Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

COLLABORAZIONI

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LE DINAMICHE API DI WAL

 


Renzo Barbattini - Università di Udine

 

Massimo Ghirardi - Insegnante atelierista del Comune di Reggio Emilia


Si tratta di soggetti semplici, presi dall’ambiente della campagna, assieme ad altri insetti o animali (come le vacche, tra le quali anche quelle dell’evocativa razza “rossa reggiana”…); visti attraverso una tecnica che ricorda molto il fumetto (linguaggio conosciuto e praticato dal nostro autore), ingranditi, stilizzati e resi dinamici attraverso pennellate forti di tinte accese, con ritmi spiraliformi e vorticosi, dei quali sembra di udire il ronzio provenire amplificato sulla tela...

 

Roncolo è un piccolo centro sulle colline di Quattro Castella, non lontano da Canossa, tra le zone del Reggiano più verdeggianti, caratterizzate da ampie aree boscose ed estese coltivazioni, che le Guide del Touring Club degli anni ’50 descrivevano “tra le più belle d’Italia”.

Un paesaggio ameno che, ancor di più, lo era nel 1949 quando vi nasceva Walter Guidobaldi, artista noto come “Wal”.


Un contesto quindi affascinante che, a giudicare dalle opere, ha fortemente influenzato la creatività (e l’ironia) del nostro autore. Roncolo è immerso nella verzura di un territorio, forse un poco sonnacchioso, dove i reggiani (spesso con i loro bambini) vanno per passeggiare e per scampagnate a piedi o in bicicletta.
Ampie zone verdi e boscose, molteplicità di animali, soprattutto vacche, e insetti (molte operose api, ma anche tantissime molestissime mosche, per via degli allevamenti). Tutti elementi che Wal ha preso come soggetti per la sua ricerca artistica.

Della sua vasta “produzione” in questa sede ci interesseremo soprattutto delle “api”: un soggetto che Wal ha indagato a partire dalla fine degli anni ’70, e oggi tra le sue opere più note (e quotate).

Si tratta di soggetti semplici, presi dall’ambiente della campagna, assieme ad altri insetti o animali (come le vacche, tra le quali anche quelle dell’evocativa razza “rossa reggiana”…); visti attraverso una tecnica che ricorda molto il fumetto (linguaggio conosciuto e praticato dal nostro autore), ingranditi, stilizzati e resi dinamici attraverso pennellate forti di tinte accese, con ritmi spiraliformi e vorticosi, dei quali sembra di udire il ronzio provenire amplificato sulla tela; un misto di opart e di artigianato etnico in salsa futurista, lavori e gesti di grande effetto, vibranti, movimentati ed evidentemente divertiti.

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Queste api, con gli altri animali, sono volutamente parte di una predilezione per oggetti quotidiani, comuni e forse riferibili ad un “piccolo mondo” quale quello della sanguigna e idealista provincia reggiana, così attaccata a valori concreti e capace di metter in piedi un modello sociale di servizi e di convivenza civile che ha fatto scuola (e infatti le scuole di Reggio Emilia sono considerate tra le migliori del Mondo), ma si capisce anche che ognuno di essi porta con sé complesse simbologie, arcane, misteriose e che necessitano di un’attenta indagine visiva: millenni di civil tà e millenni di trasformazioni in un animale che si è perfettamente adattato all’ambiente (fino a ieri: allorché ha cominciato a scomparire misteriosamente).


L’ape forse è un aperta metafora del produttore affannato, che nello sforzo si trasfigura, si smaterializza in puro movimento. Ma anche dell’individuo che prova piacere per quel movimento, ripetuto ossessivamente in una danza forsennata, arcaica, piacevolmente faticosa da eseguire quanto suggestiva ed affascinante da osservare. Ma nel lavoro di Wal non troviamo solo api, ma anche mucche… e bambini.

Le opere, via via, si sollevano dalla superficie del quadro, si rendono tridimensionali, passando per il mosaico, la modellazione plastica e la composizione di materiali poveri o eterogenei assemblati tra loro (molto divertenti i sui bambini paffutelli nelle varie pose, che riprende la "reggianissima” tecnica della ceramica maiolicata appoggiati su reali e morbidi cuscini).


Note anche le costruzioni ottenute con cassette da frutta di legno (i “plateau”, in dialetto “platò”) intere o segate, assemblate, inchiodate e rivestite di carta incollata, sulla quale larghe pennellate ad andamento geometrico formano figure definite e intrecciate, artatamente non naturalistiche e che qualcuno a rassomigliato a rovine di periferia urbana (che Wal ha ben conosciuto quando durante il suo soggiorno a Milano per frequentare i corsi dell’Accademia di Brera) ma che, probabilmente, vogliono dichiarare la volontà di uscire dalle due dimensioni pittoriche della tela o della tavola e farsi tridimensionali.


