Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

 

POESIE

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Silloge


POEMA DI MEDJUGORJE

 

 

IO PELLEGRINA


Partiamo, alfine,
pur se il tempo è inclemente
e la sferza sonora della pioggia,
copiosa insista a flagellarci.

Padre Barnaba esalta il Dio vivente
e con fervore tutto francescano,
esorta ad affidarsi al Suo volere,
poiché sottile, forse già s’insinua
in chi al primo ostacolo s’accora,
un malumore ambiguo, serpentino.

Non in me, che nell’intimo esulto
vibrante di speranza, nell’attesa.

Poiché domani, io pellegrina,
raggiungerò la meta.

 



 

 



SUL KRIZEVAC

 

 

Al Krizevac giungemmo lieti, ansanti…

E poco contava la fatica compiuta
nello scalar le pietre aguzze e informi
sotto un sole che si faceva intenso.

E la conquista della ripida salita
ci riempì il cuore d’un moto d’esultanza,
mentre la Croce infissa sulla vetta,
come un dito puntato verso il cielo,
ci trasmetteva un innegabile messaggio.

Ci disponemmo in cerchio attorno ad essa
e con vigore rinnovato ti porgemmo
una preghiera di ringraziamento,
le mani alzate verso Te, Signore.

- Pubblicazione sulla prestigiosa rivista diretta dal Prof. Leo Magnino - "La Cultura nel mondo" - Roma (Anno XLIV Aprile-Giugno 1990 n. 2)



 



NOTTURNO

A Roma non c’è
un cielo così stellato
in cui rintracciare persino
l’Orsa Minore…

E nella notte, di certo non s’avverte
il passo attuttito d’una giovane volpe
o d’altro animale di selva,
che segue dappresso i nostri passi
su un frusciante tappeto di foglie.

Nel silenzio, il breve richiamo del chiù
e nell’anima, aperta ormai alla speranza,
la gioia esaltante dell’essere in pace
con se stessi e con Dio…

 

 

 



LITURGIA PENITENZIALE

 

Tutti racchiusi nel cortile della casa,
pervaso dai profumi dell’infanzia,
facciamo cerchio tra le rose rampicanti
ed i vitigni che nascono, stentando,
sull’aspra e scarna terra slava.

Come bambini in attesa d’una fiaba,
col viso rivolto verso il cielo,
nella cornice suggestiva del cortile,
è così facile e suadente confidare
nell’infinita clemenza del Signore…

- Pubblicazione sulla prestigiosa rivista diretta dal Prof. Leo Magnino - "La Cultura nel mondo" - Roma (Anno XLIV Aprile-Giugno 1990 n. 2)

 


 

 

 



VISKA

Viska è là, sull’alto del poggiolo,
ad osservar la folla che s’aduna,
mentre l’onda della sua chioma bruna
al vento vibra come un tenero bocciolo,
e la mano protende a salutare
con un moto dell’anima, gentile.

Cruccio non c’è che le possa sfiorare
quel viso che ha qualcosa d’infantile,
un chè d’aggraziato e d’innocente
e con gesto monello, di sovente,
ravversa una ciocca dispettosa
che, densa, sulla fronte s’infittisce,
mentre con la sua voce melodiosa
l’animo inquieto di molti raddolcisce.

Con quel suo fare docile, paziente,
dispensa un sorriso, una parola
che ogni pellegrino riconsola,
il cuore tocca e lo fà sapiente.

Qui sulla terra, questa è la missione
Che Viska svolge senza mai riposo,
a noi mostrando quel viso radioso
come al momento dell’Apparizione.

Ferma sull’alto, ventoso poggiolo,
come in attesa su quei pochi gradini,
ai volti ansiosi di noi pellegrini
che la circondiamo, fremente stuolo,
con gesto d’amore tutto materno,
il bruno capo reclina con grazia,
poi verso il cielo, verso l’Eterno,
verso l’azzurro, il suo sguardo spazia…

 

 

 



IN FAMIGLIA

Faceva giorno presto nella stanza,
allegro dormitorio di fortuna
dove noi quattro amici sostavamo
in quei giorni, memorabili, d’ottobre
ed il sole filtrava indisturbato
tra le tendine di carta, inconsistenti.

Nella cucina Jakov sonnecchiava
mentre Stana impastava, svelta, i dolci
e intanto Ante s’occupava del negozio,
l’alta figura immiserita da un grembiule.

