto
poco meno che morto e mal vivente.
Ferito sopra il crin, sangue innocente
ingemma l’ostro ch’ha sul crine accolto,
e intento al ciel, l’affetto al ciel rivolto,
gli affanni altrui più che ‘l suo mal risente.
Morte non teme ed ha la morte avante,
il core in man di Dio gli è duol giocondo,
e tra angustia mortal ne gode orante.
S’ora sostien d’infrante mura il pondo,
stupor non è, se dée poi, sacro Atlante
regger la Chiesa e sostenere il mondo.

 

Santa Sofia. La chiesa subì gravi danni nei terremoti del 5 giugno 1688 e del 1702.
Il cardinale Orsini, futuro papa Benedetto XIII, volle che la chiesa fosse ricostruita secondo il gusto barocco affidando, nel 1705, i lavori  all'ingegnere Carlo Buratti.

Le pagine manoscritte (solo alcune), di indiscutibile interesse per la conoscenza delle problematiche antiche del territorio Beneventano, contengono  copie di capitoli, lettere, suppliche, relazioni, riflessioni, "motu propri" fra il Cardinale Vincenzo Orsini, Arcivesc. di Benevento, ed il Card.Panfilio(i).

 

Chiesa di san Domenico annessa all’ex convento. La tela attribuita al De Angelis?, databile presumibilmente nel periodo tra il 1688 e il 1702, gli anni dei due terribili terremoti,  è stata qui riprodotta nella versione integrale e nel suo particolare ove si scorge meglio la figura di un personaggio con mozzetta rossa, stola e camauro. Secondo i critici d’arte, il personaggio è il cardinale Orsini.
Per come viene raffigurato dobbiamo riconoscere l’Orsini nelle vesti di papa Benedetto XIII , in quanto il copricapo che indossa  è tipicamente papale.
La scena raffigurata è quella della Vergine mentre consegna il rosario a San Domenico in compagnia di tutti i santi, vescovi, papi del suo Ordine.

La chiesa di San Domenico, distrutta dal terremoto del 5 giugno 1688, fu interamente ricostruita dal cardinale Vincenzo Maria Orsini, il futuro papa Benedetto XIII, che la riaprì al culto il 15 aprile 1708. Sul pavimento è riprodotto il suo stemma papale.(Foto Enrico Cavallo).

Prospetto di facciata della chiesa di san Bartolomeo apostolo e il particolare del timpano con lo stemma dell’Orsini

Paliotto dell’altare maggiore con le insegne orsiniane.

Tela di Giuseppe Castellano. distrutta, purtroppo, durante i bombardamenti bellici del 1943, in cui viene raffigurata la ricognizione del corpo di san Bartolomeo,
avvenuta alla presenza del cardinale arcivescovo, il 14  maggio 1698.

L’urna contenente i resti di san Bartolomeo,  fu portata a spalle dal pontefice il giorno della consacrazione della chiesa, avvenuta  in occasione della sua seconda visita effettuata a Benevento nel 1729.

Iscrizione che descrive la lamina in piombo all’interno dell’urna di san Bartolomeo.

Altare maggiore in cui si conservano le reliquie di san Bartolomeo. Nella parte anteriore, sotto la mensa, vi è la seguente incisione in latino:
QUIESCIT CORPUS S. BARTHOLOMAEI AP. PRINCIPIS PATRONI A BENED. PP. XIII NRO ARCHIEPO SOLEMNI POMPA REPOSITUM/VIII IDUS MAJAS A.D. MDCCXXIX.
“Qui riposa il corpo dell’Apostolo San Bartolomeo principale patrono, riposto dal papa Benedetto XIII, nostro arcivescovo, con solenne fasto l’otto maggio del 1729”.

Cattedra episcopale, intagliata in noce a motivi floreali, fortemente stilizzati,
su cui campeggia lo stemma dell’Orsini.

 

Benevento. Chiesa San Salvatore. Il terremoto del 5  giugno del 1688 la danneggiò gravemente, ma venne ristrutturata e nuovamente consacrata dal cardinale Orsini il 18 aprile 1696, come attesta l’epigrafe della lapide murata sulla parete di fondo della navata destra:
“ECCLESIAM HANC SSMO SERVATORIS SACRAM TERRAE / VI AÑO MDCLXXXVIII DIE. V.IUNIJ DEVASTATA / ET PAROCHIANORUM COLLATO AERE, ET ARCHIEPISCOPI / ELEMOSYNIS DECENTIUS REFECTAM, AC CONXINNATA / SOLEMNI RITU DEDICANS DIE XXVIIII. AAPRILIS / MDCXCVI. CV UNICA ARA SACRAVIT FR. VINCENTIUS / MARIA ORD. I REDIC. CARD URSINUS ARCHIEPISCOPUS / ET OMNIBUS FIDBUS IMPSAM VISITANTIBUS DOMENICA II. / POSTA PASCA IN QUAM DEDICAONIS FESTŬ TRANSTULIT / CENTUM INDULGENTIAE DIES CONCESSIT”.

 

Una pantofola da camera dell’Orsini conservata presso il Museo del Sannio di Benevento.

Questo busto bronzeo di papa Orsini
si trova nel Museo del Sannio.

 

Calice in argento dorato del 1728,
così come si deduce dalla incisione riportata lungo il bordo della lastra suppedanea: “BENEDICTUS XIII ORDINIS PRAEDICATORUM AN. D.NI MDCCXXVIII. PONT. SUI AN. V”.

Ostensorio a raggiera fatto a sfera di rame indorato, tutto ornato di coralli, con la lunetta d’argento dell’esposizione e occhi di cristallo. L’oggetto fu mandato in dono, da Benedetto XIII,  alla Chiesa metropolitana di Benevento il 2 gennaio 1727, così come si legge sul basamento, e fa parte del tesoro di quella Chiesa cattedrale.


Custodia dell’ostensorio con le insegne papali del pontefice.

Reliquiario della Sindone in argento, oro, cristallo di rocca, smeraldi.

Anche questo fa parte del tesoro custodito nella cattedrale beneventana.

In due cartigli della base si legge:
Anno Domini MDCCXXVI.

Il prezioso oggetto fu donato al Papa da Vittorio Amedeo II di Savoia

 

Mitria di Benedetto XIII ornata di ricami dorati floreali a rilievo, donata anch’essa alla Chiesa metropolitana di Benevento.
Su ciascuna delle due infule è visibile lo stemma del Pontefice.

 

Questo è il particolare di una pianeta con le insegne papali di Benedetto XIII. Il parato, attualmente, è custodito presso la comunità delle Madri Orsoline di Benevento, dopo che mons. Francesco Maria Banditi,successore dell’Orsini, ne fece dono alle suore.
Esso, presumibilmente, faceva parte di quello più completo donato dal papa, alla Chiesa metropolitana di Benevento, nel 1727, in occasione della sua prima visita, da pontefice, alla sua amata diocesi. In quella stessa occasione, come si può leggere dall’inventario conservato presso l’archivio - diocesano di Benevento, l’anziano pastore della Chiesa universale, decise di lasciare al capitolo cattedrale il parato utilizzato il 10 dicembre 1726 per la canonizzazione di Turibio di Mongrovejo, Giacomo Della Marca e Agnese da Montepulciano; alla Chiesa arciverscovile di Manfredonia quello indossato il 27 dicembre dello stesso anno in cui furono proclamati santi:Pellegrino Laziosi, Giovanni della Croce, Francesco Solano. Al capitolo cattedrale di Gravina, sua città natale, inviò l’intera Cappella, di pari bellezza e valore, che gli era servita durante il cerimoniale per la canonizzazione di Luigi Gonzaga e Stanislao Kostka.
Chi, come il sottoscritto, ha avuto il piacere di ammirare ed apprezzare i paramenti presenti nelle altre chiese al di fuori di Gravina, non può che trarre una conclusione: la fattura è la stessa. Quindi, non è da escludere che siano stati confezionati nello stesso posto e dalla stessa mano, e, per cui, dovrebbe cadere l’ipotesi, circolata e ancora circolante, in base alla quale, il parato gravinese, era stato commissionato dai Gonzaga e regalato al papa che avrebbe dovuto elevare agli onori degli altari un loro congiunto. I pezzi, così come si trovano raccolti e custoditi presso le tre diverse chiese, sono identici, somiglianti e gemelli.



 


Interno del Convitto Giannone.
Scalinata lungo la quale è posizionata la lapide orsiniana, ripresa nei suoi particolari di seguito.


Medaglione raffigurante Benedetto XIII e lapide, (sotto) all’interno del Convitto Giannone, per ricordare la ricostruzione dell’edificio avvenuta ad opera del  cardinale Orsini, a partire dal 1720.

