Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

COLLABORAZIONI

 

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LA RIFORMA PROTESTANTE

 

 

 

 

Già a partire dai primi anni del secondo millennio, in seno alla Chiesa Cattolica forte era il desiderio di una profonda riforma, specie dei costumi del clero, anche perché il sempre rinviato rinnovamento, quasi come un preannuncio di mali ancora maggiori, aveva causato già la “Cattività Babilonese“ dei Papi ad Avignone e lo Scisma d’Occidente, due eventi per citare solo i più gravi, che fecero tremare dalle fondamenta la Chiesa stessa.


Le autorità religiose avevano tollerato e favorito quei tentativi di rinnovamento che non assumessero apertamente caratteristiche eretiche (es. il Francescanesimo) ma si era sempre trattato di esperienze limitate, ben lungi da quel radicale cambiamento che era nelle attese dei fedeli e delle frange più sensibili del clero.

 

Di conseguenza più il potere materiale della Chiesa aumentava più si diffondeva tra i fedeli la certezza che essa fosse irrimediabilmente lontana dalla Chiesa delle origini che politicamente non contava nulla ma moralmente era pura.


 

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I MALI DELLA CHIESA


I mali della Chiesa erano invece sempre sotto gli occhi del Popolo di Dio ed erano mali che ci si trascinava da secoli e che investivano tutto il suo organismo, dal vertice alla base :

- Il concubinato ecclesiastico : (non solo di sacerdoti ma anche di vescovi, cardinali e….Papi)

- La simonia : la vendita di cariche ecclesiastiche che era arrivata persino nell’elezione dei Pontefici.

Scriveva uno storico: “La Curia romana era una centrale di infezione. Qualsiasi atto o documento vi poteva essere manipolato coi procedimenti più disonesti. Non c’è quindi da meravigliarsi che da tutte le parti della cristianità si levassero le più indignate recriminazioni“.

 

Scriveva un altro: La vita monastica era quasi completamente scomparsa. Le antiche roccheforti della contemplazione e della preghiera si erano trasformate in focolai di disordine e dissipazione.

 

Dalle inchieste giudiziarie condotte nelle grandi abbazie si rileva che la maggioranza dei monaci
erano ladri e viziosi…"..

- il mancato rispetto dell’obbligo di residenza dei Vescovi, abati e curati nel luogo dell’ufficio

- il cumulo delle prebende, molto odiato dalla maggioranza del popolo che viveva nella più assoluta povertà

- le dispense dall’obbligo del ministero ecclesiastico (es. non celebrare la messa tutti i giorni, ma solamente in alcune particolari festività).

- il malcostume dei sacerdoti (libertà sessuale, ubriachezza, corruzione, simonia)

- il nepotismo : cioè il favorire i familiari nell’attribuzione di importanti incarichi sia pubblici che privati

- l’ignoranza del clero : spesso i sacerdoti non conoscevano il latino e neppure la teologia, il che portava all’amministrazione dei sacramenti in modo approssimativo.
Particolarmente odiata dalla gente era la pratica delle indulgenze, che promettevano la remissione delle pene per i vivi e i defunti, dietro il pagamento di una somma di denaro.

Appena il soldo in cassa rimbalza, l’anima via dal Purgatorio balza“ andavano dicendo i banditori delle indulgenze per invogliare i fedeli. In poche parole la pratica delle indulgenze era l’aspetto più vergognoso e appariscente della crisi morale della chiesa ed essa fu la scintilla che fece scoppiare il grande incendio nella cristianità occidentale.


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L’ INIZIO DELLA RIBELLIONE

 

Tetzel

Alberto di Brandeburgo

 

Nel 1517 dopo che il Papa aveva garantito le indulgenze a coloro che avessero dato un’offerta, il monaco domenicano Tetzel girava in lungo e in largo la Germania per poter raccogliere il maggior numero di denaro in parte destinato alla fabbrica di S. Pietro a Roma e in parte con l’intento di estinguere il debito contratto da Alberto di Brandeburgo, un Hohenzollern, per assicurarsi il titolo di arcivescovo di Magonza.
Egli ignorante in materia teologica andava dicendo che bastava un’offerta per avere il perdono dei peccati, anche senza il bisogno di confessione e di pentimento e che l’indulgenza era valida contro qualunque peccato

A Wittemberg molte persone non persuase di ciò che il frate asseriva,andarono a consultarsi con un frate, professore di teologia, che allora era abbastanza famoso: Martin Lutero.
Egli incurante dei consigli degli amici che lo invitavano alla massima prudenza, riassunse i suoi punti di vista nella “Disputatio pro declamazione virtutis indulgenziarum “divisa in 95 Tesi o Capitoli, che affisse sulla porta della cattedrale di Wittemberg il 1° Novembre 1517.

