Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

COLLABORAZIONI



In questo Settore vengono riportate notizie e immagini fornite da altri redattori. Nello specifico, i testi sono stati realizzati da Anna Maria Mulinacci, che ha trasmesso anche le foto, mentre Cartantica ha curato la grafica e la rielaborazione delle immagini.

Tutti gli articoli degli altri Settori sono state realizzati da Patrizia di Cartantica che declina ogni responsabilità su quanto fornito dai collaboratori.

"N.B.: L'Autore prescrive che qualora vi fosse un'utilizzazione per lavori a stampa o per lavori/studi diffusi via Internet, da parte di terzi (sia di parte dei testi sia di qualche immagine) essa potrà avvenire solo citando esplicitamente per esteso (Autore, Titolo, Periodico) il lavoro originale."

 

******

FIN DALLA CULLA


PREMONIZIONI DELLA PASSIONE NELLE IMMAGINETTE DEVOZIONALI DI GESU' BAMBINO

 

di

 

ANNA PAOLA MULINACCI

 






Sin dal XVI secolo una copiosa fioritura di opere scultoree e pittoriche (anche di alto livello) ha generato una lunga tradizione di immagini in cui l’incarnazione e la passione di Cristo, la sua nascita e il suo sacrificio di Redenzione si fondono in un unico insieme.

Essa ha inizio con Divini Bambinelli che ostentano corone di spine o che giacciono assopiti sulla croce, a loro volta ispirati ai modelli classici dei “putti dolenti” o del “Cupido dormiente”.
Tra i più noti e antichi esempi scultorei si può ricordare il quattrocentesco Gesù Bambino di Desiderio da Settignano posto sulla sommità del Tabernacolo di San Lorenzo a Firenze: in piedi sopra al calice eucaristico, egli benedice con la mano destra e con la sinistra mostra la corona di rovi.
In ambito pittorico sono altrettanto celebri due opere di Cristofano Allori e di Guido Reni: nella prima il Verbo incarnato sta serenamente disteso sul legno del supplizio ad occhi chiusi, nel secondo contempla dal doloroso giaciglio alcuni strumenti del suo futuro martirio.

 

Dal tardo Cinquecento si diffuse anche l’immagine - più rara - del Fanciullo portacroce: Gesù Bambino (o adolescente) trasporta il legno salvifico e tiene in mano un cesto o un secchiello con gli altri strumenti del suo martirio.
L’evidente contrasto tra dolcezza infantile e crudezza del carico suscitava la devozione dell’osservatore e allo stesso tempo lo invitava ad accettare le proprie croci, imitando Cristo.
Se ne possono trovare varie testimonianze pittoriche, ad esempio una piccola tela seicentesca, attribuita alla monaca Orsola Maddalena Caccia, conservata nel Museo Canonicale di Verona.
Merita una menzione anche un’interessante opera del senese Francesco Vanni, che offre una rara variante: il soggetto del dipinto in questione è infatti il Ritorno dalla fuga in Egitto e Gesù vi appare tra Maria e Giuseppe, con un pettirosso in una mano e il secchiello con gli strumenti della passione nell’altra.

ù

Anche questa iconografia, così come quella dei Bambini dormienti sulla croce, si diffuse grazie alla stampa: due incisioni di Hieronimous Wierix, databili verso il 1595, ne favorirono la sua diffusione anche Oltralpe.

Nel XVI e XVII secolo il tema dei “Bambini della Passione” trovò terreno fertile soprattutto nell’ombra dei conventi: il corpo virile del Cristo immolato veniva così prudentemente sostituito, per le monache, con le carni bambine del Divino Infante, ispiratrici di casto amor materno e più funzionali a trasmettere l’idea del sacrificio nella purezza, particolarmente adatta per le religiose.


Con il tempo l’iconografia si arricchì ovviamente di variazioni e dettagli: la culla-mangiatoia, i simboli eucaristici, la croce e gli altri strumenti di tormento e morte si combinarono in varie soluzioni compositive, ben attestate dalla superstite produzione (generalmente anonima) di incisioni, quadretti, sculture, statuette di legno e cera, manufatti a collage.