Sul prato, striminzito, innanzi casa,
altri bimbi correvano gioiosi,
lieti imbastendo i giochi dell’infanzia…

Sotto quel cielo e quel sole risplendenti,
nei campi intorno ogni tanto s’avvertiva
un belato, un muggito e sulla strada
il rombo d’una macchina chiassosa
che ad ogni curva, molesta, sollevava
un impalpabile, bianco polverone.

E noi, pur ammaliati da quell’armonia,
per un nonnulla, ancora, a notte fonda
sovvertivamo, insonni e ridanciani,
il meritato riposo della casa…





 


UN GRAPPOLO D'UVA

 

...Un grappolo d'uva
carpisti
alla pergola acerba di Mila.

Eppoi corresti fuori
compiaciuto,
a gridare la tua contentezza
ai ciottoli bianchi della strada,
al primo sole
che ti veniva incontro...

 







PADRE JOZO

Dall’ampia piazzola assolata,
dove le aiuole fiorite disegnano
una corona allegra intorno
alla statua severa di Maria,
entriamo nella chiesa luminosa
dove il sole entra a fiotti
dalle vetrate lineari, contro cui
una rondine, prigioniera della volta,
percuote le piccole ali
finchè non trova le vie dell’aria…

In fondo, la scarna Croce di ferro
da cui il Cristo reclina il capo trafitto
e benevolo guarda frà Jozo che parla,
con la sua voce pacata, instancabile
e ci esorta a cambiar vita,
a seguire la volontà di Dio.

Dal suo volto ispirato, severo,
in cui raro il sorriso sorprende,
un effluvio di pace dilaga
e lenisce ansie e vecchi rancori.

Fuori, al sole, tra le aiuole fiorite,
un Cristo bronzeo flagellato
è incatenato da secoli
alla nostra spietata umanità…

 

 

 

 




LA CANZONE DI MARIO

 

 

Inno di lode o di disperazione
fu – caro amico – quella tua canzone
che, d’improvviso, quella sera ci cantasti,
suscitando persino dei contrasti?

Afferrata, d’impulso, una chitarra
tu ci incantasti con una melodia
così accorata, forse un po’ bizzarra
come quel luogo strano,
un po’ spettrale,
adatto a uno spettacolo teatrale,
che ci infondeva già malinconia.

… Era sì, proprio un cimitero
le cui lapidi e le severe croci
si stagliavano bianche contro il nero
della notte inoltrata. Le voci
intorno tacquero un momento
mentre tu, dapprima un po’ sgomento,
rabbioso quasi per quella decisione,
interpretasti la tua splendida canzone
che, prorompente come una preghiera
saliva all’infinito della sera,
dono per Lui da una sua creatura,
dono per noi, compagni d’avventura.

Che ascoltavamo con un poco d’emozione
l’inno di lode (o di disperazione?)
che ti nasceva nell’animo in fermento
mentre di stelle s’affollava il firmamento…

 






SUL PODBRDO


A decine, fioriscono le croci
sul Podbrdo
e docili caprette s’aggirano
sulla pietraia dove noi,
così vicini al cielo,
assorti ascoltiamo
la voce di Dio.

Le palme delle mani aperte
come due ali materne,
Rosita crea un angolo d’ombra
sui capi bruni di Francesca
e di Emanuela
e la figura possente di Don Giusto
disegna una nera croce
che sovrasta il gruppo.

Canti e preghiere salgono
dal Podbrdo
mentre in noi si fa spazio
la Parola di Dio.

Ormai rasserenati scendiamo
alle devote case contadine
stringendo tra le mani, a ricordo,
qualche scheggia di pietra
su cui, forse, edificheremo
i nostri giorni futuri…

 




 


A MARIO D. B.

… Dietro la collina
il sole già declina, lentamente
e su noi effonde gli ultimi raggi
d’un tramonto iridato,
luminoso dono per l’anima.

Qui c’è pace,
ma il tuo cuore restio
non vuole ascoltarla,
impreparato ancora
alla voce di Dio.

Lo so, difficile è
l’accettarsi,
ognuno di noi ha
la sua sedia a rotelle
da cui stenta a rialzarsi
e solo l’amore del Padre
può renderci simili
ai liberi uccelli del cielo
che non hanno confini.

… Dietro il Podbrdo brullo
il sole del tramonto
lentamente declina.
Ma domani, come oggi,
risplenderà
caldo, luminoso, vitale,
a far fiorire la tua esistenza
che ti sembrava inutile.

 

 

 

 

 

A NIKSA

"Cari mii..."

