Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

COLLABORAZIONI

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IN VIAGGIO TRA I MUSEI ECCLESIASTICI ITALIANI

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IL MUSEO PIERSANTI E LA SUA COLLEZIONE

Studi e ricerche per i 100 anni dalla nascita, a cura di Giulia Spina, Andrea Livi Editore, Fermo 2021, pp. 200, euro 20.

 

È appena uscito ed è già in libreria il volume Il Museo Piersanti e la sua collezione. Studi e ricerche per i 100 anni dalla nascita, a cura di Giulia Spina, pubblicato da Andrea Livi Editore di Fermo, con il contributo del Comune di Matelica e della ditta F.lli Gionchetti di Matelica.

 

Il libro raccoglie gli atti del convegno che si è svolto al Teatro Piermarini di Matelica il 17 e il 18 febbraio 2018, un evento pensato per celebrare il primo secolo di vita del Museo Piersanti con relazioni di studiosi di altissimo livello.

Le giornate di studi erano state curate dall’allora direttore del Museo, don Piero Allegrini, e dalla storica dell’arte Giulia Spina, e organizzate con il patrocinio del Comune di Matelica e il contributo di Halley Informatica, la Galleria Frascione Arte e la Fondazione Federico Zeri di Bologna.

 

Il Museo Piersanti conserva le collezioni di Venanzio Filippo Piersanti, cerimoniere pontificio nella prima metà del Settecento, i cui eredi hanno donato il Palazzo e ciò che conserva al Capitolo della Cattedrale di Matelica.

A distanza di un secolo dalla stesura del primo catalogo da parte del primo direttore don Sennen Bigiaretti, che ha arricchito la collezione di depositi dalle chiese cittadine, il convegno puntava ad approfondire diverse tematiche riguardanti storia e collezione.

A causa dei terremoti del 2016 il Museo Piersanti era risultato parzialmente inagibile, ma già nell’estate del 2017 si era riusciti a riaprire il pianterreno e l’anno successivo anche il secondo piano, che aveva potuto ospitare la mostra “Milleduecento” organizzata dalla Regione Marche.

 

Numerosi sono stati gli eventi per famiglie, appassionati e studiosi organizzati tra 2017 e 2018 dallo staff del Museo guidato dal tenace direttore don Piero Allegrini, che ha rivestito questo ruolo per 42 anni, per poi passare il testimone, all’inizio del 2019, a don Ferdinando Dell’Amore.

Il Piersanti è attualmente chiuso in attesa dei lavori di restauro post-sisma.

La pubblicazione degli atti del convegno sottolinea l’importanza del Museo Piersanti, l’unicità e l’alto valore della sua collezione.

Sono infatti presentati inediti risultati delle ricerche condotte da studiosi di rilievo che da tempo hanno a cuore il Museo Piersanti e vi collaborano sul piano scientifico, ma non mancano valutazioni su argomenti consolidati che pure aprono nuovi scenari di indagine. L’occasione è ancora più importante poiché, a seguito dei lavori di restauro, chi si occuperà del riallestimento del Museo dovrà necessariamente tenere conto dei risultati qui esposti.

La consapevolezza che il Museo rappresenti una delle istituzioni museali più importanti delle Marche deve costituire le basi per un nuovo coinvolgimento sociale di cittadini e turisti, proprio come nella vivace stagione che ha immediatamente seguito il sisma del 2016.

 

Il volume si apre con un’incoraggiante introduzione della dott.ssa Maria Giannatiempo López, già funzionaria della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici delle Marche, protagonista, insieme a don Piero Allegrini, dell’attività di valorizzazione del Museo condotta tra anni Novanta e primi anni Duemila.

Il primo contributo scientifico è quello di Anna Rebecca Sartore, dottoranda dell’Università di Udine, che ha ristudiato l’architettura di Palazzo Pellegrini-Piersanti dal Quattrocento al Settecento, offrendo una nuova chiave di lettura per molti palazzi storici matelicesi.

Segue il saggio degli storici dell’arte Angelo Antonelli e Sabina Biocco, che ripercorrono la storia della collezione museale tra Otto e Novecento.

Gli archeologi Emanuela Biocco e Tommaso Casci Ceccacci, funzionario della Soprintendenza, offrono una sintesi della raccolta archeologica della famiglia Piersanti e di Sennen Bigiaretti.

 

Fulvio Cervini, professore di storia dell’arte medievale dell’Università di Firenze e curatore della mostra “Milleduecento”, analizza la fortuna dell’arte romanica durante la Grande Guerra a partire dal Crocifisso di Sant’Eutizio, splendida scultura lignea del XII secolo.

 

Giulia Spina, dottoranda dell’Università di Firenze, propone nuovi ragionamenti sulla fase giovanile del pittore Lorenzo d’Alessandro, a partire da alcune opere matelicesi.

 

La punta di diamante del libro è costituita dal saggio di Andrea De Marchi, ordinario di storia dell’arte medievale all’Università di Firenze, il quale riprende il problema attributivo della Madonna di Costantinopoli e i Sette Santi, che coinvolge il veneziano Jacopo Bellini con i figli Gentile e Giovanni.

 

Alessandro Delpriori, già sindaco di Matelica e attualmente docente di storia dell’arte all’Università di Camerino, commenta la Crocifissione di Giuseppe Bastiani e ricostruisce l’antico allestimento della cattedrale matelicese di Santa Maria.

 

Silvia Blasio, professoressa di storia dell’arte moderna all’Università di Perugia, riprende e rafforza l’attribuzione ad Agostino Tassi di un’affascinante Tempesta di mare. Gabriele Barucca, già funzionario della Soprintendenza delle Marche e ora Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Cremona, Lodi e Mantova, passa in rassegna i pezzi più preziosi della collezione di oreficerie e reliquiari della collezione Piersanti.

 

Chiude lo storico Giuseppe Massari che presenta uno spunto sui rapporti tra Venanzio Filippo Piersanti e papa Benedetto XIII Orsini.

