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                    Periodico) ." ******     MARTIRI DELLA REAL CASA DI FRANCIAVITTIME DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE
    In ordine di tempo  elenchiamo i 5 membri della Famiglia Reale di Francia che al tempo della  Rivoluzione subirono il martirio. 
                    
                      | MARIA TERESA LUISA DI  SAVOIAPrincipessa di Lamballe
Torino, 8 settembre 1749 –  Parigi, 3 settembre 1792
 
 Nel 1929 papa Pio XI la  dichiarò Venerabile e Martire.
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                      | LUIGI XVI DI BORBONERe  di Francia
 
 
 
Versailles, 23 agosto 1754 –  Parigi, 21 gennaio 1793
 Il 17 giugno 1793 papa Pio  VI con il breve “Quare lacrymae” dichiarò martirio in odio alla fede cattolica  la fine perpetrata al cristianissimo sovrano.
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                      | MARIA ANTONIETTA  D'ASBURGO-LORENARegina di Francia, moglie di Luigi XVI
 
Vienna, 2 novembre 1755 –  Parigi, 16 ottobre 1793
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                      | ELISABETTA DI BORBONEPrincipessa reale, sorella di Luigi XVI
  Versailles, 3 maggio 1764 –  Parigi, 10 maggio 1794
 Nel 1929 papa Pio XI la  dichiarò Venerabile e Martire.
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                      | LUIGI XVII DI BORBONERe  di Francia, figlio di Luigi XVI
 Versailles, 27 marzo 1785 –  Parigi, 8 giugno 1795
 |  |    QUARE LACRYMAEPapa Pio VI – 17 giugno  1793
 
                    
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 Monumento funebre di Re Luigi XVI e della Regina Maria Antonietta |    Venerabili Fratelli. 1. Come mai le lacrime e i  gemiti non soffocano le Nostre parole? Non Ci conviene piuttosto esprimere con  i gemiti anziché con le parole quell’immenso dolore dell’animo che Vi dobbiamo  manifestare, mentre Vi esponiamo quanto è successo a Parigi il 21 gennaio del  corrente anno? Spettacolo orrendo di crudeltà e di barbarie! 2. Per la cospirazione di  uomini empi è stato condannato a morte il cristianissimo re Luigi XVI e la  condanna è stata subito eseguita. Ma quale processo, e con quale modalità ciò  sia stato compiuto, brevemente Vi riferiremo: la cosa è stata condotta a  termine dall’Assemblea Nazionale senza alcuna autorità e senza alcun diritto.  Infatti, abolita la più prestigiosa forma di governo, quella monarchica, essa  aveva trasmesso ogni pubblico potere al popolo, il quale non si lascia guidare  né dalla ragione, né dal consiglio; non fa distinzione fra il giusto e  l’ingiusto; apprezza e stima poche cose secondo verità, molte invece secondo  l’opinione corrente; è incostante, facile ad essere ingannato e condotto a  tutti gli eccessi; è ingrato, arrogante, crudele.Gode nel vedere il sangue  umano, la strage, i lutti e lo strazio dei morenti, come si vedeva negli  antichi anfiteatri, e se ne pasce voluttuosamente. La parte più feroce di  questo popolo, non contenta di aver degradato la maestà del suo Re, volendogli  togliere anche la vita, comandò che fungessero da giudici i suoi stessi  accusatori che gli si erano dichiarati nemici. Questi, durante lo svolgimento del  processo, vollero repentinamente chiamarne altri peggiori, affinché il numero  dei giudici favorevoli alla condanna prevalesse sugli altri. Tuttavia non  riuscirono ad aumentarne il numero, in modo che il Re fu condannato con un  numero di voti inferiore a quello richiesto dalla legge. E da tanti giudici  iniqui e perversi, da tanti voti estorti, che cosa ci si doveva aspettare e  temere se non un risultato triste, orribile, esecrato per tutti i secoli?  Tuttavia, poiché l’orrore per tanta scelleratezza aveva fatto indietreggiare  molti, essendo sorta una grande disputa fra i votanti, si decise di ripetere  ancora la votazione, il cui esito, sebbene fosse soltanto espressione dei  congiurati, fu dichiarato legittimo.
 Passiamo qui sotto silenzio  altri atti illegittimi, certamente nulli e irriti, che si possono leggere nella  dignitosa difesa degli avvocati e qua e là nei pubblici giornali. Tralasciamo  anche tutto quello che il Re fu costretto a subire e soffrire prima della pena  capitale: la sua lunga detenzione in varie prigioni, dalle quali veniva  prelevato talvolta per essere tradotto davanti alle sbarre della Convenzione;  l’assassinio del suo confessore; la segregazione dalla sua carissima regale  famiglia, e tanti altri generi di tribolazioni per aumentargli la pena e  l’ignominia. Davanti ad esse, ognuno che abbia qualche sentimento di umanità  non può provare altro che orrore, poiché era ben nota a tutti l’indole soave,  benefica, clemente, paziente di Luigi XVI, amante del suo popolo, alieno da  rigore e severità, cordiale e indulgente verso tutti.
 Fu per questo che ci  s’indusse a convocare le Assemblee del regno che venivano insistentemente  richieste, e che risultarono poi contro la sua regia autorità e infine contro  la sua persona.
 
