Rubriche di
Patrizia Fontana Roca

CHE COSA E’ L’A.I.C.I.S.?

L’AICIS è l’Associazione, apolitica e senza fini di lucro, che raccoglie appassionati cultori, studiosi, collezionisti e quanti si interessano di immaginette sotto ogni profilo: storico, folkloristico, culturale, artistico, religioso

PERCHE’ ISCRIVERSI ALL’AICIS?

Perché l’unione fa la forza. Per essere informati, attraverso la Notiziario bimestrale, di quanto interessa il settore e poter effettuare lo scambio del materiale fra i soci. Per partecipare alle mostre o anche conoscere ove si svolgono mostre di immaginette. Per partecipare a conferenze. Per avere notizie su pubblicazioni specialistiche, per avere le nuove immaginette, per conoscere i nuovi Venerabili, Beati e Santi, per avere altri ragguagli su santi e santuari.

COME ISCRIVERSI ALL’A.I.C.I.S.

Telefonando alla Segreteria (tel.06-7049.1619) e richiedendo l'apposito modulo da compilare. L’importo da versare sul conto corrente postale nr. 39389069 dell'’A.I.C.I.S è di euro 3,00 per la sola iscrizione all’Associazione, mentre la quota annuale 2008 è di euro 30,00 per le persone fisiche e di euro 37,00 per le Associazioni e gli Enti.

L’anno sociale decorre dal 1° gennaio al 31 dicembre

DIRITTI DEI SOCI:

- ricevere le Circolari Informative, con immaginette omaggio;

- partecipare alle mostre ed alle iniziative sociali;

- partecipare alle riunioni di scambio fra soci;

- effettuare scambi fra soci per corrispondenza;

- fare inserzioni gratuite di offerta o di richiesta di immaginette nelle Circolari Informative.

Gli incontri si tengono nella Sede dell'Ass.ne, in P.za Campitelli 9, in una sala interna al cortile adiacente la Chiesa di S.ta Maria in Portico, ogni primo martedì del mese, eccetto agosto, e salvo variazioni che di volta in volta verranno rese note.

Informazioni: Contattare Renzo Manfè - Vice Presidente
Tel 388-6938.777.
e-mail: aicis_rm@yahoo.it

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SANTINI E SANTITA'

NOTIZIARIO A.I.C.I.S. N. 5 - 2010 - NOVEMBRE - DICEMBRE

 

"E quando fu giunta la pienezza dei tempi,
Dio inviò suo figlio" (Gal. 4, 4).

Nascita di Gesù a Betlemme. Santino di inizio 1900 con le due antine apribili -
Siderografia con bordo in oro. Collezione privata di ORIETTA PALMUCCI

 

Buon Natale di Gesù!
Un anno fa Benedetto XVI ha ricordato al mondo intero che Natale “non è una favola per bambini, ma la risposta di Dio al Dramma dell’umanità in cerca di pace”.
Il Consiglio Direttivo augura a tutti gli associati e loro familiari, agli amici ed ai simpatizzanti dell’AICIS un sereno Natale e un felice anno nuovo!

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Iconografia. Figure e segni di protezione celeste,  
IL RITORNO DELLA VIRTU’
di Elisabetta Gulli Grigioni


L’esordio  di questa rubrichetta, nel gennaio del 2007, avvenne all’insegna delle tre Virtù teologali raffigurabili sia in forma simbolica che come personificazione femminile. Osservavo allora che  delle tre colonne portanti della teologia e della spiritualità cristiane, ispiratrici di sterminata quanto affascinante iconografia, ci sarebbe oggi molto bisogno e l’affermazione di questi tempi appare ancora più attuale se consideriamo alcune tristi realtà visibili ai nostri occhi. Se oggi non ci si occupa troppo di virtù cristiane si diffondono in compenso, nel quotidiano linguaggio, due aggettivi  che nel nome di virtù hanno comune radice: virtuale e virtuoso. Quanto al primo non credo necessario spiegarlo tanto è stato popolarizzato negli svolazzamenti della cultura informatica. Quanto al secondo, se ne osserva  un frequente uso laico, specialmente nei titoli della stampa quotidiana, praticabile in un vasto raggio semantico: risparmio virtuoso, leggiamo spesso, un grande progetto e tante iniziative virtuose…, …fotovoltaico, progetto virtuoso a favore della collettività…, …microcredito, un progetto virtuoso premiato dall’Unione Europea…, addirittura esiste in Italia una Associazione dei Comuni virtuosi sulla cui virtuosissima attività è possibile trovare ampie informazioni in Internet. In un fascicolo diffuso come ‘speciale’ di «Qui Magazine» del 21 dicembre 2007 con varie collaborazioni coordinate da Danilo Montanari e Marco Montruccoli, dal titolo Noi e l’Europa, si  indica per Ravenna, come introduzione per un’intervista a Alberto Cassani, un percorso comune con la definizione di progetto virtuoso:  «La candidatura di Ravenna a Capitale europea della  cultura per il 2019 implica la costruzione di un progetto virtuoso al quale concorreranno tutte le forze in campo culturale, ma anche sociale ed economico del territorio. Chiediamo a Alberto Cassani, assessore alla Cultura e al Bilancio  del Comune di Ravenna, di chiarirne gli aspetti fondanti». E l’assessore risponde,  prevedendo un cammino della Città  «…verso nuovi progetti  culturali, verso nuove dinamiche istituzionali e verso nuove modalità che configurino Ravenna come il cuore di un sistema territoriale di eccellenza e verso nuove modalità  di coinvolgimento e di cittadinanza attiva».

Per parte mia arricchisco il mio studio delle Virtù religiose aprendo un personale capitoletto riservato alle Virtù laiche e religiose di Ravenna,  personificata in fogge femminili, in omaggio alla quale sto producendo una ‘Valentina’ che le sarà dedicata, con qualche anticipo sulla Festa di San Valentino che cade il 14 febbraio, per esaltarne  una  virtù  storicamente testimoniata da un corteo di celebri nomi, quella dell’ accoglienza. Virtù che Ravenna sta democratizzando, modulando anche  in  ‘piccole’ ma indispensabili accoglienze sociali, economiche, culturali, turistiche la sua potenziale carica di urbana cordialità. La Valentina che ho appena finito di ‘confezionare’, è composta principalmente da una rara cartolina in cromolitografia viaggiata nel 1918 ma probabilmente di produzione precedente, ispirata da uno dei più alti eventi di accoglienza    ravennate, raffigurante Dante nella Pineta in un momento di pensieroso riposo. Accanto a lui, oltre alle immagini archeologiche del sarcofago decorato con il motivo del pavone e della colonna con capitello bizantino, sta un personaggio femminile dal capo velato che potrebbe forse rappresentare il ricordo di Beatrice.

La cartolina, intitolata Era già l’ora che volge al desio è applicata su un fondo cuoriforme di carta artigianale orientale blu  al quale sono applicati mediante cucitura motivi ornamentali circolari di carta decorata sette-ottocentesca e elementi  decorativi metallici di fine Ottocento-inizi Novecento. Si tratta dell’operazione Una ‘Valentina’ per Ravenna N. 2 , accompagnata da  pannelli da me manufatti che illustreranno alcune  mie Città Vivibili cioè ‘città  accoglienti’ che, oltre a Ravenna, mi hanno accolto nel corso degli anni in diversi trasferimenti: Tunisi–Cartagine, Pesaro, la Sicilia. Seguiranno Bolzano, Padova e Venezia  e, ogni anno a Dio piacendo, una Valentina  ispirata da una  diversa Virtù di Ravenna. La Virtù di Ravenna 2011 sarà simboleggiata dalla fiamma collocata sulla sommità del cuore, mentre la virtù di Ravenna 2010,  l’imprenditorialità, era simboleggiata dalla corona metallica. La nuova produzione, come già era stato per la precedente, sarà accolta nelle vetrine della Cassa di Risparmio (ex negozio Bubani) in Piazza del Popolo, a partire dal 12 gennaio.

 

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ALLA SCOPERTA DELLO STABILIMENTO GRAFICO PERDUTO
di Attilio Gardini


Continuiamo a proporre ai filiconici questa rubrica che risulta gradita al lettore. Si prosegue nel presentare, ogni curatore di santini, potrebbero far giungere all’individuazione del titolo relativo allo Stabilimento produttore delle immaginette in questione.
Il mio invito è quello di dare un’occhiata ai propri album, con l’obiettivo di rintracciare qualche pista per la risoluzione del dilemma: “Chi ha stampato questo santino… dove, come e quando?”. Un modo per mantenere viva e in eccellenza la nostra “Santini e Santità” che ha già pubblicato diciassette marchi nei numeri: 294; 297; 298; quindi nel 1 e nel 2. Anche questo è un aspetto della Filiconia!
La presente rassegna è monotematica, in quanto i pezzi appartengono tutti alla categoria dei Luttini e si presentano come pagelline a quattro facciate. Furono prodotti nel novecento, anzi nel secondo dopoguerra. “Santini e Santità” sarà lieta di pubblicare le vostre proposte risolutive.