I lavori furono ultimati, purtroppo, nel 1736, cioè dopo alcuni anni dalla sua morte, avvenuta il 21 febbraio 1730.

Lo stemma del cardinale arcivescovo posto al di sotto del marmo inciso.
Rispetto a quelli classici o più conosciuti,  quest’arma episcopale differisce leggermente dagli altri nella parte sinistra, dove è riportato parte dello stemma della città di Benevento

 

Villa dei Papi è una costruzione in stile neo-gotico, nella contrada Pacevecchia.
La villa sorge sulle rovine del Convento di Santa Maria della Pace, crollato nel terremoto del 1688.
Fu costruita a partire dal 1696 dall’arcivescovo Vincenzo Maria Orsini e utilizzata, come residenza di riposo, in alcuni periodi dell’anno

Interno della Villa dei Papi.

 

Chiesa dell’Annunziata.

Busto di Benedetto XIII,
in marmo, collocato nel 1752, per volere delle autorità cittadine, sulla parte superiore della cappella, dedicata a San Gennaro, vescovo e patrono della città, fatta realizzare dall’Orsini.
( Foto di Ernesto Pietrantonio).

Il busto in una immagine di profilo e il monumento nel suo insieme.

 

Piazza Orsini.

La statua benedicente di Papa Orsini
fatta erigere dal cardinale Banditi nel 1778 per ricordare ai posteri la figura di Vincenzo Maria Orsini già cardinale arcivescovo di Benevento. I rovinosi eventi bellici del ‘43 sottrassero alla città il monumento, restituito, dopo accurati restauri, nel 1992 (21 giugno).

L’intero monumento è sorretto da un basamento arricchito da quattro epigrafi in latino i cui testi tradotti in italiano sono a seguire
Foto di Antonio Citrino.

In italiano:

“Alla memoria e al nome che vivrà in eterno di Benedetto XIII O.P. Grandissimo e Ottimo Pontefice, prima cardinale Vincenzo M. Orsini, Arcivescovo di Benevento, il quale per quarantatré anni resse così bene questa diocesi di cento città che non ci fu nessun borgo isolato o difficile da raggiungere che egli non abbia visitato due volte; e, in verità, con grandissima rettitudine, tenne a cuore ogni luogo, consacrando e adornando templi, rimovendo una certa rilassatezza dei costumi, che si era insinuata, vincendo il male di tutta la provincia con un accrescimento del bene e della religione”. 

Dal latino in italiano si può leggere così:


“La città, sconquassata da scosse telluriche e quasi rasa al suolo, soprattutto con proprio denaro, due volte ricostruì: a vantaggio dei superstiti, portò, da una sorgente alquanto lontana, fra le mura, acque più salubri con condotte di pietre; costruì ospedali e alloggi per crescere bambini poveri con una offerta annua per essi; istituì un granaio pubblico e un monte di pietà; fece giungere nuovi ordini religiosi e fece costruire, dotandoli del necessario, i loro conventi”.

Questa epigrafe, in italiano, è stata tradotta nel modo seguente:



“Consacrato Romano Pontefice, spese tre milioni di scudi per completare questo grande tempio nel quale aveva convocato tutti i capitoli provinciali, arricchendoli di molte sontuosissime suppellettili di oro, di argento, di seta, assegnando un legato perenne per questo fine. Con grande generosità liberò lo Stato dei debiti e, visitando due volte questa città, molto amabilmente appagò il desiderio che aveva lasciato della sua presenza”.


La quarta incisione è stata tradotta, come le precedenti, dal professore Gian Matteo Pallucca nel modo seguente:

“A questo incomparabile Sommo Sacerdote, pio, munifico, sapiente Padre della Patria, soprattutto su iniziativa del cardinale riminese Francesco M. Banditi, fu dedicato questo monumento di marmo di Poro con un piedistallo e la relazione delle cronache, nell’ano 1778”.

Nella stessa piazza dove insiste il maestoso monumento all’Orsini, il 1930, in occasione dei festeggiamenti per ricordare il secondo centenario della morte dell’illustre porporato arcivescovo e papa fu scoperta questa incisione marmorea.

Lapide nel Palazzo Paolo V. Il testo in italiano è il seguente:

“Affinchè le storie non celebrino più del giusto Diomede, re d’Etolia, fondatore di Benevento, e d’ora in poi lodino l’arcivescovo, cardinale Orsini, insigne ricostruttore. Infatti dopo il duplice terremoto dell’anno 1688 e 1702, riedificati la cattedrale, l’arcivescovato, le parrocchie, i monasteri, il seminario, l’ospizio per i forestieri, le officine, le osterie e i casini rustici (il terremoto) travolse per la seconda volta Benevento in gran parte ricostruita. E i cittadini, prostrati nell’animo e spogliati degli averi, riaprì alla speranza affinchè ricostruissero le loro case. Seguendo le orme di così illustre prelato, ripararono questo magnifico palazzo, puntellarono il ponte chiamato Santa maria degli Angeli, e, spianato il selciato, resero più agevoli le vie pubbliche alquanto accidentate nell’anno 1705.

Sotto CLEMENTE XI PONTEFICE OTTIMO MASSIMO. Essendo CUSTODE DELLE PORTE ED EMEREITO GOVERNATORE IL NOBILE NICOLA LERCARO

I CONSOLI: Don Nicola De Soto Carafa Barone di San Nicola Manfredi, Don Oronzo Maurone e Antonio Pisano, Domenico Marano, Salvatore Gagliardo, Iacopo Antonio Buonopane, Tommaso Viglione, Paolo Condò, il Sindaco Bartolomeo Bruno, il Cancelliere Sebastiano Schinosi. Ospite , se ritieni un grande onore del fondatore far sorgere la città, non esitare a stimare pari segno di gloria ricostruire le città distrutte e farle tornare come prima”.

Altra lapide nello stesso Palazzo. Tradotto in italiano, il testo si può leggere così:

“Iscrizione dedicata dal Senato e dal Popolo di Benevento all’Eminentissimo e Reverendissimo in Cristo Padre e Signore Don Fra Vincenzo Maria dell’Ordine dei Predicatori, vescovo di Tuscolo, Sua Eminenza Reverendissimo Cardinale Orsini per le fontane fatte zampillare nella città di Benevento con la spesa di 8473 ducati. Le generazioni trascorse passino sotto silenzio il sommo sacerdote Simone chiamato il giusto, perché abbellito il tempio di Gerusalemme per primo convogliò in città acque in abbondanza, da ora in poi la posterità celebri copiosamente Fra Vincenzo Maria dell’Ordine dei Predicatori Cardinale Orsini Arcivescovo che, eretti o abbelliti molti templi, riempì in abbondanza questa città di acque grazie alla costruzione di un lungo acquedotto. Sebbene sia più grande della lode umana colui che si fa pregio con opere quasi divine e trabocca di perenne pietà, tuttavia anche solo per le fontane erette merita fiotti di lodi.
L’illustre ceto dei patrizi e l’onestissimo popolo di Benevento al generosissimo e beneficentissimo principe posero questa lapide in memoria della loro gratitudine. 1710. Sotto il Governatore Giuseppe Ascanio Cansacco.


I Consoli


Giovanni Battista Pedicini, Ottavio De Nicastro, Mercurio Tomaselli, Carlo Baldini, Francesco Bertucci, Bartolomeo De Leone, Nicola Perillo, Mattia De Agostini; Il Sindaco Bartolomeo Bruno, Il Cancelliere Sebastiano Schinosi.

Palazzo Paolo V



“Dopo molte prove offerte del suo antico affetto verso la città di Benevento, non solo conservato ma anche accresciuto, Benedetto XIII Pontefice Massimo ne ha aggiunta una nuova, in verità grandissima, ai magistrati e ai cittadini di questa città reintegrati nel libero esercizio dell’antica giurisdizione nelle materie pertinenti l’annona. Sicuramente senza aver consultato il Governatore e gli altri magistrati di questa città, (il diritto) di decidere i prezzi delle cose che servono all’uso umano, di proporre editti, fino a comminare una multa e altre pene, di punire i rei con pene secondo quanto meritano e anche con tratti di fune, di attribuire, di diminuire o di condonare pene pecuniarie secondo il loro arbitrato, di usare le carceri e le guardie della curia arcivescovile, del governatore o le proprie

.
IL SENATO E IL POPOLO DI BENEVENTO Fortemente si rallegrano, non si meravigliano

E per non sembrare i più ingrati degli uomini ponendo questa lapide hanno dato segno della loro gratitudine.

I CONSOLI

Don Bernardo Alfieri, Don Giovan Battista Dell’Aquila, Bartolomeo Tomaselli, Matteo Orsiglio, Carmine Ventura, Nicola Condò, Ignazio De Stefano, Carlo Antonio Cardone, Il Sindaco Angelo Scalese, Il Segretario Geronimo Fiorenza.

