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Patrizia Fontana Roca

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ERINNOFILIA: MALATTIA, MITOLOGIA, OPPURE...?

DI GIANNI RICCI

(già Dirigente del Gruppo FS e Volontario per il patrimonio culturale del Touring Club Italiano)

 

 

Quando il mio amico Paolo mi ha parlato di “erinnofilia”, di “erinnofili”, sono stato colto da un dubbio improvviso.

Mi sono chiesto “sarà una nuova malattia? magari comparsa, oggi, come conseguenza del famigerato Covid-19?” oppure “sarà un termine riferito a qualcuno che si è innamorato follemente delle “Erinni” che, nella mitologia greca, erano quelle divinità infernali che si occupavano di punire i malvagi?”.

 

Per nostra fortuna, niente di tutto questo! Si tratta di un mondo, a me finora sconosciuto, di collezionismo e collezionisti, di appassionati di arte grafica, di storia, di geografia, di turismo, di pubblicità e di prodotti; insomma di “cultura a tutto campo”, che anche noi non possiamo non conoscere. In dettaglio, per “erinnofilia” s’intende quel particolare collezionismo che si propone di trovare, raccogliere e ordinare i “bolli chiudilettera”, simili ai francobolli ma non idonei a spedire una lettera per posta.
Si tratta di vignette, di etichette di carta, che spesso sono senza indicazione di un valore facciale (riservato invece ai francobolli, che sono valori dello Stato) e che (in Italia) non riportano la scritta di “Regie Poste” o “Poste Italiane” o simili. Esse venivano applicate (e possono ancora essere applicate) sul lembo di chiusura di una lettera per sigillarla, sostituendo - a partire dal lontano 1850 - quei bolli di ceralacca che avevano avuto fino ad allora lo stesso scopo di garantire l’integrità e l’inviolabilità della corrispondenza spedita.

 




 

Vi ricordo che, all’inizio, quando le lettere erano costituite da un unico foglio di carta che doveva essere ripiegato su se stesso, si presentò il problema di chiuderle, poiché le buste - come oggi le conosciamo - ancora non esistevano. Si utilizzò quindi un po’ di ceralacca colorata con sopra impresso una matrice con un sigillo, sostituito poi da un dischetto di carta rossa e gommata su cui era stampato il nome del mittente, di una ditta, di un professionista, ecc..

 

Questi dischetti cartacei vennero adoperati anche dopo l’introduzione dell’uso delle buste. Dalla metà dell’'800 in poi i bolli “chiudilettera” cartacei sostituirono i sigilli in ceralacca, fino a divenire in tempi più vicini a noi “erinnofili” e “foglietti erinnofili”.
Quindi, sostituto della ceralacca, parente stretto del francobollo, l’erinnofilo dapprima fu una etichetta che inizialmente simulava un timbro sigillo a ceralacca, riprendendone addirittura la forma tonda; poi per praticità di fabbricazione divenne rettangolare, sempre di più somigliante al francobollo anche perché fu spesso dentellato e perfino gommato. Con la progressiva fioritura delle tecniche grafiche ebbe una stampa sempre più raffinata, policroma e accattivante, motivo principe della sua diffusione.

 

E’ un oggetto che per quasi 100 anni è stato un importante veicolo di divulgazione della storia, cultura, arte e tradizioni in tutti i Paesi del Mondo, Italia compresa, Touring Club Italiano compreso. Dalla funzione di chiudilettera incollati nella parte posteriore di una busta di corrispondenza, essi sono passati nella parte anteriore della busta stessa, o apposti sul fronte della cartolina postale o di quella illustrata, affiancando i francobolli veri e propri, quelli buoni e validi per poter spedire via posta la corrispondenza.

 

Sciogliamo il mistero: il termine "erinnofilia" deriva dal tedesco “erinnern” che significa "ricordare" e dal greco “philia” che sta per “amore, simpatia”. La vocazione principale dei "bolli chiudilettera" è stata ed è quella di ricordare: commemorare un evento passato, annunciare un evento futuro o anche propagandare un avvenimento, un prodotto, un luogo. Essi dovevano (e devono, … sì perché ancora oggi si stampano) avere la capacità di catturare subito l'attenzione del destinatario della lettera, che spesso dà un'occhiata fuggevole e distratta alla posta. “Erinnofilo”, dal tedesco “ricordo” e dal greco philo (“amante”), è quindi il collezionista, l’appassionato di bolli, comunemente detti “chiudilettera” dalla loro primaria funzione, ma è anche il nome che si dà al singolo prodotto grafico

 

Nel mondo anglosassone essi vengono chiamati "poster stamps" (letteralmente "francobolli manifesto") e sono, in effetti, dei piccoli “manifesti” di carta. E dagli inizi del ‘900 hanno sviluppato livelli di raffinatezza, di grafia, hanno coinvolto importanti artisti, ed anticipato molti dei concetti moderni della pubblicità. Secondo le diverse finalità per cui sono stati (o vengono) stampati, i "bolli chiudilettera" possono essere divisi in alcune categorie:

 

bolli commemorativi, realizzati con lo scopo di pubblicizzare o ricordare un avvenimento o un personaggio storico;

 

bolli di propaganda, prodotti con lo scopo di influenzare il pubblico orientandolo verso determinati comportamenti collettivi (propaganda di regime, militare, politica, ma anche religiosa);

 

bolli reggimentali o militari, creati quasi tutti in occasione della prima guerra mondiale a ricordo di Armi, Corpi, Reparti militari;

 

bolli di assistenza e beneficenza, emessi a pagamento in favore di enti, comitati, benefici o assistenziali, quali la Croce Rossa, le campagne anti-TBC, la Dante Alighieri pro-emigranti italiani all’estero, ecc.;

 

bolli pubblicitari e turistici.

 





 

Nell’importante Catalogo degli Erinnofili Italiani dal 1860 al 1945 si possono apprezzare i tanti motivi d’interesse di questo particolare tipo di collezionismo poco conosciuto: nato per semplificare il processo di sigillatura delle lettere, l’erinnofilo è diventato nel tempo strumento di commemorazione, propaganda e pubblicità. Spesso www.af-cafi.it anche le aziende lo utilizzarono a scopo promozionale e pubblicitario. L’uso dei chiudilettera non venne quindi ristretto alla sola corrispondenza, ma si allargò alla pubblicità e alla raccolta di denaro per comitati benefici, per la Croce Rossa o per campagne sanitarie nazionali come quella contro la Tubercolosi (tutti noi di una certa età ci ricordiamo i carnet, i libretti anti-TBC che si potevano acquistare nelle scuole). Acquistarli e farne uso equivaleva a mostrarsi persona solidale e generosa

 

Gli erinnofili venivano stampati a foglietti da 6, 8, 10, 12 pezzi ciascuno, ecc. fino a fogli interi contenenti 40 pezzi per volta; più recentemente, in tempi di collezionismo spinto sulla materia, ogni singolo pezzo grafico, ogni erinnofilo, è stampato, è inserito in un singolo “foglietto erinnofilo” di carta che riporta il numero progressivo di numerazione del foglietto stesso rispetto alla tiratura totale. Quindi, rispetto al francobollo, il chiudilettera vanta questo elemento rilevante: la numerazione impressa sul foglietto che lo contiene e ne dichiara la tiratura.

 

Dagli inizi fino alla metà del Novecento vi fu una grande diffusione e uso di etichette chiudilettera in occasione di esposizioni, fiere, commemorazioni civili e patriottiche, in occasione di manifestazioni sportive e religiose. In Italia, negli anni ‘10 – ‘40 del ‘900, molti famosi artisti, illustratori o pubblicitari, come Marcello Dudovich, Plinio Codognato, Publio Morbiducci, si cimentarono nel creare gli erinnofili per celebrare avvenimenti o pubblicizzare prodotti. I foglietti erano molto richiesti perché si prestavano alla personalizzazione e alla decorazione di buste e cartoline in un periodo in cui, ricordiamo, la posta era il principale mezzo di comunicazione; si venne a sviluppare così il collezionismo degli erinnofili, parallelo e paragonabile a quello dei francobolli.




Risultano però esempi di chiudilettere anche in tempi più vicini a noi, come ad es. quelli emessi per fiere filateliche (es. Riccione, 1983), per particolari viaggi papali (quello del Papa Giovanni Paolo II in Polonia, 1979), per le “Forze Italiane di pace in Libano” (operazioni di mantenimento della pace, 1982 e 1984), o per raduni nazionali di specialità d’Arma (vedi i Bersaglieri, nel 2018).




 

Nella parte seguente, faremo alcuni approfondimenti sui produttori odierni di erinnofili ed anche sugli erinnofili commemorativi o celebrativi del Touring Club Italiano.

 

Si producono erinnofili in Italia anche ai giorni nostri? Ebbene si! specie da alcuni produttori, stampatori di grande livello grafico e culturale.

 

L’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato (IPZS) ha emesso “foglietti chiudilettera” “auto-pubblicitari” sin dai primi anni ’70, allo scopo di rappresentare al pubblico alcuni campioni dimostrativi della propria produzione tecnico/artistica: ciò è accaduto e accade in occasione della partecipazione dell’Istituto a manifestazioni di settore in Italia e all’estero. Per molti anni, i foglietti sono stati distribuiti in omaggio, soprattutto in occasione di convegni filatelici, favorendo in tal modo lo sviluppo di un collezionismo specifico dei chiudilettera IPZS all’interno del più vasto contesto dell’Erinnofilia.