 

Il volume diventerà una pietra miliare per gli studi sull’arte delle Marche, sul collezionismo e su alcune specificità del Museo e del Palazzo Piersanti. Mai prima d’ora così tanti studiosi di livello nazionale e internazionale avevano partecipato ad un evento come questo a Matelica. Un momento di studio e approfondimento che dimostra ancora una volta l’importanza del Piersanti in un piano sovraregionale e che dovrà servire per la costruzione di progetti di livello altrettanto alto.

 

 

 

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A MATERA, NEI SASSI, NASCE IL MUSEO IMMERSIVO DELLA FESTA DELLA BRUNA

Mentre volgeva al termine l’anno dedicato a Matera Capitale Europea della Cultura, un nuovo attrattore culturale sorgeva nei Sassi, dedicato alla patrona Maria Santissima della Bruna e alla tradizione del carro trionfale con cui viene portata in processione il 2 luglio da 630 anni.


Con la benedizione di Monsignor Pino Caiazzo è stato inaugurato, in Recinto 3° Fiorentini, nel Sasso Barisano di Matera, il Museo Immersivo della Bruna. Il MIB, Museo Immersivo della Bruna, è un museo multimediale concepito per dare la possibilità ai visitatori di conoscere la festa patronale, in onore di Maria Santissima della Bruna, che da 630 anni si svolge il 2 luglio a Matera, un piccolo museo che si sviluppa su 200 metri quadrati ma che al suo interno contiene un carro trionfale in scala 1:1 e che grazie alle più moderne tecnologie permette ai visitatori di trovarsi, indossando occhiali in 3D, di trovarsi al centro del momento più emozionante della festa: lo strazzo del carro in cartapesta.

 

 

 



Realizzato dalla società Domina Matera di Angela Linzalone, Cosimo Di Pede e Domenico Loporcaro, il Museo offre ai visitatori un percorso emozionale, un viaggio nei riti, nelle attese, nei suoni di una città in festa.
Nel percorso, attraverso immagini e suoni viene offerta la possibilità di scoprire i momenti salienti della Festa della Bruna e di poter vedere un carro realizzato in scala 1:1.
Una struttura di imponenti dimensioni, con i suoi 12 metri di lunghezza, 3 di larghezza e alto ben 7 metri. Costruito in cartapesta dall’artista Andrea Sansone, il manufatto è ricco di statue, angeli, putti, fregi e dipinti.






Il vestito della Madonna della Bruna è stato realizzato in segno di devozione dalla sarta Tina Cifarelli mentre le parrucche della Madonna della Bruna e di Gesù Bambino, realizzate con capelli naturali, sono stati acconciati dall’hair stylist Arturo Lippolis di Artis, che si è occupato anche del lavoro di tricologia sulla statua che riproduce il compianto cavaliere Eustachio Barbaro, storico trombettiere della Cavalcata della Bruna.
“La visita si svolge in 20 minuti, illustra Alessandro Tortorelli, l’architetto che ha allestito il museo ; il pubblico viene accompagnato da un susseguirsi di video, su testi di Antonio Andrisani e immagini di Rvm Broadcast con la regia di Vito Cea, ed effetti sonori con  la processione dei pastori, la cavalcata dei cavalieri in costume che accompagnano la effige della Madonna della Bruna nel percorso processionale, i tre giri beneauguranti che il carro compie in piazza Duomo, l’ultimo tragitto del manufatto in cartapesta verso piazza Vittorio Veneto dove lo attende la folla per l’assalto e la distruzione del carro.

Questo momento di grande adrenalina lo si potrà rivivere con occhiali in 3D, ritrovandosi sul carro insieme agli assaltatori”.

 



Il MIB non prevede giorni di chiusura, le visite si potranno effettuare tutti i giorni dalle 9 alle 21 previa prenotazione ai numeri di telefono +39 338 7520332 e +39 328 2861433, tramite e mail scrivendo a info@mibmatera.it e sul sito https://www.mibmatera.it Contenuto il costo del biglietto: intero 6 euro; ridotto 3 euro per i ragazzi da 4 a 16 anni, le scuole e i residenti a Matera; 5 euro per i gruppi di almeno 15 persone.
Gratuito: under 4, disabili con accompagnatore; giornalisti con tesserino ODG in corso di validità; guide turistiche munite di tesserino di abilitazione; dipendenti Soprintendenza.

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IL PRESEPE DEL RE TORNA IN MOSTRA AL PALAZZO REALE DI GENOVA

 


Dal 29 novembre 2019 scorso al prossimo 2 febbraio 2020, presso il  Palazzo Reale di Genova,  è visitabile  il presepe del re, l’intero complesso del monumentale Presepe Reale o Presepe Savoia,  restituito all’antico e originario  splendore a conclusione del lungo e delicato restauro, curato dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Liguria, e diretto da Alessandra Cabella.
Come promesso in occasione della mostra del 2017, quando vennero presentate le prime statuine recuperate, il presepe torna nelle sale del Palazzo Reale di Genova per l’esposizione completa di tutti i suoi ottantacinque elementi.

Commissionato da Casa Savoia all’artista genovese Giovanni Battista Garaventa nel primo quarto del XIX secolo, il presepe testimonia la padronanza dell’autore di un linguaggio colto e raffinato nel solco della migliore tradizione maraglianesca. Gli studiosi hanno ipotizzato una probabile committenza sabauda risalente agli anni che seguirono l’annessione dei territori liguri al Regno di Sardegna nel 1814 e comunque entro il primo quarto del XIX secolo.
Appartenuto almeno alla fine dell’Ottocento alla chiesa torinese di San Filippo Neri, non è chiaro se fosse stato concepito per quella sede o per una dimora reale, dato che si dispone ancora di pochi dati relativi all’origine del Presepe Garaventa

Questo si compone di figure alte tra i 40 e i 70 centimetri, perlopiù manichini in legno intagliato e costumi di straordinaria qualità e ricchezza.
La Sacra Famiglia costituisce il nucleo centrale, insieme agli angeli, ai tre Magi, agli armigeri e ai soldati. Ogni statuina è impreziosita da eleganti ed elaborati costumi in seta, cotone, velluto, tela jeans.
Gli abiti sono inoltre caratterizzati da passamanerie in argento e filo d’oro, corpetti e armature in cuoio e metallo argentato. Inoltre accessori sofisticati, quali corone e sciabole, lance e scudi in metallo sbalzato, catene e cinture in cuoio, indicano una committenza di altissimo rango e con cospicue disponibilità economiche.

