Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

PARLIAMO DI FIGURINE

 

Addentrarsi nel mondo delle figurine è davvero un'impresa titanica perché ci si trova dinanzi uno scenario davvero eterogeneo, che non si ferma alle sole figurine - la collezione più famosa - ma investe anche la reclamistica, i menu, i segnaposto, i calendari, i biglietti e rappresenta - per la vastità dei temi trattati, la ricchezza numerica dei pezzi esistenti e la varietà delle edizioni emesse in ogni Paese - un capitolo a parte nell'universo del collezionismo.

Tutto iniziò dopo la metà del XIX secolo, nel 1860 circa, quando sulla clientela dei Grandi Magazzini francesi si riversarono un'infinità di piccoli oggetti propagandistici che avevano lo scopo di incrementare le vendite. Grazie soprattutto all'utilizzo della stampa a colori, che ne permetteva la produzione di migliaia di copie, si diffuse l'uso di regalare delle figurine pubblicitarie - cromolito da ritagliare o rettangolini a colori con scene varie, spesso ordinati in serie - che reclamizzavano una vasta gamma di articoli e di ditte.
Difficile datarle, vista la profusione numerica, ma si sa che la prima figurina francese conosciuta è una Bon Marchè del 1866, la cui datazione è possibile per un calendario stampato sul retro. Per le altre bisogna ricorrere ad altri indizi, considerando bene se si tratta di figurine o di altro.

Generalmente si parla di figurine, quando c'è anche la pubblicità. Il loro mercato inizia con le mitiche "sedie" o "poltrone" - dicitura stampata sul retro della cromolitografia o sotto la figura pubblicitaria - che fanno la gioia dei più sfegatati collezionisti. Di esse, però, non si sa che questo: sembra che nella Parigi dell'Ottocento vi fossero sedie e poltroncine disposte all'aperto in posizioni piacevoli, in varie zone della città, su cui si poteva sostare e guardare il passeggio, acquistando un talloncino figurato e numerato che veniva poi consegnato ad una persona addetta ad obliterarlo.
Tuttavia, se ne trovano altri, di produzione francese, legati soprattutto ai servizi pubblici come i tram o i battelli fluviali, ecc. E anche in Italia, attorno al 1865, la Società Romana dei Tramways emetteva tagliandi da 15 centesimi con sopra le vedute di Roma.
Insomma, definire questi piccoli pezzi di carta "figurine" forse è inopportuno, bisognerebbe chiamarli biglietti ma è difficile mettere limiti o confini nel campo del collezionismo. Alcuni, poi, sono solamente biglietti commerciali strettamente legati all'attività di una determinata azienda.
Molto spesso, poi, gli stampatori o litografi non realizzavano serie riservate ad una sola ditta o marchio, ma delle serie-base buone per tutti (le cosiddette "passe-partout") che poi proponeva a più committenti. Così troviamo la stessa identica figurina in varie versioni: quella marchiata Liebig, quella Bon Marché e così via. Tra l'altro, una serie composta da 12 pezzi diversi poteva essere ordinata tutta o solo in parte; infatti, la ditta poteva scegliere solo quattro, sei o otto figurine.
Per tutto l'Ottocento furono poche le aziende che poterono permettersi una tiratura personalizzata.

Ma della vastissima gamma di figurine - pubblicitarie e non - parleremo successivamente in altra sede, ora prenderemo in esame solo le seguenti:

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FIGURINE LIEBIG

Nel 1872 circa, il Barone Justus Von Liebig adottò tale forma di pubblicità per i suoi famosi prodotti, introducendone la distribuzione gratuita ai consumatori e dandole in cambio di "punti"; dapprima regalando le figurine nei tipi "sedia", anche senza scritte promozionali e, solo nel Novecento, facendone stampare di specifiche per la sua ditta e successivamente introducendo i primi oggetti di reclamistica.
Le figurine Liebig si distinguono da ogni altra per l'alta qualità della stampa in cromolitografia - fino a 12 colori - e la perfezione delle immagini, in molti casi realizzate da artisti di notevole livello.
Si tratta di serie di 6-12-18 esemplari, con una spiegazione/commento stampata sul retro.