 



Nel XIX secolo questo repertorio passò anche nel mondo delle immaginette devozionali seriali, dando vita ad un’indisciplinata proliferazione di varianti iconografiche.

E sebbene nel corso del Novecento il tema sia progressivamente caduto in disuso per fare posto a immagini più liete, non è mai scomparso: così accanto al gran numero di acqueforti, litografie e cromolitografie si trovano anche numerosi santini moderni in fototipia e in offset.


Oltre che nelle immaginette con Gesù Bambino stampate per celebrare il Natale, esso è ben presente nei Souvenir della Prima Comunione e talvolta in quelli di decesso (e non solo per morti infantili); inoltre si lega spesso all’iconografia di Gesù Buon Pastore, Gesù giardiniere e dei dolori della Vergine Maria.


Questo lavoro vuol offrire una rassegna tipologica sul tema, basata sul materiale della mia collezione in cui negli anni ho cercato di far confluire modelli diversi. I documenti allegati sono stati selezionati escludendo, laddove possibile, quelle più note, ad esempio alcuni esemplari cromolitografici della Santa Lega Eucaristica.

Poiché è difficile individuare il criterio organizzatore di un materiale così eterogeneo per epoche, editori, tecniche di stampa e supporti, si è deciso di allestire semplicemente un ampio repertorio di immagini in cui sono visibili i numerosi “segni” (simbolici ed espliciti) che nei santini con Gesù Bambino (neonato e fanciullo) rimandano alla Passione e all’Eucarestia.

Questi segni premonitori e chiarificatori del motivo della nascita di Cristo possono trovarsi come elementi isolati o in sinergia con altri e combinarsi tra loro in modo estremamente libero, ma ciò non impedisce di identificare alcune modalità compositive che verranno via via presentate nelle loro varianti.

Nella rassegna è stato dato un particolare rilievo alla raffigurazione della Croce, la cui presenza nelle immaginette dà vita a numerosissime soluzioni.

 




 



Parte I - PIANTE E ANIMALI SIMBOLICI





Ovviamente tutte le piante spinose e pungenti sono dei chiari rimandi alle sofferenze future del Divino Infante.
La rosa, il cardo, l’agrifoglio e soprattutto il rovo sono frequentissimi nei santini di Gesù Bambino, e vengono inseriti sia nel corpo dell’immagine sia nelle cornici decorative: si intrecciano sui bordi, nascono ai piedi del fanciullo seduto, sbucano tra la paglia della mangiatoia…


La passiflora costituisce un riferimento ancora più esplicito, visto che sulla sua luminosa corolla spicca, in verde e violetto, l’immagine della corona di spine e dei chiodi. Talvolta essa si presenta nella varietà fucsia, che allude anche al sangue del sacrificio, così come avviene per altri fiori rossi o rosa intenso, ad esempio l’anemone.

Anche la palma occupa un posto di rilievo in numerose immaginette: tenuta in mano dal bambinello dormiente nella greppia o posta a contorno della composizione indica al tempo stesso la sofferenza del martirio di Cristo, duro prezzo per la salvezza umana, e la gloria della vittoria sul peccato e sulla morte.

 


Ovviamente le piante eucaristiche, il grano e l’uva, sono spesso presenti nei santini. In alcuni casi la mangiatoia è colma di frumento e non di fieno, in altri Gesù neonato tiene in mano una o più spighe, oppure – bambino – ne sostiene un fascio o miete nel campo.

Oltre ai grappoli presenti tra le mani o vicino a Gesù, egli a volte è raffigurato anche come piccolo vendemmiatore insieme ad altri bimbi festanti.

 

È invece più raro trovare come elemento simbolico premonitore la canna, futuro scettro denigratorio dell’Ecce Homo.


Pure la mela, segno del peccato originale, compare raramente, così come la melagrana e le ciliegie (amore e sangue di Gesù), quest’ultime presenti solo se il santino riproduce un’opera d’arte che le contiene.