 Venduto all’inizio del Novecento e passato di proprietà in proprietà, è il frutto di quella lunga tradizione presepiale e di plastica lignea di cui Anton Maria Maragliano è stato il massimo esponente.
Solo nel 1993 la paternità esecutiva fu ricondotta al Garaventa, artista di formazione accademica, attivo soprattutto come intagliatore di casse processionali e immagini sacre, come restauratore di antiche sculture e modellatore di apparati decorativi ed effimeri.
L’esposizione del Presepe del Re nell’Anticamera del Duca di Genova, appositamente riaperta al pubblico insieme a tutto l’Appartamento, riaccende i riflettori, dopo la mostra dello scorso anno dedicata ad Anton Maria Maragliano, su un capitolo ancora poco noto della produzione di scultura lignea post-maraglianesca, offrendo al pubblico un’opera della grande tradizione presepiale genovese.

Orari: da martedì a venerdì dalle 9 alle 18.30; sabato e domenica dalle 13.30 alle 19.

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INAUGURATO IL MUSEO DIOCESANO "MON. AURELIO MARENA" DI BITONTO, IN PROVINCIA DI BARI

La collezione del nuovo Museo diocesano di Bitonto, inaugurato l’11 ottobre scorso,  è ospitata negli ambienti dell’ex convento dei Frati Minori Conventuali, poi sede del Seminario vescovile, attiguo alla Chiesa di San Francesco della Scarpa, in via Ferranti Aporti 15. Per diversi anni l’Arcivescovo di Bari-Bitonto mons. Francesco Cacucci ha perseguito con tenacia l’obiettivo di realizzare un nuovo museo nell’ex Seminario vescovile di Bitonto.


Dopo un lungo e intenso cammino di programmazione e di progettazione, di lavori e di allestimenti. Fin dal 1986, a seguito della fusione dell’Arcidiocesi di Bari e della Diocesi di Bitonto nella unica Arcidiocesi di Bari-Bitonto, gli Arcivescovi mons. Mariano Magrassi e mons. Francesco Cacucci hanno continuato l’opera di raccolta e conservazione, di esposizione e valorizzazione delle numerose opere artistiche, testimonianza della fede e dell’impegno delle generazioni, intrapresa dall’ultimo vescovo di Bitonto, mons. Aurelio Marena.

L’intero patrimonio artistico comprende tavole, affreschi, tele, sculture, oreficeria, paramenti sacri, mobili, materiali lapidei di periodi storici che vanno dal sec. XII al XIX.

 



- SANTA TERESA D'AVILA,
SCUOLA DI GIACOMO COLOMBO, SEC. XVIII



SAN FRANCESCO
DIPINTO SU TAVOLA XIII SECOLO

 

Il percorso espositivo racconta, attraverso le opere, la Diocesi alle sue origini, offrendo una visione completa dello spaccato della vita ecclesiale fino ai nostri giorni.
Partendo dall’influenza bizantina, evidente nel lacerto di tavola pittorica e nei capitelli di importazione, è chiaro il passaggio all’arte romanica, con l’antependium dell’altare basilicale, sino alla nascita dell’arte italiana. Pregevole è la tavola, che riproduce la effigie di San Francesco, unico esemplare della storia del francescanesimo nel sud Italia.

 


 


UNA DELLE SALE ESPOSITIVE


La ricca produzione di opere d’arte nel ‘500 e nel ‘600, è segno di prosperità economica della città di Bitonto, che in questo periodo diviene Universitas, e della vita ecclesiale della Diocesi sotto l’influenza della Riforma Cattolica, espressa dal Concilio di Trento. Le committenze nobiliari e clericali hanno promosso l’intensa attività produttiva artistica di scuole pittoriche locali (Carlo Rosa, Nicola Gliri) e di più ampio respiro europeo, che hanno ornato e arricchito di opere d’arte le chiese e le cappelle private dei palazzi del centro storico cittadino.

 


LA SAMARITANA AL POZZO - CARLO ROSA, XVII SEC.

Caratteristica del Museo Diocesano è l’esposizione di arredi sacri, il cui valore simbolico rievoca i momenti della vita liturgica. I segni del servizio episcopale (trono, mitrie e pastorali, croci pettorali) e dell’ordine sacerdotale (stole, pianete, calici), con la simbologia e i motivi ornamentali (segni della passione, pane, angeli, motivi floreali), denotano la forte influenza della Capitale del Regno, Napoli, dal periodo Angioino fino alla dominazione Borbonica.




I punzoni degli argentieri e i ricami dei tessuti, adoperati per i paramenti, evidenziano il collegamento, rispettivamente alle oreficerie napoletane e all’Opificio di San Leucio, sebbene siano espressione dell’ artigianato locale (Monastero delle Vergini Benedettine).

L’esposizione è completata da documenti pergamenacei e cartacei che riguardano la storia della Diocesi di Bitonto e alcune manifestazioni di vita ecclesiale (bolle pontificie, libri liturgici e devozionali, platee varie, monacazioni).

 

 

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NUOVO ALLESTIMENTO PER IL MUSEO NICOLAIANO DI BARI

 



Un nuovo volto al Museo nicolaiano di Bari, in cui è raccolta tutta la lunga storia di fede verso il santo vescovo di Myra.

Ostensori, pezzi rarissimi di una collezione che racconta un Nicola antico e prezioso, amato da sovrani e popolani e che racchiude fino a mille anni di storia.

Ci sono voluti sei mesi di lavoro, che  hanno trasformato i locali al piano terra dell'edificio nelle vicinanze della Basilica di San Nicola.
Il nuovo allestimento - primo passo in un progetto più ampio di valorizzazione della struttura - è stato realizzato in collaborazione con l’Accademia Cittadella Nicolaiana.
Il progetto prevede spazi più accoglienti e interattivi, capaci di coinvolgere sempre più, oltre ad un pubblico adulto, particolarmente i bambini, i giovani, gli studenti che grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie potranno meglio conoscere e appassionarsi alla storia locale e all’universalità del culto di San Nicola. I visitatori saranno invitati a porsi in un’ottica che permette loro di entrare all’interno della vita delle tre epoche, ascoltandone le musiche e assaporando persino i cibi.

