Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

COLLABORAZIONI

In questo Settore vengono riportate notizie e immagini fornite da altri redattori.
Nello specifico, i testi sono stati realizzati da Gianfranco Brienza, mentre le foto e la grafica sono state curate da Cartantica.
Tutti gli articoli degli altri Settori sono state realizzati da Patrizia di Cartantica che declina ogni responsabilità su quanto fornito dai collaboratori.

"N.B.: L'Autore prescrive che qualora vi fosse un'utilizzazione per lavori a stampa o per lavori/studi diffusi via Internet, da parte di terzi (sia di parte dei testi sia di qualche immagine) essa potrà avvenire solo previa richiesta trasmessa a Cartantica e citando esplicitamente per esteso il lavoro originale (Autore, Titolo, Periodico) ."

 

******

E RITRATTIELLE

 

‘A festa ‘e Piedigrotta
e la sua storia

 

 

In epoca romana, primo secolo a. c., nella zona chiamata ora Mergellina fu eseguito il traforo della collina di Posillipo, chiamando la grotta “Cripta neapolitana”, atta al passaggio dei legionari con i loro carri carichi, diretti o a Pozzuoli o alla base navale militare di Miseno, allora molto importante.
Proprio ai piedi di codesta grotta e nel suo antro, per molti secoli nella notte tra il sette e l’otto settembre, si sono svolti riti pagani, di natura orgiastica, dedicati a Priapo dio della fecondità, usanza perpetuata per molti secoli, sino alla metà del millecinquecento.
Cioè a dire, fino a quando il nuovo vicerè spagnolo Toledo, spinto dal clero che andava sostituendo i riti pagani con quelli di fede cristiana, non costruì su un tempietto del milleduecentosette fatto dai pescatori del borgo marinaro di “pede grotta” (oggi Mergellina) un Santuario. La costruzione diede più forza alla comunità già allora abbastanza numerosa e molto devota a santa Maria dell’Itria, la Madonna che schiaccia il serpente a cui qualche secolo prima avevano eretto un piccolo tempio.
I pescatori, avuto il nuovo Santuario, pur di accontentare il clero non disdegnarono di dedicare la nuova costruzione alla “Natività della Vergine Maria” che ricorreva l’otto settembre, attirando così quelli che praticavano gli ex riti pagani e dando inizio ad un nuovo corso.
Da allora la festa di quel luogo incominciò ad acquistare sempre più risonanza sia dentro che fuori le mura, ancor di più quando Napoli diventò capitale del Regno .
Vuoi anche perché da molti paesi vicini o lontani si preoccupavano di mandare alla “Parata di Piedigrotta” delegazioni di loro concittadini.

Per cui si può affermare tranquillamente che sia stata da sempre una manifestazione di grande fede e di grandi folle, come afferma anche Benedetto Croce parlando del Santuario e della sua tradizione :“ di gente infinita che tragge a salutarlo ”. Una festa che ha resistito al logorio dei secoli e alle tante vicissitudini del luogo, come ci ricordano nei loro scritti antecedenti anche il Boccaccio ed il Petrarca.
Napoli, è da sempre conosciuta come la città dalle numerose feste, forse in contrapposizione ad una esagerata ricchezza di pochi ed alla miseria di molti da cui è stata da sempre caratterizzata, pertanto trovava così i suoi sfoghi.
In quella notte tra il sette e l’otto settembre si allentavano i freni, cioè governanti e clero permettevano alla cittadinanza tutta quelle libertà che non avevano per un anno; per una notte si abbattevano le distanze tra i ricchi, i nobili, i lazzaroni e i bazzerioti, per cui tutti potevano approfittare dell’occasione dandosi alla baldoria con grande gioiosità ed anche con abbondanti libagioni e con buone quantità di vini rinomati della stessa Campania Felix, dimenticando così per una notte i loro problemi; tanto è vero che, già dal milletrecento vi partecipavano anche i regnanti, in pompa magna e con i dignitari che, per l’occasione, confluivano dai loro siti esibendo le loro più belle carrozze, presenziando a parate anche militari, recandosi ad assolvere il loro atto di fede verso “la Madonna di Piedigrotta”. Si può immaginare con quale grande affluenza di napoletani e forestieri sui percorsi precedentemente stabiliti.
Tale usanza raggiunse il culmine negli anni dopo il millesettecentotrentaquattro con Carlo di Borbone e con una città come Napoli che diventava capitale; pertanto da quel periodo si poterono vedere squadroni di soldati durante tutto il percorso ed un numero sempre maggiore di pellegrini venuti da tutto il Regno, facendo sempre più grande una di già grande manifestazione.
Ciò è dimostrato dalle tantissime ed ottime testimonianze, che si conservano ancor oggi nei nostri importantissimi musei, come disegni, piatti e quadri sia di pittori italiani che stranieri i quali descrivono minuziosamente le scene quasi come fotografie di oggi.
Tutti lavori eseguiti con grande professionalità e gran rispetto, atti proprio a tramandare ai posteri quanti più particolari potevano e nel migliore dei modi.
Molti segni o usi di questa antica tradizione il cittadino napoletano di oggi li può ritrovare in molte manifestazioni sacre ma anche profane di molti paesi dell’interland, feste popolari ancora oggi dedicate alle brune Madonne nei maestosi santuari della provincia di Napoli o della Campania e in alcuni siti dell’ex regno delle due Sicilie.
Per questa antica tradizione dai vicoli, dall'interland e dalla regione tutta arrivavano in Napoli grossi carri bene addobbati con rami di alloro, ginestre ed altro, arricchiti anche da nastrini vari e sonagli di diverso tipo e quant'altro poteva servire a rendere il carro più bello degli altri; così pure si ornavano gli animali che li trainavano, mentre sopra i carri, le gioiose paranze (gruppi di persone in numero pari) si accompagnavano con canti e suoni e tradizionali cibi e vini da consumare in loco.
Ancora oggi in quella data molti fedeli vanno al Santuario “ della Natività di Maria ” sia per pregare che per chiedere una qualche grazia, memori delle tante grazie ricevute dai pescatori in mare e dalle famiglie sulla terra ferma, era ed è d’obbligo ancora oggi andare prima al Santuario per omaggiare la “Madre delle madri” simbolo di fecondità e poi in villa o negli spazi antistanti per festeggiarla, in quei luoghi dove non vi erano quei grandi palazzoni e la ferrovia che vi vediamo adesso.
Dal millenovecentosessantadue la festa è andata perdendosi e nel millenovecentosessantanove codesta festività fu ridotta ad una manifestazione circoscritta al solo quartiere senza carri allegorici e con un minimo di luminarie. Mentre negli anni precedenti si erano registrati picchi altissimi di popolarità, derivata dai “Festival della Canzone di Piedigrotta”,iniziati già dalla fine dell’Ottocento e che si erano sempre pregiati della partecipazione dei migliori cantanti del momento, ottenendo così una risonanza quasi mondiale dall’America all’Australia, dato che quei testi varcavano gli oceani ed ancora oggi, in giro per il mondo, si cantano canzonette come “Fenesta vascia” “Michelemmà” e molte altre.


