Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

COLLABORAZIONI

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"... SAREMO CONDOTTI ALLA VITA..."

 

(dalla Passio)

 


Introduzione

“In quel tempo. Venutisi a trovare insieme gli domandarono: "Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?". Ma egli rispose: "Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra". Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se n’andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: "Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo"”.(Atti degli Apostoli, cap. 1)
La vista cristiana non è guardare il Cielo, ma la vita cristiana è un conformarsi al Cielo. Per un cristiano vivere vuol dire rivestirsi di Cristo, o come dice l’Apostolo delle Genti: “Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno”. (Fil 1,21).
Tutta la vita di un discepolo di Cristo è un far nascere Cristo e un far morir tutto ciò che allontana da lui, a costo della stessa vita.
Quando questo avverrà, che Cristo sarà tutto in tutti, allora la domanda dei discepoli (in At. 1), avrà la sua risposta: il Regno di Dio esploderà nella sua pienezza!
Fino ad allora dobbiamo rendere testimonianza.

La Chiesa custodisce, fin dal suo inizio, della testimonianza dei Martiri. Ci fu un’epoca nella sua storia che ogni comunità cristiana bramava possederne la memoria, il sepolcro o semplicemente una sua reliquia.
Così, da quando ho letto, qua e là, è accaduto nel lontano XVII secolo alla comunità cristiana di Cusago.ù

Ecco allora in questo mio quaderno, nato dopo una visita alla Parrocchia dei santi Fermo e Rustico, alcune notizie sul Martire che essa venera come patrono e sui santi Fermo e Rustico, titolari della parrocchiale.

 

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IL MARTIRE VINCENZO

È cosa notissima che i primi cristiani seppellivano i Martiri in cimiteri sotterranei, o catacombe, praticate presso i loro poderi , o presso i cimiteri della città.

San Girolamo fin dai suoi tempi così descrive: “Mentre da fanciullo mi trovavo a Roma, per lo studio della letteratura, ero solito con i compagni della stessa età e della medesima formazione, recarmi di domenica ai sepolcri degli Apostoli e dei Martiri; entrare nelle grotte scavate nel profondo delle terre, dove i corpi dei sepolti sono collocati lungo le pareti a destra e a sinistra di chi vi entra. Tante tenebre sono spezzate solamente da qualche raggio di luce fioca mandata da rare fessure, più che finestre, praticate a lunghi tratti nella volta, così da accedervi a stento”.

Nella seconda parte del XVII secolo vennero fatti molti scavi e studi sulle catacombe ed estratti molti corpi che vennero inviati in molti luoghi per essere venerati dai fedeli.
Fu allora che il sacerdote Uccelli, parroco di Cusago, ottenne per mezzo del Cardinale Ottoboni, il corpo santo di Vincenzo. Esso fu estratto dalle catacombe e consegnato per la custodia al Cardinale Carpegna allora Vicario generale di Sua Santità, come risulta dalle sue lettere del 5 luglio 1679.
Al corpo santo fu unito il vasetto di sangue.

Portato a Cusago dal Vicario Generale don Luigi Lanza venne delegato il Canonico Ordinario Andrea Rho al riconoscimento delle sacre reliquie. Il che venne fatto come appare in un documento del 24 gennaio 1685, deposto in archivio parrocchiale.
Dopo allora fu continuo e fervente il culto del popolo di Cusago e delle parrocchie circonvicine verso il Santo Martire, al tal punto che viene definito “Taumaturgo”.
La festa liturgica è stata fissata il 22 gennaio (sic!), mentre la festa popolare con processione della Sacra Urna è la prima domenica di Maggio.

 

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Ma chi è san Vincenzo venerato a Cusago? Si tratta di un “corpo santo”.

Con il termine di “corpo santo” o “martire delle catacombe” si identificano quelle reliquie ossee che, proveniente dalle catacombe romane e non solo, furono traslate nell’Urbe e nell’Orbe, in un periodo compreso tra la fine del XVI secolo e la seconda metà del XIX secolo.