L’Orsini mentre conferisce l’ordinazione episcopale a Pompeo Sarnelli, eletto vescovo di Bisceglie, per interessamento dello stesso arcivescovo beneventano, da Innocenzo XII. Sarnelli aveva cominciato a frequentare l’Orsini sin dai tempi dell’episcopato di Manfredonia, quando ebbe a dirgli, mutuandola dal vangelo (Gv. 15, 12 – 17),  la frase:” non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi”. Fu a Cesena anche nelle vesti di vicario quando il giovane cardinale Orsini dovette assentarsi, per motivi di salute. Lo seguì nella successiva sede arcivescovile di Benevento

Mons. Pompeo Sarnelli

Lapide posta all’interno dell’ospedale Fatebenefratelli. Successivamente viene raccontata la storia sconosciuta di un episodio vissuto direttamente dal compianto don Giovanni Giordano, ex archivista e bibliotecario di Benevento e la traduzione dal latino, in italiano, del testo.

Un altro violento terremoto ci fu il 14 marzo 1702, che mieté solo circa 200 vittime, ossia un settimo di quelle del 1688, ma causò notevoli crolli.
L’Orsini nel suo diario così annotò i nostri danni: “La chiesa de’ padri fatebenefratelli è caduta per la metà, ed il campanile è rovinato da fondamenti, così il convento ed il salone [= corsia grande] dell’ospedale abbandonato indietro minaccia rovina, con mia somma pena, perché per lo numero grande de’ feriti non si trova un poco di ricovero”. Con nuovo slancio l’Orsini si impegnò a far risorgere la città e nel 1703 fondò un “Monte delle Fabbriche Ecclesiastiche” che offriva mutui agevolati per i lavori di riparazione di edifici religiosi. A noi, inoltre, elargì vari aiuti per arredare l’Ospedale, documentati da un rogito del 13 dicembre 1721, in cui si precisa che fin dal 1715 egli, vistane la necessità, aveva, per un importo di 433 ducati, fornito l’occorrente per 20 letti, comprendente i pagliericci, i 20 materassi riempiti ognuno da venti rotoli di lana, 20 copriletto, 40 coperte di lana, 50 camicie, 100 berrettini e 100 salviette; poi, nei 6 anni seguenti, aveva man mano rimpiazzato quel che s’era logorato, per una spesa totale di 128 ducati; e nel 1721, sapendo che le entrate annue erano sui 270 ducati, insufficienti a coprire anche solo le spese ordinarie, donò un capitale di 500 ducati, la cui rendita annua di 24 ducati avrebbe consentito rimpiazzare il materiale logoro della citata lista, per di più incrementata con 80 lenzuoli, 80 federe, 2 tovaglie per la mensa, 2 per le mani, 2 grembiali ed un tappeto. Grati per questo rogito, i frati posero quello stesso anno una lapide nell’atrio dell’Ospedale,

A DIO ONNIPOTENTE ED ETERNO // A FRA VINCENZO MARIA // DELL’ORDINE DEI PREDICATORI VESCOVO PORTUENSE // DELLA SANTA ROMANA CHIESA CARDINALE ORSINI ARCIVESCOVO. // OSPITE, IL SACRO OSPEDALE LA CUI SOGLIA TU VARCHI // E GLI INFERMI CHE VI SONO RICOVERATI // RIFERISCONO QUANTO SIANO NUMEROSI, OPPORTUNI E GRANDI // I BENEFICI RICEVUTI. // OGNI COSA CHE TU VEDI QUI, // CIÒ CHE OFFRE ALL’OSPEDALE // UN ASPETTO PIÙ NOBILE // CON LA COSTRUZIONE DI UNA NUOVA VOLTA D’INGRESSO, // CIÒ CHE ALL’INFERMITÀ DEI RICOVERATI // PROVVEDE IN MODO PIÙ OPPORTUNO // CON NUOVE ALCOVE PROVVISTE DI OGNI SUPPELLETTILE, // CIÒ CHE AI FRATI // RENDE PIÙ COMODO L’ALLOGGIO // CON UN AMPLIATO NUOVO DORMITORIO, // È DI ORSINI. // ATTESTA L’ESIMIA DEVOZIONE DI ORSINI // PER SAN GIOVANNI DI DIO // L’AMPLISSIMA CARITÀ VERSO I DISCEPOLI DI COSTUI, // LASEMPRE RICCA, LA SEMPRE EFFICACE MISERICORDIA PER I POVERI INFERMI. // AD UN PRESULE COSÌ PIO, // AD UN PADRE TANTO PROVVIDO, // AD UN BENEFATTORE ILLUSTRISSIMO // I FRATI OSPEDALIERI // POSERO
// QUESTA PERENNE, ANCHE SE MINIMA // MEMORIA // DEL LORO ANIMO GRATO // NELL’ANNO DELLA SALVEZZA 1721.


Questo è il testo in italiano della lapide che i frati ospedalieri fecero apporre in segno di gratitudine nei confronti dell’Orsini. Su questa incisione c’è la curiosa storia del recupero, in extremis, da parte di don Giovanni Giordano, compianto archivista capitolare  di Benevento. La lapide di gratitudine all’Orsini, che essi avevano apposto nell’Ospedale di San Diodato, rischiò nel 1950 di fare un’ignobile fine, quando alcuni addetti ai lavori presso gli Ospedali Civici ne tagliarono via una metà, comprendente le prime sedici righe, per coprire una parte terminale di fognatura; quando, lo studioso locale don Giovanni Giordano, se ne accorse, per un caso, e ricordandosi che alcuni giorni prima l’aveva trascritta per intero, ottenne di farne collocare la metà superstite su una parete nel nostro Ospedale e v’accostò una nuova lastra di marmo con incise le righe perdute.

Un alvarone e due albarelli dell’ antico Ospedale, oggi custoditi a Benevento nel Museo del Sannio.Un rogito del 5 maggio 1744 offre una descrizione dettagliata della farmacia, installata in una casetta attigua all’ospedale, che era stata acquistata il 17 ottobre 1724. Scorrendo la ricchissima lista delle attrezzature, risulta che due dei mortai di bronzo avevano lo stemma dell’Orsini e l’avevano anche ben 405 vasi di ceramica, ossia 34 langelle di faenza con manici laterali, 98 alvaroni, 122 mezzi alvaroni e 151 albarelli. Ovvio concludere che fu l’Orsini a finanziare il costo sia dell’edificio, sia delle suppellettili. A proposito del termine alberello, è bene precisare che è nome derivato dal termine arabo al barani, che significa recipiente e da cui deriva anche barattolo; era adatto a contenere sostanze pastose ed unguenti ed ha boccalarga e parte mediana ristretta, per facilitarne la presa. Con la confisca sabauda tutti i vasi della nostra Farmacia divennero bene pubblico e sono oggi esposti nel Museo del Sannio, che ci ha consentito di fotografare alcuni albarelli,che in dialetto locale son detti fusilli, ed alcuni alvaroni, che sono di maggior diametro. Tutti sono decorati in chiaroscuro turchino uniforme con vedutepaesaggistiche e con lo stemma dell’Orsini. Li eseguì il ceramista Domenico Giustiniano, facente parte di quel gruppo di maestri napoletani che si insediarono a Cerreto Sannita dopo il terremoto del 1688, dando nuovo prestigio all’antica produzione cerretese e caratterizzandola con un vivace stile tardo barocco.

Esemplare di albarello custodito presso la Curia Provinciale di Roma  dei Fatebenefratelli.

 

Reliquiario donato nel 1726 a Benedetto XIII e da lui dato alla Cattedrale di Benevento.

Si può supporre che fu grazie al costante appoggio dell’Orsini che i nostri frati ottennero che il Consiglio Cittadino il 4 novembre 1696 proclamasse San Giovanni di Dio come speciale protettore della città, in considerazione delle guarigioni miracolose ottenutevi per sua intercessione durante la terribile epidemia di peste del 1656 e poi riconosciute autentiche dalla Congregazione dei Riti.

Come segno di gratitudine all’Orsini i frati, conoscendone la profonda devozione per le reliquie dei Santi, gli donarono un reliquiario di San Giovanni di Dio in cristallo di rocca, attualmente custodito nel Museo Diocesano

(Le notizie storiche, che hanno costituito le  didascalie di accompagnamento alle immagini riportate in questo capitolo, sono state tratte da:  Munificenza di Benedetto XIII per l’ospedale di Benevento, in Vita Ospedaliera, Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana, Anno LXVII, n. 4, Aprile 2012).