 

QUADRO SU TAVOLA RAFFIGURANTE IL SANTO DI MYRA




Scrive padre Gerardo Cioffari, storico della Basilica di San Nicola di Bari: “Il Museo Nicolaiano di Bari, inaugurato il giorno 6 febbraio del 2010, raccoglie quei tesori storico artistici legati alla Basilica di S. Nicola, cuore spirituale della città.
Tale legame si riferisce anche ai reperti dell’antichità romana o dell’alto medioevo a motivo del fatto che la Basilica non nasce con materiali nuovi soltanto, ma fa largamente uso di materiali di reimpiego anche di notevole fattura.
La città, già nota in epoca romana, come si evince dalle descrizioni di Orazio e Tacito, attraversò un periodo in ombra nel primo medioevo, finché una vicenda fortuita (la guerra fra i longobardi di Benevento e di Salerno) non vi fece insediare i musulmani (841-871), giunti come mercenari. Riconquistata da Franchi e Bizantini, furono questi ultimi a imporre il loro dominio dall’876 al 1071.

Nonostante varie peripezie il periodo bizantino fu per Bari un’epoca di prosperità, dovuta al fatto che il rappresentante dell’imperatore (il catepano), a partire dal 968, prese Bari come centro di tutta la provincia (Tema di Longobardia).
Conquistata dai Normanni di Roberto il Guiscardo (1071), perdendo il ruolo di “capitale”, Bari attraversò una crisi di commerci, che solo il trafugamento delle reliquie di S. Nicola nel 1087 permise di superare.
Nicola era infatti in quell’epoca il santo più venerato della cristianità, come dimostra il fatto che quasi tutte le cronache europee dell’epoca registrarono l’evento della traslazione a Bari delle sue reliquie.
La Basilica fu anche il fulcro della ripresa, dopo che i Normanni di Guglielmo il Malo rasero al suolo la città nel 1156 (per essersi schierata nuovamente con i Greci), anche se non raggiunse più il benessere dell’epoca d’oro.
Dopo l’opaco periodo svevo (a motivo del fatto che l’arcivescovo di Bari, molto ostile al clero di S. Nicola, era intimo dell’imperatore Federico II), con la venuta degli Angioini la Basilica raggiunse il massimo dello splendore.


Convinto di aver evitato la decapitazione da parte degli Aragonesi grazie a S. Nicola, il re Carlo II d’Angiò fu estremamente munifico verso la sua Basilica.
Le donò feudi (Rutigliano, Sannicandro, Grumo) e ricche rendite (l’arcipretura di Altamura e il monastero di Ognissanti di Cuti, senza dimenticare suppellettile e codici liturgici per lo splendore della liturgia, che volle però secondo il rito della Sainte Chapelle di Parigi.
Anche gli Aragonesifurono munifici, come gli Sforza di Milano, ma l’inserimento della città nel viceregno di Napoli portò Bari a vivereall’ombra della capitale.

Il pellegrinaggio da tutta l’Europa, e soprattutto dalla Russia, non venne però mai meno, come non vennero meno le donazioni. Fino a che la città è tornata ad essere il capoluogo della Puglia. Il Museo Nicolaiano è il riflesso storico, artistico e religioso di questa vicenda”.

 

PANNO BIANCO DELLA MANNA DI SAN NICOLA

 

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INAUGURATO AD ANDRIA IL MUSEO D'ARTE SACRA "SAN RICCARDO"

 

 


Dal 23 aprile scorso, giorno in cui, ogni anno, si celebra il ritrovamento delle ossa di San Riccardo, patrono della città, Andria si è arricchita di una perla preziosa: la riapertura del nuovo Museo diocesano d’arte sacra, intitolato all’omonimo santo, ubicato nell'antico Palazzo Margiotta, in via De Anellis, 46, esteso su una superficie di 1400 metri quadri.

Un contenitore importante sia da un punto di vista religioso, storico, culturale che turistico. Un luogo per identificare, qualificare la memoria della Chiesa locale,  narrando  le vicende della comunità che lo ha originato, tramandandone il vissuto storico, culturale, sociale e religioso.

 

 

 


Nasce con lo spirito di aprirsi al territorio come fucina di recupero del patrimonio artistico e come luogo di incontro, in cui ciascuno può farsi custode della bellezza e trovare nuova ispirazione. Il Museo Diocesano di Andria, istituito con Decreto vescovile del 20 maggio 1972, è stato fortemente voluto da mons. Giuseppe Lanave, Vescovo della Diocesi dal 29 marzo 1969 al 19 novembre 1988, che, con sensibilità ed intuito, raccolse e conservò per la sua comunità un prezioso patrimonio, avendone riconosciuto il valore artistico ma soprattutto di fede.
Quando nel 1994, in qualità di Vescovo emerito della Diocesi, pubblicò il volume. “Ho raccolto per voi”, nella presentazione, spiegava le ragioni che avevano portato alla nascita del Museo diocesano d’arte sacra: “Come nacque il Museo? Nacque da una mia naturale sensibilità ed apertura alle cose belle, che l’arte e la fede hanno fatto e sparso per tutte le nostre chiese.
Capii che in giro vi dovevano essere molte opere d’arte. Scendendo nelle parrocchie, dopo le visite di dovere, entravo nelle retro sagrestie e lì, negli angoli, trovavo quadri malandati, accantonati, candelieri sgangherati, pezzi di marmo operati”.
Alla volontà di quel presule fece seguito l’opera del successore, mons. Raffaele Calabro. Prende, così corpo l’idea di una sede adeguata per un’ampia fruizione delle opere ed il Vescovo crede così tanto al progetto da impegnare fondi propri della Diocesi per i lavori di manutenzione straordinaria. Il 16 marzo 2006 iniziano i lunghi ed interminabili  lavori di ristrutturazione edilizia, che si concludono, dopo una prima fase, il 10 marzo 2009.