Perché “corpo santo” e non “santo corpo”? La differente posizione dell’attributo (santo) rispetto all’oggetto (corpo) determina una differenza sostanziale: possiamo definirla una certezza d’identità del soggetto. Il “corpo santo” è un oggetto in quanto tale, un corpo di un defunto nelle catacombe, che solo in un secondo tempo ha una valenza sacrale.
Ma come riconoscere un “corpo santo” nelle catacombe? Tutte le sepolture erano di “martiri”? È un discorso molto grande che lasciamo ad altri studi, qui vogliamo solo rifarci a Marcantonio Boldetti (famoso custode pontificio e incaricato per l’estrazione dei corpi dalle catacombe), il quale dava per certe le spoglie scoperte attribuendole ad un martire dei primi tre secoli. La simbologia che definiva la sepoltura di un martire era: la palma, il XP, la scritta B.M. (“Beato Martire”), e poi nel suo interno un balsamario con “il sangue”. Spesso la lapide riportava il nome del “martire”, in caso contrario dopo l’estrazione veniva attributo un nome e i criteri di rinomina dei “corpi santi” è molto vario (ad esempio il nome del…. vescovo diocesano o pontefice in carica; titolare della Chiesa che accoglie il corpo; della catacomba da cui è estratto; eccetera).

Scrive il Boldetti, a tal proposito:

“Per evitare gli equivoci, che potrebbono nascere dalla somiglianza de’ Nomi. Il Sommo Pontefice Clemente IX., e doppo di esso la Sacra Congregazione sopra le Indulgenze e Reliquie determinarono che a’ Martiri Anonimi delle Catacombe, altri nomi non debbano imporsi, che certi attributi, o nomi appellativi, i quali convengono a ciascun Santo, come Giusto, Candido, Adeaodato, Vittore, Vittoria, Felice, Pio, ed altri consimili; mentre tutti sono Giusti, Candidi, Dati da Dio, Vittorio, Felici, Pii; Ed eccone il Decreto: Actum est de nominibus, quæ Sanctorum Martyrum Reliquiis fere imponuntur, eum nullibi appareat, quo nominee appellarentur; Et S. Congregatio dixit: In Decretis; statuerat enim fel. record. Clemens Papa IX ea sola nomina adhiberi, quæ omnium Sanctorum communia sunt, atque appellativa: omnes Justi, Candidi, Adeodati, Victoris c. vocari merito possunt; Imperochè sotto queste denominazioni unicamente si esprimono, o le loro virtù, o il loro merito, o il premio, e le Corone, a i loro meriti conferiti da Dio per la fortezza, con cui confessarono il nome di Cristo collo spargimento del proprio sangue, e col sacrificio della loro Vita per la Confessione della Cattolica Fede. (Boldetti, Lib. I Cap. XXIII pag. 109)

Ma perché poi gli stessi titoli appellativi corrispondono talvolta con quei nomi proprij de’ Santi, che sono descritti ne’ Matirologj come, Felice, Massimo, Fortunato, o altri, suppongono alcuni, e s’ingannano, che le Reliquie siano dei medesimi Santi notati in detti Martirologi. Con tal equivoco adunque, confondendo gli uni cogl’altri, s’inoltrano eziandio a pubblicarne (come han fatto di là da’ Monti) qualche Vita a tenore degl’Atti, appropriando, per cagione d’esempio, ad un Santo Anonimo coll’attributo di Felice, la vita, o gl’Atti stessi d’un Martire di vero nome proprio notato ne’ sagri Fasti; qual abuso, quantunque derivato da pia semplicità, con ragione disapprova il tante volte lodato P. Mabillone dicendo che tal sorta di Vite, e di libriccioli meritano d’essere proibiti: At bone Deus! Quales Vitæ, quales libelli! Ii certe qui merito in Indicem libellorum prohibitorum referendi essent; Poiché quantunque l’errore di pochi non pregiudica alla Religione, né la medesima Vita, quantunque impropria al Martire anonimo, in veruna maniera apporta pregiudizio all’essere di vero Martire qual’egli è; tuttavolta, in ciò rimanendo offesa la verità, non s’hanno a permettere, bastando il sapersi, che realmente abbia sofferto il Martirio. (Boldetti, Lib. I Cap. XXIII pag. 111)”.

Ciò che importa, oggi come oggi, è la valenza simbolica del “corpo santo”: un cristiano della Chiesa dei primi secoli (spesso dell’Urbe e quindi la comunione con la Santa Sede), un testimone verace del Vangelo, fino al dono della propria vita con il martirio.

 

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IL NOME "VINCENZO" NEI CORPI SANTI

Il nome Vincenzo ricorre in altri corpi santi venerati in altri località italiane, europee e del mondo. Qui di seguito riportiamo a tal proposito un elenco.