 

 “La foto, tratta dal sito il vaglio.it , mette  in evidenza un edificio con in alto la scritta ”Unione agraria cooperativa Benedetto XIII – Casa del contadino”’, fondata dal futuro senatore ed onorevole Giambattista Bosco Lucarelli quale “strumento efficace di potenziamento e difesa degli interessi della classe agricola”. Le ragioni della intitolazione possono risiedere nell’impegno che l’Orsini assunse nel riprendere ed istituire i Monti frumentari, ma anche , per quello che ci riferisce  Gaspare De Caro, un biografo orsiniano: “I successi qui ottenuti dall'iniziativa dei Monti frumentari lo indussero a pensare che soltanto un diretto intervento del governo potesse stimolare, attraverso una forte diminuzione della pressione fiscale e una larghissima concessione di crediti, la diffusione di iniziative commerciali e industriali e, soprattutto, potesse valorizzare l'agricoltura.
B. XIII riteneva che il nuovo clima economico avrebbe creato, su basi meno opprimenti e limitatrici delle iniziative produttive, un gettito fiscale tale da compensare i sacrifici iniziali che l’erario si sarebbe assunto. Testimoniano l'impegno con cui egli cercò di realizzare questa coraggiosa impostazione ben trentotto costituzioni che sulla materia furono emanate durante sei anni di pontificato. La preparazione e l'esecuzione dell'iniziativa furono affidate, il 15 ed il 17 Ott. 1725, a una speciale "Congregazione sull'agricoltura" e a una commissione di tecnici incaricata di studiare la questione della libertà dei grani”.

 

 

CONTESTUALMENTE
VESCOVO DI FRASCATI (1701 – 1715)
E  PORTO – SANTA RUFINA (1715 – 1724)


Particolare di una pianeta rossa, in oro, lavorata a mano, con lo stemma orsiniano e donata dall’Arcivescovo.

Il parato è conservato nella cattedrale di Frascati ed è tuttora adoperato.

D.O.M.
FR.VINCENTIO M. ORD.PRAED.EP.TUSCUL.
S.R.E. CARD. URSINO BENEVEN-TANO ARCHIEPISCOPO
PERPETUUM HUIUS ECCEESIAE S.GREGORII MAGNI USUM
CONFRATERNITATI MORTIS ET ORATIONIS
PER D. IOANNEM MARTINEZ DE EARRAGA
ARAGONIE REGNI NOR.HISP. PROTHONOT. APEICUM (sic)
EIUSDEMQ. CONFR.FUNDATO-REM AG GUBERNATOREM
EEARGITO.NE TANTI.EXCIDE-RET BENEFICE! MEMORIA CONFRATES GRATI ANIMI MONUMENTUM POSUERE
ANNO D.NI MDCCIII

(A Dio ottimo massimo, a fra Vincenzo Maria dell’ordine dei predicatori e vescovo tuscolano, cardinale di Santa Romana Chiesa ed arcivescovo Orsini, di Benevento, per l’uso perpetuo concesso di questa chiesa di San Gregorio Magno, alla confraternita della Morte ed Orazione, grazie all’intervento di Don Giovanni Martinez de Earraga, nobile spagnolo del Regno d’Aragona e Protonotaro Apostolico della stessa confraternita fondatore e governatore, i confratelli con animo grato di tanta elargizione posero nell’anno del Signore 1703).

Frascati. Santa Maria in Vivario, prima sede della Confraternita Morte ed Orazione.

 

Il 18 marzo 1715 scelse la sede suburbicaria di Porto-Santa Rufina, e ottenne sempre di conservare l’amministrazione di Benevento. Nella cittadina di Porto, all’interno della chiesa dei SS. Ippolito e Lucia, è conservata una lastra marmorea, arricchita del medaglione raffigurativo del suo stemma, e voluta, nel 1735, dal cardinale Pietro Ottoboni, vescovo della stessa diocesi dal 1734 al 1738, memore dei tanti benefici concessi ed elargiti dal suo predecessore

 

 

NEI PAESI DELLA VASTA DIOCESI BENEVENTANA
TRA IL SANNIO, L’IRPINIA, LA PROVINCIA DI CAMPOBASSO
E PARTE DELLA DAUNIA SETTENTRIONALE

 

 

Portale e interno della Cappella dei conti Del Balzo, con incisione latina, nel cartiglio soprastante,
a ricordo della visita a Cervinara (AV) di Benedetto XIII.

 

 

I due documenti, uno del 1695 e l’altro del 1713,  provengono dall’archivio parrocchiale di Santa Paolina (AV) dopo il riordino effettuato nell’ambito di un progetto: “Conserviamo la nostra memoria”, voluto da Isacco Luongo.

 

San Giorgio del Sannio. L’autore del dipinto è Nicola Boraglia.

Raffigura la scena del terremoto, del 5 giugno 1668, avvenuto a Benevento, dal quale scampò miracolasamente l’Orsini, grazie alla protezione di san Filippo Neri. La tela, datata 1712, fu commissionata dallo stesso arcivescovo e donata successivamente alla chiesa parrocchiale di san Giorgio Martire.

San Giorgio del Sannio

Anche l’autore di  questo quadro è stesso Nicola Boraglia. L’opera, realizzata su commissione dell’ Orsini, risalente allo stesso anno della precedente, raffigura san Filippo Neri che ammaestra alcuni padri domenicani. E’ un altro dono dell’arcivescovo alla chiesa parrocchiale di san Giorgio martire.

 

L’epigrafe celebra la Consacrazione della Chiesa Arcipretale, dedicata principalmente a S. Primiano e all’Annunziata, consacrata dal Card. Orsini il giorno 11 Dicembre 1691. Questa epigrafe è incastonata da oltre trent’anni sulla facciata dell’odierna Chiesa Matrice. Il testo epigrafico integrale, tradotto dal latino in italiano è il seguente:

“Questa Chiesa, fin dalla sua origine, fu eretta in qualità di Cattedrale e soggetta alla Chiesa  Metropolitana del Sannio. Poi da Pio II, nell’anno 1459, fu alla stessa unita; dopo fu di nuovo staccata. Terminata la vita terrena di Orazio Greco apulo, ultimo presule [della diocesi di Lesina], che aveva partecipato al Concilio Tridentino e al Concilio Provinciale Sabellio, dopo l’anno 1571 venne unita una volta per tutte [all’Arcidiocesi di Benevento]. Dopo l’unione, [la Chiesa di Lesina] non fu onorata dalla Visita di alcun vescovo, come se, estinta la dignità episcopale, si fossero estinti (anche) i presuli che dovessero compiere la Visita e amministrare il sacramento della Confermazione. [Fino al momento in cui] Fra’ Vincenzo Maria Cardinale Orsini,  dell’Ordine dei Predicatori, Arcivescovo della Santa Beneventana Chiesa, visitata per la quarta volta la Basilica [di Lesina] dedicata in onore della Madre di Dio, Annunciata dall’Angelo, la consacrò il giorno 11 Dicembre 1691, insieme con l’Altare principale, in onore della stessa Beata Vergine Maria e dei Santi Primiano Martire , Domenico  e Filippo Neri  Confessori. [Il Cardinale Orsini] concesse cento giorni di indulgenza in perpetuo a tutti i fedeli che visitavano la stessa [Chiesa di Lesina] durante l’ottava della Dedicazione della Santa Metropolitana Basilica [di Benevento], nel cui anniversario si recassero in visita”. (Foto e traduzione sono di Antonio Fernando Lombardi).

 

San Martino Valle Caudina (AV), l’urna contenente i resti dei santi martiri Palerio ed Equizio situata sotto l’altare maggiore della chiesa di san Giovanni Battista.

San Martino Valle Caudina, (AV), Collegiata San Giovanni Battista. Il testo, in latino, inciso su questo marmo,si trova dietro l’altare sotto il quale è deposta l’urna con i resti dei santi martiri.. In italiano la lapide può leggersi così:

“Qui riposano i corpi dei santi Palerio vescovo di Telese ed Equizio suo compagno, trovati nella sua distrutta fuori di questo abitato il 16 giugno 1712. Con festa solenne dopo la loro elevazione e ricognizione furono riposti in un’urna di mano sotto questo altare il 5 marzo del 1713 da Fra Vincenzo Maria Orsini domenicano, vescovo di frascati, cardinale di Santa Romana Chiesa, arcivescovo di Benevento, che il giorno successivo consacrò lo stesso altare costruito di nuovo e concesse in perpetuo cento giorni di indulgenza a coloro che qui avrebbero pregato nell’anniversario della consacrazione”.

I vasi di vetro con i resti dei due martiri nel momento della ricognizione fatta dall’Orsini con la relativa bolla e il suo sigillo. Nella ricognizione del 23 febbraio del 1990 tutto è stato trovato come allora.