F.U.D. è una casa produttrice di luttini, ancora da identificare, rappresentata da un logo costituito da un trapezio isoscele che inscrive la sigla. Santino a forma di pagellina. Pr. F.U.D. – Sede: n.d., Riproduzione fotomeccanica, color seppia, su cartoncino avorio; R: “Concedi, o Signore, la pace a colui che non è più e dona a chi vi è ancora la forza di portare la sua croce”; La vedova in gramaglie, piange sulla tomba del caro estinto; Nelle due pagine interne: annuncio e commemorazione della dipartita, insieme alla fotografia del defunto. V: Muto con logo in basso; Nessuna indicazione di Serie; bordo listato e margine liscio; Periodo: 1950-‘60; 115x72 mm.

A.RA.MI. è una casa milanese produttrice di luttini, ancora da identificare, caratterizzata da un logo costituito da un pentagono (con la cima racchiusa a triangolo) che inscrive la sigla in stampatello maiuscolo. Santino a forma di pagellina. Pr. A.RA.MI. – Sede: con probabilità Milano, Riproduzione fotomeccanica in BN su bristol avorio, R:Gesù redentore, via, verità e vita”, riproduzione del busto di Gesù; Nelle due pagine interne: annuncio e commemorazione della scomparsa, insieme alla fotografia del defunto. V: Bianco con logo e numero di Serie N. “3”; bordo listato in nero e margine liscio; Periodo: 1950-‘60; 120x75 mm.

AR è una casa produttrice di immaginette, fin troppo nota, anche se cela ancora numerosi lati oscuri. Ognuno di noi ha decine, anzi centinaia di santini , siglati con questo acronimo inscritto nel cerchio e io non desidero aggiungere altro a quanto già scritto (insieme a Paolo Monciotti), in tre occasioni, sulle “Circolari Informative Aicis” del 2006. Santino a forma di pagellina. Pr. AR – Sede: n.d., Riproduzione fotomeccanica, color antracite, su cartoncino bianco, R: La didascalia:“Sicut lilium” sintetizza l’immagine cimiteriale di cipressi che costituiscono lo sfondo alla inaridita pianta di giglio; Nelle due pagine interne: commemorazione della dipartita, con foto dell’estinto. V: Lampada votiva che pende da una croce greca e si conclude con l’acronimo ChiRo, iniziali greche di Gesù Cristo; N. di Serie: Dep. B/15, Imprimé en Italie – Printed in Italy; bordo listato e margine liscio; Periodo: 1950-‘60; 115x71 mm.

“SCIA” è la sigla in stampatello maiuscolo racchiusa in un triangolo isoscele. Santino a forma di pagellina. Pr. SCIA – Sede: n.d., Riproduzione fotomeccanica, color seppia, R:Solo da Giovani che nel Cenacolo posò il capo sul petto di Gesù poteva trovar conforto la Regina dei dolori”, Maria santissima orante davanti al figlio crocefisso; Nelle due pagine interne: annuncio e commemorazione della dipartita, insieme alla relativa fotografia del defunto. V: Muto. Bordo listato di nero e margine liscio; N. di Serie: Dep. 1125-B; Emesso nel 1955; 115x70 mm.


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17 ottobre 2010: Canonizzazione di Camilla Battista da Varano


Il 17 ottobre u.s. si è rinnovata in Piazza San Pietro la festa della santità. Infatti Benedetto XVI, con una fastosa cerimonia, ha canonizzato Battista Camilla da Varano (1458-1524), insieme a Stanislaw Kazimierczyk Soltys (1433 - 1489), André (Alfred) Bessette (1845 - 1937), Càndida Maria del Jesus (Juana Josefa) Cipitria y Barriola (1845 - 1912), Mary of the Cross (Mary Helen) MacKillop (1842 - 1909) e Giulia Salzano  (1846 - 1929).
Giancarlo DE LEO di Fano, per la Campagna “Un santino per ogni socio”,  ci ha inviato due santini qui riprodotti: il primo santino dell’articolo è stato inviato con la Rivista 2/2010, mentre il secondo santino che è il “Ricordo ufficiale della canonizzazione” del 17 ottobre scorso, viene inserito con questo invio.

 

SANTA CAMILLA BATTISTA DA VARANO
di Padre SILVANO BRACCI, ofm

 


Figlia di Giulio Cesare da Varano, signore di Camerino, Camilla nacque il 9 aprile 1458.
Sui dieci o dodici anni accolse l’invito del predicatore del venerdì santo l’esortazione del predicatore di piangere ogni venerdì almeno una lacrima sulla Passione di Cristo ma, crescendo, le costò sempre più fatica quel voto, perché dall’ambiente principesco riceveva stimoli che assecondavano le sue inclinazioni che lei stessa elenca: suonare, cantare, danzare e passeggiare. Confessa candidamente che la infastidivano devozioni e pie letture e la sola vista di frati e suore.
Se però l’entusiasmo iniziale era svanito, la sua forte volontà, incoraggiata da illuminati confessori, non le permise di saltare l’appuntamento del venerdì. Scriverà poi: «Beata quella creatura che per nessuna tentazione tralascia il bene incominciato!», perché la lacrima diventò preghiera, meditazione, digiuno e impegno per evitare qualche difetto almeno il venerdì. Ma la motivazione di tutto ciò era terrena, mista ad una certa paura: «facevo tutto questo bene non solo per aver premio in cielo, ma molto più in terra [...] Intensificavo la preghiera per timore dell’inferno» (Vita spirituale).
Sui diciotto anni d’età cominciò a sentire interiormente l’invito a consacrarsi al Signore, ciò le ripugnava perché «non si sentiva il cuore libero da alcune passioni, di cui deve essere totalmente libero chi veramente vuol servire Dio». Nonostante la lotta, perseverò nella preghiera da cui ritraeva «una certa tranquillità e pace».
Un venerdì, dopo un forte conflitto psico-fisico, la ventunenne Camilla decise di offrire la vita a Cristo, il quale iniziò subito a ricolmarla di straordinarie esperienze mistiche.
A questo punto e per due anni e mezzo divenne ostacolo suo padre con lusinghe, minacce e prigione. Durante questo tempo Camilla ebbe la visione di Gesù che usciva dal suo cuore e le camminava davanti e poi quella del suo nome scritto sul cuore di Cristo: «Io ti amo, Camilla».
Finalmente il 14 novembre 1481 entrò, con il nome di suor Battista, nel monastero delle Sorelle Povere di santa Chiara a Urbino. Durante il noviziato appuntò le parole udite fino allora da Cristo, riscrivendole nel 1491: è l’opera I ricordi di Gesù.
Con otto consorelle e per obbedienza ai superiori, il 4 gennaio 1484 si trasferì nel nuovo monastero di Camerino che lei volle fondato sulla Regola di santa Chiara. Qui si susseguirono altri doni straordinari dello Sposo divino di cui parla nell’Autobiografia, quali illuminazioni interiori, estasi, visioni d i angeli, di santa Chiara, e per cinque anni la sua anima, sorretta da due angeli, poté abbracciare e baciare i piedi crocifissi di Cristo. Accennando queste esperienze al confessore scrive: «È meglio parlare poco del molto che del poco dire troppo».
Nell’anno di permanenza al monastero di Urbino il Signore le aveva rivelato le sofferenze provate nel suo Cuore durante la passione, che diventarono sua preminente meditazione. Poco prima dell’agosto 1488 Camilla Battista ebbe un’insistente ispirazione a mettere sulla carta quelle rivelazioni e Cristo stesso le suggerì l’artificio dell’anonimato, nacque così la più sua nota opera: I dolori mentali di Gesù nella sua Passione. A proposito afferma: essendo Gesù persona divina, l’amore del suo Cuore era infinito, di conseguenza non ebbero limite anche i suoi dolori interiori (mentali) che raggiunsero il culmine nell’agonia del Getzemani, perciò chi si ferma al dolore fisico del Signore non può comprendere la sofferenza che Egli provò nel Cuore.
Da parte sua Camilla Battista decise di «entrare nel sacratissimo Cuore di Gesù e di annegare nell’oceano delle sue acerbissime sofferenze», come pure che «tutti i giorni dell’anno fossero per lei come un Venerdì Santo». Dietro sua insistenza e secondo quanto le era stato promesso, Gesù glieli fece assaporare dall’ottobre 1488 al 1493 attraverso il silenzio di Dio o notte dello spirito, esperienza angosciosa simile all’abbandono che Cristo stesso aveva provato nella sua passione.
Nel 1502 Camilla Battista fu provata negli affetti, quando Cesare Borgia, figlio di papa Alessandro VI, assediò Camerino per sottrarlo alla signoria di Giulio Cesare da Varano che fu imprigionato insieme ai tre figli maggiori, mentre Camilla Battista si era rifugiata ad Atri ospite di Isabella Piccolomini moglie del duca Matteo Acquaviva Aragona. Giulio Cesare e i figli furono trucidati il 9 ottobre. Ferita nei sentimenti naturali, lei trovò rifugio nel Cuore del suo amatissimo Sposo. Dopo la morte di Alessandro VI, avvenuta il 18 settembre 1503, tornò a Camerino e di tutte le dolorose vicende mai disse una parola di riprovazione.
Più volte nel suo monastero fu eletta abbadessa dalle consorelle che l’amavano e delle quali “lei pensava sempre bene e ne scusava i difetti”, come scrive il testimone Antonio da Segovia, monaco olivetano che riporta questa preghiera di Camilla Battista: «Quando sentirò di avere questa grazia, cioè fare del bene con perfetto cuore a chi mi fa male, dire bene e lodare senza ipocrisia chi so che dice male di me e a torto mi biasima, allora, Padre dolcissimo, mi riterrò tua vera figlia per la reale conformità fra me e il tuo dolcissimo figlio Cristo Gesù crocifisso, unico bene dell’anima mia».
Camilla Battista continuò ad avanzare nella via della perfezione con un eroico amore verso Dio, pur affermando nelle sue opere che l’uomo è incapace di corrispondere all’infinita carità di Dio che si china verso le vilissime creature, tanto che lei, dopo una straordinaria illuminazione interiore, aveva esclamato: «O pazzia, o pazzia! Nessun vocabolo mi pareva più vero e conveniente a tanto amore». Di conseguenza lei stessa si stimava degna dell’inferno e di essere posta sotto i piedi di Giuda, ma aggiungeva con evidente paradosso: «Purché là ti ami, mio Dio!».
Coltivò pure un amore alla più alta povertà personale e comunitaria. Sempre aperta verso ogni necessità altrui, si impegnò per plasmare la nuova comunità di Clarisse a Fermo dove fu inviata da papa Giulio II (1505-1506) e per circa dieci mesi nel 1521-1522 si fermò per lo stesso scopo, secondo una fondata ipotesi, nella città di Sanseverino Marche.
Di lei conosciamo lettere redatte per incoraggiare o consigliare monache e laici o per intercedere in favore di due concittadini condannati a morte o per raccomandare gli abitanti di Treia in pericolo di saccheggi.
Una sua consorella, in una lettera, attesta che suor Battista era “talmente assorta dallo zelo delle anime che si sentiva ardere” e che “spesso ardeva talmente per il desiderio di rinnovamento della Chiesa da non poter dormire o mangiare né ascoltare chi le parlava, in modo che alle volte per questo si ammalava gravemente”.
Era il tempo in cui la Chiesa di Cristo manifestava un rilassamento di costumi, situazione che nel 1517 aveva indotto Martin Lutero al distacco dalla Chiesa romana. Camilla Battista nell’opera La purità del cuore, scritta circa il 1521 su richiesta di un religioso, riflesso della straordinaria esperienza di vita della santa, si legge: «I guardiani della città sono i prelati che hanno il dovere della cura delle anime, che sono la bella città di Dio […] Questi prelati indiscreti sono sì guardiani delle mura cerimoniali ma non delle mura dei buoni e santi costumi. Guai a tali prelati che dissipano il gregge del Signore!», ma la conclusione fa di Camilla Battista un’appassionata amante della Chiesa della quale bramava il rinnovamento suggerendone il mezzo: «Dio, con somma e stabile provvidenza, lascia che avvengano queste cose che non tocca a noi poveri uomini giudicare. Non per questo dobbiamo smettere di onorare tali prelati, anzi dobbiamo frequentemente pregare per loro […] e l’orazione per loro tornerà a beneficio proprio».
Il 31 maggio 1524 durante un’epidemia di peste Camilla Battista fu accolta nella gloria di Dio.
Il suo culto ininterrotto fu riconosciuto da Gregorio XVI nel 1843, Leone XIII nel 1893 approvò i suoi scritti, Benedetto XVI l’ha canonizzata il 17 ottobre 2010.