- Anastasia e Vincenzo – chiesa Santa Maria delle Grazie – Grottolella (AV)
- Aurelio, Vincenzo e Aurelia (bambina) - chiesa Santa Famiglia - Carondelet Sisters of St. Joseph, St. Louis (Missouri, USA)
- Benedetto e Vincenzo - ? – Admont (Austria)
- Castolo, Faustino e Vincenzo – chiesa San Giovanni della Pigna – Roma
- Concordio e Vincenzo – chiesa di Gesù e Maria – Roma
- Decenzio e Vincenzo – chiesa santa Sabina all’Aventino – Roma
- Eliana e Vincenzo – cappella Sancta Sanctorum Istituto Cottolengo – Torino
- Innocenzo (Vincenzo) – parrocchia Santa Maria in Gamio – Saracena (CS) – Pretestato - 1668
- Gaudioso, Feliciano, Vincenzo ed Urbano – santuario mariano - Einsiedeln (Svizzera) – Priscilla, Ciriaca, Ponziano e Calepodio – 1827
- Martiri (Fermo, Ippolito, Simpliciano e Vincenzo) – Basilica San Giovanni Battista – Busto Arsizio (VA)
- Orosio, Paolino e Vincenzo – chiesa San Eusebio – Roma
- Vincenzo - ? – Admont (Austria)
- Vincenzo – ? – Banz (Germania)
- Vincenzo - ? – Chokier (Belgio)
- Vincenzo - ? - La Malahá (Granata, Spagna)
- Vincenzo – cappella sanctorum Istituto Cottolengo – Torino
- Vincenzo – chiesa abbaziale – Einsiedeln (Svizzera) – Ponziano – 1827 – 15\9
- Vincenzo – chiesa dei Barnabiti – Uccle (Belgio)
- Vincenzo - chiesa di Santa Maria Himmelfahrt (detta Hofkirche) – Neuburg\Donau (Germania)
- Vincenzo – chiesa matrice – Acate (RG) - ? - 1722 – III dom. Pasqua (confuso con quello di Saragozza)
- Vincenzo – chiesa San Francesco - ? - ?
- Vincenzo – chiesa San Nicola – Eger (Germania) - ? – 1693
- Vincenzo – chiesa San Pancrazio – Roma
- Vincenzo – chiesa San Sigismondo – Bologna
- Vincenzo – chiesa Santa Maria delle Grazie – Grottolella (AV)
- Vincenzo – chiesa santi Vincenzo e Anastasio alle Tre Fontane – Roma -? (confuso con quello di Saragozza)
- Vincenzo – chiesa santo Stefano Maggiore – Milano
- Vincenzo – collegiata San Gaudenzio – Varallo Sesia (VC) – Sebastiano o Callisto – 1614
- Vincenzo – parrocchia - Tavoleto (PS) – Ciriaca o S. Lorenzo – 1837
- Vincenzo – parrocchia – Torrecuso (BN) (confuso con quello di Saragozza)
- Vincenzo – parrocchia di – Brusuglio di Cormano (MI)
- -Vincenzo – parrocchia San Bartolomeo – Bannio Anzino (VB) – Ciriaca – 1776/1774
- Vincenzo – parrocchia San Giovanni Battista – Parabita (LE) – Commodilla – 1737 (in parrocchia dal 1855)
- Vincenzo – parrocchia San Nicola – Craco (MT)
- Vincenzo – parrocchia Santa Maria – Gioia dei Marsi (AQ) – Santa Agnese – 1757 – festa ogni 25 anni
- Vincenzo – parrocchia Santa Maria Assunta – Russo (Ticino – Svizzera)
- Vincenzo – parrocchia Santi Pietro e Paolo – Invorio Inferiore (NO) - Calepodio – 1690
- Vincenzo – parrochia – Osterhofen (Germania)
- Vincenzo – Santuario Madonna del Pilastrello – Lendinara (RO)
- Vincenzo (?) – parrocchia - Villetta Barrea (AQ) – I o II dom.\7
- Vincenzo (?) – prepositurale San Vincenzo – Calcinato (BS) – ? – 1725 (reliquia insigne, definito il martire di Saragozza)
- Vincenzo (n.p.) - parrocchia Santa Maria della Croce – Cercemaggiore (CB) - ? – 1772
- Vincenzo- ? – Bad Schussenried (Germania)
- Vincenzo – parrocchia Santi Fermo e Rustico – Cusago (MI) - ? – XVII secolo – 22\01 e I dom. di Maggio

NB. In questo elenco vengono riportati, dove è possibile, i seguenti elementi: nome, luogo, località, catacomba, data estrazione e\o arrivo del sacro corpo (in alcuni casi sono parti del corpo – capo, ossa – e non il corpo integro) e festività. In altri casi è specificato, per curiosità e se è possibile, l’età del “martire” e se il nome è proprio (n.p.).