Una seconda fase dei lavori e la conseguente fornitura e realizzazione dei servizi per l'ordinamento e allestimento museale ha avuto inizio il 12 dicembre 2016 e si è conclusa il 31 marzo 2019, grazie alla ferma volontà dell’attuale Vescovo, mons. Luigi Mansi.
La nuova sede, ha reso possibile il trasferimento del museo dall'Episcopio in uno spazio che consentirà la fruizione delle opere custodite.
Si tratta del complesso edilizio noto come “Casa Sociale Mons. Di Donna”, una delle opere di Mons. Riccardo Zingaro, costruita, a partire dal 1952, con un cantiere sociale, che diede lavoro a tanti braccianti disoccupati.
L'organismo edilizio è costituito da tre livelli fuori terra, consistenti in terra, primo e secondo piano con terrazzo praticabile e due livelli interrati. L'intero edificio si presenta come una struttura eterogenea sostanzialmente costituita da due distinti corpi di fabbrica attigui di epoche differenti: il più recente, collocato ad angolo fra Via De Anellis e Piazza Toniolo, e l'altro più antico con affaccio dal primo piano sulla piazza Toniolo e via Quarti. Nel contesto urbano, inoltre, l'edificio si inserisce in un percorso museale costituito dalla Cattedrale, dal Vescovado, da Palazzo Carafa, dal Municipio e dalle Chiese come San Francesco, San Nicola, San Domenico (solo per citarne alcune), tutti ubicati all'interno del centro storico.

 

 

LA SACRA SPINA DI ANDRIA


Il nuovo museo, che al contempo conserverà e valorizzerà le opere memoria storica della Chiesa locale, si articola in percorsi fluidi per ogni piano, offrendo spazi di riposo in luoghi particolari come gli ampi spazi esterni al primo piano (che ospiteranno anche mostre temporanee), i ballatoi che si affacciano sull'atrio centrale e l'atrio al piano interrato.
Al piano interrato è utilmente collocata una grande area adibita a deposito, conservazione, preparazione e restauro opere, avente una superficie di circa 110 mq.
Al piano terra, in prossimità dell'accesso principale, si trovano la biglietteria, l'ufficio informazioni, il bookshop oltre che una sala convegni, arredata con comode poltroncine a scrittoio, per ospitare incontri didattici e/o esposizioni temporanee.

 

Il percorso museale inizia al primo piano dove sono ubicate nove sale di diverse dimensioni che in totale sviluppano una superficie espositiva di circa 400 mq, alle quali vanno aggiunti 170 mq di spazio esterno destinato ad esposizioni temporanee ed eventi. Il secondo piano è costituito da una superficie espositiva di 240 mq oltre che da un archivio e da un ufficio didattico.

Tra le opere di artisti noti, si distinguono quelle di:  Antonio e Bartolomeo Vivarini, Vito Calò, Nicola Gliri, Nico e Giuseppe Porta, Corrado Giaquinto, Cesare Fracanzano, Fabrizio Santafede. Una curiosità: al piano terra sono collocate anche tre opere riprodotte per i non vedenti.
Si tratta del capo di San Riccardo; il busto di Francesco II Del Balzo e Santa Chiara.

 

 

3 OPERE PER NON VEDENTI

 

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IL NUOVO MUSEO DIOCESANO DI MANFREDONIA NEL SEGNO DEGLI ORSINI

 


Il Museo Diocesano di Manfredonia, inaugurato di recente, è un nuovo polo culturale, nato nel contesto di un territorio, quello di Siponto-Manfredonia, ricco di una lunga e grande tradizione di fede e di storia; non è un punto di arrivo, ma di partenza, che intende aiutare il visitatore a lasciarsi avvolgere dalla “contemporaneità della storia” (Mario Botta), e dunque vuole essere la prosecuzione di un ininterrotto percorso artistico, culturale e spirituale di una delle Diocesi più antiche d’Italia “le cui radici affondano in età apostolica”, come ebbe a ricordare s. Giovanni Paolo II in occasione della sua visita pastorale alla arcidiocesi nel maggio 1987.

Per la cronaca regionale pugliese questo nuovo Museo diocesano è in ordine cronologico il 15° nato in Puglia. I Musei diocesani italiani sul cadere degli anni Settanta del decorso secolo erano appena 35, sono diventati 104 alla fine degli anni Novanta, e nel 2014, secondo il censimento effettuato dalla CEI, hanno toccato quota 218.

Ma più in generale, è bene qui ricordarlo, il numero totale dei musei ecclesiastici censiti in Italia da AMEI – l’Associazione Musei Ecclesiastici Italiani – ammonta a ben 875. Nel visitare il percorso museale si ha modo di capire subito che esso, così come è stato concepito e realizzato, è rappresentativo dell’intero territorio.
Nel suo allestimento gli architetti progettisti hanno voluto calare la sua specificità culturale nella realtà territoriale affinchè il Museo diocesano di Manfredonia possa essere manifestazione e sintesi di un patrimonio diffuso nella nostra area diocesana.
Per questo, sia il Coordinatore scientifico del Museo, arch. Nunzio Tomaiuoli, che il Direttore dei lavori, arch. Antonello D’Ardes, hanno pensato e voluto presentare il Museo come centro operativo e formativo, rimandando il visitatore all’esterno dello spazio museale, intendendo così attuare quell’importante concetto di “museo diffuso” che supera quello di mero “museo edificio”.


Piviale di Papa Benedetto XIII


Il Museo, realizzato con i finanziamenti europei per la “Riqualificazione e valorizzazione del sistema museale” e in parte dal 5×1000 della dichiarazione dei redditi, accoglie significativi manufatti recuperati nei vari magazzini della Cattedrale e delle altre chiese di Manfredonia. “Un museo – ha affermato Mons. Castoro – per tutelare e valorizzare il patrimonio dismesso. Per coadiuvare la chiesa nella sua missione evangelizzatrice. Per promuovere l’educazione al bello, poiché il frutto del genio umano è traccia della bellezza divina”.
La galleria conta sette spazi espositivi ad ognuno dei quali è stato dato un nome in base ai reperti contenuti.
La prima sala della sezione “Fragmenta Sypontinae Ecclesiae”, chiamata “all’alba del primo millennio”, ospita frammenti scultorei che provengono dagli scavi della chiesa vescovile paleocristiana di Santa Maria a Siponto.
Proseguendo si giunge nella sala “del leone” riservata all’esposizione di uno dei due leoni marmorei che sorreggevano la ‘seduta’ del trono vescovile della cattedrale di Siponto e alcune travi marmoree del pulpito, firmate dai magistri David e Acceptus.
La seguente sala “dell’aquila” prende il nome dalla presenza dell’affascinante aquila ‘reggi-leggio’ dell’ambone. Si giunge quindi nella sala “tra Siponto e Manfredonia” che raccoglie testimonianze lapidee del Medioevo inoltrato, tra cui due frammenti di una lastra sepolcrale del sec. XV e tre capitelli di fattura angioina.