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21 novembre: Festa della Patrona dell’Arma dei Carabinieri
LA “VIRGO FIDELIS”
di Andrea Castellano



Il 21 novembre di ogni anno, i Carabinieri solennizzano, con cerimonie sobrie ed austere, la loro Santa Patrona: Santa Maria “Virgo Fidelis”.
Tali festeggiamenti che sono caratterizzati, soprattutto, da un complesso di riti del culto cattolico, evidenziano la sensibilità dei militari dell’Arma ai valori spirituali e si svolgono (in Italia e all’estero) in tutti i Reparti a qualsiasi livello ordinativo e nelle Sezioni dell’Associazione Nazionale Carabinieri.
Insomma il 21 novembre i Carabinieri d’Italia (in servizio e in congedo), ovunque si trovino, onorano la Grande Madre di Dio, che dai Cieli li accompagna nella loro non facile missione.
Ma chi sono i “Santi Patroni”? Forse una risposta la troviamo nell’antica Roma, dove c’erano i “Patronus”. Personaggi che per censo ed ‘influenza’, potevano dare protezione. In seguito, alcune Confessioni religiose spiritualizzarono i “Patronus” e la Chiesa Cattolica li sostituì con Angeli, Santi ed Apostoli.
Il “Patrono”, pertanto, per tradizione o designazione è venerato, con un culto particolare, dai cittadini di uno Stato (per gli italiani San Francesco), di una comunità urbana (Santa Rosalia a Palermo, San Gennaro a Napoli, San Pietro a Roma, Sant’Ambrogio a Milano, ecc) o da un gruppo di fedeli che praticano una determinata professione (Santa Barbara per l’Artiglieria e per i Vigili del Fuoco, San Pio da Pietrelcina Patrono per le Associazioni di volontariato che operano nell'ambito della Protezione Civile in Italia, San Giuseppe per i Falegnami, e così per tante altre professioni o arti).
Per l’elezione di un Santo a “Patrono”, ci sono regole molto rigide, compendiate nel “Decretum super electione sanctorum in patronos” di papa Urbano VIII del 23 marzo 1630. In esso è ben disciplinata la materia che rientra nelle competenze della “Congregazione dei Riti”.
In Italia si contano più di 60 “Santi Protettori” senza comprendere quelli di città, paesi e piccoli borghi. Ciò significa che quasi ogni categoria professionale ha il suo. Per quanto riguarda le Forze Armate, sono solamente 11, tra i quali la “Virgo Fidelis”. Questi ‘Protettori’ non vengono commemorati in coincidenza con la festa dell’Arma o Corpo che, in linea di massima, è abbinata alla data della loro costituzione o di un rilevante fatto d’armi.
Ma torniamo ai Carabinieri! Papa Eugenio Pacelli (Pio XII) promulgò l’undici novembre 1949 da Castelgandolfo (Roma) il ‘Breve Apostolico’ con il quale dichiarò la Vergine Maria, ‘Patrona’ dei Benemeriti, con il titolo di “Virgo Fidelis”. Lo stesso Pontefice che i festeggiamenti avvenissero il giorno 21 del mese di novembre.
La scelta di tale data non fu casuale perché corrisponde a quella della dedicazione alla Vergine (nell’anno 543) della Basilica di Santa Maria Nuova di Gerusalemme, in ricordo della sua ‘Presentazione’ al Tempio. Il desiderio di far nominare la Madre di Dio ‘Patrona’ dei militari dell’Arma, fu espresso dai Cappellani Militari in considerazione che l’eroica fede di Maria di Nazareth, dimora anche nel cuore dei carabinieri i quali, non per niente, hanno per motto: “Nei secoli fedele”.
Il nome di “Virgo Fidelis” è un titolo di lode che la Chiesa adopera nell’invocare la Regina del Cielo nelle “Litanie Lauretane” e l’espressione “Virgo”, è una variante poetica di “Vergine”, derivante dal latino. All’epoca della proclamazione della Madonna a Patrona dell’Arma, il Comando Generale bandì un apposito concorso artistico per un’opera che raffigurasse la “Virgo Fidelis”. Fu scelto un bassorilievo dello scultore ed architetto Giuliano Leonardi. Qui la Vergine è raffigurata in atteggiamento raccolto, mentre alla luce di un’antica lucerna, legge in un libro le parole profetiche dell’ “Apocalisse”: “Sii fedele fino alla morte”.
Un’esortazione appropriata ai militari dell’Arma che restano tali per tutta la vita.
La bella “Preghiera del Carabiniere” che i Benemeriti rivolgono alla loro “Patrona”, in particolare a conclusione delle funzioni religiose, fu scritta (nel 1949) da Mons. Alberto Ferrero di Cavallerleone, all’epoca Ordinario Militare d’Italia. E’ una convinta e vivace invocazione alla Vergine, nella quale, tra l’altro, risalta la fedeltà dei carabinieri verso Dio, la Patria ed i “Fratelli italiani”.

