Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

 

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SAN SIRO, PRIMO VESCOVO DI PAVIA (IV SECOLO)

Analizzare e ancorare alla Storia la Figura di San Siro Vescovo di Pavia, significa percorrere un sentiero denso di insidie e molto complesso nel suo insieme, ma, contemporaneamente, è un sentiero che genera una ricerca estremamente affascinante. Tale complessità deriva principalmente dagli accesi confronti fra le innumerevoli tesi proposte nel corso dei secoli da altrettanti fecondi, e a volte fantasiosi, antichi Scrittori di Storia di Pavia.
La prima documentazione che si ricordi è la Cronyca Sancti Syri, una composizione leggendaria, ma non certo priva di interesse e degna di considerazione, risalente agli inizi del sec. IX. Con il moltiplicarsi delle Fonti, nei secoli a seguire, il punto principale di discussione è stato stabilire il secolo preciso in cui San Siro compì il suo cammino terreno: inizialmente, e gli Scrittori Pavesi fino alla fine del XIX secolo seguirono ciecamente l’ipotesi avanzata, si riconobbe il Patrono di Pavia come vissuto nel I secolo; non solo, si presentarono due opzioni: lo si volle designare sia come inviato da San Pietro stesso, sia, nella migliore delle ipotesi, come discepolo di Sant’Ermagora, Protovescovo di Aquileia, a sua volta discepolo di San Marco Evangelista.

 

Chi sostenne la tesi: San Siro inviato a Pavia da San Pietro

Bisogna sottolineare che ancora sul finire del XIX secolo, alcune fonti si appoggiano su cenni storici i quali attestano che nessuno, fuorché coloro consacrati Vescovi da San Pietro o da chi gli successe, fondò Chiese in Italia. Altro punto d’appoggio di questi studiosi fu il portare come uno dei documenti provanti la loro tesi, una sentenza del Baronio a commento di un dettato di Innocenzo I che indicava gli inviati da Pietro in tempi diversi nelle diverse Chiese: tra questi figurava Ermagora dopo Marco ad Aquileia e, naturalmente Siro a Pavia (Ann. a. 46; Cfr. Appendice al Sesto Sinodo Diocesano celebrato nella Chiesa del Carmine in Pavia nei giorni 2,3 e 4 luglio 1894 da Sua Eccellenza Monsignor Agostino Gaetano Riboldi, Pavia: Tip. Artigianelli, 1894, p. 847).

 

Chi sostenne la tesi: San Siro discepolo di Sant’Ermagora

E’ evidente che essa si può solo accettare se si considera Sant’Ermagora vissuto nella metà del III secolo come primo Pastore a capo della lista episcopale di Aquileia, com’è attestato da Studi recenti, e non come il Sant’Ermagora raccontato dalla leggenda marciana del VI secolo “quando, durante lo scisma dei Tre Capitoli, Aquileia si inventò un’origine apostolica” (Alfredo Cattabiani, Santi d’Italia, Milano: Bur, Vol. I, p. 347).
Dalla rielaborazione della leggenda si arrivò ad una Passio dell’ VIII secolo “pervenuta in due redazioni concordi fra loro nella sostanza, diverse soltanto nella forma: la prima riportata negli Acta Sanctorum, è verosimilmente la più antica mentre la seconda, contenuta in un codice del XII secolo e stampata in Analecta Bollandiana II, 1883, ne è una rielaborazione più elegante” (idem, pp. 347-48).

Vi fu anche chi, come lo Storico Pavese Stefano Breventano, scrisse a proposito delle origini di San Siro: “Questo è ben chiaro, ch’egli fù al tempo de gli Apostoli nella primitiva Chiesa, fu adunque questo S. Padre uno di quelli (…) che riuscì dal chiarissimo fonte della divina Maestà, cio è da Christo in Pietro, da Pietro in Marco, & da Marco in Hermagora…” (Stefano Breventano, Istoria della antica nobilta, et delle cose notabili della citta di Pavia, raccolta da M. Stefano Breventano cittadino pavese con licentia delli Signori Superiori, in Pavia Appresso Hieronimo Bartholi, nelle Case di S. Pietro in Ciel’Aureo. 1570, Pavia: Liutprand reprint, 1996, p. 35).