 Non possiamo tuttavia  passare sotto silenzio tutte le virtù che risultano dal suo testamento scritto  di suo pugno, che svela l’intimo del suo animo, e che è stato poi divulgato  dovunque a mezzo stampa.
 Quanta virtù in lui; quanto zelo e amore per la  Religione cattolica! Quale testimonianza di vera pietà verso Dio! Quanto  dolore, quanto pentimento per aver dovuto apporre la sua firma sotto gli atti  contrari alla disciplina e alla vera Fede della Chiesa! Venendo quasi sommerso  sotto le onde di tante avversità ogni giorno sempre più pressanti, poteva  ripetere le parole del re d’Inghilterra Giacomo I: "che egli veniva  calunniato in tutte le assemblee popolari non perché avesse commesso qualche  crimine, ma soltanto perché era il Re; il che era ritenuto il peggiore di tutti  i crimini".
 Ma tralasciamo un po’ di parlare di Luigi, per portare dalla  storia un esempio che si addice pienamente al Nostro argomento e che è provato  dalla testimonianza luminosa di onesti scrittori.
 3. Maria Stuarda, regina di  Scozia, figlia di Giacomo V re di Scozia, e vedova di Francesco II re di  Francia, avendo assunto i titoli e le insegne dei re d’Inghilterra, che  gl’Inglesi avevano già attribuito ad Elisabetta, come narrano molti storici,  quante avversità dovette affrontare da questa sua rivale e dai facinorosi Calvinisti,  che le portarono insidie e violenze! Spesso incarcerata, spesso soggetta agli  interrogatori dei giudici, rifiutò di rispondere, dicendo che una regina  deve rendere conto della sua vita solo a Dio.Vessata continuamente e in tutti  i modi, rispose, dimostrò l’infondatezza dei crimini che le erano stati  attribuiti e provò la propria innocenza. Ma non per questo, tuttavia, i giudici  si astennero dal compiere l’ingiustizia già premeditata e pronunciarono contro  di lei la condanna a morte, come fosse irrefutabilmente rea e quella testa  regale fu troncata sul palco.
 4. Benedetto XIV nel terzo  libro sulla Beatificazione dei Servi di Dio, cap. 13, n. 10, ragiona così su  questo evento: "Se si dovesse istituire un processo sul martirio di questa  Regina, processo che finora non è mai stato disposto, risalterebbe subito  un’obiezione evidente contro il suo martirio, desunta dalla sentenza del  processo e da tutte le calunnie che contro di lei hanno farneticato gli  eretici, specialmente Giorgio Buchanan in quell’infame libello che ha per  titolo: "Maria smascherata".Ma se si esamina la vera causa della sua  morte, che si riassume nell’odio contro la Religione Cattolica che ella sola,  unica superstite, professava in Inghilterra; se si esamina l’invitta costanza  con la quale respinse le proposte di abiurare la Religione Cattolica; se si  osserva la forza ammirevole con cui sostenne la morte; se si tien conto, come  si dovrebbe, che ella protestò prima della decapitazione, e nell’esecuzione  stessa, che era sempre vissuta da cattolica e che moriva volentieri per la fede  cattolica; se non si omettono, come non devono essere omesse, le evidentissime  ragioni dalle quali emerge non solo la falsità dei crimini attribuiti alla  regina Maria dai suoi oppositori, ma anche l’ingiusta sentenza di morte,  fondata su calunnie ispirate dall’odio contro la Religione Cattolica, perché  restassero immutabili i dogmi ereticali nel regno d’Inghilterra; allora si  comprenderà che non manca nessuna condizione necessaria per affermare che il  suo fu un vero martirio".
 5. Sappiamo da Sant’Agostino  che "non è il supplizio che fa il martire, ma la causa". Per questa  ragione Benedetto XIV si dichiarò propenso a ritenere vero martirio l’uccisione  di Maria Stuarda. Egli si chiese "se per il martirio è sufficiente  dimostrare che il tiranno fu mosso dall’odio contro la Fede di Cristo, anche se  si attribuisce l’occasione della morte ad un’altra causa che non riguarda la  Fede di Cristo o vi appartiene soltanto accidentalmente". Risolse il caso  affermativamente, indotto dalla ragione che un atto desume la sua specifica  natura non da un’occasione o da altra causa impulsiva, ma dalla causa  fondamentale. Pertanto per dichiarare un vero martirio è sufficiente che il  persecutore, per procurare la morte, sia mosso dall’odio contro la Fede, anche  se l’occasione della morte provenisse da altri motivi, che, a causa delle  circostanze, non appartengono alla fede. 
                    