 

Ovviamente nelle immaginette devozionali di Gesù bambino sono numerosissimi gli agnelli. Abbracciati dal Redentore e tiepido sostegno per le sue tenere carni, inginocchiati al suo fianco o stretti ai suoi piedi, frequentemente raffigurano la mansuetudine e l’umiltà, sia di Cristo che dell’anima buona e pura a lui fedele. Ma altrettanto spesso sono agnelli immolati grondanti sangue, che rappresentano chiaramente la missione del figlio di Dio: servire e dare la propria vita in riscatto, essere l’“Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo” (Giovanni 1, 29).

Segnalo in proposito una particolare tipologia di santino, alquanto tragica e quindi non sopravvissuta a lungo nel corso del Novecento, in cui è visibile un agnello adagiato su una croce sopra o sotto a Gesù che, nella mangiatoia, spesso mostra già la postura e le ferite della crocifissione.

Raramente nelle immagini del Bambinello appare un altro animale che nell’arte e nella letteratura religiosa simboleggia spesso il suo sacrificio, il pellicano, associato a Gesù sin dalle origini del cristianesimo.

L’antica leggenda su cui si basa l’identificazione con il Redentore narra come il pellicano si squarci il petto e ne faccia grondare sangue pur di nutrire i suoi figli e dar loro la vita.

Per questo motivo è diventato simbolo della Carità e della stessa Eucaristia, in quanto Egli ci nutre con il suo corpo e il suo sangue in un supremo atto d’amore, ed è spesso visibile sulla sommità della croce in molti dipinti medievali.

Anche nell’Adoro te (1264), uno dei cinque inni eucaristici dedicati da Tommaso d’Aquino al Corpus Domini, il Santo invoca la misericordia di Gesù in questi termini:

Pie pelicane, Jesu Domine / me immundum munda tuo sanguine / cuius una stilla salvum facere totum mundum quit ab omni scelere. (Pellicano pieno di bontà, Signore Gesù, / lava le mie colpe col tuo sangue/ di cui una stilla sola basta a rendermi tutto puro da ogni peccato).

Talvolta la missione redentrice di Gesù Bambino è indicata dal serpente, che in alcune composizioni ha in bocca una mela per rimandare con maggior chiarezza alla colpa originale, alla disubbidienza di Eva e Adamo che colsero e mangiarono il frutto dell’albero vietato.

L’animale in alcuni casi viene schiacciato direttamente dal piedino del bimbo, in altri dalla croce. In quest’ultimo modo si istituisce un chiaro collegamento tra il legno salvifico del supplizio (lignum vitae) e quello dell’albero dell’Eden perduto.


Sebbene assai diffusi nella produzione pittorica, gli uccelli-simbolo della Passione come il cardellino (per la sua macchia rossa sul capo e la sua predilezione per i semi del cardo spinoso) risultano assenti nelle immaginette, se non quando riproducono dipinti, ad esempio quello della Madonna di Montenero.

 


                                                         

 

Parte II - “ARMA CHRISTI”: GLI STRUMENTI DELLA PASSIONE

 

 

Ovviamente la modalità più esplicita per indicare ai fedeli il doloroso cammino che il Bambino Divino dovrà sostenere da adulto è collocare nelle immaginette gli strumenti della passione. Molte le soluzioni iconografiche e assai variabile il numero degli oggetti presentati.

In quelle che ne contengono solo alcuni, di solito vengono inseriti, oltre alla croce, la corona di spine e i chiodi (come nel dipinto-prototipo di Guido Reni), e accanto ad essi il martello e le tenaglie, di cui non c’è traccia nei Vangeli ma che sono state annoverate tra le “Arma Christi” secondo un logico realismo. Talvolta questi pochi elementi sono collocati a terra, accanto alla mangiatoia, in altre composizioni vengono invece sorretti con le mani e mostrati al fedele da Gesù Bambino, raffigurato in varie età e posture, sia nella culla che in contesti paesaggistici.

 

******




In un delizioso santino natalizio Boumard si nota una rara variante: i 3 chiodi e una piccola croce sono le strenne natalizie depositate negli zoccoli che il piccolo Gesù, seguendo le tradizioni francesi, ha posto vicino al focolare affinché siano riempiti di doni.
Come si legge nella lunga e tenera poesia di commento, Maria ne è sgomenta ma il Bambino li accetta serenamente.