 

San vincenzo Martire - Istituto Cottolengo - Torino

 

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SAN VINCENZO DIACONO DI SARAGOZZA

Il Martirologio romano, in data 22 gennaio, scrive: San Vincenzo, diacono di Saragozza e martire, che dopo aver patito nella persecuzione dell’imperatore Diocleziano il carcere, la fame, il cavalletto e le lame incandescenti, a Valencia in Spagna volò invitto in cielo al premio per il suo martirio.

Secondo la tradizione più attendibile nacque a Huesca, alle propaggini dei Pirenei, ma anche le città spagnole di Valencia e Saragozza ne rivendicano la nascita.

Di nobile famiglia, figlio del console Eutichio e della matrona Enola, Vincenzo ebbe un'educazione pari al suo stato: destinato alle lettere, venne ben presto affidato dal padre a Valerio, vescovo di Saragozza, perché provvedesse alla sua formazione spirituale. Il vescovo lo nominò arcidiacono, considerandolo suo braccio destro ed affidandogli anche il compito di predicare in sua vece.

Intanto Diocleziano scatenava la persecuzione contro i cristiani; gli editti dell'imperatore imponevano la distruzione di edifici, libri e arredi cristiani; i cristiani che ricoprivano cariche pubbliche sarebbero stati esautorati e sottoposti a torture e tutti i sudditi dell'impero prima di compiere una qualsiasi azione pubblica dovevano offrire sacrifici agli dèi.

In questo clima terribile il vescovo Valerio e l'arcidiacono Vincenzo non si sottrassero ai loro doveri continuando a testimoniare la loro fede e Daciano, il prefetto della provincia spagnola nella quale vivevano, ordinò il loro arresto. Condotti a Valencia, dove Daciano teneva il tribunale, furono fustigati, torturati ed infine uccisi.

Il culto

Con l'avvento dell'imperatore Costantino, che si era convertito al cristianesimo, a Valencia veniva eretta una basilica in onore di san Vincenzo e sotto l'altare principale venivano composte le sue reliquie. Tuttavia, in seguito all'invasione dei Mori, i cristiani di Valencia trafugavano il corpo del Martire per metterlo al sicuro in Portogallo, in una chiesetta fatta appositamente costruire in località del promontorio oggi detto Capo San Vincenzo. Finita la guerra contro i Mori, le spoglie furono imbarcate in una nave che fece rotta verso Lisbona.

Narra una leggenda devozionale che durante il viaggio alcuni corvi si posarono sulla prua e sulla poppa di tale nave quasi a voler significare la loro rinnovata protezione al Santo martire che già un giorno avevano salvato dalle fiere. Giunto in città, il corpo venne deposto nella chiesa di San Giusto e Santa Rufina e dopo qualche tempo, il 15 settembre 1173, trasportato solennemente in cattedrale. In ricordo vennero coniate delle monete.

Protettore in particolare degli orfani, delle vedove e dei poveri, san Vincenzo porta un nome che, da Vincens, è simbolo e un augurio di vittoria. Vincenzo è il vincente, colui che vince il male, qualunque esso sia. San Vincenzo (São Vicente) è patrono di Lisbona. Lo stemma della città raffigura la nave che trasportò i resti mortali di san Vincenzo, dall'Algarve a Lisbona, governata, a poppa e a prua, dai due corvi, che vegliano sulle reliquie del santo.

San Vincenzo è fra i martiri maggiormente conosciuti e venerati nel mondo cattolico e il suo culto, sin dai tempi più remoti, si è tramandato in molti paesi e non solo della Spagna sua patria. A tal proposito Agostino scriveva: "Qual è oggi la contrada, qual è la provincia dove si estendono l'impero romano e il nome di Cristo che non celebri con gioia l'anniversario del martirio di San Vincenzo?". Agostino, dal 410 al 413 ogni 22 gennaio pronunciava, dalla basilica Restituta di Cartagine, discorsi in onore del diacono martire Vincenzo. San Vincenzo si festeggia ancora il 22 gennaio in diverse località dell’Europa, dell’Africa e perfino delle lontane Americhe. In Italia 91 tra parrocchie e chiese venerano il suo nome; sin dal '300 è protettore della città di Vicenza che, secondo una vecchia leggenda, ne porta il nome, di Ugento (LE) e dell'omonima Diocesi e di Miggiano (LE).