Egli non negava la facoltà del Papa di amnistiare il peccatore dai castighi inflittigli dal sacerdote, ma quanto a quelli inflitti dal Signore a base di soggiorni in Purgatorio, Lutero ne faceva dipendere la grazia non dal potere discrezionale del Papa ma da quello d’intercessione delle sue preghiere le quali potevano essere accolte o no dal Signore.

 

Tutti i cristiani possono beneficiare della redenzione di Gesù fatta attraverso la sua morte e resurrezione anche senza bisogno di raccomandazioni papali.

Furioso il Tetzel replicò alle tesi di Lutero con un documento intitolato "Le 106 antitesi“ ma quando un suo emissario venne a diffondere il testo tra gli studenti di Wittemberg, costoro lo malmenarono e bruciarono tutta la sua mercanzia.

Questo avvenimento ebbe molta risonanza in tutta la Germania, tanto che alcuni Cardinali e alti Prelati si videro indotti ad intervenire. Iniziò così una lotta a base di opuscoli pro o contro la nuova dottrina di Lutero, la quale cominciava ad avere una certa notorietà in Germania, tanto che Leone X lo convocò a Roma perché esprimesse liberamente“ le sue opinioni.

 

Lutero, ricordando la fine di Huss anch’egli convocato a Roma ma poi arrestato e bruciato come eretico, rifiutò l’invito. Tale rifiuto di presentarsi fu un gesto di insubordinazione foriero di oscure conseguenze ma a proteggere il monaco intervennero grosse personalità statali molto vicine all’imperatore Massimiliano che lo protessero dalle grinfie papali.

 

Immagini della vita di Jan Huss

 

 

IL RIBELLE

 

 

 

Primo di sette fratelli, Martin Lutero nacque a Eisleben nel 1483. Il padre era un uomo molto severo e collerico ferocemente anticlericale. Sua madre Grete era al contrario tutta casa e chiesa, ma ambedue nell’educazione dei figli usavano spesso la frusta il che portò il giovane Martino ad odiare i genitori a causa delle numerose frustate ricevute.

 

Nonostante che il padre fosse un po’ avaro e teneva a stecchetto tutta la famiglia, di fronte ai successi scolastici di Martino, decise di fargli continuare gli studi e lo mantenne decorosamente fino all’Università di Erfurt, dove Martino conseguì con grande orgoglio del padre il titolo di “Maestro delle Arti“ o come diremmo noi oggi di “Dottore“.
Il padre sperava che il figlio intraprendesse la carriera di Avvocato e grandissima fu la sua meraviglia quando venne a sapere che aveva deciso di entrare nell’Ordine monastico degli Agostiniani di Erfurt e prendere il saio.

Secondo i biografi la ragione che determinò la decisione di Martino fu la scampata morte dovuta ad un fulmine che gli si schiantò a pochi passi .In tutto ciò egli vide un ammonimento divino per la sua vita dissoluta e colto dalla paura e dal rimorso fece voto di obbedire al richiamo divino.

In convento fu molto pio e spesso si infliggeva per penitenza pene corporali e come se ciò non bastasse praticava anche lunghi digiuni, per vincere le numerose tentazioni, non ultime quelle carnali.

 

Nel 1510 i Superiori lo inviarono a Roma, città che lasciò nel suo animo un’impressione profonda.
Ritornato in Germania dopo pochi mesi fu promosso vicario provinciale ed incaricato di tenere un corso di Sacre Scritture.

Egli svolse diligentemente le funzioni di professore di sacre scritture fino a quando un certo monaco domenicano di nome Tetzel non si mise a percorrere le strade della Germania col suo carico di indulgenze.

 

La polemica fra i due monaci, l’ostilità della gerarchia corrotta e l’appoggio della popolazione nei suoi confronti, trasformò il sanguigno monaco in un grande rivoluzionario.


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LA DOTTRINA LUTERANA

 

 

Se in un primo momento la predicazione di Lutero si mantenne su una linea dogmaticamente corretta, dopo lo scontro con il Tetzel e soprattutto con il teologo Johannes Eck egli elaborò una sua teologia che si differenziò molto da quella ufficiale della Chiesa di Roma.