In alcuni casi le immaginette mostrano Gesù trasformato in un minuscolo Ecce homo coronato di spine, con in mano la canna-scettro e sulle spalle il manto purpureo.
Il piccolo può stagliarsi sia su uno sfondo neutro che entro un’ostia luminosa, oppure è più realisticamente raffigurato vicino alla colonna della flagellazione.


Calice ed ostia, spesso presenti anche come singoli elementi premonitori, sono caratteristici di un’altra tipologia iconografica: quella del “Bambino eucaristico”, anch’essa con le sue numerose varianti. In alcune immaginette natalizie il piccolo è come incorniciato entro il cerchio (o semicerchio) della particola; in altre si affaccia dal tabernacolo, in cui talvolta è inserito con l’intera mangiatoia, oppure, in vesti sacerdotali, porge l’ostia e consacra pane e vino.

Talvolta (soprattutto nei ricordini di Prima comunione ma non solo) un piccolo Gesù sulla paglia viene collocato nel calice o ne esce, quasi a sorpresa, scoperchiandolo, mostrando uno o più strumenti del suo supplizio.

Difficile trovare come elemento isolato la Veronica, anch’essa reliquia non menzionata dalle Scritture: in tanti anni di ricerche solo un piccolo santino Benziger mostra il Divino infante che la sorregge tristemente.

Le composizioni più complesse presentano quasi tutti gli strumenti. In una tipologia abbastanza nota il Bambino sta mestamente seduto sopra l’intero armamentario, che, legato insieme in un triste cumulo, si accampa su uno sfondo vuoto. Altre volte invece essi lo circondano a mo’ di cornice, spesso anche nei manufatti intagliati in carta, con inserti in paglia e tessuto. In alcuni casi colonna, flagelli, croce, lance, funi sono trasportati in piccole bighe trainate da agnelli; più spesso essi discendono dal cielo per mezzo di angeli in volo. In molte immagini il Bambino, già cresciuto ma spesso ancora accanto alla greppia, li indica o li guarda da una posizione distanziata, sospesi in aria oppure appoggiati alla croce o vicino al sepolcro.

Molto frequentemente egli stesso se ne fa carico: ne trasporta parte in un cesto e parte in spalla, gravandosi anche di essi, oltre che del peso dei peccati umani.
In alcune immaginette sopra il piccolo Gesù dormiente si vedono, come in sogno, scene della sua futura passione, oppure egli le contempla ad occhi aperti, con serena fermezza.

Una variante interessante è costituita dai santini che raffigurano il piccolo in braccio alla Vergine, che sola vede il destino di dolore del proprio figlio: di solito, mentre il bambino è avvolto dall’abbraccio protettivo della Madre, ella contempla una croce luminosa e addirittura il Calvario.

 

 

 

 

 

LA CROCE

 


Sebbene questa voglia essere solo una veloce introduzione ad un’ampia rassegna di immagini, è necessario soffermarsi sulle numerose modalità di rappresentare lo strumento principe, la croce, che spesso compare anche da sola.
Essa costituisce talvolta un indizio minimo: ad esempio può costituire un dettaglio “decorativo” di porte o recinti, intravedersi lontanissima sul Calvario, sormontare il piccolo sacro cuore fiammeggiante del Bambino o evidenziarsi solo nella sua aureola. In alcuni santini viene semplicemente evocata dalla postura delle sue braccia. Deliziosa la soluzione visibile in una siderografia Boumard, in cui il piccolo Gesù scrive messaggi utilizzando una minuscola penna-croce.

Assai frequentemente ne vediamo una piccolissima nelle mani di Gesù neonato nella mangiatoia, oppure in braccio a San Giuseppe, alla Vergine o a Sant’Antonio da Padova.
La croce può presentarsi pure come uno sfondo generico, anche di sola luce, all’immagine in primo piano del Bambino.