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 La testa di Re Luigi XVI ghigliottinato viene presentata al popolo  |  6. Ritorniamo ora al re  Luigi XVI. Se è grande l’autorità del papa Benedetto XIV, e si deve dare molto  peso alla sua opinione quando propende a definire martirio l’uccisione della  regina Stuarda, perché anche Noi non dovremmo considerare martirio la morte del  re Luigi ? Anche in questo caso vi furono lo stesso attaccamento alla  Religione, lo stesso proposito e la stessa ferocia. Deve essere quindi  riconosciuto lo stesso merito. E chi mai potrebbe mettere in dubbio che quel Re  fu messo a morte per odio contro la Fede e oltraggio ai dogmi del  Cattolicesimo?Già da tempo i Calvinisti  avevano cercato di abbattere in Francia la Religione Cattolica; ma bisognava  prima preparare gli animi. Il popolo doveva essere indottrinato con empie  ideologie che essi non desistevano di spargere fra il volgo per mezzo di  libelli riboccanti di perfidie ed eccitanti alla rivolta; e per realizzare il  loro intento utilizzavano l’opera di perversi filosofi.
 L’Assemblea generale  del Clero Gallicano nell’anno 1745 aveva già condannato questa perniciosa  scelleratezza degli artefici di inique dottrine. Noi stessi, all’inizio del  Nostro Pontificato, abbiamo denunciato a mezzo di una lettera enciclica  indirizzata a tutti i Vescovi della Chiesa Cattolica la manovra detestabile dei  perfidi uomini e il gravissimo pericolo sovrastante, allorché li abbiamo  esortati con queste parole: "Togliete di mezzo a Voi il male, cioè, con  grande energia e sollecitudine cercate di far sparire dal Vostro gregge tutti  questi libri avvelenati".
 Se avessero avuto esito le Nostre esortazioni e  i Nostri ammonimenti, oggi non avremmo a dolerci del progresso di questa  congiura contro i re, e della rovina dei regni. Quando questi uomini depravati  hanno notato l’esito favorevole della loro opera, e che era già giunto il  momento di mettere in esecuzione i loro disegni, cominciarono a sostenere  apertamente in quel libro pubblicato nell’anno 1787 che questa affermazione di  Ugo Rosario, a meno che non sia qualcun altro l’autore del libro: "È cosa  lodevole togliere di mezzo il principe che non vuole aderire alla religione  riformata e non vuole partecipare alla difesa della religione dei protestanti".
 7. A seguito dell’iniqua  affermazione sopra riportata, risulta chiaro a tutti quale sia stata l’origine  delle penose sventure alle quali Luigi andò incontro: si è dovuto riscontrare  che tali frutti derivavano in Francia dai malvagi libri, come da un albero  velenoso.È stato scritto nella Vita dell’infame Voltaire che il genere umano  gli doveva essere eternamente grato per essere stato il primo sostenitore della  rivoluzione generale, avendo eccitato i popoli a riconoscere le proprie  rivendicazioni di libertà e ad usare le proprie forze per abbattere il  formidabile bastione del dispotismo, cioè il potere religioso e sacerdotale,  sopravvivendo il quale – dicevano – il giogo della tirannide non sarebbe mai  stato sconfitto poiché l’una e l’altra autorità sono talmente legate fra loro,  che una volta abbattuto l’uno, l’altro doveva necessariamente cadere.
 E  costoro, cantando già vittoria per la fine del regno e per l’abbattimento della  Religione, esaltano il nome glorioso di questi empi scrittori, come se fossero  i comandanti di schiere vittoriose. E così è accaduto che, con queste arti,  hanno attirato dalla loro parte una grande moltitudine di popolo, allettandola  sempre più, o meglio illudendola con grandi promesse; hanno percorso tutte le  regioni della Francia, servendosi del nome specioso di libertà onde chiamare  tutti a raccogliersi sotto queste spiegate insegne e queste bandiere.
 Questa  dunque è quella libertà filosofica che mira al risultato di corrompere gli  animi, depravare i costumi, sovvertire l’ordine delle leggi e di tutte le  istituzioni. Tale falsa libertà fu condannata dall’Assemblea del Clero Francese  quando già serpeggiava fra il popolo con queste fallaci opinioni; Noi stessi  nella già ricordata lettera enciclica [Inscrutabile divinae del 25 dicembre  1775] l’abbiamo caratterizzata e definita con queste parole: "Questi  perversi filosofi cercano oltretutto di far sì che gli uomini sciolgano tutti  quei legami dai quali sono uniti fra di loro e ai loro sovrani con il vincolo  del loro dovere; essi proclamano fino alla nausea che l’uomo nasce libero e non  è soggetto a nessuno. Quindi la società è una folla di uomini inetti, la  stupidità dei quali si prosterna davanti ai sacerdoti (dai quali sono  ingannati) e davanti ai re (dai quali sono oppressi), tanto è vero che  l’accordo fra il sacerdozio e l’impero non è altro che un’immane congiura  contro la naturale libertà dell’uomo".
 8. I suddetti agitati  difensori del genere umano hanno aggiunto a questo falso e bugiardo nome di  libertà l’altro nome parimenti falso di uguaglianza: cioè uguaglianza fra  uomini che si costituiscono in società civile, quantunque siano di opinioni  diverse, procedano verso direzioni diverse, ciascuno spinto dal proprio  arbitrio, e non ci debba essere nessuno che prevalga per autorità e forza,  comandi, moderi e richiami dall’agire perverso sulla strada dei doveri,  affinché la società stessa, sotto la spinta contrastante di tante fazioni, non  cada nell’anarchia e si dissolva, come qualsiasi armonia che si compone  dell’accordo di tanti suoni, e se non ottiene un idoneo equilibrio fra  strumenti e suoni degenera in rumori confusi e del tutto stonati. Essendosi poi  proclamati riformatori degli stessi comandamenti, anzi arbitri della Religione,  mentre, secondo l’espressione di Sant’Ilario di Poitiers, la Religione esige il  dovere dell’obbedienza, cominciarono