Per quanto mi riguarda provo più piacere a parlarvi della festa atavica che di quella metropolitana e moderna che pur ho vissuto diverse volte sino alla maggiore età. Cioè quella fatta di suoni canti e balli “Alla figliola” il così detto “ballo sul tamburo” (così caro a Roberto De Simone con i suoi lavori di ricerca negli anni settanta sul folk campano) che erano appannaggio dei contadini e del popolino i quali accorrevano con i loro semplici strumenti “caccavelle”, “puti pù”, “scetavajasse”, “triccaballacche” ed altri strumenti di libera interpretazione che potevano costruirsi da sempre con le loro mani, usando materiali poveri di facile reperibilità ( legno di limone, arancio amaro o di olivo e piattelli o cembali di lamierini di vari metalli ). Ogni carro e la sua paranza, una volta arrivati con i loro canti suoni e balli, davano il via alla formazione di cerchi di persone ma sempre con la possibilità di scambiarsi i ruoli di cantanti, ballerinii o musici dentro il cerchio “ ‘o chirchio” dalla grande vitalità; famose erano le tradizionali sfide tra i cantatori con i canti alla figliola, che erano capaci di cantare per ore, citando quanti più strambotti possibili e smettendo solo quando uno dei contendenti era stanco oppure a corto di argomenti.
L’uso di chitarre, violini ed altri strumenti musicali classici promossero le sfide tra poeti, parolieri e cantanti che con le loro canzoni o canzonette fecero nascere i famosi “Festival della Canzone di Piedigrotta”.
Musiche e canti che più volte derivavano da villanelle, arie buffe ed operette, ma anche estrapolati da quei canti che si andavano sostituendo, cioè i popolari folkloristici, comunque canti bellissimi molte volte diventati famosi e cantati per il mondo diventando anche emblemi italiani .
All'estinzione di molte tradizioni napoletane ha contribuito in buona parte l’avvento dell’auto e della costruzione dei tanti palazzi che i ricchi si facevano erigere sul lungomare, facendo perdere molto alla festa di Piedigrotta che aveva alla base una sua peculiarità di baldoria e permissivismo che nel bene e nel male si era perpetuata per centinaia di anni con l’ausilio di spazi molto ampi.
Addirittura nel millenovecentosessantacinque fu abolita la sfilata dei carri allegorici bellissimi (che avevano sostituito i vecchi carri addobbati), quasi come quelli di Viareggio, che hanno colorato quelle manifestazioni per anni facendo acquisire alla città di Napoli anche per questo una fama internazionale.