Altri pezzi del parato di Papa Benedetto XIII



La seconda sezione, “Manfredonia, la diocesi dal XIII al XX sec.” ospita la suggestiva “galleria degli arcivescovi”, con gli stemmi di tutti gli arcivescovi della Chiesa sipontina dal 1218 ad oggi. Lungo le pareti sono inoltre esposti i ritratti degli arcivescovi a partire dal 1680.
La sala “il bello sensibile della liturgia” espone paramenti e argenti sacri e una splendida cornice del ’700, che a suo tempo impreziosiva l’antica icona della Madonna di Siponto.

A concludere la visita si entra nella sala intitolata “il buon vescovo” dove troneggia una tela raffigurante un inedito ritratto di papa Benedetto XIII, al secolo Pietro Francesco Orsini, con una collezione di paramenti sacri, tra cui una pianeta dal pregevolissimo ricamo con dodici fili di oro e argento, con lo stemma del pontefice sul dorsale, come la dalmatica e il piviale, corredati di stola, manipolo, cuscino e una calzatura. Inoltre un gruppo di reliquari in argento di straordinaria fattura, risalenti al 1676-77, attestano la particolare devozione a San Carlo Borromeo e a San Filippo Neri da parte dell’Orsini.

Mitria di Papa Benedetto XIII

 

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INAUGURAZIONE DELL'AMPLIATO MUSEO DIOCESANO DI BARI

 


Dopo cinque anni di lavori di ampliamento e di ristrutturazione e, quindi, di necessaria chiusura alla pubblica fruibilità, è stato inaugurato, nei giorni scorsi, il museo diocesano di Bari, composto da due sale espositive, una sala conferenze e una sala lettura, ubicato al primo piano del seicentesco Palazzo vescovile.

Il progetto, realizzato con il contributo della Regione Puglia, della Fondazione Cassa di Risparmio di Puglia e dall’Arcidiocesi di Bari-Bitonto, d’intesa con la Soprintendenza per le Belle Arti e il Paesaggio, intende porre in luce il tessuto connettivo che annoda le diverse tipologie di manufatti attualmente presenti presso il museo diocesano alle fondamentali fasi della storia della cattedrale barese e seguire le vicende storico-artistiche della cattedrale dalle origini al XIX secolo.

È stata quindi riorganizzata e progettata l’esposizione di tutto il materiale secondo un percorso cronologico dall’alto medioevo fino ai lavori di restauro della cattedrale. Inoltre, l’ampliamento del museo vede due sale dedicate alla fase tridentina e al barocco. 
Il percorso espositivo , curato da Fernando Russo, architetto progettista anche del restauro dell’immobile, e dal direttore del museo don Michele Bellino, si articola in cinque sezioni: lapidario, pinacoteca, Tesoro, paramenti sacri e i pregevoli rotoli degli Exultet.

 

La sala che accoglie i reperti scultorei ricostruisce la lunga vicenda architettonica della Cattedrale di Bari.

La pinacoteca comprende una raccolta di opere dal XVI al XVIII secolo tra cui l’icona trecentesca della Madonna degli Alemanni, la Madonna con Bambino dello Z.T.,  Madonna con Bambino fra Santi di Andrea Miglionico del Settecento,  Estasi di Santa Chiara di Nicola De Filippis del Settecento, la pala d’altare del Cristo Risorto di Andrea Bordone, l’Adorazione dei Magi di Corrado Giaquinto.

Nella Sala del Tesoro si ammirano preziosi arredi liturgici come la Stauroteca a doppia traversa in argento, databile al XII secolo.

Le sale degli Exultet e del Benedizionale,  conservano rotoli di pergamena risalenti al X secolo prodotti nello scriptorium del Monastero di San Benedetto che fu crocevia delle correnti culturali che attraversarono la Puglia durante la dominazione bizantina.

Riprodotti nella bella scrittura Beneventana, contengono decorazioni floreali e immagini che tradiscono una eredità di stile islamico.

 

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PRIMA TAPPA - VICENZA


Museo Diocesano di Vicenza.
E’ da qui che parte il nostro viaggio presentando schede storiche, artistiche e culturali alla ricerca dei tesori ecclesiastici sparsi su tutto il nostro territorio nazionale.
La scheda elaborata, integrata ed arricchita, è stata  tratta dal sito ufficiale dell’Associazione Musei Ecclesiastici Italiani
Scrigni da aprire ai nostri occhi, alle nostre conoscenze; da portare come corredo aggiuntivo al nostro bagaglio culturale. Immensi tesori, testimonianze di fede, di devozione. Espressioni artistiche sotto le diverse forme: pittoriche, sartoriali, marmoree, lignee, ornamentali, architettoniche, orafe ed argentee.
Un saggio di cultura nel tempo, nella cultura dei nostri padri, che la Chiesa ha saputo conservare e tramandare.

Spazi, aree, dimensioni, tetti e luoghi dove è possibile trovare il cuore dell’uomo.
Con la sua fede semplice, genuina ma forte, incrollabile. Una fede fatta di donazioni e mecenatismo, di promozione culturale. Una fede di creatività messa a disposizione degli altri, di tutti. 

Questa è la storia della Chiesa, che troppo spesso viene dimenticata, maltrattata, strappata da quello che è stato e deve continuare ad essere lo spirito dell’appartenenza, dell’adesione, della condivisione. Partiamo. Convinti che questo viaggio arricchirà di esperienze il nostro cammino, il nostro percorso alla ricerca di quell’Assoluto che, spesso, ci manca, perché non sappiamo chi è; perché non abbiamo fatto una vera esperienza di Lui e con Lui.
Attraverso la conoscenza misteriosa dell’arte, della storia, dell’artigiana bottega, diventata simbolo di fede e religiosità, appagheremo la nostra sete di capire, conoscere, apprezzare, ammirare e ricordare nel tempo che ogni viaggio nel sacro arreca benefici materiali ma, anche e soprattutto spirituali: gli unici capaci ad elevarci.