Tutta questa architettura ha uno scopo, e da qui s’intende il motivo dell’adesione così “spontanea” degli antichi Storici locali votati a questa soluzione: se San Siro, essendo egli Protovescovo, visse nel sec. I, la Sede Vescovile di Pavia vanterebbe origini apostoliche. Da ciò si svilupparono le compilazioni di Cataloghi di Vescovi che si avvicendarono alla sede cittadina, le quali avevano discutibilissima sincerità storica: grazie all’invenzione di nominativi e alla duplicazione dei Pastori che realmente furono titolari della Diocesi, posti fra i primi certamente vissuti, era chiaro il fine di allungare la lista episcopale per portare indietro nel tempo la missione di San Siro, a cui vennero poi attribuiti 56 anni di Episcopato e 112 anni di età al momento della sua morte.
La tradizione arrivò anche a identificare San Siro come quel ragazzetto, citato da San Giovanni Evangelista, che porse a Nostro Signore Gesù Cristo i pani e i pesci per il miracolo della moltiplicazione, tradizione che rimane tale in assenza di documenti certi che l’attestano e davanti all’evidenza leggendaria.

Un protagonista che si distinse nella Storia di Pavia sul finire del sec. XIX fu il Sacerdote Cesare Prelini che scoprì “casualmente” nella Chiesa dei SS. Gervasio e Protasio a Pavia (dove è storicamente accertato che per secoli rimasero le spoglie mortali di San Siro, prima di essere traslate in Duomo) una pietra posta all’altezza del pavimento con incise le lettere SVRVS EPC (Siro Vescovo). Quella pietra, insieme con un’altra a questa complementare trovata sempre nella Chiesa menzionata, che la tradizione dice fondata dal Santo stesso, andarono a formare un’avello sepolcrale, subito identificato come prima sepoltura del Santo.

Giovanni Battista De' Rossi

Il Prelini consultò così il Principe degli archeologi cristiani: Giovanni Battista De’ Rossi, che assegnò all’inizio del II secolo la scritta SVRVS e non la scritta EPC, considerata di mano più tarda (Cfr. anche in: Bollettino di Archeologia Cristiana, Serie III, Anno I, N. 111, 1876). Confortato da ciò il Prelini compose tra il 1880 e il 1890 i due Volumi di: San Siro Primo Vescovo e Patrono della Città e Diocesi di Pavia – studio storico critico e riservò al De’ Rossi e alla sua dissertazione un notevole spazio. Negli anni a seguire però, altri studiosi accertarono, su basi ben più solidie, che San Siro non era vissuto nel I secolo, bensì nella prima metà del IV secolo e il De’ Rossi ritrattò la sua sentenza. Mons. Vittorio Lanzani, tra i più credibili e preparati Storici, vede ad esempio l’avello sepolcrale di San Siro “come un sarcofago di reposizione successiva, quando ancora Siro non era venerato come santo. Il sarcofago vescovile pavese si impone comunque come una prova archeologica di alta antichità che tramanda il nome di SVRVS EPC e garantisce la continuità della sua memoria e della custodia delle sue reliquie” (Storia Religiosa della Lombardia – Diocesi di Pavia, p. 20).

Anche altri Storici autorevoli concordano con l’ipotesi che inquadra San Siro Vescovo di Pavia nel IV secolo, tra questi Mons. Faustino Gianani: “…studi più recenti sono venuti ad assodare che l’episcopato di San Siro risale non già all’evo apostolico o quasi bensì alla prima metà del secolo quarto, da quando cioè Costantino e Licinio concessero pace alla Chiesa, finite ormai le persecuzioni di Massimiano in Occidente e di Diocleziano in Oriente, e forse, secondo il Savio [profondissimo cultore di queste memorie], la data d’inizio oscillerebbe tra il 343 e il 345” (Faustino Gianani, Città di Pavia, la Basilica dei Santi Gervasio e Protasio nella Storia e nell’Arte, Pavia: Giovanni Bianchi, 1978, pp. 16-17).
Il Pavese Virginio Inzaghi, autore anche di bellissime pagine di poesie in dialetto pavese e storico appassionato legato alla sua terra, propone uno Studio, in appendice al testo Svrvs Episcopvs, un capitolo intitolato Memorie di San Siro, in cui cita ben 87 luoghi geografici disseminati in tutto il Nord Italia in cui si hanno appunto memorie del Santo. Tra questi, se ben sia difficile selezionare, con il fine di non dilungare lo scritto, si riportano alcuni di questi luoghi fra i più celebri nella nostra epoca: Feltre, Brescia, Lodi, Milano, Cremona, Novara, Valenza, Voghera, Alessandria, Piacenza, Parma, Bologna.