Alcune leggende agiografiche

Secondo una leggenda agiografica, il prefetto Daciano tentò invano di piegare la volontà di Valerio e Vincenzo e di fiaccare i loro corpi anzi si meravigliò, quando vennero portati al suo cospetto, di trovarli ancora in buone condizioni fisiche. Daciano si adirò con le guardie, accusate di essere state troppo tenere con i due cristiani, poi cercò di adoperare le armi della persuasione. Queste furono le parole di Vincenzo anche a nome di Valerio:

"La nostra fede è una sola. Gesù è il vero Dio: noi siamo suoi servi e testimoni. Nulla noi temiamo nel nome di Gesù Cristo e vi stancherete prima voi a tormentarci che noi a soffrire. Non credere di piegarci né con la promessa di onori né con la minaccia di morte, perché dalla morte che tu ci avrai dato saremo condotti alla vita"
Daciano mandò il vescovo in esilio e riversò la sua ira su Vincenzo. Il primo supplizio a lui riservato fu quello del cavalletto: uno strumento di tortura terribile che lussava tutte le ossa del corpo. Vincenzo rimaneva con gli occhi al cielo in preghiera, come se il supplizio non lo riguardasse. Daciano, pensando che la tortura fosse troppo lieve, comandava di arpionare il corpo con uncini di ferro. Vincenzo conservava lo stesso atteggiamento. Anzi cosi parlava rivolgendosi al carnefice:

"Tu mi fai proprio un servizio da amico perché ho sempre desiderato suggellare con il sangue la mia fede in Cristo. Vi è un altro in me che soffre, ma che tu non potrai mai piegare. Questo che ti affatichi a distruggere con le torture è un debole vaso di argilla che deve ad ogni modo spezzarsi. Non riuscirai mai a lacerare quello che resta dentro e che domani sarà il tuo giudice".

II prefetto, con gli occhi fuori dall'orbita per la rabbia, ordinava le ultime atrocità: il martirio a graticola e le lamine infuocate. Vincenzo continuava a sopportare le torture impassibile. Daciano allora decideva di sospendere quel genere di torture. Vincenzo veniva portato in una oscura prigione e disteso sopra cocci di vasi rotti perché gli si rinnovassero le piaghe e i dolori.

A quel punto avveniva il miracolo: le catene si spezzavano e i cocci si trasformavano in fiori, mentre uno splendore di luce celestiale illuminava la cupa prigione. Gli angeli scendevano dal cielo per consolare Vincenzo e prepararlo a godere del Paradiso. II carceriere del Santo si convertiva.

Daciano si apprestava all' ultimo tentativo: convincere Vincenzo non più con le torture ma con favori. Lo faceva trasferire su un morbido letto e gli concedeva di ricevere i suoi amici cercando invano di piegarlo con le lusinghe.

Una leggenda miracolistica racconta che dopo la morte Daciano ordinò che il corpo del martire venisse gettato in un campo deserto e dato in pasto alle fiere: Dio però sarebbe intervenuto mandando un corvo a vegliare ed a difendere le spoglie del Santo. Successivamente, il prefetto ordinò che il cadavere fosse rinchiuso in un sacco e gettato in mare, legandovi un grosso sasso in modo da trascinarlo in fretta al fondo. Ma il sasso avrebbe galleggiato e la brezza avrebbe trasportato le sacre spoglie verso una spiaggia dove sarebbero state raccolte in seguito ad una doppia apparizione, ad un cristiano e ad una vedova: lo stesso Santo avrebbe indicato il luogo dove giaceva il suo corpo e dove sarebbero accorrsi i fedeli per dargli onorata sepoltura.

Numerose sono le leggende devozionali su presunti miracoli attribuiti al santo: Gregorio di Tours narra di come gli abitanti di Saragozza vennero salvati dall'assedio posto da Childeberto re dei Franchi grazie all'intercessione di san Vincenzo, la cui tunica custodivano e veneravano. Fatta la pace lo stesso Childeberto portava a Parigi un'altra reliquia che si venerava a Saragozza: una stola del Santo.

Curiosità
Perché i Francesi hanno scelto Vincenzo come protettore dei vignaioli? Le ipotesi sono innumerevoli: Vincenzo contiene la parola “Vin”; il martirio di San Vincenzo ha tratti che assomigliano alla vite: la pianta ha un aspetto contorto, sofferente come può averlo un martirizzato, viene legata, tagliata, da essa si asportano i frutti per spremerli ed ottenerne un succo simile al sangue. Inoltre fra le torture al quale fu sottoposto sembra vi sia quella del torchio e della deposizione su fondi di bottiglia!