Quelle di fine '800, inizi '900 presentano la pubblicità del prodotto sul davanti arricchita da volute e da ghirigori di stile Liberty, quelle stampate più tardi sono più nette, più semplici e la pubblicità è limitata ad una scritta sulla cornice con la firma di Justus in un angolo; la stampa rimane sempre molto accurata.
Esistono più serie dedicate ad una stessa tematica, come ad es. "Storia sacra e profana" "Regno della Natura" (con una varietà incredibile di fiori e animali), Scienza, Vite di illustri personaggi, ecc.
Le figurine più apprezzate sono quelle tedesche e olandesi. Quelle italiane - sotto il marchio di Compagnia Italiana Liebig, creata appositamente per il nostro mercato - iniziano dalla serie 1280 del catalogo Sanguineti, cioè il più famoso estimatore e collezionista dell'"Universo Liebig".
Durante la I Guerra la distribuzione venne effettuata tramite la Svizzera che era neutrale, mentre durante la II Guerra Mondiale la produzione e la distribuzione continuarono ininterrottamente sino al 1972, anno in cui la pubblicazione cessò - con la serie n. 1866, dedicata al Regno animale.
In totale, vennero emesse 1900 serie circa nell'arco di un secolo.

Nel 1998 le figurine Liebig sono state nuovamente emesse - dalla ditta Agnesi che ha rilevato il marchio della Liebig - stampate sulle confezioni dei dadi da brodo, dedicate come sempre ad argomenti vari, ma con una grafica piuttosto povera.

Per raccogliere le figurine prodotte, la Liebig produsse anche degli appositi Album con copertina telata o similpelle di vari colori. Sui più antichi (e più belli) venivano impresse la dicitura in oro "Album Liebig" e belle immagini che richiamavano l'origine bovina dei prodotti della ditta.

 

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COLLEZIONARE LIEBIG

Si tratta di una collezione varia ed istruttiva, da fare con pazienza e tenacia, frequentando i rivenditori specializzati o i mercatini, aggiornando di volta in volta la mancolista.

Per quanto riguarda la reclamistica, il panorama è molto vasto perchè nella maggioranza dei casi ogni filiale nazionale della Compagnia faceva per proprio conto, dando vita ad una larga gamma di oggetti, di forme diverse, di cataloghi, Arredi da negozio e vetrina, "Teatrini" con la pubblicità dell'Estratto, Carte assorbenti, Chiudilettera, Etichette da vasetto, Ricettari, Matite, ecc.

 

 


- CARTONCINI DA TAVOLA -

ne furono emesse 19 serie di 6 pezzi ciascuna, dal 1885 al 1903,per la maggior parte in edizione francese e tedesca e 4 serie in spagnolo.


- MENU -



73 serie emesse dal 1884 al 1911; due sono di tre pezzi, una di 4, una di 8, una di 12 e le altre di 6 pezzi per la maggioranza in inglese.

Il successo delle figurine indusse la Liebig ad altre iniziative, forse meno note, ma profondamente significative: la produzione di Menu.
Il menu si era diffuso nella seconda metà dell'Ottocento in Francia, quando vi giunse la moda di servire in tavola "alla russa". Mente col servizio "alla francese" tutte le portate si presentavano in tavola sotto gli occhi dei commensali, col "servizio alla russa" le portate arrivavano in tavola con studiata scenografia, come si usa ancora oggi.
Quindi, il convitato aveva bisogno di conoscere anticipatamente le portate, per decidere la quantità di cibo di cui cibarsi e di stimolare al tempo stesso l'appetito.