essi stessi ad emanare norme e inauditi  statuti sulla Chiesa stessa. Da questo laboratorio è uscita quella sacrilega  Costituzione che Noi abbiamo rifiutato nella Nostra risposta del 10 marzo 1791  sottoscritta da trenta Vescovi. E qui si può giustamente adattare al caso ciò  che scrisse San Cipriano: "Come è possibile che siano gli eretici a  giudicare i cristiani, gli ammalati ad occuparsi dei sani, i feriti di chi è  rimasto incolume, i peccatori del santo, i rei dei giudici e i sacrileghi del  sacerdote?". Che resta ormai alla Chiesa, se non cedere a un insensato?Coloro che nelle diverse  classi dei cittadini rimanevano ancora fedeli al loro credo e costantemente  ricusavano di sottomettersi con giuramento alla nuova Costituzione, venivano  subito fatti oggetto di malversazioni e destinati alla morte. Si è osato  perfino di massacrarli indistintamente; si è infierito barbaramente contro  moltissimi uomini di chiesa; sono stati soppressi dei Vescovi, i quali  dovrebbero essere circondati di devozione e riverenza, come ha insegnato col  suo esempio Cristo Signore che, come dice San Cipriano, "fino al giorno  della sua passione rispettò i pontefici e i sacerdoti ebrei, nonostante essi  non avessero il timore santo di Dio, né riconoscessero in Lui il Messia".
 Una moltitudine di uomini di  ogni ceto fu in questo modo soppressa. La pena meno grave fu di cacciarli in  esilio in regioni straniere, senza distinzione di età, di sesso, di condizione.  Per la verità era stato decretato che ognuno potesse liberamente professare la  religione che voleva, come se ogni religione fosse vera e portasse all’eterna  salvezza. In realtà era invece proibita la sola Religione Cattolica, e per  estirparla si faceva scorrere il sangue per le piazze e le case, come se ogni  credente fosse da colpire con pena capitale. Non potevano essere difesi e  sicuri coloro che si erano rifugiati nelle regioni d’esilio, perché in quei  luoghi venivano arrestati e, ingannati perfidamente, venivano soppressi. Questa  è la caratteristica di tutte le eresie, questo il costume degli eretici fin dai  primi secoli della storia della Chiesa; e questo è pure confermato dalla  tirannica condotta dei Calvinisti, specialmente in Francia, dove con minacce e  violenze cercano d’indurre tutti ad accettare la loro confessione.
 9. Da questa serie  ininterrotta di empie violenze iniziate in Francia, emerge evidente che lo  scopo principale di queste macchinazioni era di sfogare l’odio contro la  Religione Cattolica; oggi tutta l’Europa ne è agitata e sconvolta e nessuno può  negare che questa è stata la causa della morte inflitta al re Luigi. Contro di  lui si sforzarono di approntare un cumulo di accuse ispirate da motivi  politici, e fra esse spicca tuttavia la principale ragione, cioè quella sua  fermezza d’animo con la quale si rifiutò di approvare e sancire il decreto di  esiliare i preti cattolici, come pure l’affermazione contenuta nella lettera  inviata al Vescovo di Clermont, di voler ristabilire in Francia il culto cattolico  appena fosse stato possibile. Forse che tutto questo non vale e non è  sufficiente per affermare e stabilire che Luigi è stato un martire? Anche la  sentenza capitale contro Maria Stuarda cercava di appoggiarsi su pretese  macchinazioni, crimini e congiure contro lo Stato, facendo appena menzione  della Religione. Tuttavia Benedetto XIV, disdegnate le menzogne espresse nella  sentenza, indicò quale era realmente la principale causa all’origine della  condanna, cioè l’odio contro la Religione Cattolica; pertanto esisteva il  motivo del martirio. 10. Ma, come si sente dire,  contro questo martirio di Luigi c’è chi obietta che egli aveva approvato la  Costituzione che era stata da Noi respinta nella Nostra risposta ai Vescovi già  citata. Invece parecchie persone ritengono che le cose si siano svolte  diversamente e asseriscono che, quando fu presentata al re la Costituzione per  essere firmata, egli esitò, raccolto nei suoi pensieri; poi ricusò di firmarla,  temendo che quella firma avesse valore di approvazione. Ma quando da uno dei  suoi ministri (e se ne fa anche il nome) sul quale egli aveva posto tanta  fiducia, gli disse che la sottoscrizione significava soltanto che quello  scritto era il vero e autentico testo della Costituzione, affinché Noi, a cui  il testo era indirizzato, non avessimo nessun sospetto sulla sua autenticità,  per questa semplice ragione fu indotto a sottoscrivere, e ciò confermò nel suo  testamento quando scrisse di aver firmato contro la propria volontà. E infatti  non sarebbe stato conseguente con se stesso, se avesse poi rigettato  costantemente ciò che aveva approvato, non avendo mai voluto firmare il decreto  col quale venivano cacciati in esilio quei preti che avevano rifiutato il  giuramento; né avrebbe dichiarato al Vescovo di Clermont che egli era deciso a  ristabilire il culto cattolico in Francia. Ma in qualunque modo siano avvenuti  i fatti (in proposito Noi non assumiamo alcuna responsabilità) anche se  concediamo che Luigi abbia approvato con la sua firma la Costituzione o per  inganno, o per errore, o per leggerezza, dovremmo variare il Nostro giudizio  sul suo martirio? Ce lo vieta quella certa e solenne ritrattazione del Re che  ne seguì, e inoltre il fatto – come sopra abbiamo dimostrato – che la morte gli  fu inferta in odio alla Religione Cattolica. E questo nulla toglie al Re  dell’onore e della gloria del martirio. Analogamente per San Cipriano, che a  proposito del Battesimo degli eretici aveva espresso principi contrari alla  verità; Sant’Agostino più volte con parole e scritti afferma che Dio lo aveva  purificato con la falce del martirio, come si pota un ramo che porta frutta. 
                    