A dar manforte alle sopraccitate fonti, si aggiungono quelle iconografiche, molto spesso poste in secondo piano, ma in questo caso assai efficaci, al fine di legittimare San Siro saldamente ancorato alla Storia e l’ampio raggio di territori nei quali ha seminato la Parola.
Esse si figurano coprendo ampie zone, da ovest a est del nord Italia: dall’affresco della Chiesa di Cortazzone (Asti) dell’XI secolo, alla Pala del Bergognone della Certosa di Pavia (1491) che lo rappresenta fra i santi Teodoro, Invenzio, Lorenzo e Stefano, al coevo bassorilievo sito in Aquileia (Udine) nella Cattedrale.
Angelo Maria Raggi (Bibliotheca Sanctorum, Vol. XI, coll.1242-43) parla della più antica e nota figurazione di S.Siro, quale il bassorilievo collocato nella Chiesa dei S.S. Gervasio e Protasio a Pavia sul pilastro antistante la cappella a lui dedicata: “In esso il Santo è figurato in abiti pontificali, con un pastorale ed un libro in mano, in una tipologia convenzionale ripresa anche in altre opere posteriori”. Mons.
Faustino Gianani aggiunge: “Il bassorilievo era policromo, come se ne rilevano le tracce… Il Santo è rappresentato in abiti pontificali, anche col bastone pastorale, ma senza mitra. La sua casula (la pianeta) era dipinta di rosso, la dalmatia in verde, l’omophorion o pallio in giallo, il viso e le mani leggermente rosate”(Faustino Gianani, Città di Pavia, la Basilica dei Santi Gervasio e Protasio nella Storia e nell’Arte, Pavia: Giovanni Bianchi, 1978, p.24). C. Prelini completa: “E’ desso in pietra d’Arona, alto Met. 1,20, largo Met. 0,50, lavorato piuttosto rozzamente, meno il viso che sembra preso dal vero” (Cfr. idem, pp.24-25).
Ora l’importante scritto di Angelo Maria Raggi che restituisce definitivamente alla Leggenda l’identificazione del Santo con il ragazzetto di cui parla il Vangelo Secondo Giovanni. Trattando di Iconografia di San Siro, scrive: “Sino a tutto il sec. XVI, come si nota, non esiste alcun riferimento alla pretesa identificazione di S. nel giovinetto galileo che porse a Gesù i pani ed i pesci per il miracolo della moltiplicazione… Questi compaiono solo dopo il 1600 (e spesso vennero arbitrariamente aggiunti anche a dipinti anteriori)”(Bibliotheca Sanctorum, Vol XI, coll. 1242-43). A conferma della tesi sostenuta è l’affresco del 1736 del pittore Francesco Beccaccino La moltiplicazione dei pani e dei pesci, che si può ammirare nella chiesa di S. Siro a Soresina (Cremona), in cui compare un San Siro giovinetto intento a porgere pani e pesci a N.S.G.C. e, per controprova, l’affresco del 1488 del pittore Giovanni Bernardino nella chiesa dei Santi Primo e Feliciano a Leggiuno (Varese) che rappresenta solo la figura di San Siro in abiti pontificali.
Il tentativo poi di fare apparire apostolica la fondazione della Chiesa di Pavia è evidente non a caso nei rilievi della base dell’altare marmoreo del Duomo di Pavia (di Tommaso Orsolini c. 1650) dove, alla scena della moltiplicazione dei pani e dei pesci, si aggiunge quella in cui S. Siro viene consacrato Vescovo per mano di S. Pietro e non per mano di S. Ermagora (consideriamolo vissuto intorno alla metà del III secolo).