Niente a che vedere con ciò che oggi esprime la festa che si tiene attorno al 22 gennaio in molte parti della Francia, ma soprattutto in Borgogna e nella regione dello Champagne. Gli agricoltori locali ripetono l’antico proverbio "c'est à la Saint-Vincent que l'hiver s'en va ou reprend"

 

 

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I SANTI FERMO E RUSTICO, MARTIRI IN AFRICA


Nord-Africa, III secolo (9 agosto)

Un martirologio li ricorda già insieme, alla data del 9 agosto, nell’antico elenco di martiri di varie regioni, noto come Martirologio Geronimiano (attribuito erroneamente a san Gerolamo). E così fa pure il Martirologio romano, redatto per tutta la Chiesa nel XVI secolo. Con questi nomi ci sono stati in Africa del Nord due martiri: Fermo, che morì a Cartagine (di fame) al tempo dell’imperatore Decio, promotore di una delle più dure persecuzioni contro i cristiani (249-251). E Rustico, che invece fu ucciso con altri a Lambesa (Algeria) nel 259, sotto l’imperatore Valeriano.
I loro resti si trovano a Verona, in San Fermo Maggiore, singolare complesso sacro formato da due chiese costruite in tempi diversi l’una sopra l’altra, nel XIII secolo e poi nel XIII-XIV. La splendida chiesa superiore custodisce le reliquie di Fermo e Rustico. E la loro vicenda affatica gli studiosi per l’intreccio tra un esiguo dato storico e alcune narrazioni avventurose e pittoresche, prive di riscontri storici, ma che qualcosa di interessante suggeriscono.
Secondo un’antica “Passione”, Fermo e Rustico non erano africani, ma bergamaschi, e morirono decapitati per la fede fuori dalle mura di Verona, super ripam Athesis, sulla sponda dell’Adige, al tempo dell’imperatore Massimiano (286-310). Dopodiché i due corpi sarebbero stati portati da Verona fino all’Africa del Nord, per essere seppelliti a Cartagine. Ma più tardi, eccoli di nuovo imbarcati e in rotta verso l’Italia, con una sosta a Capodistria, e con Trieste come destinazione finale. E qui, durante il regno longobardo di Desiderio e Adelchi (757-774) ecco arrivare il vescovo Annone di Verona; il quale riscatta a pagamento i resti dei due martiri. E poco dopo i veronesi li accolgono con grande solennità, collocandoli in una chiesa che da molto tempo era stata innalzata in loro onore. Tutto ciò si legge in due documenti: la Translatio ss. Firmi et Rustici della seconda metà dell’VIII secolo, e il Ritmo pipiniano (a cavallo tra VIII e IX secolo).
Leggendario, quel racconto di un viaggio andata-ritorno dei due corpi. Ma nella leggenda il suggerimento c’è. Il richiamo all’Africa fa pensare non a un ritorno, ma a una venuta. Ossia all’estendersi anche in Italia del culto per le figure e le reliquie di questi martiri d’Africa. Come è avvenuto per altri, la cui fama è stata portata e divulgata in Europa dall’emigrazione forzata di tanti romani d’Africa di fronte all’invasione (429) dei Vandali di Genserico. E Verona era aperta a questa accoglienza, avendo avuto come vescovo – e volendolo, poi per sempre come patrono – il nordafricano Zeno. "Tutti questi elementi, posti nel vasto quadro della venerazione in Italia di santi africani, confermano l’ipotesi dell’origine africana dei santi Fermo e Rustico" (Silvio Tonolli, Bibliotheca Sanctorum).
 

 

L'altare dei Santi Fermo Rustico e Procolo a Bergamo
La cittadinanza bergamasca è da sempre legata ai Santi Fermo, Rustico e Procolo. Attorno a queste tre figure ruotano, tradizione, devozione, fantasie e credenze. Questi Santi non provengono certamente da Bergamo, ma presumibilmente la loro origine è africana. Secondo un codice del X secolo, essi vissero all'epoca dell'imperatore Massimiano (286-305) a causa del quale subiscono il martirio. In particolare Fermo e Rustico professano pubblicamente la loro fede subendo la flagellazione e il carcere a Verona, dove incontrano Procolo, Vescovo della città che conforta i prigionieri. Alle torture e alla decapitazione segue solo in seguito la sepoltura avvenuta per mano di ad una delegazione di Bergamaschi. Il culto si diffonde presto a Verona e in tutto il territorio della Repubblica Veneziana, tra cui appunto Bergamo. Le loro reliquie, riposte a Verona, sarebbero state trafugate il 4 gennaio 855, insieme a quelle di San Procolo, per opera di mercanti bergamaschi che, tornati in patria, le rifugiano presso Plorzano (fuori le mura di Bergamo). Nel 1575 avviene il loro trasferimento in Cattedrale.