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 Luigi XVII prigioniero nel Tempio  |  11. Non molto diversa la  questione sollevata nella Congregazione dei Riti, se era di ostacolo a  riconoscere il martirio del gesuita Giovanni de Britto, il fatto che nella  missione di Madura aveva usato i cosiddetti riti Cinesi che erano stati  proibiti. Gli elettori non esitarono ad esprimersi in senso negativo: cioè il  fatto non era per nulla di ostacolo, dato che il servo di Dio nel successivo  martirio aveva ritrattato col sangue l’uso di tali riti. Ma i Cardinali si  trovarono poi divisi nell’esprimere un decreto favorevole, affinché non si  prendesse l’occasione per propugnare in seguito che si vuole recedere dalla  proibizione di questi riti. Ma Benedetto XIV rimosse ogni difficoltà,  affermando che dalla proclamazione di quel decreto non si poteva dedurre che la  Santa Sede intendesse recedere dai decreti dei suoi predecessori, che avevano  proibito i riti suddetti. Nello stesso tempo approvava la ritrattazione emessa  dal venerabile Giovanni non con l’inchiostro ma col sangue, e dichiarava che  l’eccezione che si era posta nella causa di beatificazione del venerabile servo  di Dio Giovanni de Britto non doveva ostacolare oltre la discussione sulla vera  causa del martirio e ancor più sulla veracità dei segni e dei miracoli che  erano stati compiuti con la sua intercessione. Si doveva discutere secondo il  decreto emanato e pubblicato il 2 luglio 1741.Noi, incoraggiati da tale  decreto, riconoscendo che la ritrattazione di Luigi era vera e ampiamente  provata, scritta non soltanto con l’inchiostro, ma col suo sangue generoso,  crediamo di non essere lontani dal parere del Papa Benedetto non per emettere  un simile decreto ma per restare nell’opinione che Ci siamo formati sul  martirio del Re Luigi, nonostante ci fosse stata – se pure c’è stata –  un’approvazione della Costituzione civile del clero.
 12. Ahi Francia, ahi  Francia! Chiamata dai Nostri predecessori "specchio di tutta la  Cristianità e sicura colonna della Fede", tu che nel fervore della Fede  cristiana e nella devozione alla Sede Apostolica non hai mai seguito le altre  Nazioni, ma le hai sempre precedute! Quanto sei lontana da Noi oggi, con  codesto animo così ostile verso la vera Religione: sei diventata la più  implacabile nemica fra tutti gli avversari della Fede che mai siano esistiti!Eppure non puoi ignorare,  anche se lo volessi, che la Religione della Fede cristiana è il sostegno più  solido dei regni, poiché reprime l’abuso dei potenti e la licenza dei sudditi.  Per questa ragione gl’invidiosi nemici del potere dei re, per toglierlo di  mezzo, aspirano a sovvertire la Fede cattolica.
 13. Ahi Francia, ancora una  volta! Tu che hai chiesto di avere un re cattolico, poiché le leggi  fondamentali del regno non esigono nessun altro re se non cattolico, proprio  perché era cattolico lo hai ucciso ! 14. Fu tanto il tuo furore  contro il Re, che non ti sei acquietata e saziata neppure con la sua  decapitazione. Hai voluto infierire anche sul cadavere; hai voluto che il suo  corpo venisse immediatamente sotterrato, senz’alcuna onorata sepoltura. Invece  a Maria Stuarda, già estinta, si tributò l’onore dovuto alla sua regale  dignità. La sua salma fu portata nella cittadella, imbalsamata e riposta in un  loculo già predisposto per la sepoltura. Fu ingiunto ai suoi servi e ai suoi  ministri di restare presso di lei con le livree e le insegne della loro  dignità, senza cederle a nessuno, finché non si fosse trovata una sepoltura  onorevole.Che cosa hai guadagnato, tu,  con tutto il tuo inestinguibile odio, se non disonore e infamia, e da parte dei  re e dei principi un’avversione, un disgusto, un odio e un’indignazione ancora  maggiori di quelli che arsero contro Elisabetta d’Inghilterra?
 15. Oh giorno trionfale per  Luigi! Dio gli ha dato la pazienza nella persecuzione, la vittoria nel  supplizio! Noi abbiamo la ferma fiducia che tu hai felicemente cambiato una  caduca corona regale e i gigli, che in breve sfioriscono, con un’altra corona  perenne, intessuta dagli Angeli con gigli immortali. 16. Quello che ora Noi  dobbiamo fare secondo il Nostro dovere apostolico, lo desumiamo dalla lettera  di San Bernardo al suo discepolo, il Papa Eugenio IV, quando lo esortava  "ad adoperarsi con tutte le sue energie perché gl’increduli si  convertissero alla Fede, i convertiti non si allontanassero più, e i lontani  ritornassero". Abbiamo inoltre davanti agli occhi l’esempio del Nostro  predecessore Clemente VI che non cessò di perseguire il crimine dell’assassinio  del re di Sicilia, Andrea, infliggendo gravissime pene spirituali contro i  cospiratori e gli assassini, come si legge nella sua lettera. Ma che cosa  possiamo ottenere da un popolo che non solo disprezzò i Nostri ammonimenti, ma  Ci ha insultato con gravissime offese, abusi, ingiurie e calunnie, ed è giunto  a un punto tale di audacia e di pazzia da scrivere false lettere con il Nostro  nome, nelle quali ha inserito i propri errori? Lasciamo dunque nella sua  miseranda depravazione chi vuole perseverare nella sua pertinacia; confidiamo  che il sangue innocente di Luigi gridi in qualche modo e interceda affinché il  popolo francese riconosca e detesti la propria ostinazione nell’accumulare  delitti e consideri le varie e acerbissime pene che Dio, giusto vindice delle  scelleratezze, è solito infliggere ai popoli per delitti molto meno gravi. 17. Abbiamo voluto fare  queste considerazioni con Voi per averne un po’ di sollievo in una così  orribile catastrofe.Poniamo fine al Nostro  discorso invitandovi a celebrare con Noi le solenni esequie per il defunto Re,  secondo la consuetudine, anche se i Nostri uffici funebri di suffragio sembrano  inutili, avendo egli conseguito, come si crede, il nome di martire.  Sant’Agostino afferma che "la Chiesa non prega per i martiri ma piuttosto  si raccomanda alle loro preghiere"; tuttavia l’affermazione del Santo si  deve applicare non a colui che per giudizio umano è stato ritenuto martire, ma  come tale è stato dichiarato dalla Sede Apostolica.
 Pertanto, nel giorno che Vi  verrà notificato, insieme con Voi, Venerabili Fratelli, celebreremo le  pubbliche esequie nella Nostra pontificia cappella per il cristianissimo re  Luigi XVI.
 