Si porta qui di seguito l’attenzione su tre “casi” (Genova, Brescia e Padova) nei quali il Santo Patrono di Pavia è in qualche modo protagonista: casi che hanno fatto, e tutt’oggi possono, sollevare confronti fra studiosi:

 

Il caso di Genova

Si parla di S. Siro Vescovo di Pavia anche come evangelizzatore di alcuni territori limitrofi a Genova. Bisogna però sottolineare che Genova ebbe un “Syrus ep. Ianuensis” (S. Siro Vescovo di Genova) vissuto per alcune fonti nel IV, per altri nel VI secolo. Nato a Struppa, “fu l’evangelizzatore del Ponente Ligure insieme con il Beato Ormisda” (Alfredo Cattabiani, Santi d’Italia, Vol. II, p. 1052). Morì il 29 giugno (non si conosce l’anno); dapprima trovò sepoltura nella Basilica dei Dodici Apostoli (che divenne Basilica di San Siro), poi fu traslato nella Cattedrale di San Lorenzo. A Genova viene festeggiato il 7 luglio, data della sua traslazione (c.1019) ad opera del vescovo Landolfo. Il culto per questo Santo è diffuso in gran parte della Liguria: da Genova a Nervi a Sanremo, con chiese a lui dedicate. Alcune sue reliquie si trovano anche nella chiesa di S.S. Siro e Libera a Desio (Milano) portatevi dall’Arcivescovo di Milano Giovanni Bono e nella Diocesi di Mondovì. Anche il Prelini lo ricorda (appellandolo come San Siro Emiliano) e lo colloca al principio del secolo VI. Citando gli “Atti della Società Ligure”, secondo il nostro studioso essi “rendono evidente che prima del San Siro Emiliano era venerato in Genova il nostro Santo Patrono” (Cesare Prelini, San Siro Primo Vescovo e Patrono della Città e Diocesi di Pavia – Studio storico-critico, p.287-88), anche se, personalmente, su tale ardita affermazione riservo i miei dubbi.


 

Il caso di Brescia

In località Cemmo (Brescia) esiste la Pieve di San Siro. Molte fonti attestano che questa fu la prima chiesa della Val Camonica, la tradizione dice che la chiesa originaria fu fondata dal nostro Patrono, e che qui vi sono conservate le sue reliquie, donate dalla Regina Teodolinda nel 594. L’ Enciclopedia Bresciana (Vol. II, p. 168) parla invece della Pieve di San Siro di Cemmo come “uno dei primi centri raggiunti dal cristianesimo anche se non è provata, come vuole la leggenda, la presenza di S. Siro, vescovo di Pavia”.

 