Altre due interessanti tipologie di santini sono collegate al tema della laboriosità di Gesù: in molte immagini della Sacra Famiglia il fanciullo è intento a piallare e inchiodare croci accanto al banco da falegname di San Giuseppe; in altre, invece, fuori dal contesto familiare, lo vediamo come un giovinetto giardiniere intento a legare vari tipi di piante al sostegno della croce, affinché crescano diritte e forti.

Toccanti soluzioni iconografiche sono visibili laddove il futuro strumento del martirio è creata dal corpo di Gesù fanciullo, proiettata come sua ombra mentre egli apre le braccia per spalancare una porta o per abbracciare sua Madre.

Molto spesso, ovviamente, la croce ha nei santini una posizione e un ruolo di primo piano: essa viene tenuta in grembo come oggetto di meditazione; viene sorretta dal Bambino o diventa suo punto di appoggio, indicata e guardata da lui in modo che anche il fedele faccia altrettanto.
Frequentemente il piccolo Gesù vi sta sopra seduto o sdraiato, sia vigile che dormiente, e non pochi esemplari lo raffigurano addirittura crocifisso, cosa che raramente accade nella tradizione pittorica. Chi scrive conosce solo tre esempi: un olio su tela del Padovanino all’Ermitage, in cui il neonato nudo affisso alla croce è pianto da tre angioletti e circondato da vari strumenti della sua passione; un dipinto attribuito a Fabrizio Santafede conservato nel Museo Diocesano di Gaeta; un olio di Cornelio De Wael battuto da Cambi nell’ottobre del 2017 (asta 309).

 

Prima di chiudere e lasciare spazio alle immagini, vorrei indugiare ulteriormente sui Bambini adagiati sulla croce, per alcune precisazioni e curiosità.
La prima in merito alle frasi in latino o in italiano che talvolta accompagnano questa iconografia e che provengono entrambe dal Cantico dei Cantici

La più frequente è Ego dormio sed cor meum vigilat (5,2: Io dormo, ma il mio cuore veglia), presente anche nei primi dipinti sul tema: cor meum vigilat si legge infatti su un braccio della croce nel quadretto di Cristofano Allori e in molti santini.
In due esemplari della mia collezione si trova invece una lunga citazione spezzata in due parti: In lectulo meo quaesivi, quem diligit anima mea, et non inveni (3,1) in alto, En lectulum Salomonis (3,7) in basso, sotto l’immagine.

 

Per spiegare questa scelta scritturale si può ricorrere a Sant’Alfonso Maria de Liguori, che nei suoi testi considera l’amore di Gesù e la sua opera di Salvatore nell’Incarnazione, nella Passione e nell’Eucaristia. In un suo componimento in versi del 1734,

A Gesù bambino nel presepe, Sant’Alfonso scrive:

 

Io t’amo, o Dio d’amor, ch’essendo amante
per farti amar da me nascesti Infante […]
amor t’ha vinto: amor t’ha qui ristretto
prigion tra queste fasce, o mio Signore.

Naturale, dunque, accostare al Bambinello ardente d’amore le frasi del Cantico dei Cantici, in cui si esprime l’amore dello Sposo per la Sposa, di Cristo per la Chiesa.

Secondo il Santo le modalità che Dio ha scelto per venire al mondo sono state pensate per indurre anche i cuori più induriti alla tenerezza e all’amore per Lui, perché l’uomo possa percepire il più facilmente possibile l’amore infinito di Dio per lui. È questo infatti uno dei leitmotiv delle sue celebri meditazioni sulla natività, nonché delle sue poesie e dei suoi canti natalizi.
E proprio nelle Meditazioni per l’Ottava del Natale troviamo alcune righe assai interessanti, che si collegano chiaramente all’immagine in questione, al sono-veglia di Gesù:       

 

Dormiva dunque il santo Bambino, ma mentre dormiva, pensava a tutte le pene che dovea patire per amor nostro in tutta la sua vita e nella sua morte (…). Pensava in particolare ai flagelli, alle spine, alle ignominie, alle agonie ed a quella morte desolata che infine dovea patir sulla croce; e tutto, mentre dormiva, egli offeriva all’eterno Padre, per impetrare a noi il perdono, e la salute.