                    
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 La Regina Maria Antonietta si avvia fieramente al patibolo  |    TESTAMENTO DI RE LUIGI XVI (25 dicembre 1792) "Nel nome della  Santissima Trinità, Padre, Figliuolo, e Spirito Santo. Oggi 25 Dicembre 1792.  Io Luigi XVI di nome, Re di Francia, chiuso da più di quattro mesi colla mia  Famiglia nel Tempio a Parigi da coloro ch'eran miei sudditi, privo di ogni  comunicazione qualunque, e dagli undici in qua del corrente fino colla mia  stessa Famiglia, implicato di più in un processo, di cui è impossibile  prevederne l'uscita a motivo delle passioni degli Uomini, e di cui non si trova  né pretesto, né mezzi di alcuna legge esistente, non avendo che Dio per  testimonio dè miei pensieri, a cui possa rivolgermi: Io dichiaro qui in sua  presenza le mie ultime volontà, e sentimenti.Lascio la mia Anima a Dio  mio Creatore, pregandolo ad accoglierla nella sua misericordia, di non  giudicarla secondo i suoi meriti, ma da quelli bensì del nostro Signor Gesù  Cristo che si è offerto in sacrifizio a Dio suo Padre per noi altri Uomini,  benché ne fossimo indegni, ed io più di tutti.
 Muojo nell'unione della  nostra Santa Madre la Chiesa Cattolica, Apostolica, e Romana, che ha la sua  Podestà per una successione non mai interrotta dopo S. Pietro, a cui Gesù  Cristo l'ha confidata.
 Credo fermamente e confesso  quanto è contenuto nel Simbolo, i Comandamenti di Dio, e della Chiesa, i  Sacramenti, e i Misterj come la Chiesa Cattolica gli insegna, e gli ha sempre  insegnati. Non ho mai preteso di farmi Giudice nelle differenti maniere di  spiegare i dogmi, che dividon la Chiesa di Gesù Cristo, ma sonomi riportato, e  mi riporterò sempre se Dio mi dà vita alla decisioni che i Superiori  Ecclesiastici uniti alla Santa Chiesa Cattolica danno, e daranno conformemente  alla Disciplina della Chiesa costante da Gesù Cristo in poi.
 Compiango di tutto cuore i  nostri fratelli, che potessero essere in errore, ma non pretendo però  giudicarli, e non gli amo tutti per questo di meno in Gesù Cristo, secondo che  la Carità Cristiana ci insegna. Prego Dio a perdonarmi tutti i miei peccati: ho  cercato scrupolosamente a conoscerli, a detestarli, e ad umiliarmi in sua  presenza. Non potendo servirmi del ministero di un Sacerdote Cattolico, prego  Dio di ricevere la confessione che gli ho fatta, e soprattutto il pentimento  profondo che ho di aver messo il mio nome (benché ciò fosse contro mia voglia)  ad atti che possan esser contrarj alla disciplina, ed alla credenza della  Chiesa Cattolica, alla quale sono sempre rimasto sinceramente unito di cuore.  Prego Dio di ricevere la ferma risoluzione in cui sono, se mi dà vita, di  servirmi tosto che il possa del Ministero di un Prete Cattolico per accusarmi  di tutti i miei peccati, e ricevere il Sagramento della Penitenza.
 Prego tutti coloro che  potessi aver offesi per inavvertenza (poiché non mi ricordo di aver mai fatto  scientemente offesa a veruno) o quelli a cui potessi aver dato cattivi esempj,  o scandali di perdonarmi il male che credono possa loro aver fatto. Prego tutti  coloro che han carità di unire le loro colle mie preghiere per ottenere da Dio  il perdono dè miei peccati.
 Perdono con tutto il mio  cuore a coloro che si son fatti miei nimici, senza ch'io n'abbia loro dato  motivo, e prego Dio di perdonare ad essi, come pure a coloro che per un falso  zelo, o per un zelo malinteso mi hanno fatto assai male.
 Raccomando a Dio mia Moglie,  e i miei Figli, la mia Sorella, le mie Zie, e i miei Fratelli, e tutti coloro  che mi sono uniti per vincolo di sangue, o per qualunque altro modo possa ciò  essere. Prego Dio particolarmente a volgere un occhio di misericordia sopra la  mia Moglie, i miei Figli, e mia Sorella che soffrono da lungo tempo con me, di  sostenerli colla sua grazia se venissero a perdermi, e fino a tanto che  resteranno in questo mondo peribile.