San Martino Valle Caudina (AV), una via cittadina fu intitolata a Benedetto XIII con Delibera di Giunta Comunale n° 134 del 28/06/2000.

 


Parrocchia di san Bartolomeo a Gambatesa, in provincia di Campobasso, due lapidi a ricordo del solenne rito di consacrazione dell’altare in onore della Beata Vergine Maria, avvenuto il 12 luglio 1707.

La seconda iscrizione ricorda la solenne consacrazione della chiesa, dedicata  a Maria Santissima della Vittoria, avvenuta il 14 settembre 1721, sempre  per mano  del cardinale Fra Vincenzo Maria Orsini.

Archivio parrocchiale  San Bartolomeo di Gambatesa.
Sigillo con cui il Card. Orsini autenticava i suoi documenti.

Archivio parrocchiale San Bartolomeo di Gambatesa. Copia di un editto dell’Orsini sulle elemosine da farsi all’Ospedale SS.ma Annunziata di Benevento.

Stemma di Vincenzo Maria Orsini in un quadro custodito nella chiesa di San Nicola di Gambatesa.

 

Foglianise (BN), Eremo di San Michele.
Lapide che ricorda il cardinale Pier Francesco Orsini, sulla quale è stata costruita una leggenda. Infatti, a metà della strada che conduce al convento, è situata una croce, che, secondo la credenza, è stata scolpita nella roccia in onore del Cardinale Orsini che, stanco per la faticosa scalata, si riposò su quella pietra; essa è chiamata “Pietra Santa” ed i foglianesari la baciano per devozione al salire e allo scendere dal monte.

 

Queste due iscrizioni marmoree sono collocate nella chiesa parrocchiale di sant’Andrea apostolo di Cautano, in provincia di Benevento.
Ricordano le consacrazioni, avvenute per mano del cardinale arcivescovo, della chiesa in onore di sant’Andrea e  dell’altare maggiore, il 3 settembre del 1700 e della cappella di san Rocco, con il suo unico altare, il 15 novembre del 1707.

 

Cautano. La prima lapide è per trasmettere la memoria dell’avvenuta consacrazione della cappella della famiglia Procaccini, il 21 novembre 1715, all’interno della stessa chiesa di sant’Andrea; la successiva per immortalare la consacrazione della Congrega del Santissimo Sacramento o altrimenti denominata di san Sebastiano per la presenza di un quadro del santo martire posto sull’altare, avvenuta il 4 dicembre 1721.

 

Durazzano (BN).
Copertina del Libro dei Battezzati
dove è stato trovato l’appunto della visita fatta dall’Arcivescovo Orsini.

In Durazzano c’era il convento dei frati domenicani riformati della provincia lombarda, presso i quali il cardinale fu ospite.

Da un manoscritto della Chiesa arcipretale di Santa Maria Capocasale in  Durazzano redatto dall’arciprete Giuseppe Bianco (arciprete dal 1690 al 1724):

“Nell’anno 1698 a 17 Febraro, ad un’hora di notte, giorno di lunedì, si portò in questa terra di Durazzano et proprio nel Monastero dei Padri Domenicani, S. Eminentissimo Cardinale Ursini di detto Ordine et Arcivescovo di Benevento, dove si trattenne per insino al venerdì, et il giovedì mattina passò in Sant’Agata con dimorare alli Padri Bonfratelli, et la sera se ne ritornò in detta terra con delegazione da Roma contro il Vicario Apostolico che risiedeva in detta città per l’assenza di Monsignor Giacomo Circi, chiamato abbate Gioseppe Emanuel per administrare malamente la giustizia”.

 

Il cardinale Vincenzo Maria Orsini, arcivescovo della Chiesa beneventana, approva e conferma la sentenza emessa in data 13 febbraio 1695 dal provicario generale Tommaso Antonio Cepolla sullo ius nominandi degli economi e amministratori della cappella o confraternita del SS. Corpo di Cristo, eretta nella chiesa arcipresbiterale di S. Salvatore in Pontelandolfo, di ius patronato dell'università di quella stessa terra.

 

Toro (CB) Il chiostro del convento di Santa Maria di Loreto, affrescato in onore della visita che il cardinale Orsini avrebbe compiuto. Da Giovanni Mascia : “Gli affreschi per il Papa” .

Fino a poco tempo fa era possibile vedere lo stemma dell’Ordine dei Domenicani, cui l’Orsini apparteneva, unito a quello francescano. Il 14 agosto 1701, l’arcivescovo Orsini consacrava la chiesa,, fissava la festa della consacrazione, da celebrarsi il 13 agosto di ogni anno e concedeva cento giorni di indulgenza ai fedeli che si radunavano, in detto giorno, a pregare. Il 1° luglio del 1709, consacrò i quattro altari laterali.

Madonna del Rosario, datata 1721 e firmata Nicola Boraglia, dono dell’Orsini, arcivescovo di Benevento e abate di Santa Sofia, e quindi signore spirituale e temporale di Toro, che  amava soggiornare spesso proprio nell’ameno convento.

Toro (CB) Tela del 1729 della Madonna del Rosario di pittore anonimo, sita nella parrocchiale S. Salvatore. In  questo, come nel precedente dipinto si vuole che la mano dell’artista, nel raffigurare il domenicano alla destra della Vergine, abbia voluto fare riferimento all’Orsini, stando al parere di alcuni critici d’arte.

Anche da papa, Benedetto XIII, ebbe particolari attenzioni per il convento.

Inviò in dono una grande tela  posta alla sommità della volta della chiesa. In essa è raffigurata la scena della traslazione della Santa Casa di Loreto.

Sul dipinto si scorgono, anche lo stemma papale e la dedica:

“EX AMORE BENEDICTI XIII” PONTIF. MAX. AN. MDDDXXVII”.

Particolare dello stesso quadro con cartiglio e le parole in latino incise, a conferma del dono fatto dal Pontefice.

Frontespizio di un regesto seicentesco conservato presso l’Archivio parrocchiale di Toro
recante lo stemma dell’Orsini

 

A Monacilioni (CB) viene chiamata “la crocella” quella croce che una volta era sul sagrato della chiesa di S. Reparata che, di antica fondazione extraurbana, fu visitata il 1° di giugno del 1707 dal cardinale Vincenzo Maria Orsini, arcivescovo di Benevento e successivamente papa Benedetto XIII.

 

Monacilioni. Della consacrazione del nuovo altare, dedicato alla Vergine Maria, (oggi scomparso per dare posto ai soliti altari definitivamente provvisori), avvenuta il 1° giugno del 1707, rimane traccia nella lapide che ancora si conserva al suo interno a lato della nicchia di S. Francesco Saverio.

 

 

Greci (AV) Chiesa di San Bartolomeo Apostolo, fatta abbattere e ricostruire dall’Orsini:

“lo stesso Em.mo Arcivescovo, sotto il di 8 del mese di (…), con suo decreto concedette la facoltà alla Comunità di detta Terra di edificarla dalle fondamenta. Onde la Comunità sudetta per maggior comodità del Popolo cominciò l’edificazione di una nuova Arcipretale, sotto lo stesso titolo di S. Bartolomeo Apostolo ed ai 13 del sudetto mese ed anno l’Ill.mo ed Rev.mo Fra Marcello Cavalieri dell’Ordine de’ Predicatori Vescovo di Gravina per commissione dell’Em.mo Arcivescovo Orsini, impose per la detta edificazione la prima pietra nel luogo detto il Piano di Benaducci come appare per istrumento rogato, per mano di Notar Cefalo Domenico Antonio, e per bolla in carta pergamena spedita sub plumbeo d’ordine del sudetto Em.mo Arcivescovo sotto il di 8 maggio dell’anno 1693. Il tempio dopo alterne vicissitudini fu consacrato solennemente dal futuro Papa Benedetto XIII, Cardinale Orsini, il 22 giugno 1706. Della consacrazione restano i frammenti delle dodici croci. Mentre fu collocata un’iscrizione, perdutasi nei secoli scorsi”.
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AECCLESIAM HANC IN HONOREM DEI
ET SANCTI BARTHOLOMAEI APOSTOLI
UNAM CUM IPSIVS ALTARI MINORI
AD HONORE^ PRINCIPIS DEXTERAM COLLOCATO
IN HONOREM BEATAE VIRGINIS MARIAE DE ROSARIO
SS. DOMINICI , HYACINTI CONFESSORIS, CATHARINAE SENENSIS
ET ROSAE LIMANAE V. V.
SOLEMNITATU RITU DEDICANS DIE XXI IUNII MDCCVI
SACRAVIT
FRATER VINCENTIUS MARIA ORDINIS PREDICATORUM EPISCOPUS TUSCULANUS S.R.E. CARDINALIS URSINUS ARCHIEPISCOPUS
QVI SIMUL ET EODEM TEMPORE ALTERUM E REGIONE ALTARE IN HONOREM
B.V. MATRIS DEI MARIAE . SS. ANTONII PATAVINI AC FRANCISCI XAVERII CONFESS.
SACRIS EISDEM MISTERIIS INITIAVIT ET SEGUENTI DIE RELIQUA HAEC DUO ALTARIA
PRIMVM B.V. MARIA ANNUNCIATAE ET SECUNDUM DIVI PHILIPPUI NERI
SOLEMNITER ETIAM NUNCUPAVIT.
OMNIBUS VERO FIDELIBUS ECCLESIAM IPSAM VISITANTIBUS
DOMINICA POST FESTUM DEDICATIONIS ISTIUS ECCLESIAE METROPOLITANAE
CUM QUA ANNIVERSARIAM HUIUS CONSECRATIONIS DICTAE TRANSTULIT
CENTUM INDULGENTIAM DIES PERPETUO CONCESSIT.