Il desiderio di creare un luogo che ospitasse queste spoglie fu tale da far intervenire il Comune stesso a finanziare l'opera. Nel 1699 una tela di Giovan Paolo Cavagna esalta pittoricamente queste figure. Il progetto dell'altare invece spetta al siciliano Filippo Juvarra. Esponente indiscusso dell'architettura Rococò in Italia, Juvarra riesce a dissolvere perfettamente gli elementi architettonici con quelli decorativi e scultorei. Nel 1731 il disegno per l'altare è pronto: esso sviluppa una struttura architettonica ampia e poderosa, accompagnata da colonne laterali che supportano una trabeazione e un timpano interrotto da conca absidale. Tutto ciò completato da sculture di santi, angeli e allegorie ed una ricca decorazione plastica. All'impresa parteciparono anche il Caniana, per le parti in legno, e i Manni Giacomo e Carlo Antonio per i marmi. Al 1736 risalgono le personificazioni della "Fede" e della "Carità" collocate direttamente sullo stereobate e quelle della "Fortezza" e della "Speranza" sulle curve del timpano. Il Fantoni (che ricordiamo operativo nella Cattedra vescovile) realizza nel 1740 i quattro angeli: due sull'apice a reggere la mitra vescovile; due sul timpano a sostenere il cartiglio con l'iscrizione "hic sumus orantes pro vobis". Un anno dopo sono inseriti gli elementi in rame (corone con palme, mitra) e gli stucchi nel catino; nel 1742 è la volta della balaustra. A contenere le preziose reliquie è l'urna bronzea del Filiberti in argento, associata ad un secondo cofanetto di BeRnardino Trivelli.

 

 

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Il santuario di san Fermo a Albiate (MB)

 

 L'odierno edificio sorge sulla struttura di un antico santuario, consacrato a San Pietro.
Nel 1570 venne restaurato ed intitolato a San Fermo Martire, il cui culto era già diffuso in paese, su richiesta di don Andrea Corbi.
Nel 1609 la città di Bergamo donò ad Albiate le reliquie dei santi Fermo, Rustico e Procolo. Questo evento diede l'avvio alla Sagra di San Fermo, la sagra più antica della Brianza.
Nel piazzale di fronte alla chiesa si trova una colonna di pietra con una croce di ferro, a testimonia l'utilizzo di quei luoghi come cimiteri di emergenza durante la peste del 1630.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, la scuola occupata dal Comando Militare di Milano ed i locali delle sagrestie impiegati come aule scolastiche.
Gli ultimi importanti lavori di restauro furono portati a termine nel 1959, una lapide di marmo verde ne porta impressa la memoria.
Descrizione. Spicca sulla facciata un robusto portale in travertino e marmo, con due teste di angeli che sorreggono l’architrave ed il timpano.
L'interno è costituito da tre cappelle laterali: una dedicata alla Madonna del Rosario, un'altra al Crocifisso e di fronte a la terza cappella a San Carlo. Una di queste cappelle laterali divenne sacrario in onore dei caduti in guerra nel secondo conflitto bellico.
A destra dell’altare maggiore di questa cappella si trova una pala dell’Ecce Homo. Questa pala venne salvata da una chiesa in fiamme da alcuni soldati italiani di stanza sul fronte albanese e conservata in uno zaino per tre anni, prima di giungere ad Albiate.
Sui due lati interni del santuario si possono ammirare due mosaici dell’artista Giorgio Scarpati.
L'altare maggiore è circondato da una splendida balaustra in marmo, di stile barocco. Alla destra si trova un organo pneumatico con una pregevole cassa, mentre a sinistra si scopre il pulpito. L'edicola dietro il tabernacolo custodisce la statua del santo patrono.

 

Chiesa Parrocchiale dei Santi Fermo e Rustico a Cusago (MI)

Fino al XVII secolo, il borgo di Cusago dipendeva spiritualmente dalla Pieve di Cesano Boscone, non avendo in loco un luogo di culto stabile, se non una piccola cappella dedicata a Sant'Antonio (risalente al XIV secolo ed oggi distrutta), annessa al castello e dedicata al culto privato dei Visconti, la quale però veniva aperta alla pubblica venerazione solo nei periodi estivi in cui i duchi milanesi si recavano in queste aree della Lombardia per la caccia.

L'edificazione della nuova chiesa parrocchiale, dedicata ai santi Fermo e Rustico, subì l'impulso della visita di San Carlo Borromeo del 1580 e già a partire dal 1602 si diede ordine per una nuova costruzione che però subì continue interruzioni e, iniziata nel Seicento, venne completata solo nell'Ottocento.

All'interno della struttura si possono ravvisare ancora oggi dei pregevoli affreschi ottocenteschi e novecenteschi, oltre ad un organo originale del 1854 realizzato presso la bottega Carcano.