Usato inizialmente solo nei grandi banchetti di famiglie aristocratiche, il menu si diffuse in seguito anche negli incontri conviviali di associazioni, sulle navi e infine nei ristoranti (ove in precedenza veniva usata solo una lista, da non confondere con i menu disegnati di cui si sta parlando).
Il menu cominciò ad essere considerato un segno di prestigio e il prestigio aumentava se il menu era ricco e bello. Dopo il grande successo francese, il menu si diffuse anche in Inghilterra, Germania, Paesi Bassi, Svizzera, ecc e naturalmente anche in Italia.
Come era avvenuto per altri generi cartacei, grandi illustratori si dedicarono anche a questa produzione, tra gli altri: Antonio Rubino, Duilio Cambellotti, Enrico Sacchetti, Ettore Ximenes, ecc.
In questo contesto la Liebig si inserì con alcuni menu, il cui splendore ricorda quello delle figurine, dalle quali tuttavia si differenziano. Decisamente destinati ad un pubblico aristocratico e borghese, i menu della Liebig sono ricchi di ornamenti e di decori, di simbologia e di colori, sofisticati, astratti, lontano dalla naturalezza. Insomma, nelle classe sociali elevate i menu dovevano far dimenticare che il cibo aveva un rapporto con la terra e col sudore e ricordare invece già attraverso gli occhi, i sapori elaborati di una cucina raffinata.
I menu Liebig avevano un certo carattere di serialità, come del resto quelli di altre ditte che ne seguirono l'esempio. A differenza dei menu preparati per specifici banchetti, come avveniva nei pranzi dei nobili, questi avevano, accanto alla pubblicità della ditta, uno spazio bianco su cui, a mano, a macchina o a stampa, poteva essere aggiunta la lista dei cibi.
Le tematiche affrontate: Scene umoristiche - Carte da gioco-Passatempi - Cavalieri antichi-Oere di Meyerbeer - Regine, ecc.


 

- CARTOLINE -

dal 1900 al 1950 circa solo una serie di 6 è monocromatica - quella dedicata all'incoronazione di Edoardo VII - altre in bianco e nero sono dedicate al football. In Italia le più note risalgono al 1950, una serie di 12 disegnate da Gustavino che rivisita le favole in maniera particolare ed una singola di Dudovich.


- CALENDARI -

 


Realizzati fra il 1870 e il 1950, sono di varie edizioni e di vari formati. L'unica serie internazionale è composta di due esemplari da tavolo detti perpetui, poiché si tratta di un disco imperniato e sporgente da una finestrella, in modo da consentire di spostare le date rispetto ai giorni della settimana. Il calendario coi suoi foglietti è molto piccolo, incollato in basso e intercambiabile.

Riguardo ai Calendari si può aggiungere qualche notizia molto interessante. La parola Calendario deriva dal romano Calende, primo giorno del mese dedicato a Giunone ed era anche il libro di scadenze usato all'epoca per segnare i giorni delle riscossioni dei crediti. Il Calendario si formò lentamente nel corso degli anni, ma il primo - almeno nella nostra civiltà occidentale - sembra risalire a Giulio Cesare, al 46 a.C.; in particolare il nome dei mesi e soprattutto dei giorni erano dedicati a deità pagane (Marte, Venere e Giove) e così pure Gennaio, diventato per convenzione primo mese dell'anno, era dedicato al Dio bifronte Giano, rappresentato con un volto barbuto e vecchio rivolto all'indietro (il passato) e uno giovane davanti rivolto al futuro. Con l'avvento del Cristianesimo, si mantenne quasi intatta questa icona, celebrando l'ultimo giorno dell'anno S. Silvestro Papa, rappresentato come un vecchio dalla barba bianca (Giano il Vecchio) e nel primo giorno del nuovo anno la Circoncisione di Gesù (Giano il Giovane).