Più complesso per chi, come me, non è esperto di Sacre Scritture, spiegare le altre due frasi del Cantico associate a questa iconografia.
Si può ipotizzare una scelta condizionata innanzitutto dalla parola lectulo/lectulum, probabilmente a sottolineare che il giaciglio del Bambino è la croce. E si può anche notare che i versi in alto sull’immagine sono quelli iniziali di una sezione in cui la sposa cerca e trova il suo amato, mentre con En lectulo Salomonis comincia una nuova parte del testo, in cui la lettiga di Salomone si muove in corteo nel giorno delle sue nozze.
Forse dunque la scelta di queste parole che parlano di un vicendevole “andarsi incontro” allude all’incontro tra Dio e l’uomo determinato dall’incarnazione.

 

Un’altra riflessione, a cui mi ripropongo di dedicare a breve un lavoro più specifico, riguarda una particolare composizione presente in immagini di varia epoca e provenienza geografica (un’immagine ben nota ai collezionisti in quanto inserita anche nella Serie Comune della Santa Lega Eucaristica).

Dietro il corpo del Bambino disteso sulla croce se ne innalza un’altra, con varie scritte, e ai suoi lati si stagliano i ritratti di due grandi mistici carmelitani: Santa Teresa d’Avila e San Giovanni della Croce, che insieme cooperarono alla riforma dell’Ordine. In altri esemplari, tutti al femminile, quest’ultimo è sostituito da Santa Maria Maddalena dei Pazzi, anch’essa monaca carmelitana.

Accomuna i tre campioni non solo l’abito ma anche l’amore della sofferenza (ispirata dall’esempio di Gesù che è venuto al mondo per patire), come evidenziato da tre loro celebri motti collocati nell’immagine:

O PATIRE O MORIRE per Santa Teresa,
PATIRE ED ESSERE DISPREZZATO per San Giovanni
e NON MORIRE MA PATIRE per Santa Maddalena dei Pazzi.

Sulla croce che invece si accampa al centro della composizione si possono leggere in estrema sintesi dei “nodi” del pensiero San Giovanni della Croce, della sua dottrina “del tutto e del nulla”. In un esemplare francese, infatti, l’orazione al retro è intitolata “Le rien de Saint Jean de la Croix”.
L’umanità pensa di essere stata creata per possedere tutto, conoscere tutto, essere tutto, eppure San Giovanni scrive che noi non arriveremo ad avere tutto, se pensiamo che una parte della creazione di Dio sia in grado di soddisfare questa nostra fame di TUTTO.


Quando ti fermi su qualche cosa,
tralasci di slanciarti verso il tutto.
E quando tu giunga ad avere il tutto,
devi possederlo senza voler niente,
poiché se tu vuoi possedere qualche cosa del tutto,
non hai il tuo solo tesoro in Dio. 

In questa nudità lo spirito trova il suo riposo poiché, non desiderando niente, niente lo appesantisce nella sua ascesa verso l'alto e niente lo spinge verso il basso, perché si trova nel centro della sua umiltà. Quando invece desidera qualche cosa, proprio in essa si affatica. 

 

(Salita del Monte Carmelo, libro I, cap. 13, Postulazione Generale dei Carmelitani scalzi, Roma, 1991).


L’immagine raffigurata si presta dunque ad essere uno strumento di meditazione per il devoto, il supporto visivo di un percorso che parte proprio dal Bambinello sulla croce per elevarsi a quel Tutto senza il quale l’uomo è nulla, mediante l’amore di un cuore libero da ogni attaccamento a ogni cosa creata.

 

Non è infatti un caso che su un esemplare in collezione si legge la parola tedesca “Missionandenken”, “Ricordo della missione”. Questa complessa composizione di parole ed immagini, infatti, poteva ben funzionare come strumento riassuntivo degli insegnamenti impartiti dai religiosi durante le “sante missioni”, cioè quegli intensi cicli di predicazione che si svolgevano di quando in quando nelle parrocchie, con lo scopo di richiamare gli abitanti alla fedeltà del messaggio cristiano.
Spesso se ne lasciava traccia nella memoria collettiva grazie a una croce o ad una lapide, mentre l’immagine di carta rimaneva come monito per la devozione privata.