Tra gli affreschi citiamo i due nel presbiterio che raccontano la carità e il martirio dei santi Fermo e Rustico.

L'altare maggiore venne ufficialmente consacrato solo il 9 maggio 1978.

 

 

QUADERNO 76 - (a cura di Don Damiano Marco Grenci)


Bibliografia e fonti

- AA. VV. - Biblioteca Sanctorum (Enciclopedia dei Santi) – Voll. 1-12 e I-II appendice – Ed. Città Nuova
- C.E.I. - Martirologio Romano - Libreria Editrice Vaticana – 2007 - pp. 1142
- Grenci - Quaderno 3 – Sancti Innumerabiles: veri o presunti della pietà popolare- Ed. in proprio - 2004
- Grenci - Quaderno 3 – Sancti Innumerabiles: veri o presunti della pietà popolare- Ed. in proprio – 2005
- Grenci - Quaderno 39 – I corpi santi della Chiesa Ambrosiana - Ed. in proprio - 2007
- Grenci – raccolta privata di immaginette sacre: 1977 - 2009
- Lilliu - Iconografia dei santi sardi. Veri o presunti della pietà popolare - Ed. Curia Provinciale OFM Capp. Cagliari - 1995
- Masina - Comprare un santo. Romanzo - Ed. Oge - 2006
- Sito web: santibeati.it
- Sito web: wikipedia.org

 

Dello stesso autore:

 

- Beati e Beate:

- Beata Colomba da Rieti

 

- Beate Ambrosiane

 

- Le beate terziarie minime di Milazzo: quattro o tre?


- Beato Enea da Faenza

 

Santi Martiri:

- Albiate e i suoi Martiri - Santi Fermo, Rustico e Procolo

- La Martire Fortunata di Roma, la “Santa” di Baucina (PA)

- Monselice e i suoi Martiri

 

- San Liberato martire

- Santa Candida martire

- Santa Vittoria, martire in Sabina


- Santi Martiri di Cordova


- Santi Martiri di Fossa

Iconografia dei Santi:

- Chi sarà mai costui - - Iconografia dei SantI - Prima parte


- Chi sarà mai costui - - Iconografia dei SantI - Parte seconda

- San Rocco e i suoi attributi iconografici

Santi ed Animali:

- I Santi e il Cane

 

- La Santità dell'Orso

 

- Mancu li gatti! I gatti nella vita dei Santi

- Santi e Roditori


- Santità e il Cervo

 

- Santità e il Drago

Santi e Sante:

- Santi 14 Ausiliatori

- Bambini Santi

 

- Corpi Santi

- Famiglie di Santi

 

- I Santi Magi

- L'Amico dello Sposo - S. Amico

- Longino, la santità sgorgata dal Cuore di Cristo

 

- Luciano, nato nella luce

- Martino di Monselice e Martino di Tours

- San Callisto


- San Damiano e Damiano di...

- San Donato

- San Fabio (Gens Fabia)

 

- San Giovanni da Tufara

- San Lucio I Papa

- San Mamante di Cappadocia

- San Marco

 

- San Mario


- San Sefirio

 

- San Sostene: un nome, due santi

- San Vincenzo Ferrer

- Sant'Albino, Vescovo: Un quartiere di Monza

- Santa Cita di Serravalle


- Santa Liberata

 

- Santa Marina Vergine

- Santa Rosalia, tra i testimoni di Gesù

 

- Santi dai nomi Atipici :
Apollo, un santo dell'era apostolica
Eliana, la "Figlia del sole"
Genoveffa detta anche Ginevra

Ludovica "Colei che è gloriosa in battaglia"

Gigliola "Bella come un giglio "

- Santi di Canzo

- Santità di nome "Lucia"

- Santità di nome "Romeo"


- Sebastiano, Nobile atleta di Cristo

 

Santità e...

- Come la ginestra... (Santità calabrese)

- Dalla schiavitù alla santità

- In Defensum Castitatis


- Santi e lebbra

- Santi e sofferenza

 

- Santi Patroni dei cultori di immagini sacre


- Santità e Stigmate

- Santità ed Ecumenismo

- Santità Silvestrina

Altro:

- Santità e Chiese Ortodosse

- Sacro Cuore di Gesù e Santità e Sacro Cuore

- "Sarà chiamato Emmanuele"

- "Saremo condotti..."


- Siti personali di Don Damiano Grenci:

http://xoomer.alice.it/damiano.grenci/Home.html

 

http://www.preguntasantoral.es/?p=3177

http://regio18.blogspot.com

 

 

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