 

Per Lutero la vera Chiesa non è quella gerarchica ma quella composta da tutti i credenti che sono giustificati per fede, e nell’ambito di questo gruppo tutti sono sacerdoti in virtù del battesimo ricevuto e della loro fede; ne consegue che il Papa, i cardinali, i vescovi e altri dignitari ecclesiastici non hanno alcun diritto di rivendicare i loro poteri temporali e spirituali.

 

La suprema autorità della chiesa è la Bibbia, che è anche misura della dottrina e del culto.
Dal momento che la Bibbia rappresenta l’autorità suprema, solo i sacramenti che trovano riscontro in essa vanno accettati. Uno è sicuramente l’Eucaristia.

 

Ai laici va concesso il diritto di comunicarsi sia col pane che col vino, che sono reali e non solo accidentali, anche se egli negò la transustansazione ammettendo la “consustansazione". Egli negò il valore sacrificale della messa che andava intesa come un dono divino e una promessa di remissione dai peccati.

 

Anche il Battesimo è un sacramento valido: Quello dato ai bambini può essere concesso ma il vero battesimo è quello conferito agli adulti. Anche la Confessione è un sacramento valido anche se può essere amministrata da ogni cristiano e non necessariamente da un sacerdote. Tutti gli altri sacramenti: la cresima, il matrimonio, l’ estrema unzione e l’ordine sacro non conferiscono la grazia quindi non sono veri sacramenti.

Comunque il passo più rivoluzionario compiuto da Lutero fu la negazione assoluta del potere giurisdizionale del Papa. Egli attaccò non solo l’autorità del pontefice ma anche il lusso della corte romana, esortando gli Stati tedeschi a non pagare più le tasse e gli altri tributi imposti loro dal Papa.

 

La diffusione delle idee di Lutero fu agevolata grazie alla nuova invenzione della stampa, che permise la circolazione in tutta Europa delle sue idee. Tra il 1517 ed il 1520 le sole opere di Lutero vendettero più di trecentomila copie: una cifra vertiginosa se paragonata al numero degli abitanti ed alla tiratura media dei libri di allora.

 


W O R M S

 

Leone X

 

Federico il Savio

 

Il 15 giugno 1520 con la bolla “Exurge Domine”, Leone X condannò 41 proposizioni luterane, ordinò che i suoi libri fossero bruciati ed intimò al monaco ribelle, sotto pena di scomunica,di abiurare le sue idee entro 60 giorni. Il 10 dicembre 1520 a Wittemberg – data che rappresenta il vero anniversario della Riforma- Lutero diede alle fiamme la bolla pontificia ed altri documenti papali manifestando così la rottura definitiva con Roma.

 

Decisivo per Lutero fu l’appoggio dell’elettore di Sassonia Federico il Savio che lo convinse ad appellarsi all’imperatore Carlo V° cui spettava di rendere esecutiva la condanna papale.

L’imperatore lo convocò a comparire davanti alla Dieta Imperiale a Worms il 28 gennaio 1521.

 

Di fronte alla Dieta, Lutero fece numerose dichiarazioni in sua difesa che sarebbero divenute celebri, ammise la paternità dei suoi scritti e rifiutò di abiurare la sua dottrina.

Alla fine la Dieta il 25 maggio stilò un editto con cui si dichiarava Lutero un fuorilegge vietando la lettura o il possesso dei suoi scritti. Permetteva a chiunque di uccidere Lutero senza subire conseguenze legali, la qual cosa provocò agitazione nei più moderati, ed in particolare in Erasmo da Rotterdam.

 

Lutero rischiò di essere arrestato e di fare una brutta fine se non fosse stato aiutato ancora una volta dal Principe Federico che lo catturò sulla via del ritorno a casa e lo nascose nel castello di Wartburg.

 

Fu durante questo periodo che Lutero iniziò la sua traduzione della Bibbia in tedesco.

 

Quando dopo alcuni mesi Lutero uscì dal suo rifugio, l’imperatore era occupato da gravi questioni militari ed anche a causa del grande appoggio tra la popolazione tedesca, l’editto di Worms non venne mai attuato. Lutero così liberamente continuò a diffondere la sua riforma con sempre maggiore successo fino alla sua morte avvenuta nel 1546.

 

Carlo V

Erasmo da Rotterdam

 

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