 “Il Museo Diocesano di Vicenza è ospitato all'interno del Palazzo Vescovile, allestito con eleganti forme di comunicazione contemporanea, in un sistema espositivo concepito non solo come spazio di conservazione ma come luogo di conoscenza.
 Il percorso si presenta con una preziosissima ed unica sezione di archeologia cristiana con provenienze dalla chiesa martiriale dei santi Felice e Fortunato e dalla Cattedrale.
Prosegue in un racconto cronologico dell'evoluzione dell'arte liturgica e religiosa con opere provenienti dalle più antiche chiese del territorio vicentino.
Si sviluppa poi con una collezione di dipinti e manufatti artistici a testimonianza dell'arte sacra vicentina tra il 1400 e il 1800 e una raffinata raccolta di oreficerie sacre, collocate nello scrigno della Loggetta Zeno (1494). 
Di grande interesse e curiosità appaiono le collezioni di mons. Pietro Giacomo Nonis tra cui spiccano le ricchissime raccolte etnografiche, provenienti da Asia, Africa, Oceania e Sud America, le coloratissime sfere di minerali e le croci copte”.

 

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HA RIAPERTO I BATTENTI IL MUSEO DELLA DIOCESI MATERA IRSINA






Ha riaperto i battenti,  nei giorni scorsi, grazie alla ferma volontà di mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, attuale arcivescovo della Diocesi Matera-Irsina, il Museo diocesano.

Il Museo Diocesano ha sede negli ambienti a pian terreno dell’ex Seminario, edificio costruito agli inizi del XX secolo, per volontà dell’arcivescovo Raffaele Rossi, tra l’Episcopio e la Cattedrale, sullo sperone della Civita, la parte più antica della città caratterizzata dall’imponente Duomo, che domina e separa le due valli del Sasso Barisano e del Sasso Caveoso.
Aperto al pubblico una prima volta il 16 aprile 2011 da S. E. Mons. Salvatore Ligorio, aveva dovuto chiudere i battenti per rimandare a tempi migliori la possibilità di dimostrare tutte le sue potenzialità in ambito storico-artistico e culturale.

Se l’esposizione realizzata nel 2011 era consistita nella valorizzazione prevalente di un cospicuo numero di suppellettile sacra in argento, proveniente in massima parte dal tesoro della Cattedrale e dalla Chiesa di Santa Chiara di Matera databile tra l’XI ed il XIX secolo, il nuovo allestimento, affidato alla  responsabilità scientifica di Marco Pelosi, vice direttore del Museo, vuole rappresentare una novità sotto diversi aspetti principalmente da un punto di vista concettuale.

Intanto non si limiterà esclusivamente agli argenti ma punterà all’esposizione di un complesso di opere di diversa tipologia e provenienza artistica disposte in un percorso che, partendo dal patrimonio ottocentesco e novecentesco di proprietà ecclesiastica condurrà, quasi in un viaggio a ritroso nel tempo, sino alle origini documentate  di questa Chiesa diocesana.

Quadri, sculture, paramenti, oggetti sacri, parati, documenti e libri antichi a testimoniare il desiderio di voler ragionare in termini interdisciplinari e transdisciplinari.

Accanto alle discipline connesse intrinsecamente ai beni culturali si affiancheranno ed in alcuni casi si privilegeranno le interpretazioni teologiche, le esegesi liturgiche frutto di ricerche specifiche nel settore da parte di storici e archeologi della liturgia.

Non una “parata” di manufatti sacri o di natura ecclesiastica, dunque, quanto una esposizione storicamente e teologicamente spiegabile e liturgicamente giustificabile ed intellegibile. Per ora il Museo sarà dedicato ad opere provenienti dalle Chiese antiche di Matera ma in quanto diocesano si riserverà, in seguito, il privilegio di mostrare le tante e significative opere diffuse sul nostro territorio diocesano. A margine e a supporto di questo nuovo contenitore nasceranno progetti didattico/ educativi e divulgativi con attività specifiche e percorsi specializzati dedicati ad un utenza diversificata volti a conoscere ed a fruire dell’istituzione museale nella sua completezza.

Verranno, altresì, attivati laboratori per la formazione di operatori per il recupero delle opere danneggiate, tanto quelle pittoriche e scultoree quanto quelle appartenenti alle cosiddetti “arti minori” attraverso la collaborazione, partecipazione ed il partenariato con importanti Scuole, Enti ed Istituti culturali a vario titolo coinvolti nella tutela dei Beni Culturali e nella valorizzazione del patrimonio storico artistico ecclesiastico. Il Museo si doterà progressivamente di ogni moderno servizio connesso all’accoglienza del visitatore, di un sito dedicato con biglietteria on-line, di un programma di visite guidate specializzate, di un bookshop e di un punto ristoro.

 

Giuseppe Massari

 

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7 E 8 MARZO 2015, III EDIZIONE GIORNATE DEI MUSEI ECCLESIASTICI


Tesori, reliquie, paramenti sacri, quadri, opere artistiche, ricchezze nascoste e da scoprire. Visite guidate, convegni, conferenze, mostre specializzate, laboratori didattici. Tutto ciò è racchiuso nella 3a edizione delle Giornate dei Musei Ecclesiastici, il 7/8 in tutta Italia.
Rarità che hanno fatto la storia di Italia e che hanno resistito al tempo, a stravolgimenti storici, politici, geografici, burocratico-ecclesiastici.
E’ consigliabile, prima di mettersi in viaggio, contattare telefonicamente o  via e-mail le varie destinazioni che si intendono raggiungere e visitare, per aver ragguagli e per eventuali prenotazioni, soprattutto se si tratta di gruppi.