 

Campolattaro (BN) La Cappella palatina di San Martino, originaria del ‘500, come testimonia una lapide murata all’ingresso, fu riconsacrata nel 1717 dall’ Arcivescovo di Benevento, Cardinale Vincenzo Maria Orsini. Oggi è di proprietà del dottore Gerardo Ciannella.

Lapide all’interno della Cappella palatina nel castello di Campolattaro.


Santuario Madonna della Stella a Rotondi (AV). Targa a ricordo della consacrazione dell’unico altare, avvenuta il 5 novembre 1704

Statua nuova della Madonna della Stella, sostituita nel 1705 dal Card. V. Maria Orsini, arcivescovo di Benevento, il quale nella sua visita pastorale al Santuario del 1704, avendo trovato detta statua in condizioni fatiscenti, volle regalarne una nuova al paese.

 

Altavilla Irpina (BN) ex Monastero Verginiano. Situato all’ingresso del paese, il complesso monumentale risale alla seconda metà del XVII secolo e oggi ospita gli uffici comunali.
La costruzione fu voluta dal Cardinale Orsini, che visitò più volte la fabbrica, come testimonia una lastra con iscrizione collocata a destra dell’ingresso principale del monastero.

Altavilla Irpina, lapide  collocata nell’atrio dell’attuale Palazzo comunale, a ricordo della consacrazione dell’altare, in onore della Beata Vergine, avvenuta con solenne rito, il 28 settembre 1706, ad opera del Cardinale Orsini.

 

Montesarchio (BN) Lapide a ricordo della solenne consacrazione dell’altare, per mano del cardinale Fra Vincenzo Maria Orsini, Arcivescovo, avvenuta il 22 novembre 1706, in onore della SS.ma Trinità, della Beata Vergine Maria, Sant’ Ambrogio, Dottore della Chiesa, Sant’Antonio da Padova e Sant’ Ignazio di Loyola, Confessore, e la concessione di cento giorni di indulgenze, in perpetuo, in occasione della visita nel giorno anniversario della consacrazione.

 

Savignano Irpino (AV). Ospizio dei pellegrini, fatto costruire da Benedetto XIII nel 1727.
Attuale sede del Palazzo comunale.

 

Questo dipinto, del 1705, di Giuseppe Castellano, si conserva nella Basilica di S. Maria di Faifoli.

Un particolare curioso è lo stemma del cardinale Finy, riportato al lato della firma dell’artista, all’epoca stretto collaboratore dell’Orsini, abate commendatario di quella chiesa, che ne fu il committente.
Secondo alcuni critici d’arte, in quest’opera è raffigurato, tra i  personaggi, anche l’Orsini papa. Dovrebbe essere, per somiglianza, colui che tiene il capo coperto con il camauro, con in mano il pastorale, al lato sinistro della Madonna.

 

L’epigrafe, dunque, conferma che la scelta dei santi fu frutto di una precisa scelta che, per una serie di considerazioni, deve essere ricondotta proprio alla figura dell’arcivescovo Vincenzo Maria Orsini che venne da Benevento a consacrare il 5 luglio 1705 di nuovo l’antico edificio a conclusione di una serie di lavori di restauro che nella sostanza cancellarono alla vista molti degli elementi architettonici originali.

 

La dedicazione dell’altare a Pietro Celestino nella chiesa di S. Angelo Limosano, suo luogo di nascita.

 

La prima pagina del “Libro primo dello Stato dell`Anime della terra della Apellosa (deve leggersi Apollosa) fatto da me Don Geronimo Savoia Arciprete incominciato al dì primo del mese d`Aprile 1695 secondo l’ordine dell' Eccellentissimo [..] Sig. re Cardinale fraVincenzo Maria Orsini della Santa Chiesa di Benevento Arcivescovo”[….].
E’ l’inizio della trascrizione del documento riportato innanzi e conservato presso l’Archivio parrocchiale del piccolo centro in provincia di Benevento.

 

Vitulano (BN). La Cappella dei Nobili, che rientra nel complesso monumentale della SS. Trinità, è una delle opere d’arte più belle dell’intera Valle Vitulanese.
La cappella fu consacrata nel 1701 dal cardinale Vincenzo M. Orsini e divenne subito la sede della Congrega dei Nobili, la congregazione laicale che raccoglieva la nobiltà locale. I confratelli, oltre a promuovere il culto della Natività di Maria (Madonna dell’8 settembre), si riunivano quotidianamente nella cappella per la celebrazione dei vespri.

Vitulano, Stemma orsiniano riprodotto sulla volta della sagrestia della Colleggiata della SS.ma Trinità. Foto Antonio Cusano.

Questo calice appartiene ai tesori della Collegiata di Vitulano. Fu donato dal pontefice, presumibilmente il 1725 così come si può evincere dalla data incisa nel fondo del pregevole arredo.

Il fondo del calice. Visibili sono le incisioni dello stemma papale dell’Orsini e dell’anno di costruzione o di donazione: A.D. 1725.

Foto Antonio Cusano.

Vitulano. La porta d’ingresso all’appartamento che ospitò il cardinale Orsini.

In questa casa, di proprietà della famiglia Gallo, secondo p. Domenico Tirone, nel 1705, alloggiò, per 15 giorni, affetto da influenza, l’arcivescovo beneventano mentre era impegnato  in una delle sue periodiche visite pastorali.

In basso:

Pareti e soffitto decorati ancora esistenti; infissi dell’epoca.

Foto di Francesco Matarazzo.

 

Castelpagano (BN). Incisione marmorea  posta all’interno dell’antico cimitero a ricordo della consacrazione avvenuta il 29 settembre 1707, ad opera del cardinale Orsini.
Foto Stefano Vannozzi.

Lo stemma orsiniano in  stucco recentemente deturpato da una coloritura posticcia, presente nella  chiesa di S. Maria a Quadrano, Gildone (CB).
Foto Stefano Vannozzi.

 

S. Nicola a Circello (BN).  Lapidi a ricordo delle consacrazioni di altari avvenute, la prima il 13 settembre 1703, la seconda, il 13 settembre 1705.
Foto Stefano Vannozzi.

 

Roccabascerana (AV). Affresco nella Cappella del SS. Rosario.
Fu realizzato dal pittore  Alberto Sforza nel 1721 su commissione del Cardinale Vincenzo Maria Orsini. Perfettamente leggibile è la firma del pittore: “Albertus Sforza pictor, humilis serviens eminentissimo Cardinal Ursini hoc opus fecit Annus Domini 1721”.

 

Torre Le Nocelle (AV).  La nuova chiesa dedicata a San Ciriaco Diacono e Martire fu consacrata dal cardinale fra Vincenzo Maria Orsini il 30 Giugno 1701 come si legge dalla lapide

 

Greci (AV) Chiesa parrocchiale San Bartolomeo. Lapide celebrativa della consacrazione dell’altare maggiore avvenuta il 3 luglio 1710. Il sacro tempio, invece, era già stato consacrato dallo stesso cardinale il 22 giugno 1706. A ricordo di questo evento fu apposta una incisione, dettata dallo stesso prelato, perdutasi, purtroppo, nei secoli scorsi. Giovanni Orsogna, studioso di storia locale è riuscito a riprodurla, ricavandola dagli archivi parrocchiali.