Nel tuo italiano stentato,
sgrammaticato,
tu stesso sorpreso
da quell'emozione
che ti tocca
il viso già segnato,
che resta un segreto
nascosto dietro i vetri
scuri degli occhiali,
di getto componi
un breve discorso.

Poi, sopraffatto,
discendi svelto
dall'auto
e mentre le tue grandi mani
ondeggiano nell'aria
in un commosso addio,
la tua alta figura,
piccola ora nella distanza,
rimane a lungo immobile
sulle rive
della placida Neretva...

 

 



FORSE CERCAVO


Cercavo forse presagi,
segni arcani nel cielo
ma non ne trovai...

Trovai Padre Santino, mistico inerme
in cerca del suo Dio
e la felice fatica di portar Francesca
sul viottolo sassoso e discontinuo
che conduceva in cima alla montagna
disseminata di croci.

Un suono di chitarre e voci melodiose
di vigorose donne del Gargano,
una donna svedese e un australiano
con cui era semplice capirsi
in quella sorta di linguaggio universale
che unisce gli uomini
dinanzi ad un altare.

Trovai solo l'alba
che s'alzava nebbiosa sopra i campi brulli,
sui melograni in fiore,
un cielo stellato nella notte,
che palpitava sulle case
di Stana e di Jelena la veggente...

E poi un sole radioso
che dissolveva ogni fatica
ed ogni umana incomprensione...


 

 

UN ALTRO MONDO


Qui a Medjugorje
è proprio un altro mondo,
un luogo sospeso ed irreale
dove la pace non sembra un’utopia,
dove si vive come tra fratelli
senza tener conto dell’etnia.

Sereno è il tempo e il pomeriggio
lentamente si dipana nell’afa estiva
mentre il silenzio s’infiltra nelle stanze
e a noi, insonni pellegrini,
reca un momento di requie…

Placati poi, ma pieni d’energia
lungo la via che taglia  la campagna
ed alla cattedrale ci conduce,
in fila indiana lenti procediamo
con il rosario stretto tra le mani
e una preghiera  sincera sulle labbra.

Eccoci ora partecipi e presenti
al sacrificio solenne della Messa
mentre la Madre accoglie i nostri voti,
le promesse, le ansie, le preghiere
donando al cuore la gioia e la speranza.

E’ il primo giorno qui come nell’Eden
senza i pensieri, le angustie, le ansietà,
che rendono sfibranti i nostri giorni.
Domani ancor più arditi marceremo
per altri itinerari ed altri spazi
il cuore e l’animo mai sazi
di tanta esultanza, di promesse, 
di speranze…

 

 

 

 

 

ANCORA IN CAMMINO


In fila indiana cominciamo il cammino
verso il santuario piuttosto vicino,
rosario alla mano e mentre andiamo
per varie intenzioni tutti preghiamo…

A piccoli passi o a grandi falcate
andiamo per strade non ancora asfaltate,
coi bimbi in carrozza e con gli anziani,
mentre teniamo giunte le mani…

Sulla polvere bianca camminiamo spediti
costeggiando campi e vigneti assolati
e strada facendo ci facciamo più arditi.

…E’ l’ultima curva, siam quasi arrivati,
e per ripararci dal solleone
e ritrovare un po’ di freschezza
facciamo una pausa alla IV stazione,
ci rifugiamo dove c’è brezza
sotto un grand’albero dai folti rami

Dopo la sosta riprendiamo vigore
e proseguiamo con la pace nel cuore,
i bimbi ridenti, sereni gli anziani,
stringendo il rosario ancor tra le mani.

E il cuore si placa, gioisce davvero…
Poi recitiamo il V mistero…

Forza che ormai la chiesa è laggiù…
ora passiamo per il cimitero
dove Frà Slavsko riposa in pace,
dopo una vita spesa da audace.

E mentre passiamo rivolgiamo il pensiero
a  tutti coloro che non ci son più

Vicina è la meta, la chiesa è là
Ecco a sinistra il Redentore,
le braccia aperte per stringerci al cuore...

C’è gente che viene, c’è gente che va…


 

 

 

CONCERTINO

 

…La sera è serena e in quell’angolo fresco
noi ci attardiamo, come ad un rinfresco
 chi gioca, chi ride, chi suona, chi canta
con la chitarra e l’armonica a bocca,
un canto armonioso che il cuore ci tocca
e ci rende di nuovo sereni, ci incanta...

Così che possiamo ancora sognare
I nostri errori di cancellare,
I nostri errori di rendere nulli,
e ritrovarci ancora fanciulli,
con tante speranze e tanta bontà
Intanto la notte più fonda si fa…

 

 

 

 

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