La data del Capodanno, prima di venire ufficalmente riconosciuta quasi universalmente al I Gennaio, ha subito molte variazioni: fissato al primo giorno dell'anno nel calendario giuliano, in Francia - fino al 1564 - era festeggiato al solstizio primaverile (domenica di Pasqua), in Inghilterra al 25 marzo sino al 1752, così come a Firenze e a Venezia (I marzo) fino alla caduta della Serenessima, 1797. In Calabria e nelle Puglie durante il Medioevo veniva celebrato il I settembre, mentre il calendario spagnolo fissava il capodanno al 25 dicembre, riallacciandosi ad antichissime tradizioni che festeggiavano il solstizio invernale, fino al principio del XVII secolo. Forma e contenuto del nostro calendario devono la loro definitiva trasformazione all'invenzione della stampa che ne permise la divulgazione a carattere popolare, in forma di foglio da appendere a portata d'occhio o di libretto con vari contenuti. Regalare un calendario all'inizio del Capodanno ha sempre avuto un significato simbolico beneaugurante ed è quindi naturale che anche la pubblicità se ne sia avvalsa largamente, utilizzando sempre nuove tecniche di stampa.

A questo non si sottrasse nemmeno la Liebig che in quasi cent'anni di attività promozionale ne distribuì di tutti i tipi, a cominciare da quelli da tasca nel 1878, dapprima in forma semestrale, poi via via sempre più corposi, soprattutto in Francia ed Inghilterra, che recavano tra l'altro annotazioni per la casa e qualche ricetta di cucina. Di questo genere in Italia è noto "Il Calendario per le Famiglie", comparso nel 1891, preceduto dall'edizione francese e seguito da quelle tedesche. Negli ultimi anni del secolo scorso, la Liebig creò anche dei calendari portafogli che consistevano in cartoncini piegati a formare all'interno due taschine nelle quali venivano inseriti da una parte un calendario e dall'altra un foglietto pubblicitario (in Spagna e Svizzera vennero dedicati agli eroi nazionali, quali El Cid, Sancho Pancha, Don Chisciotte, Guglielmo Tell, ecc), ma i più graziosi di questo tipo sono quelli italiani. Degni di nota per i collezionisti, anche in virtù degli illustratori notissimi, come Dudovich, Gustavino ed altri, sono i cosiddetti "olandesi" destinati ad essere appesi alle pareti della cucina, apparsi in Italia tra il 1928 e il 1939, con un foglio ogni mese e tutti giorni segnati, il nome del Santo del giorno e le festività evidenziate.

Tra i calendari si annoverano anche quelli stampati in alcune serie di figurine, una dedicata ai dodici mesi dell'anno - 1887 - e l'altra al Giro del Mondo del 1889. Altre serie,come Scene del'Opera del 1895, appartengono ad un genere "ibrido" di grande formato, considerate sia come figurine che come calendari, da appendere con un anellino, di cui ogni figura era fornita. Quelli grandi, alcuni con taschina portabiglietti venivano appesi nelle rivenditorie o nelle vetrine (con supporto per farli stare in piedi) e potevano essere donati ai clienti, per fare belle mostra di sè in cucina o in salotto; avrebbe fatto un'ottima figura anche lì, infatti, lo straordinario calendario del 1903 che riproduceva un orologio, con tanto di lancette, considerato oggi un pezzo di rara bellezza. I calendari perpetui riscontrarono un gran successo e vennero pubblicati in Italia, Francia, Germania e Inghilterra tra il 1889 e il 1905.



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FIGURINE LAVAZZA

 

L'esordio delle Figurine Lavazza avvenne in Italia nel 1949, preceduto - a livello di sola distribuzione - dalle figurine del Concorso Leone che diffondeva i ritratti dei divi del cinema.
Poi venne la guerra e l'archivio della Leone venne distrutto da un incendio. La prima serie di figurine Lavazza venne dedicata ai Castelli Piemontesi, per sottolineare l'area di provenienza dei Lavazza che le avevano volute e che le gestirono sino alla conclusione delle emissioni.