 


Vorrei infine concludere ricordando come San Paolo della Croce, incline a vedere tutta la vita di Cristo, dalla culla al Calvario, alla luce della Passione, abbia avuto particolarmente cara l’iconografia del Bambino dormiente sul suo strumento di supplizio.
In una sua lettera del 18 dicembre 1761 si legge:

Molti anni sono io avevo un bel Bambino dipinto sopra una carta di Germania, che se ne dormiva placidamente sopra una croce.
Oh, quanto mi piaceva quel simbolo!
Lo diedi ad una persona crocifissa, ma di santa vita, la quale fu diretta da me sinché visse e fu un'anima delle più virtuose e di altissima contemplazione, ch'io abbia conosciute e morì in concetto di santa. Io volevo, come bramo a lei, che quell'anima fosse bambina per purità e semplicità, dormisse sopra la croce del dolce Gesù. Dunque lei nel S. Natale, che avrà il Bambino nel suo cuore, tutta trasformata in esso per amore, dorma con lui nella culla della croce, e alla divina canzonetta che canterà Maria Ssma, lei si addormenti col divino Bambinello, ma fatta un sol cuore con esso.

La canzonetta di Maria Ssma sarà: fiat voluntas tua sicut in caelo et in terra; l'altra strofetta sarà: operare, patire e tacere; la terza stroifetta sarà: non ti giustificare, non ti lamentare, non ti risentire.

Che ve ne pare Sr. A. M. Maddalena di questa canzonetta? Imparatela bene cantatela bene, dormendo sulla croce e praticatela con fedeltà; che vi assicuro, vi farete santa.

Proprio per questa predilezione, tra i quadri della povera cella romana di San Paolo c’era un piccolo dipinto di Gesù Bambino addormentato sulla croce: mostrandocelo in una foto in bianco e nero, ce ne dà notizia anche una moderna immaginetta devozionale, posta in chiusura della rassegna.

 

 



 

 

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA


AA. VV. Così misero in Croce Gesù Bambino. Iconografia e iconologia del Bambino, in “Stilearte.it”, 27 dicembre 2017 (https://www.stilearte.it)

 

LIUBINA DE BENI, LILIANA MLAKAR, Per visibilia ad invisibilia: fiori, piante ed alberi nelle piccole immagini devozionali, Gorizia, B&V, 2001

 

ALFONSO MARIA DE LIGUORI, Opere. Classe prima. Opere ascetiche, Volume decimo, Meditazioni per l’Ottava di Natale, Torino, Marietti, 1826 (p. 122 e sgg)

MAXIM D’SYLVA, Il Pellicano: un simbolo dell’Eucarestia (https://www.dominicanes.it/predicazione/meditazioni/325-il-pellicano-un-simbolo-dell-eucarestia.html)

 

ANGELO LODA, Il Bambin Gesù portacroce con gli strumenti del martirio. Una proposta di analisi conoscitiva, in AA. VV., Fare storia dell’arte. Studi offerti a Liana Castelmarchi, a cura di M. G. Balzarini e R. Cassanelli, Milano, Jaca Book, 2000 (pp. 103-114)

 

http://www.hermitagemuseum.org/wps/portal/hermitage/digital-collection/01.+Paintings/26051


http://www.reginamundi.info/San-Giovanni-della-Croce/introduzione-San-Giovanni-della-Croce.asp

 

http://paolodellacroce.altervista.org/mistica_incarnazione.html

 

https://www.cambiaste.com/it/asta-0309/cornelio-de-wael-anversa-1592-roma-1667.asp?pag=75

 




 

 

 

della stessa Autrice:

 

- Gesù nella modernità - Santini A.R.

- La Divina Pastora

 



 


 




 

 

 

 

 

 

-

 

Ciao a Tutti | Contattami | Nota Legale | Ringraziamenti |©2000-2020 Cartantica.it