Il caso di Padova

Recentemente è tornata alla ribalta, grazie ad un articolo riportato dalla stampa pavese la seguente tesi: “Maria Pia Billanovich, epigrafista dell’Università di Padova, non ha dubbi. «San Siro è pura leggenda – scrive – In realtà era un vescovo itinerante, con un altro nome. L’epigrafe SURUS EPC sul sepolcro a San Gervasio è un falso costruito nel 19° secolo». Questa tesi, esposta anni fa e tornata d’attualità, a tre giorni dalla festa del santo patrono fa discutere…” (Sisto Capra, Gabba: c’è un giallo su S. Siro, «Rimangono dubbi sull’epigrafe in San Gervasio», "La Provincia Pavese", 5 dicembre 2004).
Su ciò mi permetto di riportare frammenti di Fonti che si trovano discordanti con tali affermazioni (escludo dalla dissertazione la discussione sulla scritta SVRVS EPC, di cui si è già trattato):
Mons. Francesco Lanzoni menziona l’esistenza di un “Syrus” vescovo di Padova (Le Diocesi Italiane, Vol. II k-z, p. 916). Il Prof. Ireneo Daniele (Bibliotheca Sanctorum, Vol. XI, coll. 1239-40) invece traccia una valida griglia di documenti bibliografici che attestano effettivamente l’esistenza di un S. Siro vescovo di Padova. Cita il Catalogo dei Vescovi Padovani del 1267 e una Ducale Veneta ricopiata nel 1487 nel Tomus Niger della Capitolare di Padova che collocano rispettivamente all’ 8° e al 9° posto, nella cronologia dei vescovi della città veneta questo “Syrus”. Il discorso si fa interessante quando si arriva a parlare di un paese chiamato San Siro: “un paese di tal nome in diocesi di Padova è ripetutamente menzionato l’a. 1265 negli <<Statuti del Comune di Padova>>. La sua parrocchia era dedicata al santo (Rationes decimarum Italiane per i secoli XII e XIV: Venetia-Histria-Dalmatia, a cura di P. Sella e G. Vale, Città del Vaticano 1941), il quale, secondo A. Monterosso, vi era sepolto; ma di tal sepoltura non c’è traccia nel documento”. Anche il Prof. A. Barzon, storico della chiesa padovana, opta per l’esistenza di un santo, di una chiesa e di un paese dedicati a S. Siro.
Particolare non trascurabile, la fondazione della Chiesa padovana si deve a S. Prosdocimo in un’epoca non anteriore alla seconda metà del III secolo. A questo punto il tutto culmina ancora con lo scritto del Prof. Ireneo Daniele: “A nostro giudizio con molta probabilità il titolare della chiesa e del paese di S. Siro nel territorio padovano è il protovescovo di Pavia (Lanzoni, II, pp. 982-86), il quale, secondo la leggenda dell’ VIII secolo (BHL, II, p. 1154, n. 7976) era stato compagno di Ermagora di Aquileia. Di fatto, anche se il Ferrari e l’ <<Hagiolorum Italicum>> ne mettono la festa il 31 ag., nel paese di S. Siro è festeggiato il 9 dic. proprio come l’omonimo pavese” (Bibliotheca Sanctorum, Vol. XI, coll. 1239-40).
Da altre fonti, tra cui Città e paesi d’Italia (Vol. II, De Agostini, Novara, 1967), risulta che i paesi di Bagnoli di Sopra, Bagnoli di Sotto e S. Siro, hanno assunto la denominazione di Bagnoli di Sopra nel 1867 e che esiste una chiesa dedicata a S. Siro, la cui primordiale struttura fu forse edificata prima del 1221.
Cesare Prelini attesta che il M. Rev. Sig. Giampaolo Berti Maestro di Camera del Vescovo di Padova l’abbia informato di un Siro “non pavese, ma padovano” collocato al 9° posto nella lista dei vescovi della città, “ed essersi per le persecuzioni rifugiato nel paesello ora denominato San Siro nel distretto di Conselve ed ivi sepolto… e che a 15 miglia da Padova evvi la summentovata chiesa di San Siro, ove dicesi sepolto, e del resto ignorarsi ove sia il suo corpo”. Proseguendo aggiunge: “Questi dati potrebbero sotto un certo riguardo appoggiare la congettura che probabilmente il S. Siro padovano sia l’identica persona del nostro Siro”. Poche righe più sotto va a chiudere la questione: “Se l’opinione nostra avesse a mutarsi in tesi, non potrebbe gravar troppo ai buoni padovani d’aver avuto un ministro della fede nel nostro Santo Patrono…”(Cesare Prelini, San Siro Primo Vescovo e Patrono della Città e Diocesi di Pavia – Studio storico-critico, p. 284-86).
Pur se il Prelini assunse nelle sue Opere toni, a mio personalissimo giudizio, troppo “di parte”, in questo caso non posso far altro che condividere appieno la sua opinione.

Conclusioni

San Siro è da considerarsi un personaggio realmente esistito, Vescovo di Pavia per un numero imprecisato di anni verso la metà del secolo IV. Può considerarsi una Figura di spicco in quanto è da ritenersi Evangelizzatore di molte località del Nord Italia. Fu sepolto nella Chiesa dedicata ai SS. Gervasio e Protasio a Pavia fino agli anni compresi fra l’830 e l’841 quando fu traslato nel Duomo di Pavia per opera del Vescovo Adeodato. La città ricorda solennemente il suo Santo Patrono il 9 Dicembre con numerose commemorazioni. Da qualche anno, a causa delle opere di restauro della Cattedrale, San Siro è venerato presso la Chiesa di S. Maria del Carmine.

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