Si tratta di figurine promozionali in serie di 6, offerte alla clientela in omaggio con l'acquisto del famoso caffè.
La numerazione delle serie comincia dalla XVI (in numeri romani) sino alla n. 6 della serie 272 Morte di Cleopatra che fa parte della serie "Il secondo triumvirato e la sua fine".
Sul davanti compare sempre il logo della ditta - una tazzina con i chicchi dorati, in campo ripartito marrone e rosso - e quello dell'azienda, dapprima sovraimpressi all'immagine, con la firma dell'illustratore e sulla fascia bianca in basso, il nome della serie, il numero della figurina.
Dalla serie 144 i numeri si trasformano da romani in arabi, il marchietto entra nello spazio della didascalia e sul verso della figurina compare l'intestazione "Caffè Lavazza Torino", con una esortazione-consiglio rivolto alle acquirenti, per far loro proseguire la raccolta destinata ai loro bambini, che la Lavazza vuole "divertire, istruendoli..."; oppure una breve frase, anche in rima, racconta la storia del chicco tostato.
Infine, ben evidenziata, la didascalia riguardante l'immagine, il riferimento allo stampatore e il divieto di riproduzione. Le figurine erano stampate in cromolitografia e ogni anno ne erano prodotte 24 serie.

Per dare vita a tale produzione "enciclopedica", Giuseppe Lavazza si avvalse dell'opera di due maestri elementari e di disegnatori, per lo più facenti parte del Gruppo Disegnatori del Circolo Artistico Torinese, ognuno specializzato in un genere specifico: Codan per il filone Architettura e Arte, Gallelli per gli animali e scienze naturali, Fontana e Nicco per le serie favolistiche, Nicoletti e Monti per le serie di fantasia; e inoltre, Biscaretti, Aldini, Monasterolo, il sig. Sacchi di Lecco e Mattoni specializzato in ricostruzioni storiche, specialmente italiane, e biografiche di personaggi illustri, realizzatori delle due serie dedicate alla vicenda di Amedeo Savoia Aosta, ricavate dai disegni da lui stesso eseguiti in prigionia nel 1943 in Kenya, dove aveva seguito le sorti del Duca.
Suo figlio, invece, si dedicò a figurine di fiabe e di fantasia (Alice nel paese delle meraviglie, Pinocchio, La lampada di Aladino).

Era sorto, intanto, il Club Lavazza circolo culturale ricreativo, con tanto di soci e tessera di iscrizione che distribuiva, a pagamento, raccoglitori ad hoc, informava i soci delle nuove uscite, delle serie esaurite e delle quotazioni e pur avvertendo i soci di non vendere le figurine, forniva i nominativi di ditte deputate alle loro commercializzazione, tra cui Sanguinetti, che dedicò alle figurine Lavazza vari cataloghi, oltre a quello dell'Osservatore Filatelico (1976-77, Editore Rolando Gianni).

 

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FIGURINE DELLE SIGARETTE INGLESI

 

 


Come era accaduto in altri settori, anche l'industria del tabacco affidò alle figurine un messaggio promozionale, unitamente all'offerta di immagini colorate dal formato approssimativo di cm 6,5x6,7 o 6,5x9,7, in relazione alle dimensione della scatola contenente tabacco o sigarette. Le prime figurine "da fumo" comparvero negli Stati Uniti, diffondendosi rapidamente dal 1879, data di pubblicazione della mitica Marquis of Lorne - custodita al Metropolitan Museum of New York, con alcune serie di immagini fotografiche o disegnate di giocatori di baseball. Ma è in Gran Bretagna che si affermarono con grande successo. All'inizio i produttori si rifecero ai modelli americani e a quelli della Liebig, ma già a cavallo tra la fine dell'Ottocento, inizi Novecento, due colossi del settore - Mills e Player - proposero una produzione autonoma che si staccò completamente da quella americana. Ma la febbre delle figurine promozionali contagiò anche le industrie minori (Wills, Churchmann, Mitchell, Gallaher, Clarcke, etc.. Bozzetti ed esecuzione erano molto ben curati, al fine di raggiungere un buon livello artistico e un'attendibile documentazione.
La realizzazione fu talmente realistica che, durante la prima Guerra Mondiale apparve eccessiva e pericolosa all'Intelligence Service inglese, preoccupato di come i temi dedicati alle uniformi e ai fregi reggimentali avrebbero potuto fornire allo Stato Maggiore tedesco materiale atto a riconoscere i reparti nemici.
Per questa ragione vennero subito distrutte le serie dedicate alla marina da guerra inglese (distribuite dalla Mills e Players) che, secondo voci correnti, finivano nelle mani dei sommergibilisti tedeschi.
Stessa sorte per una serie dedicata a Napoleone nel centenario della battaglia di Waterloo, successivamente ritirata per non urtare gli alleati francesi. Le figurine delle sigarette toccarono moltissime tematiche, molto bella e interessante quella dedicata ai protagonisti delle più celebri opere teatrali, e con gli attori nei panni dei loro personaggi e successivamente quelle dedicate al cinematografo che era appena nato e si stava diffondendo in tutto il mondo, avvalendosi dell'immagine fotografica che valorizzava l'eleganza e la bellezza delle dive del muto. Sono numerosi i volti e i nomi del cinema i volti e i nomi del cinema muto che popolarono il mondo delle figurine, destinati però a sparire con l'avvento del sonoro: si salverà solo Mary Pickford, la fidanzata d'America dalla lunga chioma bionda e riccioluta che farà film "parlati" a partire dal 1929.