 

Fanno parte di questa categoria collezionistica anche i foglietti commissionati all’Istituto da privati cittadini, istituzioni, associazioni, …. recanti il marchio IPZS. Ricordiamo quelli emessi tra il 1985 ed oggi in occasione di giornate commemorative, fiere commerciali, mostre filateliche, o per località turistiche e d’arte, eventi sportivi, ecc.. Normalmente la tiratura dei foglietti chiudilettera si attesta sulle 1.000/2.000 copie numerate.




Ma anche Poste Italiane segue il filone dei chiudilettera. Ad esempio, nel 2015 ha realizzato, in collaborazione proprio con I.P.Z.S., il foglietto erinnofilo “Iubilaeum Extraordinarium Misericordiae”.

L’illustrazione riporta e reinterpreta l’immagine rappresentata sul finestrone di fondo in alabastro, posta nell’alto dell’abside della Basilica di San Pietro. In questo caso la tiratura è stata limitata e numerata a solo 5.000 esemplari. Ancor più recentemente, nel 2018, in attesa dei festeggiamenti per il 300° anno di vita e di storia, Poste Italiane ha realizzato un foglietto erinnofilo sullo storico Caffè Florian di Piazza San Marco a Venezia. Il soggetto dell’erinnofilo, su carta patinata e gommata, riprende un particolare decorativo di una delle sale dello storico Caffè veneziano, aperto nel 1720: si tratta della sala cosiddetta “Cinese”, le cui pareti vennero dipinte a metà Ottocento ad opera di Antonio Pascuti, in stile pompadour, con soggetti di gusto orientale. Quindi anche oggi gli erinnofili, o vignette, sono da ritenersi di grande importanza sia da un punto di vista puramente grafico che da un punto di vista divulgativo, culturale e storicoartistico.
Nel caso del Caffè Florian la tiratura e numerazione dei foglietti è stata di 6.000 esemplari.

 





Il mio amico Paolo, sapendo del mio servizio di volontariato culturale nel TCI, mi ha illustrato, tra i tanti erinnofili della sua collezione, quelli a contenuto turistico-culturale, pieni di immagini, panorami, visioni di bellezze naturalistiche, monumenti, aree archeologiche, opere d’arte, o inviti a visitare province, città e cittadine del Belpaese.

 




 

Tra di essi solo alcuni (pochi), editi soprattutto nei primi decenni del ‘900, riguardano le associazioni turistiche e il Touring Club Italiano. Alcuni ci ricordano associazioni turistiche allora già presenti in Italia, come il “Club Touristi Triestini” (il club, fondato nel 1884, soppresso nel 1922, è rinato nel 2019), l’ ”Associazione Nazionale per i Paesaggi e Monumenti pittoreschi” (di inizi ‘900, poi scomparsa) o l’ “Opera Nazionale Dopolavoro” che, nel periodo fascista, perseguiva finalità anche di cultura e turismo sociale.

 





 

Da ultimo, un cenno agli erinnofili stampati per il Touring Club Italiano, agli inizi del ‘900 ma alcuni prodotti e incollati addirittura su una lettera del 1948 del TCI (erano forse collegati ad una raccolta punti per un concorso a premi ?).

Chissà se nel corposo Archivio del TCI – che documenta la memoria collettiva del Paese e della nostra Associazione tra la fine ‘800 e buona parte del ‘900 - non sia possibile ritrovare qualche altro esempio di questo minuscolo, sottile e leggero “bene culturale”!

 




 

 

In particolare, queste ultime vignette ci ricordano lo slogan di quella iniziativa del ’48 “Conoscete l’Italia”, quasi un imperativo, valido ancora oggi, anche se viviamo nell’epoca della posta elettronica, di Instagram, delle visite virtuali nei luoghi d’arte, ancor più nell’attuale periodo di limitazioni al turismo poste dal Covid-19. Conoscere l’Italia vale non solo come attivazione di business ma soprattutto come strumento di integrazione sociale e culturale del Paese. Conoscere è la base iniziale indispensabile per poi “Prendersi cura dell’Italia, bene comune”, ispirazione principe del Touring, ieri come oggi.

 

E questi pezzettini di carta, queste vignette, queste illustrazioni spesso scolorite dal tempo, raccontano ancora oggi il nostro territorio, il nostro patrimonio culturale e ambientale, il popolo italiano e la sua storia. Sì, raccontano ed emanano ancora tanto fascino e magia!

 

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P.S. Un particolare ringraziamento all’amico Paolo Roca, già collega ferroviere nel settore Merci, che mi ha messo a disposizione le sue vaste conoscenze in materia e, per la consultazione, la parte degli erinnofili pubblicitari e turistici della sua collezione, alcuni dei quali sono sopra riprodotti nell’ultima parte di questo scritto.

 

 

Rivista "L'Amministrazione Ferroviaria n.8-10/2020⁩

https://www.af-cafi.it/af-8-10-2020

 

 

 

 

 

 

 

 

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