AECCLESIAM HANC IN HONOREM DEI
ET SANCTI BARTHOLOMAEI APOSTOLI
UNAM CUM IPSIVS ALTARI MINORI
AD HONORE^ PRINCIPIS DEXTERAM COLLOCATO
IN HONOREM BEATAE VIRGINIS MARIAE DE ROSARIO
SS. DOMINICI , HYACINTI CONFESSORIS, CATHARINAE
SENENSIS
ET ROSAE LIMANAE V. V.
SOLEMNITATU RITU DEDICANS DIE XXI IUNII MDCCVI
SACRAVIT
FRATER VINCENTIUS MARIA ORDINIS PREDICATORUM
EPISCOPUS TUSCULANUS S.R.E. CARDINALIS URSINUS
ARCHIEPISCOPUS
QVI SIMUL ET EODEM TEMPORE ALTERUM E REGIONE
ALTARE IN HONOREM
B.V. MATRIS DEI MARIAE . SS. ANTONII PATAVINI AC
FRANCISCI XAVERII CONFESS.
SACRIS EISDEM MISTERIIS INITIAVIT ET SEGUENTI DIE
RELIQUA HAEC DUO ALTARIA
PRIMVM B.V. MARIA ANNUNCIATAE ET SECUNDUM DIVI
PHILIPPUI NERI
SOLEMNITER ETIAM NUNCUPAVIT. OMNIBUS VERO
FIDELIBUS ECCLESIAM IPSAM VISITANTIBUS
DOMINICA POST FESTUM DEDICATIONIS ISTIUS ECCLESIAE
METROPOLITANAE
CUM QUA ANNIVERSARIAM HUIUS CONSECRATIONIS DICTAE
TRANSTULIT CENTUM INDULGENTIAM DIES PERPETUO CONCESSI

 

La chiesa del convento di Sant’Egidio di Montefusco.

Dalla documentazione d’archivio del convento dei cappuccini,  risulta che il cardinale Orsini procedette alla consacrazione dell’altare maggiore il 31 agosto 1692.
L’evento è riportato in una iscrizione marmorea:
Il giorno 31 agosto 1692 Fr. Vincenzo Maria Orsini, domenicano, pre grazia di divina cardinal prete di Santa Romana Chiesa del titolo di S. Sisto. Arcivescovo della Santa Chiesa Beneventana, riconsacrò solennemente questo altare, privo della consacrazione per la rottura del sigillo, consacrato a suo tempo da Carlo Pellegrini, vescovo di Avellino e Frigento, dedicandolo in onore di S. Maria delle Grazie e concesse cento giorni d’indulgenza ai fedeli pregheranno in questa chiesa nell’anniversario della sua consacrazione”.

(La traduzione dal testo latino è di p. Antonio Salvatore, autore della storia del convento: “Il convento dei cappuccini di S. Egidio in Montefusco”). Lo stesso autore ci ricorda che l’arcivescovo fu nuovamente ospite dei frati, nel settembre 1699. Il 17 settembre, nella chiesa del convento, amministrò il sacramento della Cresima; due giorni dopo ordinò otto sacerdoti e conferì altri ordini a 58 chierici. Nel 1718, donò una statua dell’Assunta, oggi collocata in una nicchia che fronteggia quella di S. Francesco.

Il Monastero di “S. Caterina da Siena” di Montefusco (AV), venne istituito il 2 luglio 1699 dall’arcivescovo di Benevento, Cardinale Vincenzo Maria Orsini, il quale, successivamente, consacrò gli altari della chiesa, così come si può leggere nelle due lapidi che ricordano l’evento.

“Questa chiesa col suo altare maggiore in onore di Dio e della sua Santissima madre e Vergine Maria e di S. Caterina da Siena consacrò con rito solenne dedicandola, il 21 novembre 1714, Fr. Vincenzo Maria Orsini, domenicano, Vescovo di Frascati, cardinale di Santa Romana Chiesa, Arcivescovo, e a tutti i fedeli che la visiteranno nella domenica più vicina al 21 del predetto mese, alla quale trasferì il giorno anniversario di consacrazione, concesse in perpetuo cento giorni d’indulgenza”.

“Questi due altari, uno sul lato dell’Epistola in onore della Beatissima Vergine Maria del Rosario e dei Santi Giuseppe, Patriarca, Domenico e Tommaso d’Aquino, Confessori, di Santa Caterina da Siena e di Santa Rosa da Lima, Vergini, l’altro sul lato del Vangelo, in onore della Beata Vergine Maria Annunziata dall’Angelo, consacrò dedicandoli con rito solenne, il 23 novembre 1718, Fr. Vincenzo Maria Orsini, domenicano, Vescovo di Porto, Cardinale di Santa Romana Chiesa, Arcivescovo, e a tutti i fedeli nel giorno anniversario della consacrazione, della Beata Vergine Maria (Annunziata) e nelle feste dei predetti santi, concesse in perpetuo cento giorni di indulgenza”.


(Le traduzioni dal latino sono di padre Antonio Salvatore, autore del volume: “Tre secoli di storia del Monastero di S. Caterina da Siena in Montefusco”)

 

 

 

Alcuni esemplari di parati donati da Benedetto XIII alla Chiesa Santa Maria Assunta di Montecalvo Irpino e alla Chiesa San Bartolomeo di Benevento.

Piviale, Tunicella e cartiglio con l'incisione: “PRO MONTECALVO A.D. MDCCXXIV“
Lampasso piviale 140 250 cm.; pianeta 119 76 cm.; manifattura romana (attr.) XVIII sec., 1724 Montecalvo Irpino, Chiesa di Santa Maria Assunta

Descrizione del disegno

Gallone: in oro filato su anima di seta gialla, cm. 3; è presente sulla pianeta, sul piviale, sulle tunicelle e al centro e sulle testate di manipoli e stole, dove forma delle croci.
Frange: composte da seta rossa e oro filato su anima di seta gialla, cm.10; bordano, in basso, manipoli, stole,velo omerale e il cappuccio del piviale, sottolineandone la particolare sagomatura.
Trina: oro filato su anima di seta gialla, cm. 1,5; rifinisce i bordi del piviale, della pianeta, delle tunicelle e del velo omerale.
Cartiglio: applicato in basso, sul piviale, sulle tunicelle e sulla pianeta, presenta la scritta “PRO MONTECALVO A.D. MDCCXXIV“.

 

PIVIALE,  TUNICELLA, Lampasso piviale 140 Ⅹ 250 cm.; tunicelle 110 Ⅹ 70 cm.; manifattura romana (attr.) XVIII sec., 1724Benevento, Curia Arcivescovile

Descrizione del disegno.

Gallone: in oro filato su anima di seta gialla, cm. 3; è presente sul piviale, sulle tunicelle e al centro e sulle testate del manipolo e della stola, dove forma delle croci
Trina: di due tipi, una in oro filato su anima di seta gialla, cm. 1,5, che borda, in basso, manipolo, stola e il piviale con il relativo cappuccio; un’altra di cotone giallo, cm. 1,5, che rifinisce le due tunicelle.
Cartiglio: applicato in basso, sul piviale e sulle tunicelle, presenta la scritta “PRO S. BARTOLOMEO A.D. MDCCXXIV”, poco leggibile.

 

Fonti: “Inventario delle Suppellettili Sagre donate dalla Santità di N.ro Sig. re Benedetto Papa XIII fatte à proprie spese dal primo Giugno MDCCXXIV.
Biblioteca Capitolare di Benevento, manoscritto 486.
“Registro delle Sante Visite 1724 – 1728”, Archivio Parrocchiale di Montecalvo Irpino.“Editti e Decreti S. Visita 1686 – 1811”,
Archivio Parrocchialedi Paduli.“Inventario di Suppellettile sacre donata alla Santità di N.ro S.re Benedetto PP. XIII, e da esso donata ad altre chiese, e parte ritenuta per uso proprio dalli 29 maggio 1724. Biblioteca Capitolare di Benevento, manoscritto 487.

 

Il parato donato dal pontefice,  alla cattedrale di Montemarano, uno dei tanti comuni della Diocesi.

 

Montemarano (BN). Pianeta viola a racemi Broccatello.

La pianeta fa parte di un ricco parato che comprende numerosissimi pezzi, con analogo in rosso e bianco, fa parte della stessa donazione papale, come dimostra il cartiglio, in basso, nella parte posteriore, con scritta “Anno Jubilei MDCCXXV”.

 

Piviale di damasco rosso Damasco classico. Il piviale conserva finiture originali e reca un cartiglio con scritta: “Anno Jubulei MDCCXXV, l’anno giubilare in cui, Benedetto XIII, era già papa da un anno.

 

 

Pianeta in damasco bianco Damasco classico. Anche questo parato, per il cartiglio riproducente la scritta dedicatoria: “Anno Jubilei MDCCXXV” è da attribuire, come dono papale, a Benedetto XIII, il quale provvide a dotare la Chiesa di Montemarano dei paramenti sacri di tutti i colori liturgici.

A destra, l’ultimo esemplare del donativo fatto da Benedetto XIII. Di colore verde, altro colore liturgico Anche sulla parte bassa posteriore della pianeta è leggibile il solito cartiglio che riconduce all’Anno Santo del 1725, celebrato dall’Orsini.