Tutto ciò fece sì che si circoscrivessero i luoghi della festa ad un pezzo della villa comunale ed ai dintorni del Santuario, decretando così un grosso impoverimento di una tradizione che per secoli è stata la festa di un popolo, anzi di una nazione.
Su vari giornali di tanto in tanto si scrive che si vorrebbe ripristinare codesta storica e bellissima manifestazione, cosa che mi auguro avvenga abbastanza presto almeno per riviverla prima della mia partenza per la sede fissa.
Da sempre il popolino ha amato addobbare i carri o i carretti così come si addobbavano ultimamente le auto o i camion con cui si recavano al pellegrinaggio e con lo stesso criterio si ornavano il capo con cappelli di varia foggia ( ‘a maresciallo, ‘a bersagliere e tanti altri) avendo nelle mani “sciosciammocca” o “lengue di menelicche” “raganelle”, “ castagnette” o “tammorre” e “tamburelli”. Per l’occasione si abbigliavano i bambini con vestiti di carta colorata che scopiazzavano abiti di tutte le epoche.
Negli cinquanta e sessanta, dovete sapere, che noi giovani per divertirci andavamo a Piedigrotta dai nostri quartieri a piedi portando con noi un cilindro di cartone largo ottanta centimetri ed alto un metro e venti “’O cuppolone”, che tenevamo attaccato ad una lunga canna con uno spago e che la “chiorma”,il numero di ragazzi che lo accompagnava anche con grida canti e suoni, faceva silenzio prima di calare il “cuppolone” in testa a qualcuno o addirittura, ci infilavamo dentro quasi interamente quelle persone visibilmente distratte o le fidanzate al braccio del proprio amato, e non erano importanti i loro lamenti.
Portavamo in testa i famosi “cappielle ‘a bersagliere” ed avevamo con noi “trombette” e “scopettini” (una cannuccia con striscioline di carte di tanti colori poste alla punta) che passavamo scherzando sui volti delle ragazzine o chiunque capitasse a tiro, sempre al suono di trombe di latta o di cartone.
Strada facendo incontravamo ragazzi con piccole “palle di segatura” attaccate ad un elastico che andavano a tirare dietro le spalle delle ragazze, quelle più belle o che più piacevano loro, essendo questa festa un momento favorevole al corteggiamento.
Tanto è vero che molti matrimoni venivano concepiti in quella occasione, giacché ci si incontrava con conoscenti, parenti e, volendo, anche con estranei.
Piedigrotta come tutte le feste promuove e promuoveva un gran commercio con i suoi tanti venditori ambulanti e le tante bancarelle di copete varie (cioè schiacciate di mandorle con miele) o torroni dai vari colori e dalle varie foggie, “cicere e semmente” ( ceci e sementi di zucca insaporiti dal sale), castagne secche e tante altre leccornie, da sempre poi si vendevano giocattoli di legno o di latta come oggi quelli di plastica, trottole, raganelle “strummoli” ed altro.
Una volta erano famosi i banchetti degli “ostricari” e dei “cozzicari” con le loro famose zuppe di cozze, dei “vermicellari” che vendevano piatti di vermicelli aglio e olio con pepe o al sugo; si vendeva anche la trippa al sugo detta “’a marescialla” oppure ‘e “fasule aucchietielle”, fagioli lessi conditi con poco sale, pepe o limone insieme a vari tipi di bibite o bevande ed anche l’acqua era particolare, era di “mummara” acqua dal sapore solfureo che veniva presa non molto lontano verso il Chiatamone. Tutte cose che possiamo vedere nelle prime fotografie, questo a testimonianza che non sono temporalmente molto distanti da noi e dai nostri tempi.
Vari tipi di “taralli”, famosi quelli “sugna e pepe” ancora oggi molto apprezzati dai napoletani, i “bomboloni”, caramelle dai vari colori fatte con una pasta filata lavorata ad un gancio alla presenza dei clienti che aspettavano vogliosi e curiosi il prodotto finito, costituito da piccoli tranci messi a raffreddare.
Alla fine, prima di ritornare alle proprie case si acquistava l’appesa cioè “ ‘o mazzo e sovère” “ ‘o mellone” verde e “piennele ‘e pummarulelle” ed altri prodotti come le corone di peperoncini che ancora oggi vediamo appesi fuori a qualche balcone napoletano o nelle case dei contadini in provincia.
Con l’avvento della elettricità si ebbero bellissime luminarie che avevano sempre un tema da sviluppare dalla porta alta più di trenta metri e larga intorno ai venti metri, all’illuminazione del Santuario e delle strade limitrofe per centinaia di metri.
La festa di Piedigrotta ha avuto ospiti famosi pervenuti da mezzo mondo: poeti, scrittori, e pittori i quali hanno portato nei loro paesi moltissime testimonianze, oggi reperti.
Tra i tanti ospiti si ricorda anche la presenza di Giuseppe Garibaldi e delle sue camice rosse che per l’occasione infiammarono di ardore patriottico la manifestazione del milleottocentosessanta.

 

Foto fornite da Cartantica

dello stesso Autore:

 

- La Tombola

 

- Poesie varie


- Permettete? So' o' Vesuvio - Versi scherzosi

Ciao a Tutti | Contattami | Nota Legale | Ringraziamenti |©2000-2020 Cartantica.it