 

MOSTRE DI SANTINI



ROSETO DEGLI ABRUZZI (TE), 4 settembre-10 ottobre 2010 – XX edizione della Mostra di santini a Roseto. “Santi Patroni e Protettori attraverso le immaginette devozionali”


Roseto degli Abruzzi festeggia il 150° ann.rio della sua fondazione (1860-2010) e la 20^ edizione della Rassegna di santini (1991-2010).
Per Roseto, l’antica Rosburgo (Paese delle rose) e per l’AICIS - Associazione Italiana Cultori Immaginette sacre questo 2010 è un anno memorabile. Infatti, mentre la città celebra il 150 anni della sua fondazione, il 4 settembre nella Villa Comunale è stata inaugurata la XX edizione della mostra di santini che nel 2010 ha per tema: “I Santi Patroni e Protettori attraverso le immaginette devozionali”.
La collaborazione tra il nostro primo Presidente e fondatore dell’AICIS, Comm. Gennaro ANGIOLINO (+2003), ed il socio Mario GIUNCO, acuto e prolifico scrittore e giornalista, funzionario del settore culturale del Comune di Roseto, attuale Direttore responsabile della nostra Rivista “Santini e Santità”(1° a sinistra nella foto 1 e 2° a sinistra nella foto 2), ed, inoltre, con Emidio D’ILARIO (al centro della prima foto), Presidente del Circolo Filatelico Numismatico Rosetano, sono all’origine di questa ormai ventennale manifestazione culturale. Nel 2004, dopo la scorsa del Comm.Angiolino, per l’AICIS è subentrato nell’organizzazione della manifestazione rosetana il Vice Presidente Renzo MANFE’ (primo a sinistra nella seconda foto).  L’esposizione inaugurata il 4 settembre e prevista fino al 26 dello stesso mese, è stata prorogata fino al 10 ottobre. In molti visitatori, soprattutto italiani, troppo vivo è ancora il ricordo del recente terremoto de L’Aquila, per cui la tematica della mostra è risultata di estrema attualità e grande interesse. Gli espositori delle immaginette della XX edizione sono stati: Giancarlo GUALTIERI con molti quadri espositivi e la partecipazione di Renzo MANFE’, Agostino CERINI, Luigi ZANOT e Francesco BERNARDI, tutt i di Roma.
Tra le tematiche particolari sono stati presenti: Santa Filomena, patrona di Roseto per i primi cento anni della città, e S.Maria Assunta, (subentrata nel patronato di Roseto dopo che nel 1961 la Sacra Congregazione dei Santi aveva tolto dal calendario liturgico la festa di Santa Filomena), alcuni giornali d’epoca relativi a vari terremoti avvenuti in Italia e alcune schede tecniche di Biagio GAMBA sui santini e di Attilio GARDINI sulle Case di Produzione italiane ed estere.

 

 ROMA, 14-30 ottobre 2010 – Mostra di santini “LA MADONNA DELL’ORTO IN TRASTEVERE E LA DEVOZIONE DELLA MADRE DI DIO IN ROMA”

 

L’A.I.C.I.S., con la collaborazione della Venerabile Arciconfraternita romana di S. Maria dell’Orto, per l’annuale Festa Titolare di Maria SS. dell’Orto, il 14 ottobre ha inaugurato una mostra di Immaginette Sacre sul tema: “La Madonna dell’Orto in Trastevere e la devozione della Madre di Dio in Roma”.
Sono stati esposti oltre 27 quadri e molti pannelli sui tavoli centrali della sala della Confraternita con immaginette dei periodi 1700 ai giorni nostri. I santino provenivano dalle collezioni dei soci romani Bruno FORASTIERI, Ugo AMICI (ex-consigliere defunto), Renzo MANFE’, Giovanni COSTANZO, Massimiliano PERUGIA e soprattutto da Giancarlo GUALTIERI. L’esposizione, allestita al 1° piano della Venerabile Arciconfraternita di Santa Maria dell’Orto, Via Anicia 10, è stata esposta al pubblico fino al 30 ottobre 2010.
Nella prima foto: da sinistra: Dr.ssa G.Licordari, Giancarlo Gualtieri, Giovanni Costanzo, Bruno Forastieri e Renzo Manfè. Nella seconda foto: in primo piano la Prof.sa M.G.Alessandroni ed il prof.Giovanni Costanzo.

 

CESENA (FC), 2 Ott.-28 Nov.2010 – Mostra di santini:“ANGHELOS - L’ANGELO CUSTODE”


Il prossimo 2 ottobre verrà inaugurata a Cesena, presso la Galleria d'Arte: Palazzo Ghini, una mostra curata da Marisa Zattini sul tema: "ANGHELOS, L'Angelo Custode". In tale circostanza, accanto alle opere pittoriche e scultoree di diciotto artisti, i soci Alberto BOCCALI, Attilio GARDINI e Lino GUALTIERI esporranno immaginette sacre che illustrano l'opera del nostro Angelo Custode. L’orario di visita della mostra, che rimarrà aperta al pubblico fino al 28 novembre, è: nei giorni prefestivi, festivi e martedì: 10-12.30, 16.30-19.30; feriali: 17-19.30; lunedì: chiuso.
Gli amatori dei cataloghi potranno rivolgersi a Il Vicolo - Sez.Arte: Tel.0547-21386; e mail: arte@ilvicolo.com.

 

 ROMA, 31 ottobre-9 dicembre 2010 - Mostra di santini: "SANTI PATRONI E SANTI PROTETTORI"


L'AICIS in collaborazione con l'Arciconfraternita di Santa Maria dell'Orazione e Morte e dell'Accademia Culturale Europea presenterà dal 31 ottobre al 9 dicembre una esposizione di santini sul tema "Santi Patroni e Santi Protettori". Ha affermato il Rev.Prof.Carlo Chenis: “I santi patroni sono frammenti di paradiso nel cuore e nell’arte. Dimorano in cielo e intercedono per la terra, così che gli artisti - usati a varcare il finito - ne ripropongono le sembianze per evocare simbolicamente la loro vicinanza. Man mano che il culto dei santi veniva disciplinato dalla Chiesa, i singoli e le collettività trovarono in essi una fonte prodigiosa e ordinaria di aiuto per percorrere ‘questa valle di lacrime’”.Gli espositori sono Giancarlo GUALTIERI, Luigi ZANOT, Agostino CERINI e Renzo MANFE'. La mostra, allestita in Roma, Via Giulia 262, nella Chiesa di Santa Maria dell'Orazione e Morte è visitabile tutti i giorni nell'orario 8-11 e 16-18.30

 

MURO LUCANO (PZ), 23-28 nov.2010 - Mostra di santini:"I SANTI PROTETTORI CONTRO I TERREMOTI”


Dal 23 al 28 novembre 2010 la mostra itinerante "I Santi protettori contro i terremoti”  organizzata da ANTONIO MENNONNA, sarà presente a MURO LUCANO (PZ) (foto). Dal 5 al 9 dicembre sarà allestita a AVIGLIANO (foto), antico centro lucano distante pochi chilometri dal capoluogo di regione e dal 17 al 19 dicembre sarà a RAPONE (PZ). Questa esposizione itinerante comprenderà circa 200 immaginette sacre che abbracciano un periodo di duecento anni e cioè dalla fine del 1700 alla fine del 1900, suddivise in sette quadri grandi ed uno più piccolo dal titolo “Madonna del terremoto” contenente Madonne venerate a Mantova ed a Potenza. I soci espositori saranno FRANCESCA CAMPOGALLIANI di Mantova, GIORGIO LOMBARDI di Aulla (MS) e ANTONIO MENNONNA di Muro Lucano(PZ).



RAVENNA, inizio novembre-6  dicembre  2010 – Mostra di santini:“L’ORNAMENTO DELL’ANIMA - Un percorso tra immagini ed oggetti della devozione”


Il socio di Ravenna, FILIPPO BRICCOLI, con la collaborazione della Cassa di Risparmio di Ravenna SpA, allestirà dall’inizio di novembre al 6 dicembre una miniesposizione di immaginette sacre in due grandi vetrine storiche (proprietà della Cassa di Risparmio di Ravenna) che si affacciano su Piazza del Popolo, al centro di Ravenna, visibili giorno e notte. Sono manufatti insoliti e rari, molti dei quali unici, di grande impatto visivo e di profondi significati spirituali e teologici.

 

SOGLIANO AL RUBICONE (FC), 20 Novembre - 5 Dicembre 2010 –
Mostra di santini:“LE IMMAGINETTE SACRE”


Nella chiesa del Suffragio a Sogliano al Rubicone verrà inaugurata il giorno 20 novembre una mostra di santini e immaginette devozionali. Infatti, dal 20 novembre al 5 dicembre p.v. Lino Gualtieri esporrà alcuni pezzi (circa 800) della sua collezione privata. La visita a questa esposizione sarà possibile il sabato e la domenica dalle 9 alle 18 e il giovedì dalle 9 alle 12. 

 

FOLLINA (TV), 4 -5 Dicembre 2010 - Mostra di immaginette sacre: "SANT’ANTONIO DI PADOVA”

 



Nell’anno dell’ostensione delle sacre Spoglie mortali del santo di Padova e nell’ambito della manifestazione di Follina “Colori d’inverno” a Via Pallade 7 (di fianco all’Abbazia) il socio MARIO TASCA allestirà una mostra sul tema: “Sant’Antonio di Padova” esponendo immaginette sacre della sua collezione.
Parteciperanno all’esposizione anche le nostre associate: PAOLA GALANZI di Sassari e PATRIZIA FONTANA di Roma. L’esposizione, che richiama ogni anno nuovi visitatori, verterà sul grande Santoe Taumaturgo di Padova e verrà ospitata in un locale molto più ampio rispetto gli anni precedenti e, soprattutto, con ogni probabilità la mostra rimarrà aperta al pubblico fino al Santo Natale del 2011.
Coloro che desidereranno visitare la mostra dopo il 5 dicembre potranno contattare Mario Tasca al cellulare (338-146.7630) oppure, per e-mail, al suo nuovo indirizzo mariotasca2@alice.it



TORINO, 16 Dicembre 2010 -9 Gennaio 2011 - Mostra: “IL NATALE NELL’ARTE”


Il 16 dicembre 2010 verrà inaugurata a Torino, nella Cripta della Basilica di Maria Ausiliatrice, la mostra “Il Natale nell’Arte”. Sarà allestita dal Centro Salesiano di Documentazione Storica e Popolare Mariana e timarrà aperta al pubblico fino al 9 gennaio 2011, nell’ambito della 12^ Mostra dei Presepi. Oltre le immaginette sacre, sono esposte  stampe, incisioni, oleografie, stampe antiche.