 Raccomando i miei Figli a  mia Moglie. Non ho mai dubitato della sua materna tenerezza per essi; le  raccomando sopra tutto di farli buoni Cristiani, ed onest'Uomini, di non far  loro riguardar le grandezze di questo mondo (se saran condannati a provarle)  che come beni pericolosi, e transitorj, e di voltare i sguardi verso la sola  Gloria solida, e durevole dell'Eternità: prego mia Sorella a voler continuare  la sua tenerezza à miei Figli, e di tener loro luogo di Madre se mai avessero  la disgrazia di perder la propria.
 Prego mia Moglie a voler  perdonarmi tutti i mali che soffre in grazia mia, e i dispiaceri che potrei  averle recati nel corso della nostra unione, com'Ella può esser sicura che  nulla ho contro di Lei, dov'ella credesse aver qualche cosa a rimproverarsi.
 Raccomando vivissimamente à  miei Figli dopo quel che devono a Dio che deve andare innanzi di tutto, di  essere uniti sempre fra loro, sommessi, ed ubbidienti alla lor Madre, e grati a  tutte le cure, e travagli, ch'ella si prende per essi, e per mia memoria. Li  prego a riguardar mia Sorella come un'altra lor Madre.
 Raccomando a mio Figlio, se  avesse mai la disgrazia di esser Re, di pensare che deve tutto se stesso alla  felicità dè suoi concittadini, che deve dimenticarsi d'ogni risentimento,  d'ogni odio, e segnatamente di quanto ha rapporto alle disgrazie, ed ai  dispiaceri che provo, che non potrà fare giammai il bene dei Popoli, fuorché  regnando secondo le leggi; ma al tempo stesso che un Re non può far  rispettarle, né fare il ben che vorrebbe se non è rivestito dell'autorità  necessaria, e che altrimenti legato nelle sue operazioni, e non ispirando alcun  rispetto farà più di danno, che di vantaggio.
 Raccomando a mio Figlio di  aver cura di tutte le Persone che m'erano attaccate quanto le circostanze in  cui si troverà gli permetteranno di fare: di pensare ch'è un debito sacrosanto  da me contratto verso i Figli, o i Genitori di quelli che son periti in grazia  mia, e poscia di coloro che in grazia mia si trovano in uno stato infelice.
 So che tra quelli che  m'erano attaccati ve ne son molti, che non si sono condotti a mio riguardo,  come doveano, e che mi hanno fino mostrata dell'ingratitudine; ma io perdono  loro (spesso in momento di agitazione, e di effervescenza non si è padron di se  stessi) e prego mio Figlio se ne ha l'occasione a non ricordarsi della loro  disgrazia.
 Vorrei poter qui attestare  la mia riconoscenza a coloro, che mi hanno mostrato un vero attaccamento senza  alcun interesse; se da un canto sono stato commosso sensibilmente alla slealtà,  e sconoscenza di alcuni, a cui mai non avea dimostrato che bontà, ed essi  personalmente, o ai loro parenti, o amici, sono stato dall'alto consolatissimo  in vedere l'attaccamento, e l'interesse gratuito da molte persone mostratomi;  li prego tutti a gradire i miei ringraziamenti. Nella situazione in cui  tuttavia sono le cose temerei comprometterli se mai parlassi più chiaro; ma  raccomando specialmente a mio Figlio di indagar le occasioni per poter  riconoscerli.
 Crederei calunniare ciò non  ostante i sentimenti della Nazione se non raccomandassi apertamente a mio  Figlio MM. de Chamilly e Huë che il vero loro attaccamento alla mia persona  avea portato a richiudersi meco in questo tristo soggiorno, e che hanno creduto  di divenire le vittime disgraziate. Gli raccomando ancora Cléry, delle attenzioni  del quale ho avuto tutto il motivo di lodarmi dacché trovasi meco, essendo  quegli che è restato con me sin alla fine: Prego i Signori della Comune di  consegnargli i miei panni, i miei libri, il mio oriuolo, la mia borsa e gli  altri piccoli effetti depositati ai Consiglio della Comune.
 Perdono ancora  volontierissimo a coloro che mi hanno fatta la sentinella i cattivi  trattamenti, e malattie con cui han creduto dover usar meco. Ho ritrovato  alcune anime sensibili, e compassionevoli; possano esse godere nel loro animo  di quella tranquillità che il loro modo di pensare deve ad essi accordare.
 Prego i Signori di  Melesherbes, Tronchet, e de Séze a qui tutti ricevere i miei ringraziamenti, e  l'espressione della mia sensibilità per tutte le cure, e fastidj che si son  dati per me.
 Finisco con dichiarare  innanzi a Dio, e pronto a comparire alla sua presenza, ch'io non mi rimprovero  alcun dei delitti che mi si sono opposti.
 Dalla Torre del Tempio, li  venticinque dicembre dell'anno mille settecento novanta due.
 Luigi"
 