Scorrendo velocemente l’elenco è saltata, subito, in evidenza che tra le regioni italiane, è assente l Abruzzo. Tutte le altre, sia pure con una sola realtà, vedi il caso di Sardegna, Campania,  Molise e Trentino, o il Lazio e il Friuli, presenti con solo due  contenitori museali ciascuno e Umbria e   Veneto, con 3. La Calabria è la regione più presente, avendo dato la loro adesione ben 13 comuni di altrettante Diocesi. A seguire, poi, il Piemonte e la Val d Aosta con 11, la Sicilia 8, Marche, Toscana e Liguria 7: Emilia-Romagna e Lombardia si presentano con i loro sei centri cadauno e la Puglia con 5.

Di seguito il completo elenco di tutte le strutture museali che hanno aderito:

- Liguria: Museo Diocesano e Battistero Paleocristiano, Albenga -   Museo Diocesano, Genova -   Museo di N.ra Signora della Consolazione, Genova -  Complesso museale di S. Maria di Castello-Genova -  Museo Beni Culturali Cappuccini, Genova - Complesso Monumentale Cattedrale e Cappella Sistina, Savona -  Museo di La Spezia - Museo di Brugnato - Abbazia di Borgo San Pietro Ferrania (Sv)

- Piemonte-Val d’Aosta: Museo Diocesano San Sebastiano, Cuneo -  Museo Diocesano Alba  -Museo della Cattedrale, Museo Diocesano di Torino - Museo del Tesoro del Duomo, Vercelli - Museo San Giacomo di Lu Monferrato (AL) -  Diocesi di Casale Monferrato Museo, Cattedrale di Santo Evasio -  Museo Diocesano San Giovanni di Asti -  Diocesi di Acqui Terme (Al), - Museo Diocesano di Tortona (Al) -  Museo Diocesano Fossano (Cn) -  Museo del Tesoro della Cattedrale di Aosta.

- Lombardia: Museo Diocesano, Milano -  Galleria Arte Sacra dei Contemporanei, Villa Clerici (MI) - Museo Tesoro Collegiata San Lorenzo di Chiavenna (SO) -  Museo Cappuccini di Milano -  M.A.C.S., Museo Arte e Cultura Sacra Romano di Lombardia (BG) -   Museo dello Stucco e della Scagliola Intelvese di Cerano di Intelvi.

- Veneto: Museo Diocesano Padova - Museo Diocesano Vicenza “Pietro G. Nonis” - Museo Diocesano Arte Sacra – Pinacoteca Santissima Trinità, Chioggia.

- Trentino: Museo Diocesano Tridentino

- Friuli: Museo del Duomo, Cattedrale, Battistero e Oratorio della Purità, Udine -  Museo Diocesano Arte Sacra, Pordenone.

- Emilia Romagna: Museo Arte Sacra, Longiano (Forlì - Cesena) -  Museo Beata Vergine di S. Luca Bologna - Museo Benedettino e Diocesano Arte Sacra di Nonantola (MO) - Musei Duomo Modena - Museo Duomo Fidenza -  Polo Museale di Bedonia (PR)

- Toscana: Museo Cattedrale, Chiusi - Museo Cattedrale, Lucca - Diocesi di Massa Carrara– Pontremoli: Museo Diocesano, Massa - Museo Diocesano, Pontremoli - Musei Diocesani, Prato - Museo Opera del Duomo, Palazzo Borgia, Museo Diocesano Pienza -   Museo Archeologico e Arte della Maremma, Diocesi di Arezzo.

-   Marche: Museo Diocesano “Mons. Cesare Recanatini”, Ancona -  Museo Diocesano, Jesi (AN) -  Museo Piersanti, Matelica (MC) -  Museo Diocesano: Lapidario e Raccolta museale, Fano -  Museo Diocesano di Pesaro - Museo Pio IX, Palazzo Mastai Senigallia -

Museo Piersanti di Matelica

- Umbria: Museo Diocesano Albani-Urbino. - Museo Diocesano, Città di Castello -  Museo Capitolare Diocesano, Foligno -  Museo Diocesano, Spoleto.

Sala Faccinetti, Spoleto

- Lazio: Museo Diocesano Prenestino Arte Sacra Palestrina (RM) -  Museo Diocesano di Gaeta.

- Molise: Museo storico della campana “Giovanni Paolo II”

- Campania: Museo Diocesano “San Pietro”, Diocesi di Teggiano-Policastro, Teggiano (SA)

- Calabria: Museo Diocesano “Mons. Aurelio Sorrentino”, R. Calabria -  Museo Angelo Versace Arciconfraternita del Carmine, Bagnara Calabra (RC) -  Museo Diocesano, Oppido Mamertina (RC) -  Museo Diocesano, Tesoro della Cattedrale, Gerace (RC) -  Museo Diocesano, Catanzaro -  Museo Diocesano Arte Sacra, Lamezia Terme (CZ) -  Museo Diocesano Arte Sacra, Cassano allo Ionio (CS) -  Museo Diocesano Provinciale, Nicotera (VV) -  Museo della Certosa, Serra San Bruno (CZ) - Museo Diocesano, Cosenza -  Museo Diocesano Arte Sacra, Rossano Calabro (CS) -  Museo Diocesano, San Marco Argentano (CS) -  Museo Diocesano Santa Severina (Kr).

Museo Diocesano "Mons. Aurelio Sorrentino di Reggio Calabria

- Puglia: Museo Diocesano “Aurelio Marena”, Bitonto (BA) - Polo Museale Ascoli Satriano: Museo Diocesano e Civico Archeologico (FG) - Museo Diocesano, Molfetta (BA) -  Museo Confraternita di San Giuseppe, Chiesa S. Leonardo, Monopoli (BA) -  Museo Diocesano Taranto.

Museo diocesano di Molfetta

- Sicilia: Museo Diocesano, Catania - Museo Diocesano Monreale (PA) -  Centro di Accoglienza Padre Nostro, Palermo -  Museo San Nicolò, Militello Val Catania (CT) -  Museo Diocesano “G. Speciale”, Seminario Vescovile Caltanissetta -  Museo Cattedrale S. Giovanni Battista, Ragusa -  Museo Diocesano, Noto -  Museo Diocesano, Mazara del Vallo.

Museo diocesano Seminario Vescovile di Caltanisetta

- Sardegna: Museo Diocesano Arte Sacra,  Alghero.  

 

 

 


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