 

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NOTIZIE DALL'ITALIA E DAL MONDO      

        

            
VILLAPIANA, 14 gennaio 2011 - Gli attributi iconografici dei Santi: gli animali


L’Amministrazione Comunale di Villapiana (CS) e la Parrocchia “S. Maria del Piano”, con il patrocinio d ell’A.I.C.I.S. (Associazione italiana cultori immaginette sacre) con sede a Roma, presenta in anteprima nazionale, la prima serie di santini: “Gli attributi iconografici dei santi”.
La serie, dedicata agli “animali”, è composta da trenta riproduzioni di santini “fine ottocento” che hanno come attributo iconografico un animale diverso per ciascun santo. L’originale e singolare pubblicazione di santini è stata realizzata dal Prof. Vincenzo Diodati, appassionato cultore di immaginette sacre di ogni epoca.
 Molti santi li troviamo raffigurati con un attributo iconografico, per essere riconosciuti meglio dai devoti. La loro vita è spesso collegata con diverse tipologie di attributi: animali, vegetali, oggetti, persone, che, nei secoli, sono diventati parte integrante della loro iconografia. La rassegna, presieduta da S. E. Mons. Vincenzo Bertolone, Vescovo della Diocesi di Cassano Jonio, si terrà Venerdì 14 Gennaio 2011 alle ore 18,30 nella splendida cornice della Chiesa Madre dedicata alla Madonna  del Piano.
I lavori inizieranno con i saluti del Vicario Parrocchiale della Parrocchia “S. Maria del Piano” P. Romain Ntumba Tshimbawu e del Sindaco di Villapiana  Roberto Rizzuto, subito dopo si entrerà nel vivo della manifestazione con la relazione:  “La simbologia iconografica degli animali negli attributi dei santi” tenuta dal Prof. Vincenzo Diodati, fautore di questa iniziativa. Un tema più specifico: “Il leone, il bue, l’aquila: i simboli del tetramorfo nell’arte raffigurativa dei santi”, sarà sviluppato da Mons. Don Carmine Scaravaglione, mentre il Dott. Demetrio Guzzardi (Pres. Dell’ Universitas Vivariensis di Cosenza) argomenterà sul tema: “Il simbolo del cane nell’ iconografia dei santi”.  La manifestazione culturale sarà ingentilita dall’ ascolto musicale del Duetto Concertante N. 1 op. 46 di G. Kummer, per flauto e clarinetto che sarà eseguito dal Maestro Vincenzo Diodati (flauto) e dal Maestro Gianmaria Avantaggiato (clarinetto). Infine, l’intervento di S. E. Mons. Vincenzo Bertolone, Vescovo di Cassano Jonio, concluderà la rassegna.

 

MUNSTER (GERMANIA), 20 SETTEMBRE: BEATIFICAZIONE DI GERHARD HIRSCHFELDER
 Proclamato Beato Gerhard Hirschfelder, sacerdote tedesco morto per essersi opposto al nazismo
di Fausta Speranza


Un modello per i giovani: così il cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia, ha definito il nuovo Beato Gerhard Hirschfelder, il sacerdote tedesco morto per essersi opposto al nazismo.
Il 20 settembre u.s. nel Duomo di Münster, in Germania, si è svolta la cerimonia di Beatificazione che ha raccolto pellegrini da tutta la Germania, dalla Polonia e dalla Repubblica Ceca, dove il ricordo del sacerdote tedesco è molto vivo. Gerhard Hirschfelder è morto a 35 anni a Dachau. E’ stato proclamato Be  ato come “martire e testimone della fede”. Il cardinale Meisner ha sottolineato che si è rifiutato di abbracciare le disumane logiche naziste. Ha ricordato il suo impegno in particolare nella pastorale giovanile e dunque lo ha indicato come un modello per i giovani. Il nuovo Beato nacque nella contea boema di Glatz il 17 febbraio 1907. Si trasferì a Breslavia per gli studi di Teologia e proprio nella Cattedrale di Breslavia fu ordinato sacerdote il 31 gennaio 1932. Negli anni seguenti fu cappellano a Tscherbeney (1932-1939) e a Habelschwerdt (1939-1941. Con l’avvento al potere di Adolf Hitler, il 30 gennaio 1933, il giovane sacerdote non tardò a rendersi conto della natura e degli effetti della propaganda nazionalsocialista; mediante la sua vicinanza e la direzione spirituale cercò di tenere lontano i suoi giovani dai gruppi della “Gioventù Hitleriana”, suscitando la reazione della polizia del regime. Nelle sue omelie denunciò coraggiosamente gli eccessi e le violenze di quel periodo: fu arrestato il primo agosto 1941; durante la prigionia a Glatz scrisse una Via Crucis e alcune riflessioni sul sacerdozio, il matrimonio e la famiglia. Trasportato nel campo di concentramento di Dachau il 15 dicembre 1941, morì per fame e malattia il primo agosto 1942.
Resta da dire che alla Beatificazione di Gerhard Hirschfelder faranno seguito altre analoghe cerimonie nel prossimo anno per figure altrettanto significative di sacerdoti martiri del regime nazista: Georg Häfner, a Würzburg; Johannes Prassek, Hermann Lange e Eduard Müller, a Lübeck. Con i Cappellani di Lübeck si commemorerà anche il Pastore evangelico Karl Friedrich Stellbrink.
Il Papa ha parlato di loro, nel recente discorso (13 settembre) al nuovo ambasciatore tedesco ricevuto per le credenziali, come di “luminose indicazioni” per il cammino ecumenico. “Sono uomini – ha aggiunto - che insegnano a dare la propria vita per la fede, per il diritto ad esercitare liberamente il proprio credo e per la libertà di parola, per la pace e la dignità umana”. “L’attestata amicizia dei quattro ecclesiastici – ha affermato il Papa - è una testimonianza impressionante dell’ecumenismo della preghiera e della sofferenza, fiorito in vari luoghi durante l’oscuro periodo del terrore nazista”.

 

BONN (GER) - PUBBLICATA LA V EDIZIONE DEL MARTIROLOGIO TEDESCO  CON 76 NUOVI MARTIRI DEL XX SECOLO


Il Martirologio tedesco Zeugen für Christus (Testimoni di Cristo) è stato pubblicato nel settembre u.s. nella sua quinta edizione. L'opera in due volumi, editi a nome della Conferenza Episcopale Tedesca, è stata composta dopo l'appello di Papa Giovanni Paolo II a mantenere viva la memoria dei martiri del XX secolo.
La quinta edizione del martirologio contiene 76 nuovi nomi di martiri del secolo scorso. Il rappresentante della Conferenza Episcopale Tedesca del martirologio, il presule Helmut Moll, offre un'indagine dettagliata su dodici ministri e 14 laici dell'epoca del nazionalsocialismo, di otto sacerdoti e 14 laici sotto il comunismo e delle religiose vittime della violenza nella regione dei Sudeti. Il progetto globale, avviato nel 1994, è una collaborazione di 160 esperti con le Diocesi e le comunità religiose, che ha portato a riunire circa 900 profili di martiri cattolici.
Durante la presentazione del libro, l'Arcivescovo di Colonia, il Cardinale Joachim Meisner, presidente della Commissione di Liturgia della Conferenza Episcopale Tedesca, ha affermato che continua ad essere sorprendente come molti cristiani abbiano mantenuto la propria fedeltà al Vangelo in Germania sotto il sistema del nazionalsocialismo e del comunismo. “La generazione attuale dovrebbe conservare la memoria dei nostri testimoni della fede prima di imporre una dittatura sulla fede dimenticata alla presenza della Chiesa. La venerazione di questi grandi modelli di fede ribadisce la priorità spirituale della Chiesa”, ha detto il porporato.                                           

Michaela Koller

 