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Successivamente gli animali policromi e surreali di Wal si trasformeranno in arredi per l’infanzia, che una ditta specializzata di Quattro Castella, l’ISAFF, realizzerà effettivamente nel 1984, e che faranno da scenografia alle trasmissioni RAI dello “Zecchino d’oro”; confermando la stretta unione tra il mondo dell’infanzia e quello di Wal: un mondo fatto di curiosità, di entusiasmo, di ricerca inesauribile, di creatività come necessario gioco mentale e manuale, attraverso un “pensare con le mani” fatto con quelli che un altro reggiano celebre, il pedagogista Loris Malaguzzi, definirà “i cento linguaggi” per esperire e conoscere il mondo.


Wal, più che un contestatore, è un ironico osservatore della società, della quale si sente parte ma che riesce a guardare con un certo ironico e disincantato distacco; soprattutto quando, come dicono tutte le sue biografie non lavora “fuma e contempla le colline reggiane”.

Della ricca produzione di quest’artista poliedrico, spesso dettata da canoni neocubisti e neofuturisti, ricordiamo in questa sede i dipinti, facenti parte appunto di una serie denominata “Le api”:

- Senza titolo (fig. 1) del 1981; - Senza titolo (fig. 2) del 1981-82; - Senza titolo (fig. 3) del 1982; - Senza titolo (fig. 4) del 1983; - Senza titolo (fig. 5) del 1983; - Senza titolo (fig. 6) del 1983; - Senza titolo (fig. 7) del 1983; - Senza titolo (fig. 8) del 1983.

 

In essi si notano il grande movimento e l’intensità decisa delle pennellate vorticose che il pittore ha steso sulla tela richiamando un turbinio di colori come se fosse una girandola colorata che ruota vorticosamente, mossa dal forte vento.

L’inserimento dell’ape in questo turbine di colori probabilmente è attinente al contesto generale dell’opera; con il suo velocissimo batter d’ali anch’essa produce un piccolo turbine e anche il movimento veloce delle sue zampe richiama allo stato agitato di tutto il contesto.

Leggendo queste opere con un occhio ”entomologico”, è possibile fare un richiamo alle famose “danze” dell’ape, la cui scoperta ha fruttato, nel 1973, all’etologo austriaco Karl Von Frisch il premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina grazie alla definizione del linguaggio gestuale delle api. Se è vero che l’opera d’arte deve sostenere se stessa, è indubbio che l’opera di Wal si sostiene benissimo, tralasciando i richiami astratti d’opere del primo Novecento, che probabilmente sono presenti e indelebili nell’inconscio di ogni pittore, Wal ha un carattere decisamente personale nella sua pittura.

Assolutamente capace e geniale nell’aver trasmesso attraverso i suoi dipinti quel movimento veloce dei colori che non è facile trasmettere sulla tela.

Anche in questo caso piace riportare quanto scrive il prof. Renato Barilli, noto critico e storico letterario e d’arte (docente di Fenomenologia degli stili all’Università di Bologna) circa la pittura di Wal: “Wal, oggi artista settantenne, appartiene a una generazione che aveva alle spalle il mondo dei fumetti a stampa e stava invece per essere dominata dall’universo magico dei cartoni animati, con i loro colori intensi e squillanti, e con la loro abitudine mentale di trarre ispirazione da figurare dell’universo animale.

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E dunque, l’ape cui Wal ha rivolto il suo interesse in una serie di dipinti è come la stilizzazione del favoloso insetto per renderlo assimilabile alle scene dei cartoons, protagonista di qualche favola arguta e piacevole, ma non solo improntata all’innocenza dell’infanzia. In quel momento, infatti, stava cessando l’influenza del cartoon di sapore “waltdisneyano”, concepito appunto secondo l’innocenza e il candore infantile, mentre entravano sulla piazza i Manga di produzione giapponese, più maliziosi e talvolta perfino aggressivi.

Così è di quell’insetto mostruoso e invadente progettato da Wal.

Si noti anche come, attraverso il moltiplicarsi dei battiti delle ali, l’artista tenti di suggerire il movimento, la sequenza cinematica, pur restando in ambito di forme immobili stese su una superficie.
Del resto, in seguito, Wal ha davvero materializzato quei profili, quasi iniettando al loro interno le materie plastiche dei nostri giorni e così ottenendo una popolazione fantastica di gnomi, o di bambolotti angelici, felici della loro obesità oste
È come dire che dalle farfalle è spuntato fuori un bruco, sempre più capace di reggersi autonomo e di andarsene libero per le vie del mondo”.

Wal ha incominciato con l’illustrazione e i fumetti, ha realizzato opere che rappresentano gli animali in una sorta di “Bestiario ingenuo”, ha tenuto corsi di oreficeria, senza contare i titoli rilasciati da diverse accademie artistiche che ha frequentato durante la sua carriera.

 

Le “danze” sono un linguaggio simbolico-gestuale che consente a un’ape operaia di comunicare alle altre api dell’alveare l’ubicazione della sorgente di nutrimento, la sua distanza dalla colonia e la sua abbondanza.



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RIVISTA NAZIONALE DI APICOLTURA APINSIEME | DICEMBRE 2019


Nella foto: Massimo Ghirardi



 

 

 

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