                    
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 Cuore di Re Luigi XVII conservato nell'Abbazia di Saint Denis a Parigi   |     ******   ANCHE IL PAPA MORI' MARTIRE 
 

 Morte di S.S. Papa Pio VI avvenuta nella cittadina di Valence, Francia, il dì 28 agosto 1799 in età di 82 anni, mesi 8, giorni 5e del suo Pontificato 24 anni, mesi   6, giorni 14   
                    
                      | A seguito dell'avanzata napoleonica nello Stato Pontificio, il Papa Pio VI fu costretto ad accettare un armistizio a Bologna, città che dovette cedere assieme a Ferrara ed Ancona, unitamente ad una cospicua somma e a varie opere di grandi artisti italiani.  Il Papa si schierò con l'Austria che intanto stava complottando contro Bonaparte, mentre il Re Ferdinando I, cambiando strategia, si pose a fianco di Napoleone,  invadendo  i possedimenti papali esistenti nel Regno di Napoli, mentre i francesi occupavano il Santuario dedicato alla Madonna di Loreto. Pio Vi firmò il Trattato di Tolentino nel 1797, cedendo ancora altro patrimonio. | 
                        
 Pio VI in abito corale  |    
 Ordine del Direttorio esecutivo di Parigi presentato a S.S. Pio VIdal generale francese dopo l'invasione delle truppe in Roma  - 15 febbraio 1798   
                    
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 Papa Pio VI in vesti liturgiche  | A seguito di ulteriori scontri e alll'uccisione di un generale dell'armata francese, alla fine dell'anno venne effettuata l'occupazione di Roma che portò morte, disastri, saccheggi di opere d'arte persino nel Vaticano stesso.Il Papa venne deposto dalla sua funzione di capo temporale il 15 febbraio 1798 e a Roma venne proclamata la Repubblica, mentre il Pontefice veniva portato prigioniero a Siena dove rimase per pochi mesi. Successivamente  venne trasferito in un convento fiorentino  e, dopo un anno, a seguito dello scoppio del conflitto tra Francia e Toscana,  venne tradotto a Bologna dove, contariamente a quanto ci si attendeva, venne acclamato dal popolo.
 Qualche tempo più tardi venne portato a Grenoble ed in seguito in Francia a Valence. Il Papa ormai sfibrato dai patimenti psicologici e fisici morì poco dopo, il 29 agosto.                         |    
 Funzione mortuaria per la G. M. di S.S. Pio VI ordinata dal P. Cons. Bonaparte Valencia il  29 gennaio 1800 
                    dello stesso Autore: 
 e  ******    Per altre notizie sulla Real Casa di Francia, vedere in Collaborazioni Varie, di Frère Hilaire de Jesus:  Per notizie sulla santità Sabauda vedere anche:   
 
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