PARMA, 3 OTTOBRE 2011: BEATIFICAZIONE DI ANNA MARIA ADORNI DELLE ANCELLE DELL’IMMACOLATA


Quel versetto del Vangelo di Matteo, «ero in carcere e siete venuti a trovarmi», lo ha preso alla lettera. E lo ha posto come sigillo della sua «Pia unione delle dame visitatrici delle carceri» che sarebbe stata una sorta di preludio della famiglia religiosa che dopo qualche anno avrebbe fondato, le Ancelle dell’Immacolata. Anna Maria Adorni ha abbracciato con tutta se stessa il monito di Cristo ai (presunti) giusti che ignoravano il servizio ai «fratelli più piccoli». O, secondo l’interpretazione che ne aveva dato la Adorni nella Parma dell’Ottocento, alle «sorelle intoccabili»: dalle detenute senza nome alle bambine che si vendevano «per pochi baiocchi». Donne ai margini che sono state il riferimento di una madre di famiglia che ha dato vita a un’opera di assistenza e apostolato dalla forza profetica e che ancora oggi è chiamata «l’angelo della carità». Una via porta già il suo nome; e presto anche il nuovo centro socio-sanitario sarà intitolato a lei. È l’omaggio di Parma alla «dama » degli ultimi che è stata proclamata beata proprio nella città emiliana. Il rito è stato presieduto in Cattedrale dal prefetto della Congregazione delle cause dei santi, l’arcivescovo Angelo Amato.
«La vita di Anna Maria Adorni è la testimonianza di come il messaggio cristiano sia integralmente unito alla crescita della persona», spiega il vescovo di Parma, Enrico Solmi, che ha concelebrato la Messa solenne. La sua è stata una vita segnata dal dolore che, però, la donna ha riscattato, come del resto avrebbe aiutato a riscattare con il suo carisma le ragazze dietro le sbarre o quelle di strada. Toscana d’origine, nasce a Fivizzano in provincia di Massa Carrara il 19 giugno 1805. Accanto ai nomi di Anna e Maria, c’è anche quello di Carolina che l’accompagnerà a Parma dove arriva con la madre dopo il primo lutto che la colpisce ad appena quindici anni: quello per la morte del padre. Nel cuore dell’adolescenza avverte la chiamata alla vita consacrata. Ma il confessore le indica di restare in famiglia. Accetta il consiglio anche perché una voce le svela quello che sarebbe stato il suo futuro: «Ti sposerai, avrai molti figli; poi ti morrà il marito, ti morranno i figli e tu diverrai monaca ». E così avviene. Nel 1826 si unisce in matrimonio con Antonio Domenico Botti, addetto alla casa ducale di Parma. I figli saranno sei che, però, perderà da piccoli ad eccezione di Leopoldo che diventa monaco benedettino. Quando il marito muore nel 1844, la sofferenza le risveglia la vocazione percepita da giovane. Non entra in nessun istituto religioso. Ma sceglie comunque di allargare la sua maternità: oltre a dedicarsi ai figli che le restano, la vedova Carolina Botti (come viene chiamata a Parma) comincia un cammino di accompagnamento delle detenute. È il suggerimento che le giunge dal suo direttore spirituale, l’abate benedettino Attilano Oliveros, che ha presente l’impegno di un gruppo di sacerdoti per i detenuti del penitenziario maschile mentre sa altrettanto bene che per le carcerate della casa circondariale femminile non esiste niente. Il primo impatto con le donne in cella è traumatizzante. Però in quei volti Anna Maria Adorni vede «belle creature, fatte a immagine del Creatore », spiega. E da qui comincia la sua sfida. Prima da sola. Poi assieme alle donne della Parma 'bene' con cui fa nascere la «Pia unione». Le visite si estendono presto anche alle pazienti in ospedale e nel sifilocomio. Sono le donne di una «classe infelice», si legge in una nota della Prefettura di Parma del 1868. Per accogliere le ragazze appena uscite dal carcere e le bambine abbandonate, affitta un appartamento. L’opera prende il nome di «Buon Pastore», appellativo che le resterà anche dopo aver trovato sede in un ex convento delle agostiniane intitolato a san Cristoforo. La sua «parabola di amore e di misericordia» (così viene definita dal postulatore, il saveriano Guglielmo Camera) trova il suo compimento il 1° maggio 1857 quando la Adorni fonda con otto compagne la sua famiglia religiosa. Un istituto che sarà approvato definitivamente nel 1893, anno in cui la donna muore. La spiritualità della «madre delle carcerate» è oggi il fulcro di una Congregazione che conta poco meno di cento religiose e che ha cinque case in Italia e tre in Romania. Un’eredità che Solmi considera di una «lungimirante attualità». Perché, spiega il presule, «ancora oggi i carcerati vivono in situazioni disumane». E perché «fra i vincoli che nel nostro tempo imprigionano l’uomo ci sono l’individualismo e l’egoismo, freni di una società che non si interessa dei più deboli e che bada al proprio tornaconto». Così, avverte Solmi, «in questo scorcio di inizio millennio lo spirito della madre Adorni ci chiede di liberarci da queste nuove catene».                                                   

   (Giacomo Gambassi, fonte: Avvenire)

 


15  GENNAIO: SAN ROMEDIO EREMITA - IL SANTUARIO DI SAN ROMEDIO IN VAL DI NON
di Agostino Cerini

Romedio nasce tra il IV e il V secolo in una famiglia cristiana nell'area di una stazione militare ai confini dell'Italia, ad una decina di chilometri dall'odierna Innsbruck. Suo padre è signore di un castello nei pressi di Innsbruck e proprietario di saline nella valle dell’Inn.
In età adulta compie un pellegrinaggio a Roma con due compagni, Abramo e Davide. In tale occasione conosce Vigilio, vescovo di Trento e i futuri martiri anauniesi Sisinio, Martirio e Alessandro. A Roma visita i i luoghi degli apostoli Pietro e Paolo, le catacombe ove erano sepolti i martiri e incontra il Papa.
Di nuovo a Trento, decide di lasciare le sue proprietà al vescovo Vigilio, dato che in quei secoli l'assistenza ai poveri era curata dal clero con servizi permanenti (diaconie). Una parte dei beni sembra l'abbia lasciata anche alla chiesa di Augusta in Baviera.
Forse consigliato dallo stesso Vigilio, stabilisce la sua dimora presso il luogo dei martiri anauniesi, in Val di Non, sulla roccia che poi ha preso il suo nome.
Ci sono varie leggende su San Romedio e la più nota è sicuramente quella che riguarda un orso. Un giorno, dovendo recarsi a Trento per salutare l’amico Vigilio, vescovo della città, chiede a Davide di sellargli il cavallo: poco dopo il discepolo torna di corsa dall’eremita e, in stato di agitazione, riferisce che un orso purtroppo aveva sbranato il cavallo; Romedio non si scompone e gli ordina di sellare un orso, che docilmente si lascia mettere la sella, conducendo l’eremita fino a Trento. Quest’episodio è ricordato da una statua lignea posta accanto ad un arco trionfale all’ingresso del Santuario. In alcune grotte, esistenti ancora oggi, Romedio trascorre gli ultimi anni di vita, nella venerazi one di Gesù alla stregua dei monaci orientali. Muore nel 405 (forse 400) e viene sepolto in ci ma alla roccia, in un sepolcro scavato da monaci eremiti.

Il Santuario di San Romedio (732 m.) è uno dei più caratteristici eremi e testimoni della fede cristiana d’Europa. Sorge sulla vetta di uno sperone di roccia alto più di 70 metri. Una ripida scalinata di 131 scalini conduce il visitatore fino alla sommità dello scoglio roccioso attraverso un complesso di sette piccolissime chiesette sovrapposte. Infatti, per oltre 500 anni la roccia che ospita il santuario antico era rimasta nuda, con una scalinata scoperta e qualche edicola ora scomparsa. In basso si trovano le stalle, i rifugi per i pellegrini e l'abitazione del custode. Poi, attorno al 1000 , inizia a sorgere la chiesa originaria intitolata a San Romedio proprio sulla tomba del Santo, con le pietre portate fin lassù dagli antichi pellegrini. Il culto a san Romedio è riconosciuto ufficialmente dalla Chiesa nel 1300 e la devozione al Santo si incrementa molto nel XV secolo, quando il santuario viene affollato da molti pellegrini che portano ex voto.
Nel 1489 inizia la costruzione della seconda chiesa dedicata a San Giorgio, poi nel 1514 viene costruita la chiesa di San Michele e nel 1536 la chiesa maggiore di San Romedio. Per ultima fu eretta, nel 1918, la chiesa dell’Addolorata, in segno di ringraziamento alla Vergine per la quiete ritrovata dopo la tragedia della Prima Guerra mondiale. Della stessa epoca (XVI secolo) è anche il campanile, sempre in stile.
Storicamente il culto si manifesta nel VIII secolo, con la costruzione di una cappella più grande della precedente sulla tomba. Verso la fine del I millennio una confraternita provvede alla efficienza del santuario ospizio, che viene via via ingrandendosi fino ad occupare l'intero sperone.
Seguono donazioni dei principi vescovi di Trento, Adalperone (XI secolo) e Ghebardo (XII secolo). Il calendario diocesano in questo secolo contiene la festa liturgica di san Romedio e suggerisce delle preghiere particolari. L'officiatura risale al XV secolo, la messa propria al XVIII secolo e il culto pubblico è ammesso da Pio X, il 24 luglio 1907.
Oggi il santuario di S. Romedio, che viene festeggiato il 15 gennaio, è visitato annualmente da oltre 200.000 pellegrini ed è custodito da due frati dell’Ordine di San Francesco d’Assisi. Inoltre il santuario è collegato tramite una Via Crucis alla basilica dei martiri anauniensi a Sanzeno. Durante l’estate nel Santuario si svolgono una serie di manifestazioni culturali e musicali nell’ambito dell’”Estate Romediana”.
Per informazioni: Santuario di San Romedio  tel.0463 536198 .