 

 

L’INNAMORATO DI SAN FILIPPO NERI

 

 

 

Roma, Santa Maria in Vallicella, Stanze di San Filippo. Miracolo di San Filippo Neri a Vincenzo Maria Orsini, futuro Benedetto XIII. Olio su tela, 99,5 x 74,5 cm. Il dipinto è citato per la prima volta nel 1726 in un inventario di mobili della Chiesa Nuova.
Attraverso il cartiglio dorato posto in cima alla cornice apprendiamo che si tratta di un dono offerto agli Oratoriani dal cardinale Pietro Ottoboni (1667 – 1740) a cui il pontefice aveva donato il quadro sapendolo legatissimo alla Comunità presso la quale aveva trascorso un periodo di meditazione spirituale nel 1724.

 

 

Roma. Stanze di san Filippo Neri alla Vallicella.
Nella foto una cassa funebre nella quale è stato deposto, per un breve periodo, il corpo del Santo.
Sul sarcofago ligneo sono visibili il busto in argento del Neri, eseguito dall’orefice bolognese Pietro Zagnoni (1689) e due urne contenenti alcune reliquie.
Sulla parete, come sfondo, un’iscrizione marmorea ricorda l’introduzione della festa di precetto nella diocesi di Roma, il 26 maggio, giorno di s. Filippo Neri, stabilito da Benedetto XIII nel 1725.

 

Ovale, che riproduce una effige di Benedetto XIII, situato nelle stanze di San Filippo alla Vallicella di Roma. L’opera, dai critici d’arte, viene attribuita al Bracci.

 

Roma, Santa Maria in Vallicella, Sacrestia. Piviale in seta laminata in argento e ricami in oro e seta laminata in oro, 135 x 290 cm.

Il piviale è in seta laminata in argento con decorazioni floreali in oro: nel bordo ci sono due stemmi pontifici di papa Orsini e sei scudi con immagini di santi: Caterina, Domenico, Pietro, Paolo, Tommaso e Rosa. Il piviale è ricoperto di ricami a punto a stelo, punto piatto e punto passato con grande profusione di lustrini. Sullo scudo un ricamo che ritrae l’Assunta.
Esso fu donato alla Vallicella da Benedetto XIII Orsini (1724-1730) che era particolarmente devoto a San Filippo a cui attribuiva la propria salvezza nel corso del terremoto di Benevento del 5 giugno 1688


Particolare anteriore basso del piviale con lo stemma papale dell’Orsini.

Altro particolare più ravvicinato dello stesso stemma pontificio.

L’immagine dell’Assunta riprodotta sullo scudo posteriore del sacro arredo.

La parte centrale con particolare dell’intero scudo con l’effige ricamata dell’Assunta.

Il prezioso e pregevole parato visto interamente nella sua parte posteriore.

 

L’altro particolare di questo manufatto è l’effige ricamata che riproduce Santa Caterina da Siena

L’effige riprodotta su quest’altra parte dello stesso piviale è quella di San Domenico, fondatore dell’Ordine a cui Benedetto XIII apparteneva.

L’effige qui  riprodotta è quella di San Paolo

In questo riquadro è raffigurato il Principe degli Apostoli

L’immagine riprodotta è quella di Santa Rosa da Lima, santa domenicana

Infine, non poteva mancare l’omaggio al dotto acquinate, San Tommaso, padre della Summa Teologica

 

Gravina in Puglia (BA). Chiesa di san Domenico, cappella di san Filippo Neri fatta realizzare dalla mamma del cardinale Orsini, la duchessa Giovanna Frangipane della Tolfa, a ricordo del terremoto di Benevento e dello scampato pericolo a cui sfuggì il figlio, grazie al miracoloso intervento di san Filippo.
La cappella, arricchita da questa tela del XVII,  fu consacrata dallo stesso cardinale il 4 maggio 1690, in occasione di una delle periodiche visite che rendeva alla madre, diventata, nel frattempo, suor Maria Battista dello Spirito Santo, essendosi fatta suora dopo la morte del marito, e aver fondato il convento delle domenicane di Santa Maria.

 

Napoli. Biblioteca dei padri dell’Oratorio. Busto in bronzo, opera dello scultore Giacomo Giardini, e  lo stemma di Papa Benedetto XIII raffigurato nei 4 pennacchi della grande tela della Sala Vico.

 

Pianeta donata al Pontefice, nel 1725, dal polacco Michele Krasowski insieme a tutto il resto del parato che, a sua volta, l’Orsini donò ai padri Filippini, detti anche Girolamini, di Napoli.

Purtroppo, il resto del parato è andato perso o distrutto, così come è stato trafugato l’abito che indossava al momento del terremoto di Benevento del 1688 e che aveva donato a questa chiesa in segno di gratitudine nei confronti di San Filippo Neri che non lo aveva fatto soccombere sotto le macerie e le rovine del palazzo vescovile crollato.

 

 

SEDE VACANTE 1724

 

Roma. Sede Vacante 1724. Medaglia emessa dal governatore del Conclave Monsignor Maffeo Farsetti.

 

Sede Vacante 1724 Medaglia in piombo emessa dal Governatore del Conclave Monsignor Maffeo Farsetti, di artista anonimo.

 

 

Sede Vacante 1724 Sede Vacante 1724 Medaglia in bronzo emessa dal Tesoriere Generale e Prefetto di Castel Sant'Angelo Monsignore Carlo Collicola.

 

 

Continua

 

 


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VIAGGIO NELLA STORIA TRA LE PIETRE VIVE DELLA MEMORIA - RICERCA  STORICO -  ICONOGRAFICA A CURA  DI  GIUSEPPE MASSARI SULL’ORSINI CARDINALE, ARCIVESCOVO, PAPA

 

- (I Parte - 1) - Introduzione - Presentazione - Le Origini, la dinastia, la discendenza - Il presagio - A capo della chiesa Sipontina - Vescovo a Cesena - Lo sposo di Benevento - Contestualmente Vescovo di Frascati (1791 - 1716) e Porto - Santa Rufina (1715 - 1724) - Nei paesi della vasta Diocesi Beneventana, tra il Sannio, l'Irpinia, la Provincia di Campobasso e parte della Daunia Settentrionale - L'innamorato di San Filippo Neri - Sede vacante 1724 -

- (I Parte - 2) Dalla Porpora al Papato - I Conclavisti del 1724 per la elezione del Cardinal Orsini - La continuità domenicana di chiamarsi Benedetto - Vescovo di Roma - Medaglie e monete - Presentazione della chinea - I 29 Cardinali creati durante il suo Pontificato - I Santi Canonizzati - I Beati proclamati - Nuove feste liturgiche, nuove celebrazioni, nuovi culti riconosciuti ed introdotti durante il Pontificato  - Tra le Basiliche maggiori e minori di Roma - Ricognizione del corpo di Sant'Agostino - Il Museo Piersanti di Matelica (Mc)

 

(II Parte - 1) L'omaggio scultoreo di Pietro Bracci - Celebrazione del 17° Giubileo, la Porta Santa nel 1725 - Medaglie pontificie del Giubileo - L'Ospedale S. Gallicano - Agnus Dei - Altre curiosità sul Giubileo - Il Concilio - Congregazione dei Fratelli delle Scuole Cristiane - Scalinata di Trinità dei Monti - Nell'anno del Signore 1725 - Visita a Torre in Pietra e a Vignanello - Altre curiosità - Da Papa due volte a Benevento - Le soste di Benedetto XIII ad Albano nel Casino Lercari - Passando da Caserta... - ... Per Capua... - Due giorni a Maddaloni - ...con breve sosta a Calvi e a Teano... - …Anche a Fondi una permanenza sulle orme di San Tommaso D Aquino... - Soggiorno a Montecassino - ...Facendo sosta a Frosinone - Si fermò anche a Sezze Romano - Alla Abbazia di Fossanova - ...Toccando Carinola... - Anche Terracina fu onorata dal passaggio papale - Instancabile timoniere sulla barca di Pietro - Il carcere di Corneto - Il Papa pellegrino a Viterbo - Impegno per la crescita culturale e spirituale dei Camertesi

 

- (II Parte - 2) Considerato, amato per essere ricordato - Testimonianze in Italia e nel mondo -

 

- (III Parte) - Bibliografia libraria ed archivistica - Appendice documentaria - Ringraziamenti


 

 

- Il Cardinale e Papa Orsini prima e dopo Benevento - Presentazione dell'Opera, Benevento il 22 ottobre 2012

- Fase Diocesana del processo di Beatificazione e Canonizzazione del Papa pugliese Benedetto XIII

 

- Il Parato di Benedetto XIII per San Luigi Gonzaga e San Stanislao Kostka


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- Interviste e Recensioni

 

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