Altre tematiche toccate: scoperte scientifiche, botanica, avvenimenti storici, la raccolta del cotone, lo sport, ecc. Accanto a questi filoni che ricalcavano quelli di altre produzioni di figurine, emerse un'iconografia condizionata dagli usi e dalle tradizioni inglesi, quali lo sport, come la boxe, di cui il pubblico voleva ritrovare nelle figurine i campioni, quello degli animali da esposizione, dedicate ai cani, agli stalloni, ai montoni e alle vacche.
Le serie legate agli anni della Prima Guerra Mondiale facevano leva sull'orgoglio nazionale e sul patriottismo: vessilli di battaglioni, contrassegni di corpi militari e, infine, stampate anche su seta, le decorazioni al valore, come la gold military crux. Accanto alle immagini di capi di stato, tra cui anche Vittorio Emanuele III, la Will's dedicò una serie di ritratti fotografici ai grandi ammiragli e altre ai soldati, marinai, aviatori, contraddistinte dalla dicitura "a tribute to the", seguita di volta in volta da "Cavalry, Infantry, Red Cross, Royal Navy, ecc e altri corpi speciali combattenti.

 

 

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FIGURINE DEL THE' INGLESI

Stessa storia ed evoluzione, ebbero anche le figurine inglesi regalate con varie marche di thè - di solito in numero di 50 per ogni serie - con cui si potevano realizzare degli album completi, molto interessanti.
Le tematiche toccarono tutti i settori: industria dei trasporti (macchine, treni, aerei, navi), personaggi illustri della vita pubblica, tra cui anche la Famiglia Reale, animali domestici ed esotici, piante, fiori, ecc.

 

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FIGURINE DI SIGARETTE TEDESCHE

Negli anni 30, in Germania, paese di vivace cultura e di spirito creativo, molto dedito al collezionismo, si diffonde la passione per le figurine in genere, in larga maggioranza distribuite con le sigarette e raccolte in splendidi album, giunti fortunamente fino a noi, grazie proprio a questa "mania".

Innumerevoli gli argomenti trattati: dallo sport ai costumi tradizionali, dall'arte ai personaggi famosi, dagli Zeppelin alle navi, dalla flora alla fauna, dagli ordini militari alla guerra...
Un'attenzione speciale ed una stampa molto accurata venne riservata in modo particolare agli album dedicati ai divi del cinema, molto in voga in quegli anni.

Vennero realizzati un gran numero di album di figurine, di varie dimensioni, alcuni con copertine vistose ed insieme eleganti, con immagini in bianco e nero poi impreziosite da cornici colorate oppure da figurine a colori su fondo oro.
Vi si riscontra grande cura nella scelta delle fotografie, dei colori, della carta utilizzata, dei rilievi e delle dorature... insomma dei piccoli capolavori di grafica e fotografia.