 

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STAMPATORI DI IMMAGINETTE SACRE IN ITALIA

I REMONDINI DI BASSANO (1660-1860)
di Renzo Manfè


  I REMONDINI furono una famiglia di stampatori che ha operato nella cittadina di Bassano del Grappa per due secoli ed, inoltre, è stata anche “leader” in Europa nella stampa di santini.


1 - GIOVANNI ANTONIO REMONDINI (Padova 1634 - Bassano 1711).
   Giovanni Antonio, mercante, nel 1657 si trasferisce a Bassano e acquista “una casa di muro in tre solari, coperta con coppi, con diverse camere, botteghe..... posta in Bassano sopra la Piazza", di fronte la Chiesa di S.Giov.Battista. Sposa nel 1659 Corona Nosadini, appartenente ad una nota e agiata famiglia.
   Intorno al 1660, fonda una stamperia, creando le premesse di un'azienda innovativa di grande successo, che nel giro di qualche decennio farà divenire Bassano del Grappa la capitale dell’incisione popolare italiana e darà lavoro ad oltre 250 famiglie del luogo.
    Parlando dei Remondini, Dolores Sella in “Santini e immagini devozionali in Europa” (Maria Pacini Fazzi Editore), scrive: “Questa feconda casa editrice ha prodotto una grande varietà di soggetti  profani e religiosi: dai giochi popolari, alle carte da gioco, dai soldatini ai calendari, alle carte da parati, ma soprattutto si è specializzata nelle stampe di soggetto religioso usando le tecniche proprie del tempo e cioè la xilografia, il bulino, l’acquaforte. Per lo più non si tratta di opere d’arte in senso stretto, ma certamente di creazioni originali che conservano ancor oggi un fascino particolare e alle quali collaborarono vari intagliatori e incisori spesso di buona mano anonimi e non. Sono fogli di grande o medio formato che venivano esportati in tutta Europa, dalle regioni orientali a quelle iberiche e nel Sudamerica con la mediazione di venditori ambulanti e di corrispondenti. Nel campo del santino vero e proprio avrebbe prodotto fogli con più immagini da ritagliare. Quali? Quanti? L’interrogativo è d’obbligo perché l’argomento specifico, salvo qualche accenno, per quanto ne sappiamo, non è stato ancora trattato a fondo, forse per la difficoltà di reperire un materiale così largamente disperso e spesso privo dell’indicazione dell’editore…I Remondini, come del resto quasi tutti gli editori di immagini religiose, nelle loro creazioni si rifecero talvolta a opere di altri autori. Troviamo infatti analogie tra alcune stampe remondiniane e quelle di Klauber e di Engelbrecht”.
 
 2 - GIUSEPPE REMONDINI (1677-1750)
     Giuseppe, figlio di Antonio, (morto nel 1711 lasciando un cospicuo patrimonio), trasforma il laboratorio in un'attività di tipo pre-industriale di livello e portata europea. Il figlio del fondatore, divenuto unico proprietario della stamperia, dà un forte impulso sia al settore tradizionale, il tipografico, sia al settore calcografico, che utilizza stampi incavi. Infatti fonda la celebre scuola di calcografia che, dal 1758 sotto la direzione di Giovanni Volpato (1733-1822), diviene uno dei maggiori centri europei di quest'arte, curando e ampliando la produzione di libri illustrati. Nel 1738, poi, inizia la produzione di carte lavorate, da parati o da legatura, che divengono le famose "carte di Varese", usate anche dagli artigiani mobilieri per rivestire gli interni dei mobili.

3 - GIOVANNI  BATTISTA  REMONDINI (1713-1773)
Nel 1750 Giovanni Battista succede al padre Giuseppe nella conduzione di quella che è ormai una grande azienda. La calcografia dei Remondini, inoltre, è un vero vivaio per i maggiori incisori e bulinisti del tempo. Con Giovanni Battista l’azienda conosce le sue maggiori fortune. Nella seconda metà del Settecento la consistenza tecnica della Casa Remondini è eccezionale: 18 torchi a caratteri, 24 torchi a rame per la calcografia, una ricca attrezzatura per la carta dorata, per le carte fiorate, indiane, persiane francesi, marmorate, tartarugate; completano gli impianti quattro cartiere e una getteria di caratteri! Imponente anche la mano d'opera: alla Remondini lavorano infatti più di mille operai, tra i quali quindici incisori a bulino e ad acquaforte, oltre agli allievi e agli addetti alla xilografia; sono cento infine gli addetti a miniare a vari colori santini, stampe e carte geografiche. E’ da sottolineare che la produzione di immaginette sacre, detta "i santi dei Remondini", si diffonde in tutta Europa, compresa la Russia, e in America con didascalie in latino e italiano, francese, spagnolo, tedesco, slavo, greco, russo e così via a seconda dei vari paesi in cui viene diffusa. La popolarità è tale che desta i timori dei due principali centri di produzione dello stesso genere, Augusta e Parigi, al punto che l'Accademia delle Arti Liberali di Augusta querela i Remondini per plagio, ma con scarsi risultati.  
    La diffusione, oggi sarebbe “il marketing”, era affidata ai “tesini”, venditori ambulanti originari di Castel Tesino, che in numero di 1000 giravano l’Europa e le Americhe per vendere immaginette sacre, cavalleresche, le ”quattro stagioni”, le “sette meraviglie del mondo”, le carte da gioco, i soldatini da ritagliare e incollare, i ritratti, i calendari, la carta da parati o per legatoria della ditta Remondini.
   Alba Zaini in “Guziranje - dalla Schiavonia veneta all’Ongheria con le stampe dei Remondini” - Comune di Stregna (UD) - 2009, scrive: “I Tesini vantano una lunga tradizione di vendita ambulante dagli inizi del XVII secolo, quando girano l’Europa con le loro pietre focaie. Almeno dal 1685 trovano nelle stampe del padovano Giovanni Antonio Remondini, trasferitosi a Bassano, un’efficace alternativa al crollo del mercato abituale. Diventano così gli anelli di una straordinaria catena commerciale che li porta prima in Germania meridionale, quindi, attorno al 1730 in Spagna, in America latina e, a nord-est, in Polonia e in Russia (Infelise, 1985-106). Remondini, produttore di carta e stampatore, intravvede in questa modalità di smercio l’unica alternativa al monopolio editoriale di Venezia, le cui leggi favoriscono le ditte con sede nella città lagunare e lasciano margini ridotti di attività in terraferma. Quindi avvia, su scala sempre più ampia, la stampa di incisioni di soggetti religiosi e popolari, e ne affida la distribuzione capillare ai Tesini. Fornisce loro le merci e un finanziamento per il viaggio, ma pretende beni immobili di terzi a garanzia del credito. […] Per ricavare buoni margini di guadagno da merce di poco prezzo è necessario venderne in quantità significative e disporre di un vasto assortimento. Il ricco catalogo del 1772 comprende una vasta gamma di stampe di soggetti religiosi che si venerano in America, Spagna, Italia, Ungheria, Polonia, “Moscovia”, Transilvania, Bosnia, Carinzia, Grecia. […] L’intero processo di produzione, dalla fabbricazione della carta alla stampa, con ben 32 torchi tipografici, e alla vendita su larga scala, viene accelerato dall’erede di Giovanni Antonio, Giuseppe, e quindi dai figli di costui, Giovanni Antonio e Giambattista”. (Pagg.51-52)

4 - GIUSEPPE REMONDINI
    Giuseppe, figlio di Giovanni Battista, succede al padre dal 1773 al 1811, continuando con ottimo successo l’attività di famiglia.

5 - FRANCESCO REMONDINI (1773-1820)
    Francesco, figlio di Giuseppe, sposata Gaetana Baseggio che lo coadiuva nella multiforme attività di famiglia, mantiene il prestigio editoriale dei Remondini.  Francesco muore a 47 anni, nel 1820, a soli nove anni dal decesso di suo papà.

6 - GAETANA BASEGGIO
   Gaetana, moglie di Francesco, continua la gestione. I Remondini utilizzarono sempre i più moderni ritrovati della tecnica della stampa del momento: nell'800 adoperarono la litografia, diffu sero stampe dipinte a mano, usarono la policromia per impressione, la colorazione a spugna.

7-1861: CHIUSURA DELL’ATTIVITA’. Dopo la metà del 1800, criteri del tutto superati di gestione accelerarono il sopraggiungere di quei fattori che decretarono la fine della prestigiosa azienda Remondini. E così, purtroppo, tra il 1859 e il 1860, con il tramontare della gloriosa Repubblica di Venezia, dopo ben 200 anni di attività, le diverse produzioni vengono separate e cedute a Bassano, Venezia e Varese.
   E a far luogo dall’anno 1861, la tipografia Remondini di Bassano del Grappa viene definitivamente chiusa.

   La raccolta Remondini, è stata donata al Museo Civico di Bassano del Grappa. E’ costituita da 8.522 incisioni "nobili" e 20.000 stampe, fra cui incisioni rarissime o uniche, come la "Fontana d'amore", che illustrano tutta la storia dell'incisione, dal fiorentino Maso Finiguerra (1426-1464) al secolo XIX.  

 

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BAUCINA, SECONDA SETTIMANA DI SETTEMBRE:
SANTA FORTUNATA V.M., COMPATRONA DI BAUCINA (PA)
 di Antonino Cottone

 



 Nel Martirologio Romano l'unico riferimento attendibile relativo alla Vergine Martire S.Fortunata è quello che narra di una giovane fanciulla convertita al cristianesimo vissuta a Palestrina vicino Roma intorno al 200 d.C. catturata dalle milizie romane mentre  si recava a Roma. La piccola Fortunata veniva martirizzata a Roma, dopo aver affrontato molti dei supplizi annoverati tra i carnefici "Boia" romani, nel mese di ottobre del 200 d.C. In seguito il Suo Corpo ed una garza imbevuta nel Suo sangue venivano riposti nelle catacombe di S.Ciriaca in Roma, ove rimasero, presumibilmente, fino al 29 Gennaio 1790 quando il Card. Saverio Cristiani assistente al Soglio Pontificio, inviava, le Sacre Reliquie a Baucina, piccolo paese della Sicilia. Il  primo Miracolo per intercessione di Santa Fortunata avvenne il 14 febbraio 1790 durante la solenne processione di arrivo del Sacro Corpo della Santa a Baucina; e a beneficiarne fu mastro Nicasio Zingari di anni 90 circa.
   Per ciò che concerne la ricomposizione delle reliquie ossee nell'attuale urna, a Baucina si tramanda la testimonianza orale raccontata dall'ultra novantenne maestro Francesco Genovese, uomo dotto e locale Amministratore Comunale, il quale narrava che il Corpo di Santa Fortunata sarebbe stato ric  omposto così come attualmente si trova, intorno al 1840 dal Dottor Nicolò Greco cui è intestata una via della nostra piccola Baucina.
   Per quanto riguarda la processione di Santa Fortunata per le via principali di Baucina, non si sa se fin dall'arrivo delle sue reliquie essa fosse stata effettuata. In merito facciamo riferimento ad una delibera del Consiglio Comunale di Baucina del 9 aprile 1870. In essa Santa Fortunata venne proclamata compatrona di Baucina , essendo già patrono San Marco. Nella proposta della suddetta delibera così si legge: "ritenuto che la festa di Santa Fortunata che si celebra in settembre con tanta solennità e concorso di popolo numeroso anche dei paesi vicini, e con fiera del bestiame e con corse dei cavalli, con giochi artificiali ed altro, richiamo un gran concorso dei devoti dai paesi di tutta la Sicilia; Visto il deliberato della Giunta Municipale, si stabilisce di proclamare come compatrona Santa Fortunata”.  
  
Riferendosi ai dati bibliografici contenuti nel Martirologio Romano, i Baucinesi ogni II domenica di settembre cercano di raffigurare durante la processione, quanto più fedelmente possibile, sia i martìri che le persecuzioni della vergine di Palestrina. E così, per due sere, domenica e lunedì , l'urna con il Sacro Corpo di S.Fortunata, costituita da un telaio in bronzo dorato con pareti laterali il vetro, dal peso totale di circa 300 Kg, posta su una vara, attraversa le strade del paese. La Vara sostenuta da due "castagnoli " porta raffigurati lateralmente, scolpite in legno, in sei pannelli, le fasi più importanti del martirio e dell'arrivo della Santa a Baucina. Essa, donata nel 1959 da alcuni Baucinesi emigrati in America, è stata progettata, scolpita e costruita dal Cav. Antonino La Barbera. Il peso complessivo, cioè completo di urna e “castognoli”, è di circa 1500 Kg. E’ portata in processione a spalla da circa ottanta persone che indossano pantaloni e camicia bianca con una fascia rossa alla vita. Fra i portatori, tutti devoti della Santa, o graziati, figura di grande prestigio nonché di grande rilevanza strategica per la conduzione della Vara, è quella dell'addetto ai "manigghi". Sono queste due maniglie in ferro avvitate all'estremità, anteriormente e posteriormente, di "castagnoli" e impugnate da colui che deve fare da guidatore.
I costumi, alla fine del 1800 furono allestiti dalle donne del paese. Successivamente, dietro consiglio del Direttore del Teatro  Massimo di Palermo, si cercò di rimodernarli rendendoli più somiglianti a quelli dell'epoca Romana.
La processione procede percorrendo quattro strade del paese, due per sera. 
   Durante la processione, seguita da moltissimi fedeli, al suono di un campanello fa eco la voce dei portatori che gridano: "Chiffà nu scurdamu a chiamare sta Santa Avvucata; viva Santa Fortunata!” (Traduzione: “Che fa ce lo siamo dimenticati di chiamare di chiamare questa santa avvocata; viva Santa Fortunata!”).
   La Vara viene sollevata ed ondulando percorre le strade facendo delle soste non prestabilite, durante le quali i fedeli od i miracoli offrono denaro e gioielli. Un tempo i doni erano rappresentati quasi esclusivamente da frumento, animali ed altri prodotti naturali. Tra la folla se qualcuno ha fatto delle promesse alla Martire, vede misteriosamente "fermarsi" la Vara proprio nel posto in cui egli si trova e solo dopo aver donato quanto promesso, questa viene risollevata e può riprendere il cammino, a volte correndo per tratti di strada abbastanza irti, mentre altre volte procede e rilento su un tratto pianeggiante. Così avviene, ad esempio, a pochi passi dall'arrivo nella chiesa del Collegio, in un punto dove an-nualmente si ferma e da dove viene rimossa con particolare difficoltà e dopo molti tentativi, durante i quali spesso invece di procedere retrocede. Altre soste, ma prestabilite, sono due per sera e precisamente in Via Roma ed in via Umberto I in cui c'è la "Vulata di l’ancili”, consistente nella recita di una poesia, da parte di due bambine vestite di bianco, con una coroncina in testa, sospese ad una corda tesa tra due balconi, al di sopra della Vara.  Alla fine della recita le bambine lasciano volare sull' urna una pioggia di volantini con la scritta "W. S.Fortunata" e dei colombi.                                         

   (Fonte: www.santafortunata.org)

 

1910 - 2010: PRIMO CENTENARIO DELLA MORTE DEL BEATO MICHELE RUA


Michele Rua nasce a Torino il 9 Giugno 1837. Ultimo di 9 figli, perde il padre all’età di otto anni. Studia dai Fratelli delle Scuole Cristiane fino alla terza elementare. Avrebbe dovuto iniziare a lavorare nella Regia Fabbrica d’Armi di Torino, dove il padre era operaio, ma don Bosco - che la domenica confessava nella sua scuola - gli propone di continuare gli studi da lui, assicurandogli che alle spese ci avrebbe pensato la Provvidenza.
Un giorno don Bosco distribuisce ai suoi ragazzi delle medagliette. Michele è l’ultimo della fila e arriva tardi, ma si sente dire: “Prendi Michelino!”. Il prete però non gli sta dando niente, ma soggiunge:“Noi due faremo tutto a metà”, e così realmente è stato.
Collaboratore della Compagnia dell’Immacolata con Domenico Savio, è un allievo modello, apostolo tra i compagni. Don Bosco gli dice: “Ho bisogno di aiuto. Ti farò indossare la veste dei chierici, sei d’accordo?”. “D’accordo!”, risponde. Il 25 marzo 1855 nella cameretta di don Bosco fa, nelle mani del fondatore, i voti di povertà, castità e obbedienza.
E’ il primo salesiano. Inizia a lavorare sodo: insegna matematica e religione; assiste in refettorio, nel cortile, nella cappella; a tarda sera copia in bella calligrafia le lettere e le pubblicazioni di don Bosco, e infine studia per diventare sacerdote. Ha solo 17 anni! Gli viene affidata anche la direzione dell’oratorio festivo San Luigi.
Nel novembre del 1856 muore mamma Margherita. Michele si reca a trovare sua madre: “Mamma vuoi venirci tu?”. La signora Giovanna Maria viene, e anche in questo la famiglia Rua fa a metà con la famiglia Bosco. Rimane a Valdocco 20 anni. Nel 1858 accompagna don Bosco dal Papa Pio IX per l’approvazione delle regole, e al ritorno gli viene affidata la direzione del primo oratorio a Valdocco. Il 29 Luglio del 1860 fu ordinato sacerdote. Don Bosco gli scrive un biglietto: “Tu vedrai meglio di me l’Opera salesiana valicare i confini ’Italia e stabilirsi nel mondo”. Don Rua apre la prima casa salesiana fuori da Torino a Mirabello. Pochi anni dopo torna a Valdocco e sostituisce e assiste don Bosco in tutto. Nel novembre del 1884 papa Leone XIII nomina don Rua vicario e successore di don Bosco, che morirà nelle sue braccia quattro anni dopo. Don Rua, già considerato la regola vivente, diventa paterno e amorevole come don Bosco. Affronta e supera numerose difficoltà nel governo della congregazione. Consolida le missioni e lo spirito salesiano.
Muore il 6 aprile 1910, a 73 anni. Con lui la Società passa da 773 a 4000 salesiani, da 57 a 345 Case, da 6 a 34 Ispettorie in 33 paesi. Paolo VI lo beatifica nel 1972, dicendo: “Ha fatto della sorgente un fiume”.
Venerabile il 26 giugno 1953, viene beatificato il 29 ottobre 1972 da Paolo VI.                      (Fonte: www.sdb.org)

 


 

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