 

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FIGURINE SPAGNOLE

 

Dalla fine degli anni 40 fino agli anni 60/70, in Spagna furono molto attive due ditte, la Fehr, che per prima emise una serie di figurine in album sugli animali esotici, dedicandosi poi ai più famosi personaggi della Walt Disney tra cui Pinocchio e Bambi e l'Editoriale Bruguera che, di pari passo con i kolossal americani, produsse una grande quantità di figurine dedicate ai film, rimasti poi nella storia del cinema, quali: "I 10 comandamenti", " Ben Hur", "El Cid", ecc.

 

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FIGURINE ITALIANE

 

Il fenomeno delle figurine restò in Italia per molti anni piuttosto limitato, poiché per la maggior parte erano importate soprattutto dalla Germania e dalla Francia. In un paese prevalentemente agricolo come l'Italia e piuttosto povero, le figurine erano non troppo diffuse e soprattutto destinate ai bambini.
Ma il 18 ottobre 1934 l'EIAR mise in onda la trasmissione Radiofonica "I quattro Moschettieri" - parodia del classico di Dumas, di Nizza e Morbelli, sponsorizzata dalla Buitoni-Perugina.
Contemporaneamente alla trasmissione, la ditta mise in circolazione anche una serie di 100 figurine disegnate da Bioletto che coi suoi personaggi dal tratto ironico, sottile e sarcastico seppe fronteggiare un mondo retorico e falsamente virile.
Le figurine si potevano "conquistare" acquistando cioccolata, pacchi di pasta e altri generi ma, poiché erano distribuite alla rinfusa, si correva il rischio di avere continuamente dei doppioni. A parte venivano distribuiti gli albums per collezionarle e chi li completava aveva diritto a varie tipologie di premi e addirittura con 150 albums si poteva vincere una Fiat Topolino (ne vennero distribuite 200) che rappresentava al momento il sogno degli italiani.
Si innescò un vero e proprio mercato di scambi di figurine e non solo, venivano anche vendute e acquistate, a cifre notevoli per l'epoca.
Fra le rarissime, l'ormai mitico Feroce Saladino, simbolo di un'Italia semplice e giocosa, sognatrice di vincite favolose e di tesori, come forse è rimasta.

Dopo quest'esperienza ci furono altre emissioni di figurine legate a premi e spesso si limitava la tiratura di certe figurine proprio per renderle di scarsa reperibilità e alzare quindi le vendite. Gli argomenti erano i più vari: calciatori, Pinocchio, Bonaventura e una raccolta sul Folklore etiopico e sulla Grande Italia. Ma le serie smaccatamente propagandistiche non attecchirono molto. Il regime cominciò a preoccuparsi, gli italiani pensavano al gioco e all'evasione, non avevano quello spirito di frugalità e di sacrificio che il fascismo predicava anzi attraverso le figurine sognavano altri mondi diversi dall'autarchia. Poiché i concorsi a premi, per quella penuria di certe figurine, rasentavano la truffa, un decreto governativo li chiuse tutti. La guerra alle porte fece poi dimenticare quel mondo evanescente.


Chi era ragazzo nella metà degli anni 30 ricorderà con una certa emozione le figurine della Raccolta Topolino che, con gli ingenui ma decisi colori dell'infanzia, venivano raccolte con l'ansia e la bramosia di creare un piccolo tesoro da rivedere di tanto in tanto o da scambiare sui banchi di scuola con altri piccoli amici, con cui condividere l'emozionante momento di apertura delle bustine che le contenevano.
Si potevano trovare in vari prodotti della Galbani (Certosino, Bel Paese e altro), nelle sigarette Principe di Piemonte, Faro e Zara, nelle caramelle Elah, negli Albi di Topolino oppure si potevano avere in cambio di degustazioni di aperitivi.
Sul retro di ogni figurina erano scritte le finalità e i premi della raccolta, composta da 100 figurine, che una volta terminata dava diritto: giocattoli, viaggi, radio, motociclette, villeggiature, belle pubblicazioni della Walt Disney. I disegni erano bellissimi e di particolare finezza - era il periodo aureo della Disney - e tutti i personaggi avevano origine dai cartoni animati allora in programmazione nei cinema oppure erano delle caricature garbate degli artisti cinematografici soprattutto hollywoodiani Stanlio e Ollio, Clarck Gable, ecc); molti personaggi - alcuni dei quali non compariranno in futuro nella "Banda Disney" non erano ancora così ben definiti come ora (ad esempio Paperino aveva ancora un corpo piuttosto tozzo ed un becco molto lungo) ed avevano nomi italianizzati. Insomma, una bella galleria di personaggi e di scenette.


Successivamente al 1937, in altre serie della Buitoni-Perugina, Bioletto si divertì a disegnare il Feroce Saladino in atteggiamenti niente affatto aggressivi. La II guerra mondiale impresse una svolta profonda nella storia delle figurine, i prodotti - soprattutto gli alimentari - scarseggiavano e non v'era ragione di promozioni; si scoprì però che con le figurine si poteva anche giocare e così anche durante la guerra si stamparono, povere nella carta e nella grafica, ma utili almeno o a distrarre i ragazzi da quel momento così difficile.

La figurina fine a se stessa, venne rivalutata dopo la guerra, creando un'industria a sè stante, con la distribuzione gratuita dell'album che avrebbe poi contenuto le figurine, vendute in bustina, di cui la prima serie fu dedicata dalla ditta spagnola Fehr agli animali esotici. poi fu la volta dell'editore Lotario Vecchi che, sull'onda di un ritorno al sentimentalismo stimolato dalla propaganda cattolica, intorno agli anni 50 diede alle stampe Marcellino pane e vino, ispirata all'omonimo film.

* (vedi link a fondo pagina).

Seguendo dunque gli umori e le richieste del pubblico, si affacciarono alla scena i Fratelli Panini di Modena - ritenuti fino ad oggi quasi gli unici produttori di figurine in Italia - che estesero il loro prodotto anche all'estero, dando largo spazio ai calciatori, agli eroi dei fumetti, alle serie televisive per bambini, ai giocattoli (Barbie e Big Jim), rivolgendosi dunque anche ad un pubblico femminile, raddoppiando quindi anche la produzione e le entrate. Oggi la Panini è una holding con più di 40 sedi in tutto il mondo poiché ancor oggi le figurine sono ricercate e collezionate anche con maggior fervore.

In un mondo non ancora invaso dal mezzo televisivo, la figurina serviva a dare corpo e volto a personaggi e luoghi di cui si conosceva l'esistenza solo per sentito dire e l'album diventava quindi una specie di enciclopedia personale. Oggi questa esigenza sussiste, invece, perché le figurine - non più mezzo informativo e didattico né promozionale - sono legate comunque ai desiderata del pubblico, seguono mezzi di comunicazione più potenti di loro, creando elementi nuovi e sempre più accattivanti.
Ma la ragione principale del successo di questi piccoli pezzi di carta sta forse nel gusto che c'è nel collezionare in genere con impegno individuale o collettivo, socializzando per lo scambio, ma soprattutto nel vedere l'album che a mano a mano si riempie, sino alla realizzazione completa, impegnandosi quindi in uno sforzo di ricerca, in un'azione creativa.

 

 

Bibliografia: COLLEZIONISMO ITALIANO - Volume II - Compagnia Gen. Italiana - 1979

Per altre notizie sulle figurine Panini vedere l'articolo:

- Mostra di Figurine PANINI - 1961 - 2011 - Una storia italiana

- Marcellino

 

Per altre notizie sul collezionismo cartaceo:

- Parliamo di Calendarietti

- Parliamo di Chiudilettera (o Erinnofili o vignette)

- Parliamo di Etichette:

Etichette Varie - Etichette dei Vini - Etichette da valigia - Etichette Profumate - Etichette dei Fiammiferi - Lamette da barba


- Parliamo di Letterine di Natale

 

- Parliamo di Quaderni

- Parliamo di Segnalibri

 

 

 

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